tuesday
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mercoledì 20 ottobre 2010
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solo per noi, sofia - dipendenti
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Sofia Coppola parla chiaramente ai suoi cultori in questo film, che l'hanno seguita sin dall'inizio e che sanno assaporarne l'evoluzione: Somewhere è la sintesi di ciò che Sofia ha analizzato separatamente nei suoi lavori precedenti. Ed è soprattutto una versione maschile di Lost in translation, come un uomo possa sentirsi ingabbiato nella frenetica solitudine urbana in una metropoli di luci, lusso e colori.
Si assapora Sofia: le musiche delicate, le inquadrature lente e infinite, la ricerca spasmodica dell'imperfezione, la fotografia impeccabile, i dialoghi essenziali e mai banali, questo sentimento di disadattamento e disagio che entra sotto la pelle dello spettatore. Un'estasi, ma solo per amanti del genere, perché Sofia è molto ricercata e quindi molto particolare, quindi inevitabilmente condannata a piacere ad un pubblico più ristretto.
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Sofia Coppola parla chiaramente ai suoi cultori in questo film, che l'hanno seguita sin dall'inizio e che sanno assaporarne l'evoluzione: Somewhere è la sintesi di ciò che Sofia ha analizzato separatamente nei suoi lavori precedenti. Ed è soprattutto una versione maschile di Lost in translation, come un uomo possa sentirsi ingabbiato nella frenetica solitudine urbana in una metropoli di luci, lusso e colori.
Si assapora Sofia: le musiche delicate, le inquadrature lente e infinite, la ricerca spasmodica dell'imperfezione, la fotografia impeccabile, i dialoghi essenziali e mai banali, questo sentimento di disadattamento e disagio che entra sotto la pelle dello spettatore. Un'estasi, ma solo per amanti del genere, perché Sofia è molto ricercata e quindi molto particolare, quindi inevitabilmente condannata a piacere ad un pubblico più ristretto. Ma è anche un tuffo nella piscina dello Chateau Marmont dei divi esagerati e stravaganti, questo albergo di super lusso minato dalla decadenza, una boccata d'aria fresca in mezzo a tutti questi film violenti, sensazionalisti, mielosi, scontati, banali, veloci, spocchiosi che affollano i nostri cinema.
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vipera gentile
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giovedì 24 febbraio 2011
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l'indifferente
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Il film racconta la vita di un famoso attore americano, corteggiato dalle donne, ricco, separato con una figlia di undici anni. Il suo atteggiamento ricorda molto “Gli indifferenti” di Moravia: è assolutamente distaccato, annoiato, al punto da addormentarsi mentre è impegnato in un amplesso. Graziose le scene con le due gemelline che fanno la lap dance e quelle con la figlia, bravissima e molto carina. L’attore vive in un albergo che è il posto più impersonale che ci sia; l’unico oggetto che gli appartiene veramente è la macchina, una Ferrari. Quando lo spettatore pensa che ci sia finalmente un colpo di scena, il film finisce.
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blancherodriguezcalderara
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lunedì 14 marzo 2011
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los angeles: grandi ricordi grazie a somewhere
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Sofia Coppola descrive veramente come é la vita a Los Angeles e specialmente quella delle star. <br>Los Angeles é un miscuglio di doppie, triple e quadruple vite, l'una intrecciata con l'altra come i vari sobborghi della metropoli. Ottime le scene della città, gli interni del hotel Chateau Marmont e del principe di Savoia.<br>Grande spazi al silenzio, dialoghi brevi e tanto spazio alle riflessioni e ai rumori della città.<br>Non é facile descrivere questa città, ma la regista la interpreta molto bene.<br>Pochi personaggi, ma molto bravi.<br>Il rapporto padre-figlia commovente.<br>Ottime le riprese nella macchina e la scena introduttiva con la Ferrari, introduce al mondo Los Angelino.
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Sofia Coppola descrive veramente come é la vita a Los Angeles e specialmente quella delle star. <br>Los Angeles é un miscuglio di doppie, triple e quadruple vite, l'una intrecciata con l'altra come i vari sobborghi della metropoli. Ottime le scene della città, gli interni del hotel Chateau Marmont e del principe di Savoia.<br>Grande spazi al silenzio, dialoghi brevi e tanto spazio alle riflessioni e ai rumori della città.<br>Non é facile descrivere questa città, ma la regista la interpreta molto bene.<br>Pochi personaggi, ma molto bravi.<br>Il rapporto padre-figlia commovente.<br>Ottime le riprese nella macchina e la scena introduttiva con la Ferrari, introduce al mondo Los Angelino.<br>Descrizione del popolo italiano specialmente quello delle soubrette,perfetto!<br>Ottima la fotografia e la colonna sonora!<br><br>
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?????
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venerdì 10 settembre 2010
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un piccolo pensiero sul film
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Sotto una tiepida pellicola dal sapore californiano dei primi anni 90’,Sofia Coppola segue i suoi personaggi non affidandosi solo all'uso di dialoghi,ma evidenziando l’emotività attraverso il linguaggio dell’anima, la
frustrazione e la dolce solitudine che accompagna il protagonista ad assaporare la noia del “tutto e niente”. La pellicola procede gradualmente donando tenere inquadrature senza tempo e restituendo al protagonista lo stupore di apprendere che le cose profondamente grandi possono essere colte solo da chi sa guardare oltre la carne, rinunciando a tutti gli “escamotage” che ci distolgono da ciò di cui abbiamo veramente bisogno.
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Sotto una tiepida pellicola dal sapore californiano dei primi anni 90’,Sofia Coppola segue i suoi personaggi non affidandosi solo all'uso di dialoghi,ma evidenziando l’emotività attraverso il linguaggio dell’anima, la
frustrazione e la dolce solitudine che accompagna il protagonista ad assaporare la noia del “tutto e niente”. La pellicola procede gradualmente donando tenere inquadrature senza tempo e restituendo al protagonista lo stupore di apprendere che le cose profondamente grandi possono essere colte solo da chi sa guardare oltre la carne, rinunciando a tutti gli “escamotage” che ci distolgono da ciò di cui abbiamo veramente bisogno...come disse Gibran: “ La realtà dell’altro non è in ciò che egli ti rivela, ma in ciò che egli non riesce a rivelarti, Perciò se vuoi capire l’altro non dare ascolto a ciò che dice, ma piuttosto a ciò che egli non dice..”
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andrea levorato
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venerdì 9 settembre 2011
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sofia coppola ritorna alle origini
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Somewhere ***
Produzione: USA 2010
Genere: Drammatico, Commedia
Regia: Sofia Coppola
Attori principali: Stephen Dorff, Elle Fanning
Trama:
La vita del divo di Hollywood Johnny Marco (Dorff) scorre ripetitivamente tra feste piene di pasticche, amanti ogni giorno diverse e sonniferi streap-teese. La visita inaspettata della figlia Cleo (Fanning) lo sveglierà da questo incubo.
Mini recensione:
Con qualche buonismo di troppo, ma una trama solida e originale, la Coppola colpisce nel segno con questa autobiografia non dichiarata (Cleo è in realtà la giovane Sofia e Johnny è il famosissimo Francis Ford Coppola).
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Somewhere ***
Produzione: USA 2010
Genere: Drammatico, Commedia
Regia: Sofia Coppola
Attori principali: Stephen Dorff, Elle Fanning
Trama:
La vita del divo di Hollywood Johnny Marco (Dorff) scorre ripetitivamente tra feste piene di pasticche, amanti ogni giorno diverse e sonniferi streap-teese. La visita inaspettata della figlia Cleo (Fanning) lo sveglierà da questo incubo.
Mini recensione:
Con qualche buonismo di troppo, ma una trama solida e originale, la Coppola colpisce nel segno con questa autobiografia non dichiarata (Cleo è in realtà la giovane Sofia e Johnny è il famosissimo Francis Ford Coppola). Un tipo di cinema incompreso, è pur sempre un film d’autore quindi la regia e il montaggio sono particolari (in questo caso statico e lento), ma non noiosi. Così mettendo insieme un attore in declino che sembra uscito da “Lost in translation” e una ragazza candida come la neve che è difficile non riconoscere ne “Il giardino delle vergini suicide” la famosa regista figlia d’arte torna al grande cinema dopo la debole biografia di Maria Antonietta.
Interpretazioni:
Stephen Dorff ***1/2
Elle Fanning ***1/2
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anna1
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mercoledì 15 settembre 2010
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una favola
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Una favola tradizionale nei contenuti: i soldi e il successo non danno la felicità. Favola inconsueta nella forma, fatta di quotidianità, descrizioni e ritmi lenti. Spiazza un po' l'ironia e il senso del paradosso con cui vengono descritte le situazioni di vita di Johnnyi, sesso noioso e feste senza amici; per contro la perfezione della figlia (bella, semplice, pulita) suscita un po' di antipata. La ferrari nera è la vera protagonista del film, bella e tetra, sempre presente con il suo rombo dai toni cupi, che si spegne solo sul finale:non è un lieto fine come si conviene ad una favola, ma un inizio.
Si sente la bellezza del film dopo la fine, ripensando all'ironia, al modo di affrontare il problema in chiave emotiva e non razionale alla delicateza.
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Una favola tradizionale nei contenuti: i soldi e il successo non danno la felicità. Favola inconsueta nella forma, fatta di quotidianità, descrizioni e ritmi lenti. Spiazza un po' l'ironia e il senso del paradosso con cui vengono descritte le situazioni di vita di Johnnyi, sesso noioso e feste senza amici; per contro la perfezione della figlia (bella, semplice, pulita) suscita un po' di antipata. La ferrari nera è la vera protagonista del film, bella e tetra, sempre presente con il suo rombo dai toni cupi, che si spegne solo sul finale:non è un lieto fine come si conviene ad una favola, ma un inizio.
Si sente la bellezza del film dopo la fine, ripensando all'ironia, al modo di affrontare il problema in chiave emotiva e non razionale alla delicateza...
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[+] la figlia insegna
(di francesco2)
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johnny1988
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venerdì 23 marzo 2012
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se tutto non è un fast food
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SOMEWHERE – The sound of silence
La storia di sicuro non preme mai sull'acceleratore. E di tempo, oggi, si sa, ce n'è troppo poco. Viviamo a lungo il doppio dei nostri progenitori, abbiamo il privilegio rispetto al passato di avere maggiori possibilità di coltivarci, ma se tutto, anche l'arte, non è un fast food, è meglio lasciar perdere film come questi. Alla faccia del racconto complesso, qui pare non esserci nemmeno una trama, non c'è nemmeno un finale risolutivo! E poi, dalla Coppola ci si aspettava ben altro! Ma vedere il film da soli cambia già molto la prospettiva rispetto a quando si viene distratti dalla compagnia.
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SOMEWHERE – The sound of silence
La storia di sicuro non preme mai sull'acceleratore. E di tempo, oggi, si sa, ce n'è troppo poco. Viviamo a lungo il doppio dei nostri progenitori, abbiamo il privilegio rispetto al passato di avere maggiori possibilità di coltivarci, ma se tutto, anche l'arte, non è un fast food, è meglio lasciar perdere film come questi. Alla faccia del racconto complesso, qui pare non esserci nemmeno una trama, non c'è nemmeno un finale risolutivo! E poi, dalla Coppola ci si aspettava ben altro! Ma vedere il film da soli cambia già molto la prospettiva rispetto a quando si viene distratti dalla compagnia. Sofia Coppola è, e si sa, una delle poche promesse del cinema indipendente americano contemporaneo, non solo è figlia di un papà abbondante (!) di genio, ma è anche erede diretta di quella corrente intellettuale ormai al tramonto che un tempo amava tanto definirsi anti-hollywoodiana. Nel cinema, quello americano in primis, si usa dire che esistano due categorie di registi, quelli che hanno davvero qualcosa da dire e quelli che, con lo stesso zelo dei primi, hanno bisogno di far soldi. Non è facile giudicare Sofia Coppola, è indubbiamente un'attenta osservatrice dei rapporti umani, ma bisogna anche dire, in controbattuta, che anche lei, come molti altri della sua generazione, si lascia sedurre spesso e volentieri dalle opportunità del guadagno facile. Le Vergini suicide e Maria Antonietta, così raffinate nelle musiche, nel montaggio, nei costumi, nella fotografia, hanno avuto gran successo e hanno emozionato il pubblico, specie quello giovane, un po' alternativo e intellettualoide, ma non sembrano offrire troppi spunti di riflessione. Oggi, con Somewhere, la regista punta in alto, e in buona parte si ispira alla sua biografia; torna ai tempi migliori di Lost in Translation, recuperando con relativo successo (più personale che di pubblico!!) ciò che sa raccontare meglio, il confronto dell’uomo coi lussi e i disagi dell'esistenza. La trama è ridotta all'osso: Johnny è un ricco attore, ozioso e solo, fedele alla bottiglia e al fumo, passa i giorni, cioè infiniti tempi morti, dentro la sua Ferrari o sul lettino dei massaggi, fra una conferenza assurda e una lap dance domestica. Per vedere sconvolta la sua routine con l'arrivo della figlia adolescente. Ecco qui lo spunto per l'analisi sulla comunicazione e sui sentimenti, sui rumori della quotidianità e sui silenzi della solitudine. Nulla di nuovo sotto il sole, pare, ma l'originalità del film sta nella maturità della regista, che non prende le parti di nessuno dei personaggi e limita l'estetica concentrando l'occhio sugli sguardi, che dicono molto di più di quanto non mostrano. I protagonisti infatti parlano poco e non si dicono quasi mai niente di interessante, sono l'obiettivo e le immagini a tradurre i loro pensieri. Siamo quindi noi del pubblico a interpretare le vite di padre e figlia, come fra le pagine di un testo semplice e diretto. E' curioso, e non banale, infatti, come Johnny Marco sospetti spesso di essere seguito da fotografi indiscreti e non se ne veda apparire neanche uno, oppure come la Ferrari sfrecci libera e sicura in una strada chiusa, facendoci intuire fin dall'inizio come vanno le cose. Uno che conosce il cinema riconosce presto le allusioni, non si riesce a non pensare ai temi preferiti di Bergman, a Un'Altra Donna di Woody Allen, così come al Buffalo '66 di Vincent Gallo: la crisi di autocoscienza, la desolazione filtrano, lì e qui, attraverso una lucida malinconia che sconfina nella speranza. Difatti, la Rowlands di Allen trova il riscatto nell'autobiografia; l'Elle Fanning della Coppola, con un garbo fiabesco, sveglia il papà e gli prepara la colazione, danza dolce per lui come Christina Ricci si esibiva per Gallo, o come la fata Turchina trasformava un burattino di legno in essere umano. Così il film a poco a poco si illumina, uno studio freddo e grigio del trucco in cui Johnny si sottopone a una maschera di cera che gli lascia scoperte soltanto le narici per respirare, all'inizio, quindi uno spazio aperto e assolato, alla fine; Johnny, abbandona l'auto sul ciglio della strada e cammina, con un sorriso di speranza. La Coppola presenta l'esitazione che precede il viaggio, senza (troppe) lacune e senza eccessi, e per la prima volta, i suoi personaggi, una volta smontati, li ricompone, lasciandoci un sospiro di buon auspicio. Alla faccia dei critici più esigenti e ostili della Mostra di Venezia, come Tarantino ha sottolineato, dimostrando una finezza più da osteria che da spaghetti western.
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elx.fresk
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mercoledì 15 settembre 2010
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facile etichettare un film come brutto...
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Il mondo del cinema negli ultimi anni ci sta abituando ad un trand che va sempre più alla mediocrità.
Dal titolo penserete che voglio parlar male di questo film, ma invece lo trovo un buonissimo film meritevole di premi e riconoscimenti com e poi è stato, vincendo la palma d'oro a Venezia.
Somewhere è un film d'arte, on piccolo gioiello del cinema che da tempo non si vedeva. Questo perche oramai ci stiamo abituando a spettacoli come l'acclamatissimo Avatar o altri colossali blockbuster, devo ammetterlo anche io sono rimasto stupefatto di quello che avevo visto in Avatar, (tanto da andarlo a vedere ben 2 volte) ma poi con il passare del tempo non rimane altro che luci e colori, niente sentimenti, niente immagini toccanti e significative.
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Il mondo del cinema negli ultimi anni ci sta abituando ad un trand che va sempre più alla mediocrità.
Dal titolo penserete che voglio parlar male di questo film, ma invece lo trovo un buonissimo film meritevole di premi e riconoscimenti com e poi è stato, vincendo la palma d'oro a Venezia.
Somewhere è un film d'arte, on piccolo gioiello del cinema che da tempo non si vedeva. Questo perche oramai ci stiamo abituando a spettacoli come l'acclamatissimo Avatar o altri colossali blockbuster, devo ammetterlo anche io sono rimasto stupefatto di quello che avevo visto in Avatar, (tanto da andarlo a vedere ben 2 volte) ma poi con il passare del tempo non rimane altro che luci e colori, niente sentimenti, niente immagini toccanti e significative.
Somewhere scardina le regole del cinema contemporaneo, ci trasporta in un mondo fatto di immagini lunghe e ripetitive che entrano nella mente dello spettatore e lasciano il segno. Le immagini poco curate, la qualità bassa e la colonna sonora impreziosiscono il tutto.
Il pubblico forse non lo amerà perché troppo lento e "noioso" per essere capito. Bisogna avere la pazienza di guardare anche un film dove non viene sparato un colpo di pistola e dove non ci sono le solite magie e cavolate varie.
Somewhere è un film sulla vita, sul rapporto padre figlia, su modo di affrontare le varie esperienze della nostra vita, e ci dice come superarle, ci dice che anche nel momento peggiore, una soluzione c'è.
Voglio dire due parole sulla regia.
La prima inquadratura del film, la macchina che gira di continuo è forse una delle immagini più belle del film, sono proprio le queste inquadrature infinite che ne fanno la forza, più l'inquadratura dura meglio è. Vedendo l'inquadratura citata ho pensato e ho detto alla mia ragazza che sedeva vicino a me già indispettita per l'ennesimo film "pesante" che gli facevo vedere: "Inquadratura perfetta, più viene mantenuta più la sua forza viene fuori" poi nel momento in cui finisce il tempo è perfetto già sappiamo che quello sarà l'ultimo giro.
Ci sarebbero molte altre cose da dire, ma il mio unico consiglio è di guardare questo film pensando di vedere un opera d'arte, non il solito blockbuster.
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gianmarco.diroma
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domenica 19 settembre 2010
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gesti ostentati di una sicurezza solo di facciata
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Una Ferrari 458 Nera compie 4 giri intorno ad una simil-pista in mezzo al nulla: all'inizio del quinto si ferma. Il guidatore scende dall'auto: è Johnny Marco, un attore affermato dello star system di Hollywood. Si guarda intorno. Il nulla intorno a lui. Il guidare una Ferrari, gesto di simbolica ostentazione, nasconde solamente una sicurezza di facciata che di sostanza non ha niente. A confermarlo il titolo del film, che appare subito dopo: Somewhere, ovvero da qualche parte, in una sorta di "non luogo", di limbo, dove l'apatia del protagonista si manifesta (ma non si sfoga mai veramente, eccetto, nel finale, al telefono con la ex compagna e madre di sua figlia, Leila) attraverso una deriva che rimane confinata entro i confini di una piscina del Chateau Marmont di Los Angeles.
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Una Ferrari 458 Nera compie 4 giri intorno ad una simil-pista in mezzo al nulla: all'inizio del quinto si ferma. Il guidatore scende dall'auto: è Johnny Marco, un attore affermato dello star system di Hollywood. Si guarda intorno. Il nulla intorno a lui. Il guidare una Ferrari, gesto di simbolica ostentazione, nasconde solamente una sicurezza di facciata che di sostanza non ha niente. A confermarlo il titolo del film, che appare subito dopo: Somewhere, ovvero da qualche parte, in una sorta di "non luogo", di limbo, dove l'apatia del protagonista si manifesta (ma non si sfoga mai veramente, eccetto, nel finale, al telefono con la ex compagna e madre di sua figlia, Leila) attraverso una deriva che rimane confinata entro i confini di una piscina del Chateau Marmont di Los Angeles.
A sottolineare ulteriormente il senso di vuoto permanente che caratterizza la vita dell'infelice Johnny, la sequenza delle due ballerine, gemelle bionde in stile Ikea, che ballano davanti a Johnny, mentre tra alcol e pastiglie lui si addormenta. O ancora Johnny che collassa - letteralmente - tra le cosce di un'amante. Johnny che si sgola una birra dietro l'altra senza nessuna compagnia. Johnny che gioca ai videogiochi come un bambino di 10 anni, che se gli viene chiesto quali studi abbia fatto per affermarsi nel mondo della recitazione, non sa neanche come abbia iniziato a fare l'attore, Johnny che di fronte alle domande dei giornalisti, durante la conferenza stampa di presentazione della sua ultima 'fatica' cinematografica, non sa cosa rispondere.
In questo tragicomico siparietto, dove a fare da cornice ci stanno brand di tutti i tipi (la Ferrari 458, i Persol PO 2932 S, sigarette Camel, la Wii e Guitar Hero, il Principe di Savoia di Milano, i Telegatti), gli stessi protagonisti (primo fra tutti Johnny Marco che, sopra un materassino nella piscina dell'albergo losangelino dove alloggia, esce lentamente dall'inquadratura) vengano fissati nella loro 'irrilevanza esistenziale' attraverso delle inquadrature fisse che guardano sbalordite a queste vite prive di spessore.
C'è una tensione che caratterizza la vita del protagonista che viene di continuo smorzata dagli impegni di lavoro, da donnette che gli si offrono con grande generosità, dalla possibilità di usare tutti i soldi che ha come vuole (un giro in elicottero o a Las Vegas cambia poco). Non c'è scelta necessaria nella vita di Johnny Marco, perché tutte le scelte sono possibili. Si può permettere tutto quello che vuole. Ma in realtà paga un prezzo altissimo: "è sempre via, non c'è mai", neanche per sua figlia Cleo, l'unica in grado di dare un po' di reale dinamismo alla sua vita. L'unica in grado di scuoterlo dal di dentro, muovendo semplicemente qualche passo di danza classica su una pista di ghiaccio. L'unica a spingerlo, nel giro di un'ora e mezza circa di film, a due fughe: la prima a Milano, dalla possibilità di ricevere le chiavi della città, la seconda nel finale, quando Johnny, partito per qualche luogo (il "somewhere" del titolo?) decide di abbandonare la sua macchina e di ripartire per nuove destinazioni tutte da scoprire, ma che, almeno, gli offrono la possibilità di un sorriso sincero: se velleitario poi, non ci è dato sapere!
In questo senso la parola "somewhere" si costituisce sia come punto di partenza, all'inizio del film, che di ripartenza, alla fine, di un'esistenza che si ribella alla propria condizione di manichino (simbolica la sequenza del make-up!).
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paolorol
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martedì 21 settembre 2010
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troppo facile parlarne male...
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Troppo facile parlarne male: basti dire che ha vinto il Leone d'Oro, basti aggiungere che il presidente della Giuria era l'ex fidanzato della Coppola.. Che dire poi del discorsetto finale del Presidente della Biennale, alla premiazione? Ha avuto l'encomiabile faccia tosta di vantare il predominio culturale (del resto innegabile) di Venezia su altri Festival quali Toronto e Cannes, che premiano sempre e solo prodotti commercialissimi, senza riguardo per le opere d'autore e soprattutto senza rispetto per gli autori poco noti.. Che barzelletta! E' stato premiato il film più commerciale fra quelli in concorso e Tarantino ha fatto una pernacchia a chi insinuava dubbi sull'imparzialità della sua scelta (pare che l'abbia fatta democraticamente da padrone.
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Troppo facile parlarne male: basti dire che ha vinto il Leone d'Oro, basti aggiungere che il presidente della Giuria era l'ex fidanzato della Coppola.. Che dire poi del discorsetto finale del Presidente della Biennale, alla premiazione? Ha avuto l'encomiabile faccia tosta di vantare il predominio culturale (del resto innegabile) di Venezia su altri Festival quali Toronto e Cannes, che premiano sempre e solo prodotti commercialissimi, senza riguardo per le opere d'autore e soprattutto senza rispetto per gli autori poco noti.. Che barzelletta! E' stato premiato il film più commerciale fra quelli in concorso e Tarantino ha fatto una pernacchia a chi insinuava dubbi sull'imparzialità della sua scelta (pare che l'abbia fatta democraticamente da padrone..)
A parte ciò, il film è bello! Minimale e descrittivo, inutile andare all'inutile ricerca di trame complesse e dialoghi intricati. E' un tranche de vie che ci illumina, per l'ennesima volta, d'accordo!,su splendori e miserie dei ricchi e sovraesposti divi hollywoodiani. La non-trama può disinteressare, ma a molti forse è sfuggita la costruzione raffinata del film, i cui ritmi lenti assolvono ad una funzione descrittiva. Il protagonista è perfetto nella parte, e che dire della bambina?
La Coppola ha anche inserito nel film una sequenza che potrebbe avere anche una funzione illuminante, almeno per quei (tantissimi) poveracci che sono stati mesmerizzati e rincoglioniti da "una certa tv". Ecco come ci vedono all'estero: la cerimonia della premiazione dei Telegatti rappresenta un'apice di trashitudine berlusconiana difficilmente eguagliabile, così come le "personalità televisive" incarnano l'imbarbarimento ed involgarimento estremo dei costumi italiani. Così ridono di noi, con la Marini sgraziata e grossolana ballerina da avanspettacolo, con l'insopportabile e volgare Ventura Simona e col patetico Nino Frassica.
A parte ciò, ho trovato in qualche modo "originale" l'idea di non includere la droga nella spirale autodistruttiva del protagonista! Riesce a distruggersi benissimo anche senza. Mi spiace che il film abbia anche distrutto la pazienza di molti spettatori. A loro consiglio, e la mia non è una provocazione, di rivederlo con occhio meno prevenuto. Scopriranno un bel film.
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