Interrogato su cosa può si può considerare novità nel panorama attuale di un cinema che,rivolto all'applicazione tecnologica,pare esaurire la propria identità creativa,lo spettatore standard potrebbe sentirsi in diritto di rispondere che qualsiasi idea capace di gravitare l'attenzione di un'audience su una trasposizione di uno script,avrebbe a ragione il titolo di beneficiare del consenso di un pubblico desideroso di stimoli.
Ma la mancanza di analisi dei protagonisti a vantaggio della spettacolarizzazione,lascia ancora il posto ad un cinema di consumo,dimentico di forme intellettualistiche rivolte ad una elite in cerca di un impegno emotivo di maggior spessore?
Con "I mercenari" Stallone gioca una partita che gli è perfettamente congeniale e prepara un lavoro in grado di veicolare in perfetta souplesse la spessa fascia di pubblico cui l'attore e regista sa bene di doversi rivolgere. Allora il film si propone con l'identità che gli appartiene e non azzarda neppure lontanamente il raggiro allo spettatore che viene a vedere le carte del regista che,coerente con sè stesso,mentre cala in tempo opportuno un sipario definitivo sui movimenti interiori delle sue emanazioni (Rambo e Rocky),declina una storia innervata dall'aura retrò di tre decenni orsono,coniugandola alla soluzione ironica che pervade il suo mucchio selvaggio.
"The Expendables" sono un gruppo di soldati di fortuna,mercenari per una giustizia idealizzata,guidati da Barney Ross (Stallone) e dal suo secondo in comando Lee Christmas (Jason Statham),con al seguito la bizzarra figura di Ying Yang (Jet Li),un esperto in arti marziali convinto di meritare un salario più alto solo perchè lui è più basso degli altri,Gunner Jensen (Dolph Lundgren),Toll Road (Randy Couture) e,ai margini di un ritiro prefessionale,Tool (Mickey Rourke),dedicatosi a disegnare tatuaggi. I nomi dei ragazzi sono evidentemente evocativi delle loro caratteristiche o provenienze.
Chiamati a liberare un'isola tropicale dal generale Garza (David Zayas) che la governa,il gruppo capisce ben presto che chi tira i fili del militare è un agente della CIA (Eric Roberts),a capo di un proprio esercito semigovernativo e coinvolto in traffici di droga.
Poca ispirazione per un'ordinaria sceneggiatura scritta a quattro mani da Stallone e Dave Callaham,ma molta intuizione e accortezza nell'impostare accuratamente un meccanismo che scatta e sortisce il suo effetto verso il pubblico destinatario,con un rewind ad un'epoca di cinema dei muscoli,con cattivi evidentemente tali,dialoghi al minimo ed azione perpetuata per la durata di una storia con pochi spiragli ai dispieghi caratteriali.
In una struttura imbevuta dei clichès più graditi al palato di una platea disposta a non indugiare sulla psicologia dell'allegra brigata,il racconto si dipana in forma di limpido intrattenimento,un trionfo dei vecchi eroi rimessi in discussione dal tempo che passa e passati al setaccio della goliardia che sdrammatizza il loro ritorno da un cinema spettacolo che non è più di questa epoca,con le rughe dell'età sul viso e l'ironia che precede l'età che avanza
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