gagnasco
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mercoledì 15 settembre 2010
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la critica, il pubblico e il regista
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La storia narra di uno degli attori più famosi del mondo che, in un momento di crisi della ex moglie che deve partire, rimane da solo con la figlia per una decina di giorni.
Stephen Dorff, bella faccia e bella interpretazione, vive una vita in una suite di albergo con il fratello e saltuariamente si perde una giornata in distaccati incontri con la figlia Cleo. Riceve messaggi sul cellulare che lo mettono davanti alla sua condizione interiore ma non se ne preoccupa e vive la sua vita dissoluta fatta di ritrovi mondani e incontri sessuali.
Quando la figlia si trasferisce temporaneamente con lui continua a fare quello che faceva ma con disprezzo di se stesso perchè lo faceva davanti all'unica persona della quale si doveva guadagnare il rispetto, un rispetto che negli altri rapporti sociali gli veniva già dalla sua faccia.
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La storia narra di uno degli attori più famosi del mondo che, in un momento di crisi della ex moglie che deve partire, rimane da solo con la figlia per una decina di giorni.
Stephen Dorff, bella faccia e bella interpretazione, vive una vita in una suite di albergo con il fratello e saltuariamente si perde una giornata in distaccati incontri con la figlia Cleo. Riceve messaggi sul cellulare che lo mettono davanti alla sua condizione interiore ma non se ne preoccupa e vive la sua vita dissoluta fatta di ritrovi mondani e incontri sessuali.
Quando la figlia si trasferisce temporaneamente con lui continua a fare quello che faceva ma con disprezzo di se stesso perchè lo faceva davanti all'unica persona della quale si doveva guadagnare il rispetto, un rispetto che negli altri rapporti sociali gli veniva già dalla sua faccia.
Questo film ammicca alla critica per l'uso ostentato di una inquadratura quasi sempre fissa per tenere la storia sui volti, alla Bergman (paraculo per la critica) ma almeno non ammicca al pubblico, se ne frega. I commenti sarebbero stati diversi se si fosse scoperto che la figlia era in realtà morta o se non fosse mai esistita o se il finale fosse stato diverso...cose che non cambiano nei fatti il prodotto finale e questo è un passo da fare se si vuole maturare nella lettura di un film.
Sicuramente merita fiducia per il premio che gli è stato conferito, sicuramente merita di essere ripensato prima che la futura memoria storica lo alteri esaltandolo o distruggendolo o ignorandolo.
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dandy
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sabato 9 aprile 2011
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non completamente mediocre,ma sopravvalutatissimo.
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La Coppola ropropone gli stessi temi già esplorati in "Lost in translation"(a cominciare dalle solitudini a confronto)accentuandone in questo caso la componente autobiografica(il rapporto padre- famoso-assente e la figlia trascurata)con indubbio coraggio,ma con poca incisività.L'albergo celeberrimo è abilmente trasformato in un luogo quasi alieno,dove le caratteristiche più assurde(le lap-dances delle gemelle Shannon)sottolineano lo spaesamento del protagonista con sagacia.Ma le situazioni tendono a ripetersi,e i bersagli(la ricchezza,la svogliatezza degli attori viziati)sono fin troppo facili.Il finale fa gridare vendetta al cielo.Le musiche sono dei Phoenix.
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La Coppola ropropone gli stessi temi già esplorati in "Lost in translation"(a cominciare dalle solitudini a confronto)accentuandone in questo caso la componente autobiografica(il rapporto padre- famoso-assente e la figlia trascurata)con indubbio coraggio,ma con poca incisività.L'albergo celeberrimo è abilmente trasformato in un luogo quasi alieno,dove le caratteristiche più assurde(le lap-dances delle gemelle Shannon)sottolineano lo spaesamento del protagonista con sagacia.Ma le situazioni tendono a ripetersi,e i bersagli(la ricchezza,la svogliatezza degli attori viziati)sono fin troppo facili.Il finale fa gridare vendetta al cielo.Le musiche sono dei Phoenix.Benicio Del Toro,appare fulmineo nel ruolo di se stesso,e in ascensore ricorda a al protagonista l'incontro con gli U-2 avvenuto nella sua camera,la 59.Nella scena della cerimonia dei Telegatti appaiono sempre nel ruolo di loro stessi Simona Ventura,Nino Frassica,Maurizio Nichetti e Valeria Marini.Giustamente mostrati in tutto il loro squallore.L'ormai onnipresente Laura Chiatti,è una ex italiana di Marco.Fortunatamente si vede poco.Sfortunatamente si doppia da sè.Ingiusto leone d'oro a Venezia.
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ultimoboyscout
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domenica 16 ottobre 2011
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svegliatemi quando finisce.
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Una Feerari gira in tondo senza senso e la noia prende piede immediatamente. Dorff, nonostante sia un attore alla moda e sia considerato un sex symbol, guida e si muove con la massima indifferenza. Subisce senza fiatare una seduta di trucco e alla stessa maniera reagisce alle due lap dancer gemelle a domicilio. Come se non bastasse, con la medesima indifferenza, fa sesso e si addormenta. L'idea di Sofia Coppola di farci assorbire l'uomo annoiato è quella di annoiarci, riuscendoci alla perfezione. Ogni azione dell'uomo annoiato è finto movimento in scoloriti non-luoghi, come il glorioso Hotel Chateau Marmont (dove morì Belushi, quello con DelToro in ascensore) sembra un hotel di quart'ordine sperduto in qualche polverosa statale frequentata da camionisti.
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Una Feerari gira in tondo senza senso e la noia prende piede immediatamente. Dorff, nonostante sia un attore alla moda e sia considerato un sex symbol, guida e si muove con la massima indifferenza. Subisce senza fiatare una seduta di trucco e alla stessa maniera reagisce alle due lap dancer gemelle a domicilio. Come se non bastasse, con la medesima indifferenza, fa sesso e si addormenta. L'idea di Sofia Coppola di farci assorbire l'uomo annoiato è quella di annoiarci, riuscendoci alla perfezione. Ogni azione dell'uomo annoiato è finto movimento in scoloriti non-luoghi, come il glorioso Hotel Chateau Marmont (dove morì Belushi, quello con DelToro in ascensore) sembra un hotel di quart'ordine sperduto in qualche polverosa statale frequentata da camionisti. Di colpo sconfina a Milano, dove la trama ha la (s)Ventura di svolgersi per qualche minuto. Film esistenziale, molto supponente, snervante e spossante, in cui persino quella splendida Ferrari ne esce male. Discreta l'interpretazione dello scazzatone da parte di Stephen Dorff, bravissima Elle Fanning, sorellina di Dakota, che si spera non diventi onnipresente come la sorella maggiore. Lo schema di "Lost in translation" viene riproposto (in fondo si parlava di due solitudini a confronto) ma stavolta non funziona. Lo spaesamento del protagonista è ben inquadrato, questa è l'unica cosa che riesce bene alla Coppola. Gode di una buona stampa e non ne capisco il motivo, oltre ad aver vinto un ingiustificatissimo Leone d'Oro a Venezia.
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flaviex
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giovedì 29 dicembre 2011
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l'insesatezza della vita sotto i riflettori
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Somewhere è un film che predilige silenzi e vuoto a parole e azioni. Questo metodo espressivo, già mostrato con altri scopi in "Lost in translation", viene in questo quarto film della Coppola ripreso per evidenziare la solitudine di Johnny Marco, un attore trentenne vittima del suo successo in un sistema senza anima. La Ferrari che sfreccia su una desolata pista, le lap dancer che ballano mostrando una sensualità finta, il sesso ricercato per inerzia, mostrano la noia e il "non sense di vivere" del personaggio principale. Johnny Marco ha perso la strada e gira e rigira intorno agli stessi schemi, cerca qualcosa che non troverà mai all'interno della sua vita solitaria fatta di apparenze e posizione sociale.
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Somewhere è un film che predilige silenzi e vuoto a parole e azioni. Questo metodo espressivo, già mostrato con altri scopi in "Lost in translation", viene in questo quarto film della Coppola ripreso per evidenziare la solitudine di Johnny Marco, un attore trentenne vittima del suo successo in un sistema senza anima. La Ferrari che sfreccia su una desolata pista, le lap dancer che ballano mostrando una sensualità finta, il sesso ricercato per inerzia, mostrano la noia e il "non sense di vivere" del personaggio principale. Johnny Marco ha perso la strada e gira e rigira intorno agli stessi schemi, cerca qualcosa che non troverà mai all'interno della sua vita solitaria fatta di apparenze e posizione sociale. La noia e l'apatia pervadono la sua vita. Lasciare tutto è l'unica salvezza, Johnny questo lo capisce osservando l'unica cosa di umano che c'è nella sua vita: sua figlia. Lei balla, ama il padre, lei è presente, è la speranza, ed è contagiosa, la sua bellezza è semplice come la sua danza. Johnny ne rimane conquistato, pur nella sua assenza, nella smemoratezza di un padre confuso e bambino, Johnny ritrova un segno, qualcosa si accende in lui. Ecco l'accettazione del disagio, l'accorgersi di non essere una persona, come dice al telefono alla ex moglie, è un allarme che porterà alla liberazione. La scena finale, seppur la più importante in realtà è la più breve, questo perchè la compulsività non c'è più, adesso c'è la vita con la sua imprevedibilità, così il ritmo ritorna normale..proprio sui titoli di coda.
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amyblue
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mercoledì 29 febbraio 2012
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una meravigliosa scena da antologia, nient'altro.
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Buon sangue non mente dicevano ai tempi delle ‘vergini suicide’ peccato che la cineasta americana surclassi abbondantemente il sopravvalutato genitore in quanto ad efficacia comunicativa, al di là della spesso sterile tecnica. La premessa fondamentale: Somewhere non è Lost in Translation. Non ne possiede la stoffa del capolavoro, l’ambientazione mistica, la fotografia elegante, tantomeno la freschezza epocale della sceneggiatura; inoltre Dorff/Fanning non sono Murray/Johansson, il rapporto tra i due è anche profondamente differente, laddove una storia d’amore fatta di cenni e silenzi ci trasportava in una Tokyo straniante, qui il rapporto padre-figlia si consuma nella scialba atmosfera dello Chateau Marmont tra lapdancer da due soldi e battaglie a Guitar Hero.
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Buon sangue non mente dicevano ai tempi delle ‘vergini suicide’ peccato che la cineasta americana surclassi abbondantemente il sopravvalutato genitore in quanto ad efficacia comunicativa, al di là della spesso sterile tecnica. La premessa fondamentale: Somewhere non è Lost in Translation. Non ne possiede la stoffa del capolavoro, l’ambientazione mistica, la fotografia elegante, tantomeno la freschezza epocale della sceneggiatura; inoltre Dorff/Fanning non sono Murray/Johansson, il rapporto tra i due è anche profondamente differente, laddove una storia d’amore fatta di cenni e silenzi ci trasportava in una Tokyo straniante, qui il rapporto padre-figlia si consuma nella scialba atmosfera dello Chateau Marmont tra lapdancer da due soldi e battaglie a Guitar Hero. Qui non troverete cavalcate notturne sognanti sulle note di Sometimes o le spumeggianti danze dell’ottimo Marie Antoinette ma riconoscerente istintivamente quel filo conduttore che ha percorso tutta la “breve” carriera della Coppola, vale a dire quel minimalismo esasperato, quel cinema in funzione del solo cinema, il sublime nel nulla. E’ un film che si ferma a metà strada ma che svetta in una stagione comunque piena di sorprese e prodotti validi (un miracolo?). No comment sul sacrosanto ma impietoso ritratto del 'bel paese'. C'è però una breve, singola e splendida scena che va incorniciata e tramandata ai posteri: l'allenamento di pattinaggio, sostenuto da 'Cool'. La Coppola è stata probabilmente l'unico essere vivente in grado di comprendere e valorizzare la tragicità occulta ed il valore generazionale nella voce (e nei testi) di Gwen Stefani, qualche minuto di intensità insostenibile che vale il biglietto. Menzione speciale alla colonna sonora quindi, very very 80/90’s come sempre, eternamente adolescenziale e sintomo di una genuinità e umiltà registica fuori dal comune. La recensione è purtroppo tendenziosa e disturbata da presenze dal decennio passato, forse non adatta a chi ha lasciato un pezzo di cuore (cinematografico) al Park Hyatt Hotel di Tokyo e che, da allora, ordina solo vodka tonic.
Il genio c'è ancora ma fa il verso a se stesso; la magia del 2003 è irripetibile, Sofia, smettila di provarci.
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gabri0001
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venerdì 29 maggio 2015
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la solitudine di sofia coppola
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Il titolo Somewhere che significa “Da qualche parte”, si può cogliere come un nuovo modo di dire per “c’era una volta”, quindi, il film tratta di fatti mai accaduti, che però accadono sempre nel nostro piccolo. Il titolo ci dice che lo spettacolo a cui stiamo per assistere è un racconto morale; che parla di noi e delle nostre solitudini e delle nostre vite spente che potrebbero riaccendersi.
Con Somewhere Sofia Coppola riprende di nuovo il tema della solitudine come nei precedenti Lost in translation e Marie Antoniette.
Due sono le scene di Somewhere che potrebbero “colpire”: la prima è la sequenza iniziale dove l’attore Jonny Marko ripete giri attorno ad una pista con la sua Ferrari, l’altra scena è quella dove viene fatto il calco per una maschera all’attore.
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Il titolo Somewhere che significa “Da qualche parte”, si può cogliere come un nuovo modo di dire per “c’era una volta”, quindi, il film tratta di fatti mai accaduti, che però accadono sempre nel nostro piccolo. Il titolo ci dice che lo spettacolo a cui stiamo per assistere è un racconto morale; che parla di noi e delle nostre solitudini e delle nostre vite spente che potrebbero riaccendersi.
Con Somewhere Sofia Coppola riprende di nuovo il tema della solitudine come nei precedenti Lost in translation e Marie Antoniette.
Due sono le scene di Somewhere che potrebbero “colpire”: la prima è la sequenza iniziale dove l’attore Jonny Marko ripete giri attorno ad una pista con la sua Ferrari, l’altra scena è quella dove viene fatto il calco per una maschera all’attore. Ma di quella parlerò dopo.
La scena iniziale mostra la ripetuta e sola vita dell’attore che però, riesce a spezzare quel cerchio uguale grazie a sua figlia. Infatti nella scena finale, abbandona la macchina e si dirge verso un nuovo inizio. Si potrebbe fare un paragone di questa ripetizione con la regista che sempre inscena film uguali e con trame quasi sempre uguali e, come già scritto prima, ripetitive. Auguro alla regista di poter spezzare questo “cerchio”.
Passiamo all’altra scena. La scena dove lui rimane solo, con la faccia coperta dal gesso e in silenzio insieme alle altre maschere, diventando così una parte del teatro.
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lorenzodv
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venerdì 27 dicembre 2019
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film in cerca di un protagonista
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Visto dopo l'eccezionale Bling Ring, il coinvolgente Lost in Translation, l'intenso L'inganno e l'emozionante ed interessantissimo Il Giardino delle Vergini Suicide, questo film è penalizzato dalle aspettative. Pur essendo un bel film è il peggiore di Sofia Coppola.
Si tratta di un film personale, che racconta l'interazione tra un attore impegnato (soprattutto a godersi la vita comoda) e la figlia, tra la sicurezza della star e la bomba che può scoppiare da un momento all'altro, il fragore di poche parole dette sottovoce: "tu papà non ci sei mai". Naturalmente ci si domanda se era veramente un attore o forse si sia trattato magari di un regista.
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Visto dopo l'eccezionale Bling Ring, il coinvolgente Lost in Translation, l'intenso L'inganno e l'emozionante ed interessantissimo Il Giardino delle Vergini Suicide, questo film è penalizzato dalle aspettative. Pur essendo un bel film è il peggiore di Sofia Coppola.
Si tratta di un film personale, che racconta l'interazione tra un attore impegnato (soprattutto a godersi la vita comoda) e la figlia, tra la sicurezza della star e la bomba che può scoppiare da un momento all'altro, il fragore di poche parole dette sottovoce: "tu papà non ci sei mai". Naturalmente ci si domanda se era veramente un attore o forse si sia trattato magari di un regista.
Il limite del film è il punto di vista neutro. Apparentemente il personaggio principale è l'attore e padre, più tardi (ma troppo tardi per ritrovare l'attenzione perduta) ci si accorge che il punto di vista importante è quello della figlia ma il film colloca lo spettatore nel mezzo senza operare una scelta netta. Si perde così, nella comunicazione di impressioni tipica di Sofia Coppola, il punto centrale da cui attingere le proprie sensazioni ed in sostanza non ci si emoziona.
Qualcuno lo ha giudicato un film troppo lento e noioso, io al contrario inizio a detestare la fissazione dell'autrice per il canone dell'ora e mezza e se mai un giorno dovesse ella leggere queste righe vorrei che le fossero d'incoraggiamento: tre quarti d'ora di dialoghi, disseminati nel resto, per illustrare meglio il rapporto sarebbero stati utili e non certo noiosi.
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paolp78
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sabato 10 maggio 2025
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aridit? e vuoto
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Film concettuale che più che raccontare una storia, vuole descrivere una condizione umana, realizzando una spietata accusa contro la società moderna, priva di valori autentici, che trova il suo più compiuto fallimento proprio nell’esistenza di quello che dovrebbe essere un uomo di successo, realizzato e ammirato.
La regista Sofia Coppola ripropone una tecnica di direzione ed una narrazione che si assomigliano molto a quelle della sua pellicola di maggior successo, “Lost in Translation - L'amore tradotto”, metodi che si dimostrano adatti per rendere quel senso di solitudine e alienazione, che si vuole descrivere con l’opera.
Colpisce molto la felice contrapposizione che la regista mette in evidenza, tra la ricchezza materiale e la povertà spirituale: la disponibilità di denaro, piacere sessuale, lusso ecc.
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Film concettuale che più che raccontare una storia, vuole descrivere una condizione umana, realizzando una spietata accusa contro la società moderna, priva di valori autentici, che trova il suo più compiuto fallimento proprio nell’esistenza di quello che dovrebbe essere un uomo di successo, realizzato e ammirato.
La regista Sofia Coppola ripropone una tecnica di direzione ed una narrazione che si assomigliano molto a quelle della sua pellicola di maggior successo, “Lost in Translation - L'amore tradotto”, metodi che si dimostrano adatti per rendere quel senso di solitudine e alienazione, che si vuole descrivere con l’opera.
Colpisce molto la felice contrapposizione che la regista mette in evidenza, tra la ricchezza materiale e la povertà spirituale: la disponibilità di denaro, piacere sessuale, lusso ecc. non sono in grado di riempire da soli un’esistenza che può restare arida e vacua se mancano i sentimenti.
Questi messaggi sono trasmessi in modo molto efficace dalla Coppola anche attraverso le riprese che si caratterizzano per il ricorso a inquadrature ferme assiduamente prolungate e scene ripetitive che esprimono appunto un senso di vuoto mentale.
Il protagonista è interpretato da Stephen Dorff, a cui è richiesta una performance poco intensa; nella parte della figlia c’è Elle Fanning, che come la sorella Dakota ebbe una intensa carriera da attrice bambina.
Una parte della pellicola è girata in Italia, che però non è trattata in modo particolarmente lusinghiero, con riferimenti alla tv spazzatura e al trash che la circonda.
La colonna sonora è quasi impercettibile.
Il senso di indefinitezza e di alienazione che vuole lasciare la pellicola è espresso anche dal titolo.
Il film non appaga, tuttavia è apprezzabile l'analisi della superficialità della società materialista.
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susyf
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domenica 30 agosto 2015
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un film che colpisce e smarrisce
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Se pensiamo ad Hollywood e alla vita delle star ci vengono in mente feste, cerimonie, premi e avventure affascinanti. Ma Somewhere dice a noi spettatori qualcosa di più profondo di ciò che sta nella superfiscie e ci turba profondamente. La storia è ambientata a Los Angeles, il protagonista Jonnhy Marco è una famosa star di hollywood che vive in un motel frequentato da molte celebrities:il Chateau Marmont. La sua vita è monotona, senza emozione, vive giornate tutte uguali, in cui cerca delle fugaci avventure sessuali dalle quali non prova neanche una vera soddisfazione, prova solo noia. Gira per le strade di Los Angeles con la sua Ferrari non sapendo bene neanche dove andare e la sua gioranta viene ravvivata solo da qualche telefonata della sua agente per promuovere il film in uscita.
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Se pensiamo ad Hollywood e alla vita delle star ci vengono in mente feste, cerimonie, premi e avventure affascinanti. Ma Somewhere dice a noi spettatori qualcosa di più profondo di ciò che sta nella superfiscie e ci turba profondamente. La storia è ambientata a Los Angeles, il protagonista Jonnhy Marco è una famosa star di hollywood che vive in un motel frequentato da molte celebrities:il Chateau Marmont. La sua vita è monotona, senza emozione, vive giornate tutte uguali, in cui cerca delle fugaci avventure sessuali dalle quali non prova neanche una vera soddisfazione, prova solo noia. Gira per le strade di Los Angeles con la sua Ferrari non sapendo bene neanche dove andare e la sua gioranta viene ravvivata solo da qualche telefonata della sua agente per promuovere il film in uscita. Questa vuota esistenza viene scossa dal periodo che passa con la figlia Cloe che dà alle sue giornate una ventata di aria fresca e positività. Bagni in piscina, videogiochi e relax al sole entrano nella vita di Johnny ma la partenza della figlia al campo estivo lo fa piombare in uno stato di vuoto ancora più profondo. Decide così di uscire da quel non luogo in cui si trova e di cercare se stesso finalmente. Il protagonista è un attore ma potrebbe essere una qualsiasi altra persona nella vita contemporanea, senza interessi, senza stimoli, annoiata da tutti e da tutto e regnata dall'indifferenza. Tutte le distrazioni ci impediscono di capire chi siamo veramente e cosa vogliamo fare della nostra vita, facendoci vivere in un'età quasi costantemente adolescenziale. Questo è ciò che Sofia Coppola ci vuole trasmettere. Questa ricerca di se stessi e il non sapere chi si è vengono simboleggiate dall' albergo e dalle numerose uscite in auto senza meta del protagonisti. Le sequenze sono caratterizzate da lunghi silenzi, grande solitudine che contrasta con tutto il fascino che la gente comune prova per lui e che si evince dal viaggio a Milano. Il mondo dello spettacolo viene visto come una sorta di caricatura, fatta di pura apparenza senza anima e quindi profondamente angosciante. Da ricordare è la scena della conferenza stampa in cui vengono fatte delle semplici domande a Johnny su di lui ma a cui non sa minimamente cosa rispondere. GRande è la sintonia tra Stephen Dorff ed Elle Fanning che danno prova di abilità e profesionalità. Leone d'oro assolutmente meritato.
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vipera gentile
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lunedì 21 febbraio 2011
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un uomo di oggi?
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Il film racconta la vita di un famoso attore americano, corteggiato dalle donne, ricco, separato, con una figlia di undici anni. Il suo atteggiamento ricorda molto “Gli indifferenti” di Moravia: è assolutamente distaccato, annoiato, al punto da addormentarsi mentre è impegnato in un amplesso. Graziose le scene con le due gemelline che fanno la lap dance e quelle con la figlia, bravissima e molto carina. L’attore vive in un albergo che è il posto più impersonale che ci sia; l’unico oggetto che gli appartiene veramente è la macchina, una Ferrari. Quando lo spettatore pensa che ci sia finalmente un colpo di scena, il film finisce.
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Il film racconta la vita di un famoso attore americano, corteggiato dalle donne, ricco, separato, con una figlia di undici anni. Il suo atteggiamento ricorda molto “Gli indifferenti” di Moravia: è assolutamente distaccato, annoiato, al punto da addormentarsi mentre è impegnato in un amplesso. Graziose le scene con le due gemelline che fanno la lap dance e quelle con la figlia, bravissima e molto carina. L’attore vive in un albergo che è il posto più impersonale che ci sia; l’unico oggetto che gli appartiene veramente è la macchina, una Ferrari. Quando lo spettatore pensa che ci sia finalmente un colpo di scena, il film finisce.
Forse la regista ha voluto mostrare l'uomo di oggi?
Per chi non ama assolutamente l’azione.
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