nino quincampoix
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giovedì 9 settembre 2010
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somewhere...anywhere but in the cinema!
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Un film sull'assenza: di storia (scarna, quasi inesistente); di ritmo (la lunga sequenza del padre e della figlia che prendono il sole a bordo piscina ne è un esempio), di interesse. Prima di vederlo avevo sentito alcuni critici definirlo "minimalista": gli si deve riconoscere una certa sobrietà...ma fine a se stessa! Più che Stephen Dorff (che comunque dimostra una certa capacità a vestire i panni dell'attore superficiale e annoiato dalla vita agiata che conduce), colpisce Elle Fanning per la sua freschezza. La televisione italiana e il cosidetto show-business che gli fa da contorno appare in tutta la sua triste vacuità (o forse sarebbe meglio dire "trashume")
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paapla
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mercoledì 8 settembre 2010
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il loop di sofia coppola
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La spartana sequenza iniziale di Somewhere di Sofia Coppola è un loop, con un sonoro delizioso, il rombo della Ferrari 599 GTO colore nero corvino che gira in tondo che appare e scompare davanti all’obiettivo per cinque volte, sequenza che ammorba, ma il messaggio è chiaro, semplice come un anello: siamo votati al nulla.
Il lavoro di Sofia Coppola poteva finire dopo le perfomance di due ballerine di lap dance ingaggiate per distrarre un annoiato e svogliato Johnny Marco, divo hollywoodiano, (Stephen Dorff, bravo e credibile)che sdraiato, vestito e con gli anfibi calzati, la testa affossata su morbidi cuscini guarda dal letto lo spettacolo riservato solo a lui; sorride, a tratti apprezza le acrobazie e le movenze sinuose delle ballerine, ma l’abbraccio di Morfeo è irresistibile, nel bel mezzo dello spettacolo crolla addormentato.
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La spartana sequenza iniziale di Somewhere di Sofia Coppola è un loop, con un sonoro delizioso, il rombo della Ferrari 599 GTO colore nero corvino che gira in tondo che appare e scompare davanti all’obiettivo per cinque volte, sequenza che ammorba, ma il messaggio è chiaro, semplice come un anello: siamo votati al nulla.
Il lavoro di Sofia Coppola poteva finire dopo le perfomance di due ballerine di lap dance ingaggiate per distrarre un annoiato e svogliato Johnny Marco, divo hollywoodiano, (Stephen Dorff, bravo e credibile)che sdraiato, vestito e con gli anfibi calzati, la testa affossata su morbidi cuscini guarda dal letto lo spettacolo riservato solo a lui; sorride, a tratti apprezza le acrobazie e le movenze sinuose delle ballerine, ma l’abbraccio di Morfeo è irresistibile, nel bel mezzo dello spettacolo crolla addormentato. La stessa sorte poteva toccare a noi spettatori, che affossati in comode poltrone seguiamo gli spostamenti in Ferrari 599 GTO di Johnny Marco per lunghe sequenze; cullati dal rombo, sgassate e cambiate, delizia dei pochi sportivi presenti.
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domenico a
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sabato 11 settembre 2010
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caduta in stile libero
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Abbiamo visto “ Somewhere “ regia di Sofia Carmina Coppola.
Sofia Coppola è al suo quarto film, i precedenti sono state tre opere di notevole maestria e intelligenza. Nel 1999 ha debuttato con “ Il giardino delle vergini suicide “, film meno conosciuto dal pubblico, un ritratto di famiglia fuori dal comune: cinque sorelle fra i quindici e i diciannove anni vivono la loro crescita tormentate da una madre integralista e sorda e un padre assente e senza personalità, rinchiuso nella costruzione di modellini. Il secondo film è stato “ Lost in Traslation “ storia e sviluppo fuori dai clichè, splendidamente scritto, diretto e interpretato e ha ottenuto l’oscar come migliore sceneggiatura.
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Abbiamo visto “ Somewhere “ regia di Sofia Carmina Coppola.
Sofia Coppola è al suo quarto film, i precedenti sono state tre opere di notevole maestria e intelligenza. Nel 1999 ha debuttato con “ Il giardino delle vergini suicide “, film meno conosciuto dal pubblico, un ritratto di famiglia fuori dal comune: cinque sorelle fra i quindici e i diciannove anni vivono la loro crescita tormentate da una madre integralista e sorda e un padre assente e senza personalità, rinchiuso nella costruzione di modellini. Il secondo film è stato “ Lost in Traslation “ storia e sviluppo fuori dai clichè, splendidamente scritto, diretto e interpretato e ha ottenuto l’oscar come migliore sceneggiatura. Nel 2006 dirige “ Marie Antoinette ” sulla regina della Rivoluzione Francese, ma dove tutto è leggero, giovanile e post moderno; con uno stile innovativo, fresco, pop. Per parte della critica i tre film, per le affinità tematiche, sono definiti come la trilogia della giovinezza inquieta. Va da ricordare che per una giovane donna ( oggi ha circa quarant’anni ) non deve essere stato facile trovare una sua strada fatta di originalità e intelligenza, avendo come padre Francis Ford Coppola, come madre Eleanor documentarista e scrittrice di un bel libro sulle disavventure sul set di Apocalypse Now, per non dimenticare un fratello Roman regista, una zia l’attrice Talia Shire ( ricordate: Adriana, urlato da Stallone in Rochy ? ), cugina di Nicolas Cage e Robert Carmine ( attore e leader dei Rooney ). Da alcuni anni oramai Sofia Coppola non è solo figlia o cugina o nipote di qualcuno, è una regista affermata, ha il suo pubblico affezionato ed è nello star sistem hollyvoodiano nel senso più pieno ed anche snob del termine.
Il suo quarto film è presente al Festival di Venezia, in gara, ed è uscito nelle sale in questi giorni. Col suo solito stile ci racconta di Johnny Marco, un divo di Hollywood che ha recitato anche con De Niro, Meryl Streep e Al Pacino. E’ bello, pieno di donne e con una vita apparentemente piena. Vive in una suite del leggendario Hotel Chateau Marmont, dove hanno vissuto Greta Garbo, Marylin Monroe, Alan Delon; dove ha trovato la morte John Belushi e Jim Morrison è finito in ospedale. Scorazza in giro sulla sua Ferrari nera quasi alla ricerca di un istinto di libertà che non sembra possederlo lucidamente e nella sua suite ci sono sempre feste, splendide ragazze in attesa e le solite pasticche. Johnny sembra a proprio agio in questa situazione di torpore, fra ballerine di lap dance di notte e conferenze stampa, interviste e lavori vari di giorno. Fino a quando la ex moglie con una telefonata gli lascia per alcuni giorni la figlia undicenne, Cleo ( Elle Fanning ). Questo avviene alla fine del primo tempo, troppo in ritardo perché questo sia la naturale storia. L’incontro con la figlia non è conflittuale o presago di piccoli screzi, anzi è sereno e spensierato, e lo stare assieme si svolge tra camere d’albergo con piscina a Milano, mangiate di gelato notturne, aerei e auto con autista, gare di videogiochi e il ritiro di un premio a Milano tra la Ventura nazionale e la Marini che canta e sgambetta ( questa italietta patetica raccontata da Sofia Coppola è sì triste e provinciale ma è troppo banale e superficiale ). Quando Johnny e sua figlia ritornano a Los Angeles devono dividersi, la bambina deve andare in un centro estivo e lui resta all’improvviso da solo, spinto a fare bilanci e riflessioni esistenziali, sulla sua posizione nel mondo e affrontare domande che prima o poi tutti dovrebbero porsi. E l’ennesima fuga in auto gli permette anche un sorriso finale liberatorio.
Una trama molto semplice, sulla futilità e fragilità di certe vite che viste da lontano sembrano splendide e appaganti e invece sono vuote e deprimenti ( io banalmente farei a cambio di corsa ). L’elemento narrativo che sconquassa ( ? ) questa vita è Cleo, che dovrebbe smuovere
la ‘ calma piatta ‘ del divo e portarlo a cercare “ il vero “ oltre il suo mondo “ di finzione “. Ma purtroppo non accade nulla di importante o di significativo, si segue il film senza interesse o curiosità, forse in attesa di un finale forte che mitigherebbe la fiacchezza e la poco originalità di molti passaggi. Insomma film non risolto, che gira a volte in maniera lenta e fastidiosa su se stesso. La cifra stilistica dei precedenti film della Coppola che era la sua forza, in questo sembrano mostrare tutti quei limiti derivati anche da contiguità esistenziale dell’autrice con il suo ambiente. Viene d’istinto da dire che fare un film alla Wenders o all’Antonioni senza avere l’età e lo spessore è rischioso e sbagliato.
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linodigianni
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martedì 14 settembre 2010
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un b-movie per intellettuali depressi
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La scena iniziale
della Ferrari nera
che gira in un piccolo
circuito in mezzo al deserto?:
dovrebbe anticipare i non luoghi
da qualche parte, ma è ridicola
le scene di lui annebbiato,
tra scene di sesso che lo annoiano
fino a farlo addormentare tra le
gambe di una donna
( sarcastiche le scenette delle 2 ragazze
che gli fanno la lapdance in camera,
smontandosi il palo e portandosi
la radiolina)
nel film si vede il protagonista
solo bere,
ma è probabile che si strafaccia
di cocaina
( il politicamente corretto non permetteva
a Sofia di far vedere tutto?)
( siamo sicuri che sia un attore?)
la ragazzina è brava a recitare
ma anche inquietante per il volto
dai lineamenti quasi down
tempi lunghi, primi piani, ogni scena
un campo fisso di 10 minuti,
si fa in fretta un film riempito cosi
musichette stralunate di tutto il film
si salveranno due-tre scene per cinque minuti
in tutto:
le due ragazze con lap-dance in camera
la suite con piscina privata nella stanza accanto
padre e figlia al bordo piscina in pieno sole
padre e figlia in acqua
Conclusione: Il presidente della giuria,
Tarantino, secondo me ha fatto un marchettone
dando il premio alla sua conterranea, che era gia partita.
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La scena iniziale
della Ferrari nera
che gira in un piccolo
circuito in mezzo al deserto?:
dovrebbe anticipare i non luoghi
da qualche parte, ma è ridicola
le scene di lui annebbiato,
tra scene di sesso che lo annoiano
fino a farlo addormentare tra le
gambe di una donna
( sarcastiche le scenette delle 2 ragazze
che gli fanno la lapdance in camera,
smontandosi il palo e portandosi
la radiolina)
nel film si vede il protagonista
solo bere,
ma è probabile che si strafaccia
di cocaina
( il politicamente corretto non permetteva
a Sofia di far vedere tutto?)
( siamo sicuri che sia un attore?)
la ragazzina è brava a recitare
ma anche inquietante per il volto
dai lineamenti quasi down
tempi lunghi, primi piani, ogni scena
un campo fisso di 10 minuti,
si fa in fretta un film riempito cosi
musichette stralunate di tutto il film
si salveranno due-tre scene per cinque minuti
in tutto:
le due ragazze con lap-dance in camera
la suite con piscina privata nella stanza accanto
padre e figlia al bordo piscina in pieno sole
padre e figlia in acqua
Conclusione: Il presidente della giuria,
Tarantino, secondo me ha fatto un marchettone
dando il premio alla sua conterranea, che era gia partita.
Tanto, i selvaggi locali, sono degni solo di B-movie
e questo è, a suo modo, un b-movie per intellettuali depressi.
Nb io odio le auto, e qui c'e pure la Ferrari che si rompe
come una Fiat che negli States chiamano
Fix it aigain, Tom( Riparala ancora, Tom)
ps. tra una decina d'anni, Sofia Coppola
dirà: avevo fatto quel film con gli scarti e i ciarpami
e mi avevano pure premiato
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[+] perchè per intellettuali depressi?
(di johnny1988)
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vicviper
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lunedì 20 settembre 2010
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insulso e soporifero
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Sofia coppola era riuscita ad essere molto incisiva in Lost in Translation, un film lento e pieno di silenzi nelle cui pieghe però si annidavano emozioni e significati che restituivano un reticolo complesso di dinamiche esistenziali complesse, raffinate ed intrise di poesia.
Questo al contrario è un film troppo facile: nessun dialogo, nessuna trama, nessuna poesia, nessuna emozione, un messaggio timido e banale.
Non basta indugiare sulle immagini per dargli un significato e rendere lo spirito mimal-essenzialista che il film si propone.
3 minuti di giri di pista
6 minuti di lap dance (ci fosse stato almeno lo streeptease! ;)
5 minuti di videogiochi
questo, un po di sesso accennato e qualche parola compone il primo tempo.
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Sofia coppola era riuscita ad essere molto incisiva in Lost in Translation, un film lento e pieno di silenzi nelle cui pieghe però si annidavano emozioni e significati che restituivano un reticolo complesso di dinamiche esistenziali complesse, raffinate ed intrise di poesia.
Questo al contrario è un film troppo facile: nessun dialogo, nessuna trama, nessuna poesia, nessuna emozione, un messaggio timido e banale.
Non basta indugiare sulle immagini per dargli un significato e rendere lo spirito mimal-essenzialista che il film si propone.
3 minuti di giri di pista
6 minuti di lap dance (ci fosse stato almeno lo streeptease! ;)
5 minuti di videogiochi
questo, un po di sesso accennato e qualche parola compone il primo tempo.
Sono uscito dal cinema all'intervallo convinto di stare perdendo tempo che avrei potuto usare per provare qualche emozione.
Un film non riuscito.
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aragornvr
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domenica 19 settembre 2010
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....where?
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... non perdete tempo, il film della Coppola, dopo un profondo Il giardino delle vergini suicide, e un lento ma valido Lost in translation, (ignoro volutamente Marie Antoinette ) propone un deludente, inutile, vuoto, ruffiano Somewhere.
Il film e' scarno, come i film indipendenti dei primi anni novanta (Araki docet, The living end in particolare) ma senza la loro personalità, nè profondità alcuna; quasi una scarsa fotocopia, racconta con lentezza auticompiaciuta, la supposta visione sostanziale, in realtà inesistente, di un rapporto padre-figlia nullo, una professione esternamente di successo, ma profondamente vuota.
Il tema, per quanto quotidiano e scontato, poteva forse essere trattato con con un nuovo sguardo sulla società che, negli ultimi tempi, sta indubbiamente correndo e bruciando le tappe dei rapporti famigliari, alterandoli e rinnovandoli.
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... non perdete tempo, il film della Coppola, dopo un profondo Il giardino delle vergini suicide, e un lento ma valido Lost in translation, (ignoro volutamente Marie Antoinette ) propone un deludente, inutile, vuoto, ruffiano Somewhere.
Il film e' scarno, come i film indipendenti dei primi anni novanta (Araki docet, The living end in particolare) ma senza la loro personalità, nè profondità alcuna; quasi una scarsa fotocopia, racconta con lentezza auticompiaciuta, la supposta visione sostanziale, in realtà inesistente, di un rapporto padre-figlia nullo, una professione esternamente di successo, ma profondamente vuota.
Il tema, per quanto quotidiano e scontato, poteva forse essere trattato con con un nuovo sguardo sulla società che, negli ultimi tempi, sta indubbiamente correndo e bruciando le tappe dei rapporti famigliari, alterandoli e rinnovandoli.
Invece, il nulla.
Il finale, uno sguardo filosofico al futuro, è in realtà superficiale, facile e scontato, assolutamente inespressivo di pensiero o emozione.
Sicuramente eccellente per attori, registi e i clan cinematografici, che i sentono profondamente interpretati dal film, e gli consegnano il Leone d'Oro.
Altrettanto sicuramente superficiale ed inutile per il pubblico cinefilo che, su Mymovies, da al film una stella e mezza....
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annalisa.giu
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mercoledì 26 gennaio 2011
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carino, anche se...
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Buio in sala, inizia la proiezione del film che ha appena vinto il festival di Venezia. Inquadratura fissa su un paesaggio desertico. Una ferrari nera passa davanti la camera, sparisce dallo spazio visivo, ricompare in lontananza (sulla stessa inquadratura fissa), scompare nuovamente. Qualche istante (lungo) in cui non capita nulla. Attenzione attenzione, si sente il rombo del potente motore sempre più forte. Eccola eccola, la ferrari ripassa davanti a noi, sparisce nuovamente, ricompare in lontananza… e così via via per quanti giri? 5, 6, 7… forse più, forse meno. Il punto non è quanti giri vengano compiuti; il punto è che abbiamo già capito tutto: il film è di una noia mostruosa con l’aggravante di aver ricevuto un riconoscimento importante; con l’aggravante di sapere che qualcuno ce lo spaccerà (o già ce l’ha spacciato) per un capolavoro.
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Buio in sala, inizia la proiezione del film che ha appena vinto il festival di Venezia. Inquadratura fissa su un paesaggio desertico. Una ferrari nera passa davanti la camera, sparisce dallo spazio visivo, ricompare in lontananza (sulla stessa inquadratura fissa), scompare nuovamente. Qualche istante (lungo) in cui non capita nulla. Attenzione attenzione, si sente il rombo del potente motore sempre più forte. Eccola eccola, la ferrari ripassa davanti a noi, sparisce nuovamente, ricompare in lontananza… e così via via per quanti giri? 5, 6, 7… forse più, forse meno. Il punto non è quanti giri vengano compiuti; il punto è che abbiamo già capito tutto: il film è di una noia mostruosa con l’aggravante di aver ricevuto un riconoscimento importante; con l’aggravante di sapere che qualcuno ce lo spaccerà (o già ce l’ha spacciato) per un capolavoro. Siamo sinceramente stufi di chi si sente poeta ed artista e soprattutto di chi riconosce poesia ed arte laddove non ce n'è. Un film non deve annoiare, mai. La supposta poesia intimista, la decantata delicatezza della Coppola capace di descrivere come nessun altro il senso di vuoto, di solitudine altro nome non ha che NOIA. Ci parla di noia annoiandoci e senza neanche proporci nulla di nuovo: la solita minestrina dell’attore di successo che vive agli eccessi finché non capisce tutto ciò che gli manca ritrovando un rapporto con sua figlia. Non lasciatevi ingannare da pareri di sedicenti esperti. Non sentitevi inadeguati e non all’altezza intellettuale di comprenderlo. Se avesse ripreso per tutto il tempo una latrina infestata da mosche, di certo qualcuno ci avrebbe trovato un senso, un perché che francamente non avrebbe cambiato la sostanza: era solo un’inquadratura di merda.
Comunque noi spettatori ci accontentiamo di poco, di piccole gioie, come quella che la regista ci da in occasione della scena della maschera di gesso. Abbiamo davvero temuto che l’inquadratura si soffermasse per tutti i 40 minuti necessari alla solidificazione. Grazie Sofia per averla fatta durare solo qualche interminabile minuto…
Ha veramente poco da dire questo film. Gira a vuoto come la ferrari nel deserto. Per fortuna dura solo un’ora e mezzo o poco più.
Carino, anche se… stavolta mi gioco il jolly e cambio temporaneamente il nome del blog: soporifero, fastidioso e supponente, anche se è un’esperienza bellissima vivere il senso di liberazione quando la pellicola finisce e si esce dal cinema.
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ragthai
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giovedì 10 febbraio 2011
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una delusione
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Mi devo accodare al giudizio di altri, il film e' stato decisamente deludente. Lento, con sequenze lunghe e di poco significato e una trama pressoche' inesistente. Piu' che un film sembra, a tratti, un film - documentario, di quelli che si girano per mostrare il dietro le quinte di alcuni artisti, solo che in questo caso e' di nessun interesse, in quanto non riguarda un personaggio reale e non c'e' nessuna curiosita' da soddisfare.
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francocesario
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lunedì 20 settembre 2010
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"in qualche luogo" c'è un'occasione mancata.
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Somewhere è un film che ha delle potenzialità molto grandi ed ho capito che è come una bevanda molto forte che nell'immediato ha un gusto non facilmente definibile ma che poi impari a conoscere man mano che si palesa il retrogusto.
La forza dell'opera di Sofia Coppola sta nel suo cinema minimalista, anti-holliwoodiano per definizione e de facto (il film parla di un attore molto noto che attraversa una crisi di identità scatenata dalla presenza della figlia di undici anni che ha visto rarissimamente data la sua separazione coniugale).
Il minimalismo sopracitato però a volte sembra nascondere un riempitivo scenico che altrimenti non si saprebbe come colmare.
Il fatto è che le tematiche, pur valide ed in certi casi evocative, potevano essere meglio concepite ed essere un tantino più coinvolgenti, senza trascendere nel sensazionalismo di un film d'azione o delle solite commedie che il filmificio americano, purtroppo, ci ha imparato a conoscere.
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Somewhere è un film che ha delle potenzialità molto grandi ed ho capito che è come una bevanda molto forte che nell'immediato ha un gusto non facilmente definibile ma che poi impari a conoscere man mano che si palesa il retrogusto.
La forza dell'opera di Sofia Coppola sta nel suo cinema minimalista, anti-holliwoodiano per definizione e de facto (il film parla di un attore molto noto che attraversa una crisi di identità scatenata dalla presenza della figlia di undici anni che ha visto rarissimamente data la sua separazione coniugale).
Il minimalismo sopracitato però a volte sembra nascondere un riempitivo scenico che altrimenti non si saprebbe come colmare.
Il fatto è che le tematiche, pur valide ed in certi casi evocative, potevano essere meglio concepite ed essere un tantino più coinvolgenti, senza trascendere nel sensazionalismo di un film d'azione o delle solite commedie che il filmificio americano, purtroppo, ci ha imparato a conoscere.
La sensazione è che sia un'occasione persa, una sfida onirica mancata, una pietra lanciata in uno stagno che provoca pochi schizzi.
Non mancano di certo slanci e parti che aiutano lo spettatore più attento a riflettere intensamente sulla realtà sociale in cui ci siamo ficcati; sembra di assistere, però, ad un film che ha subito forti influenze dal cinema impegnato italiano o francese degli anni '70 senza toccarne gli apici creativi.
Sicuramente non poteva aspirare ad un Leone d'oro a Venezia in una rassegna che avesse come competitor opere immortali come “La Grande Guerra” di Monicelli, “Deserto Rosso” di Antognoni o “Film blu” di Kieslowsky, capolavori capaci di vincere le edizioni precedenti.
La scena finale, nonostante auspicabile per chi vive nel cinema un pathos particolare che lo coinvolga in prima persona, è resa piatta e asfittica dalla celerità del movimento e dal ghigno del pur bravo Stephen Dorff.
Complessivamente Sofia Coppola a mio avviso merita (dopo aver visto anche “Il giardino delle vergini suicida” e “Lost in translation”) un esame di riparazione a settembre perchè rappresenta il classico caso di colei che “ha ottime potenzialità ma potrebbe fare di più” di scolastica memoria.
P.s.: la scena dei telegatti girata in Italia crea in me sentimenti contrastanti: da un parte ci prende in giro per aver sposato in toto la sub-cultura americana e ciò è paradossale; dall'altra mi da piacere perchè Simona Ventura e Valeria Marini pur di recitare in un film Usa non si rendono conto di rappresentare con la propria attività televisiva un esempio di trash tv.
Franco Cesario sinonimomacontrario.splinder.com
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ikons
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lunedì 1 novembre 2010
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"da qualche parte"
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Mi son chiesto e mi chiedo: "da qualche parte" c'è un perchè in questo film?
La mia risposta è no. Da nessuna parte. Questo film, che lo veda da persona contenta, depressa, ricca, povera triste o felice mi ha lasciato un vuoto che non è stato suggestionato dalla morale della pellicola ma, dalla "qualità" della pellicola stessa. Nella cinematografia nazionale ed internazionale posso ricordare film girati col nulla che lasciano di stucco; film girati con due lire e quattro attrezzi, che con sapiente regia, dialoghi affilati e musiche ben calibrate riescono a trasferire, comunicare l'essenza del messaggio, pur trattando argomenti apparentemente irrilevanti. Film in cui si apprezza la vera "Arte" di fare cinematografia, la vera arte di "comunicare".
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Mi son chiesto e mi chiedo: "da qualche parte" c'è un perchè in questo film?
La mia risposta è no. Da nessuna parte. Questo film, che lo veda da persona contenta, depressa, ricca, povera triste o felice mi ha lasciato un vuoto che non è stato suggestionato dalla morale della pellicola ma, dalla "qualità" della pellicola stessa. Nella cinematografia nazionale ed internazionale posso ricordare film girati col nulla che lasciano di stucco; film girati con due lire e quattro attrezzi, che con sapiente regia, dialoghi affilati e musiche ben calibrate riescono a trasferire, comunicare l'essenza del messaggio, pur trattando argomenti apparentemente irrilevanti. Film in cui si apprezza la vera "Arte" di fare cinematografia, la vera arte di "comunicare". Film che ti lasciano qualcosa, che ti fanno pensare, che ti fanno crescere. Sofia Coppola ha usato obiettivi Zeiss del 1980 per dare più morbidezza e romanticismo all'immagine.... Mi chiedo dove sia il romanticismo nel film; dov'è la sintesi del messaggio espressa in ogni opera d'arte visto che ha impiegato 98 minuti per dire che anche i ricchi si annoiano. Voglio dire che qualunque sia la propria passione, (fare film, recitare, sceneggiare, scrivere ecc) credo si debba tener fede ad un principio fondamentale: il rispetto del pubblico. Il rispetto del prossimo. Si, perchè io e altri milioni di spettatori nel mondo hanno pagato circa 5 euro per vedere un film di spessore. Vado al cinema per sentirmi stimolato, suggestionato, arricchito e seppure il contenuto trattato fosse spazzatura ciò che conta non è tanto il tema in se ma, il "modo" la "perizia" la "maestria" con cui il tema viene esposto. Ci vuole arte, capacità ed estro, per intrattenere. Non ho bisogno di vedere un film o leggere un libro o andare in ospedale per comprendere la tristezza, la depressione, la felicità ed i vari sentimenti umani in un determinato contesto. Ho bisogno di vedere un film che mi racconti tali sentimenti in un modo nuovo, diverso, tanto da suggerirmi nuovi modi di elaborare tali sentimenti. Inutile dire che in questo caso l'esperimento è fallito miseramente. "Somewhere" è triste, piatto, noioso e povero. Rivoglio i 5 euro.
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[+] sì: basta il cognome
(di la minni)
[ - ] sì: basta il cognome
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