quorra
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venerdì 25 febbraio 2011
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invece è stata una sorpresa
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Sofia Coppola, una regista che io non amo affatto, che troppo spesso ammicca ad un pubblico pseudo intellettuale ventenne e fashionista, ha fatto un film semplice, pulito, non ridondante e dirò di più quasi commovente. E più che concentrarsi sulle emozioni provate dal padre come pare sia la regola, sono le emozioni della piccola che ti catturano.E' la bimba che sente la mancanza di qualcosa, di una madre e un padre che ci siano per lei. E' lei che stravede per il padre, che si sente diva a suo fianco, che è orgogliosa di lui, ne è quasi gelosa. E lui finalmente sembra affascinato da quei suoi modi gentili ed eterei che di certo non hanno le donne che frequenta.
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Sofia Coppola, una regista che io non amo affatto, che troppo spesso ammicca ad un pubblico pseudo intellettuale ventenne e fashionista, ha fatto un film semplice, pulito, non ridondante e dirò di più quasi commovente. E più che concentrarsi sulle emozioni provate dal padre come pare sia la regola, sono le emozioni della piccola che ti catturano.E' la bimba che sente la mancanza di qualcosa, di una madre e un padre che ci siano per lei. E' lei che stravede per il padre, che si sente diva a suo fianco, che è orgogliosa di lui, ne è quasi gelosa. E lui finalmente sembra affascinato da quei suoi modi gentili ed eterei che di certo non hanno le donne che frequenta. Film lento? può darsi.. ma chi se ne frega? Chi ti arriva a dire che un un film non è piaciuto perchè è lento... di cinema, non ci ha capito nulla. Ma qui bisognerebbe aprire una disquisizione troppo lunga.HO trovato ottime le scene, proprio quelle che durano 5 minuti l'una si! Proprio quelle, proprio interessanti. E la scena della maschera e ancor di più i 2 in piscina sott'acqua.Ti viene voglia di dirgli stringila quella piccina.Gli attori sono giustissimi, perfetti gli italiani, penso che la Coppola abbia preso i più rivoltanti, Chiatti in primis. Scappare dall'Italia? E quale persona sana non lo vorrebbe fare? Quindi concludendo film dolce e senza fronzoli, per una volta i complimenti alla Coppola e Tarantino mica è scemo!
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rosatigre
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lunedì 4 ottobre 2010
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sofia coppola poteva fare meglio...
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A me son sempre piaciuti i film minimalisti di Sofia Coppola, dove gli sguardi esprimono sentimenti meglio di un dialogo filosofico, ma questa volta credo che abbia esagerato.
per carità, la storia è affascinante, ma viene rappresentata con lentezza e noia; manca la musica e anche la scena più interessante diventa banale senza sottofondo.
soffermarsi su una situazione è importante per far rendere conto lo spettatore dei pensieri dei protagonisti, ma il troppo è pesante; non si può stare quasi 5 minuti sul protagonisti con quella specie di crema in faccia, è troppo, il messaggio è chiaro immediatamente, bastano pochi attimi.
gli attori sono bravi, soprattutto, la piccola Fanning, dolcissima e tenera.
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A me son sempre piaciuti i film minimalisti di Sofia Coppola, dove gli sguardi esprimono sentimenti meglio di un dialogo filosofico, ma questa volta credo che abbia esagerato.
per carità, la storia è affascinante, ma viene rappresentata con lentezza e noia; manca la musica e anche la scena più interessante diventa banale senza sottofondo.
soffermarsi su una situazione è importante per far rendere conto lo spettatore dei pensieri dei protagonisti, ma il troppo è pesante; non si può stare quasi 5 minuti sul protagonisti con quella specie di crema in faccia, è troppo, il messaggio è chiaro immediatamente, bastano pochi attimi.
gli attori sono bravi, soprattutto, la piccola Fanning, dolcissima e tenera.
piacevole la parte girata a Milano, un tocco nostrano ci stava bene, bellissima Laura Chiatti, meno interessante la visione della Ventura.
qualche scena allegra (padre e figlia che giocano sott'acqua) e qualche altra commovente (il pianto del protagonista al telefono).
poi ci sono molte allegorie che rendono visibili anche i concetti più nascosti e questo è un merito della regista italoamericana.
non posso affermare con certezza che quest'opera meritava il leone d'oro del festival di venezia perchè non ho visto gli altri film, ma ammetto che il difetto della mancanza della musica almeno per me è rilevante.
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paride86
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venerdì 28 gennaio 2011
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poca sostanza
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Girato con stile calcolatamente minimalista, "Somewhere" è la storia di un padre e di una figlia che si incontrano.
Sofia Coppola ha del talento e lo dimostra nel girare film che portano il suo marchio di fabbrica, sofosticato e riconoscibile; il problema, però, è la sostanza.
Seppur intelligente, "Somewhere" è un po' troppo esile nel descrivere la quotidianità dei due protagonisti.
Nonostante non si vedano spesso e si intuisca che tra padre e figlia ci sia un rapporto intermittente, i due non litigano mai e non si scontrano neanche una volta, proprio come se fossero da sempre abituati a dividere il tempo e gli spazi vitali.
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Girato con stile calcolatamente minimalista, "Somewhere" è la storia di un padre e di una figlia che si incontrano.
Sofia Coppola ha del talento e lo dimostra nel girare film che portano il suo marchio di fabbrica, sofosticato e riconoscibile; il problema, però, è la sostanza.
Seppur intelligente, "Somewhere" è un po' troppo esile nel descrivere la quotidianità dei due protagonisti.
Nonostante non si vedano spesso e si intuisca che tra padre e figlia ci sia un rapporto intermittente, i due non litigano mai e non si scontrano neanche una volta, proprio come se fossero da sempre abituati a dividere il tempo e gli spazi vitali.
Ma non è tutto: "Somewhere" offre un'immagine terrificante della tv italiana, un frammento trash che salta agli occhi più di quanto siamo già abituati a vedere perché inserito in un contesto stilisticamente sobrio e intimista.
Un film da vedere una volta sola: la seconda sarebbe troppo noioso.
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[+] 4 minuti
(di luigi70)
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ago della bilancia
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mercoledì 2 febbraio 2011
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come se non ci fosse nulla da raccontare.
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film che non merita molti elogi. se non uno. rendere perfettamente la sensazione di vuoto, del "non so che fare", del "tempo perso a cercare se stessi". come se non ci fosse nulla da raccontare. il protagonista non sa parlare di se, non comunica con le altre persone, con i giornalisti. tace. non trasmette nulla se non lo spreco di tempo alla ricerca di qualcosa, di non definito. l'avrei intitolato "something" non "somewhere". Un dinamica, una crisi interiore che è molto più frequente di quanto si immagini tra la gente comune. Non vedo la necessità di associare quel tipo di emozione sempre ad una ultra milionaria star hollywoodiana con lo scontato riferimento a donne, alcool e bella vita.
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film che non merita molti elogi. se non uno. rendere perfettamente la sensazione di vuoto, del "non so che fare", del "tempo perso a cercare se stessi". come se non ci fosse nulla da raccontare. il protagonista non sa parlare di se, non comunica con le altre persone, con i giornalisti. tace. non trasmette nulla se non lo spreco di tempo alla ricerca di qualcosa, di non definito. l'avrei intitolato "something" non "somewhere". Un dinamica, una crisi interiore che è molto più frequente di quanto si immagini tra la gente comune. Non vedo la necessità di associare quel tipo di emozione sempre ad una ultra milionaria star hollywoodiana con lo scontato riferimento a donne, alcool e bella vita. facile per uno stramilionario saldare il conto di un hotel. facile andare "somewhere". banalissima scena finale, patetico l'abbandono della ferrari. un san francesco poco credibile. certamente un modo di vivere che la Coppola crede "comune".
distante dalla realtà per meritare un premio importante. lento.
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mickeulogy
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lunedì 19 dicembre 2011
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uno dei più bei film degli ultimi anni.
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Un film che necessita di una buona conoscenza cinematografica a posteriori, da parte di un principiante può sembrare un film lento e noioso ( Es. Qualsiasi principiante vi dirà che Barry Lyndon è lento e noioso..). Si possono percepire leggeri rimandi al cinema di Antonioni ma con profonda ed intima interpretazione da parte di Sofia, che lo rende un film elitario, per pochi. Un film che dimostra maturità stilistica, che non vuole corrompere con le immagini ma con suoni ripetitivi e sensazioni spaesanti.
Il mare di nulla in cui si trova Johnny è equivalente allo schiaffo in faccia che hanno ricevuto tutti coloro che credevano in un film allegro e divertente perchè non sapendo cosa fare si sono recati al cinema per passare il tempo.
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Un film che necessita di una buona conoscenza cinematografica a posteriori, da parte di un principiante può sembrare un film lento e noioso ( Es. Qualsiasi principiante vi dirà che Barry Lyndon è lento e noioso..). Si possono percepire leggeri rimandi al cinema di Antonioni ma con profonda ed intima interpretazione da parte di Sofia, che lo rende un film elitario, per pochi. Un film che dimostra maturità stilistica, che non vuole corrompere con le immagini ma con suoni ripetitivi e sensazioni spaesanti.
Il mare di nulla in cui si trova Johnny è equivalente allo schiaffo in faccia che hanno ricevuto tutti coloro che credevano in un film allegro e divertente perchè non sapendo cosa fare si sono recati al cinema per passare il tempo.
Sarebbe meglio che coloro che danno una o due stelle di voto ad un film d'autore, si riducano a valutare ere glaciali e quant'altro. Forse sta tornando un grande cinema e io sono dalla parte di Sofia Coppola.
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giu/da(g)
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lunedì 31 gennaio 2011
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interessante, ma nulla di nuovo
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Johnny Marco (Stephen Dorff) è un vizioso divo italo-americano che alloggia al celebre Chateau Marmont, la sua vita è un noioso - dal suo punto di vista - susseguirsi di facili sveltine, interviste incomprensibili, corse in macchina, falsi sorrisi. A riempire il suo vuoto esistenziale sarà per un istante la piccola figlia Cleo (Ellie Fanning). Sofia Coppola compone un film indubbiamente di pregio sotto il profilo tecnico, ricco di piani sequenza, una buona fotografia e di silenzi ripetitivi (specialmente la scena iniziale) che lasciano trasparire lo stato d'animo piatto del protagonista, ma la sua eccessiva frammentarietà lo relega ad una successione di inquadrature impomatate, estenuanti, che ne rendono poco credibile la conversione finale.
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Johnny Marco (Stephen Dorff) è un vizioso divo italo-americano che alloggia al celebre Chateau Marmont, la sua vita è un noioso - dal suo punto di vista - susseguirsi di facili sveltine, interviste incomprensibili, corse in macchina, falsi sorrisi. A riempire il suo vuoto esistenziale sarà per un istante la piccola figlia Cleo (Ellie Fanning). Sofia Coppola compone un film indubbiamente di pregio sotto il profilo tecnico, ricco di piani sequenza, una buona fotografia e di silenzi ripetitivi (specialmente la scena iniziale) che lasciano trasparire lo stato d'animo piatto del protagonista, ma la sua eccessiva frammentarietà lo relega ad una successione di inquadrature impomatate, estenuanti, che ne rendono poco credibile la conversione finale. La lentezza ha un suo fascino (si pensi ai film di Antonioni) ma non è per forza sinonimo di introspezione come si vuol far credere, anzi, qui sembra piuttosto un pretesto per ammantare di classe una sceneggiatura già vacua, piena di buchi e luoghi comuni. Non si può non citare a tal proposito lo squallido viaggio in Italia - tratto da un ricordo d'infanzia della Coppola - con una vagonata di stereotipi (tra cui spiccano i poliziotti che scattano foto col cellulare), salvo per l'untuosa presenza della Marini, Frassica e di quel cassonetto di Simona Ventura, in cui si azzecca perfettamente la volgarità della nostra televisione. Fatta eccezione per Ellie Fanning, veramente graziosa nel comunicare con lo sguardo, Somewhere è un film troppo algido, che si bea nella propria autoreferenzialità, parlando di cinema attraverso il cinema. Cassato.
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quinton
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sabato 18 settembre 2010
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lost in somewhere
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Vincitore del Leone d'Oro alla 67° e più recente edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, "Somewhere", ultimo sforzo professionale della figlia d'arte Sofia Coppola, analizza come il suo predecessore, e ritenuto ad unanimità migliore, "Lost in Translation", la crisi di una affermata star hollywoodiana dedita ad una vita di eccessi scandita dall'uso quotidiano di alcool e droghe. Ma le similitudini filmiche tra le due opere si fermano qui.
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Vincitore del Leone d'Oro alla 67° e più recente edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, "Somewhere", ultimo sforzo professionale della figlia d'arte Sofia Coppola, analizza come il suo predecessore, e ritenuto ad unanimità migliore, "Lost in Translation", la crisi di una affermata star hollywoodiana dedita ad una vita di eccessi scandita dall'uso quotidiano di alcool e droghe. Ma le similitudini filmiche tra le due opere si fermano qui. Grazie ad una regia statica e ridondante ed a un sapiente ed oculato uso della colonna sonora il film è per la sua totalità pervaso da un gravoso e crescente senso di solitudine; paradossale se si pensa alla impegnatissima e variegata vita di una stella del cinema. Ad aggravare ulteriormente la condizione psicologica del protagonista Johnny Marco alias Stephen Dorff vi è una intricata situazione familiare; in questo frangente l'autrice è stata brava ad evitare di appesantire la messa in scena con un'analisi postuma di ciò, facendola emergere solo superficialmente quel tanto che basta per incuriosire lo spettatore. Il risultato è l'apparizione a più riprese dell'altra protagonista femminile, la figlia di Johnny, interpretata dalla bravissima seppur giovanissima Elle Fanning. Ed è proprio quest'ultima l'unica in grado di risvegliare dall'abisso la star, ago della bilancia della sua condizione psicologica. Da una parte "ancora di salvezza" dall'altra "zavorra" che evidenzia al protagonista la sua incapacità e inesperienza come figura genitoriale.
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great steven
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domenica 2 settembre 2012
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un'opera che confronta l'individuo con la società
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SOMEWHERE (USA, 2010). Diretto da SOFIA COPPOLA. Interpretato da STEPHEN DORFF, ELLE FANNING, CHRIS PONTIUS, MICHELLE MONAGHAN, LAURA CHIATTI, JO CHAMPA, ALEXANDER NEVSKY
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Johnny Marko è un attore di Hollywood con residenza in un lussuoso hotel della California. Assolutamente a suo agio in una vita monotona e tutt'altro che interessante, occupata da folle di ammiratori, corse
in automobile, farmaci e spettacoli appositamente preparati per lui, deve a un certo punto accettare la richiesta dell'ex moglie che gli affida temporaneamente la loro bambina undicenne, Cléo.
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SOMEWHERE (USA, 2010). Diretto da SOFIA COPPOLA. Interpretato da STEPHEN DORFF, ELLE FANNING, CHRIS PONTIUS, MICHELLE MONAGHAN, LAURA CHIATTI, JO CHAMPA, ALEXANDER NEVSKY
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Johnny Marko è un attore di Hollywood con residenza in un lussuoso hotel della California. Assolutamente a suo agio in una vita monotona e tutt'altro che interessante, occupata da folle di ammiratori, corse
in automobile, farmaci e spettacoli appositamente preparati per lui, deve a un certo punto accettare la richiesta dell'ex moglie che gli affida temporaneamente la loro bambina undicenne, Cléo. Il contrasto fra
i loro due mondi è notevole: Cléo pratica pattinaggio artistico, ama nuotare e giocare ai videogames, ed è caratterizzata da una personalità vivace e curiosa. Senza mai abbandonare il suo torpore e la sua
indistruttibile indifferenza, Johnny saprà comunque comportarsi da bravo genitore nel periodo (positivo) che la figlia passerà con lui. Fino a quando la madre non la riprende e Johnny riprecipita nella sua solitudine,
ora più angosciosa di prima. Premiato con un controverso Leone d'Oro al Festival di Venezia, è un film certamente di non immediata comprensione e piuttosto articolato a livello psicologico, ma chi l'ha giudicato
noioso e monotono è probabilmente succube della cinematografia moderna, sempre più propensa a sfornare action-movie zeppi di violenza e inverosimiglianze, al limite anche del patetico e purtroppo tutti
dipendenti dal ciclo della ripetitività. In "Somewhere", invece, l'azione è tutta concentrata nel pensiero dei personaggi e nelle mosse che quest'ultimo li conduce a fare: sebbene non si possa parlare di un autentico
racconto di formazione, bisogna notare come il rapporto tra un padre ombroso e una figlia solare giovi ad entrambi, apra nuove prospettive e permetta un confronto costruttivo che aiuti entrambi - ma soprattutto lui - a crescere. Ma crescere solo interiormente, poiché il comportamento di Johnny sarà anche autodistruttivo, in ultima analisi, ma resta sempre il prodotto di una società troppo caotica, nervosa, affamata di ricchezza e
potere (anche mediatico, come s'evince dalla conferenza coi giornalisti), costantemente preoccupata ad evolversi con una velocità superiore ai suoi stessi ritmi e che quindi stanca e svilisce l'individuo, il quale cade
in una depressione (definibile in tutto e per tutto "metropolitana") perché non sente di appartenervi. Isolato e schiavo della società che in fin dei conti detesta, questo personaggio necessita di una svolta, benché sappia che forse gliene manca il coraggio o la volontà. La scena finale, in cui percorre molti chilometri con la macchina per poi scendere in una campagna dove non c'è anima viva, rappresenta però un piccolo riscatto, o meglio, un punto di partenza: Johnny Marko fugge dal suo torpore, si lascia alle spalle quel mondo rumoroso per iniziare a trovare un suo equilibrio interiore, così da valorizzare la sua esistenza. Dove lo
troverà? Non si sa. "Da qualche parte", ci dice il titolo. Quanto alla sceneggiatura, avrebbe fatto decisamente meglio a inserire più personaggi rilevanti e a togliere qualche vip nel ruolo di sé stesso: a parte l'intermezzo italiano della consegna dei Telegatti (bravi Frassica e la Ventura), gli altri (come Del Toro) sono piazzati male e il massimo che riescono a fare è una comparsata insipida. Per concludere, i silenzi e le pause che spesso ricorrono scena dopo scena hanno chiaramente un loro compito espressivo, ma più d'una volta si indugia troppo, e in quegli specifici casi non sarebbe guastata una maggiore rapidità.
La Coppola ha comunque saputo orchestrare bene questa storia diversa dalle altre, che non perde di vista il suo scopo, con l'esperienza via via crescente di una regista che si sta definitivamente affermando.
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barone2000
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martedì 10 settembre 2013
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solitudine,miseria e redenzione a hollywood
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Che vita ha fatto? Questo viene da chiedersi guardando l'ultimo film della Coppola. Che vita ha fatto? Parafrasando l'ultimo Battisti; una vita vuota e priva di ogni qual si voglia significato se si escludono i video giochi, la Ferrari, e le donne. Jhonny non se ne accorge ma sul volto ha marchiata la tristezza di una vita insensata e infelice. Non si può nemmeno dire che ami il suo lavoro (se lavoro lo considera). Di fronte all'aridità degli adulti, si sà, c'è poco da fare. E' qui che entra in scena Cleo, prima palla al piede, poi ancora di salvezza del padre. Così è tornata Sofia Coppola; ha fotografato il mondo in cui vive, il mondo delle star, sole e quasi "vinte" dalla società reale, che le adora ma non ne ha niente a che fare.
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Che vita ha fatto? Questo viene da chiedersi guardando l'ultimo film della Coppola. Che vita ha fatto? Parafrasando l'ultimo Battisti; una vita vuota e priva di ogni qual si voglia significato se si escludono i video giochi, la Ferrari, e le donne. Jhonny non se ne accorge ma sul volto ha marchiata la tristezza di una vita insensata e infelice. Non si può nemmeno dire che ami il suo lavoro (se lavoro lo considera). Di fronte all'aridità degli adulti, si sà, c'è poco da fare. E' qui che entra in scena Cleo, prima palla al piede, poi ancora di salvezza del padre. Così è tornata Sofia Coppola; ha fotografato il mondo in cui vive, il mondo delle star, sole e quasi "vinte" dalla società reale, che le adora ma non ne ha niente a che fare. La star abbandonata in cima al piedistallo (magari anche di un Oscar) ma pur sempre sola. Non è un film semplice come vuol far credere. Già nel medioevo i filosofi dipingevano l'essere umano come un animale sociale, e la società naturale è la famiglia, ancora oggi. Johnny non ha nemmeno una famiglia vera. Ha gli amici che lo sfruttano. L'unica spiraglio è la figlia cha a cuasa della partenza della madre starà da lui, non si sa fino a quando. Parte la presa di coscienza, l'abbandono della vecchia via per la nuova. Come suggeriscono (magistralmente) le note finali Love Like a Sunset Part II, l'abbandono dell'amata Ferrarri per qualcosa che non si compra. L'amore della figlia lo salva dal suo pantano e lo porta su una nuova strada dove la ferrari non serve. Chiaro e potente affresco di come la solitudine e la povertà (spirituale) non si trovino solo tra baracche, anzi... Un dipinto intimo e universale allo stesso tempo, che tocca le corde profonde dell'umana miseria e della possibile redenzione, per tutti.
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jacopo b98
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mercoledì 15 gennaio 2014
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un film piccolo e sincero da sofia coppola
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A Hollywood Johnny Marco (Dorff) vive nel lussuoso Chateau Marmont Hotel. È solo e la sua camera è un via vai continuo di donne, alcol e droga. Fino al giorno in cui la ex-moglie non gli scarica la figlia undicenne (Fanning ) a cui badare. Quarto film della Coppola, figlia del grande Francis Ford. È il più personale della sua filmografia e, se si esclude il recente Bling Ring, il più interessante. È un’opera piccola e curiosa: a partire dal fatto che, quando l’ultima inquadratura si chiude, non riesci assolutamente a spiegarti come mai ti è piaciuto, in quanto è un film non solo privo di trama, ma in cui non succede assolutamente niente.
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A Hollywood Johnny Marco (Dorff) vive nel lussuoso Chateau Marmont Hotel. È solo e la sua camera è un via vai continuo di donne, alcol e droga. Fino al giorno in cui la ex-moglie non gli scarica la figlia undicenne (Fanning ) a cui badare. Quarto film della Coppola, figlia del grande Francis Ford. È il più personale della sua filmografia e, se si esclude il recente Bling Ring, il più interessante. È un’opera piccola e curiosa: a partire dal fatto che, quando l’ultima inquadratura si chiude, non riesci assolutamente a spiegarti come mai ti è piaciuto, in quanto è un film non solo privo di trama, ma in cui non succede assolutamente niente. Non un evento degno di nota, non una scena più importante o significativa; è un film piatto almeno quanto la vita del suo protagonista. Pieno di accenni autobiografici di figlia d’arte; non è infatti una novità che la Coppola abbia sofferto parecchio il suo essere cresciuta come figlia di uno dei più grandi registi della Storia; è un film di sincerità disarmante. Lascia a bocca aperta il modo in cui la Coppola mette in scena, di una semplicità e banalità assoluta: poche (pochissime) inquadrature, lunghi piani sequenza, dialoghi radi e insignificanti. È un film che o piace (e sono pochi quelli che l’hanno apprezzato) o non piace (i più l’hanno stroncato). Io posso solo dire che a me è piaciuto, non so spiegarne il perché, anche perché non amo Sofia Coppola, posso solo esprimere il mio parere. Leone d’Oro contestatissimo a Venezia 2010.
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