no_data
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venerdì 12 ottobre 2012
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che cast!
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Con ‘’Il discorso del re’’ il regista Tom Hooper parte da eventi Storici per raccontarci un dramma personale, che si fonda sulla bravura indiscussa di Firth, perfetto nel presentarci il timido e balbuziente duca di York, apparentemente l’uomo sbagliato al momento sbagliatissimo per l’Inghilterra alle porte della seconda guerra mondiale. Stenta a coinvolgere pienamente, ma compensa con splendide scenografie d’epoca e con un cast sontuoso che conta anche Geoffrey Rush (forse il personaggio più commovente del film, tra l’altro splendidamente doppiato, al contrario di Firth), ispiratore di diversi momenti comici ma mai sopra le righe, Helena Bonham Carter e Guy Pearce.
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Con ‘’Il discorso del re’’ il regista Tom Hooper parte da eventi Storici per raccontarci un dramma personale, che si fonda sulla bravura indiscussa di Firth, perfetto nel presentarci il timido e balbuziente duca di York, apparentemente l’uomo sbagliato al momento sbagliatissimo per l’Inghilterra alle porte della seconda guerra mondiale. Stenta a coinvolgere pienamente, ma compensa con splendide scenografie d’epoca e con un cast sontuoso che conta anche Geoffrey Rush (forse il personaggio più commovente del film, tra l’altro splendidamente doppiato, al contrario di Firth), ispiratore di diversi momenti comici ma mai sopra le righe, Helena Bonham Carter e Guy Pearce.
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shiningeyes
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giovedì 21 febbraio 2013
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regia e cast perfetti
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Ok, è vero, Oscar alla regia e Oscar al miglior film vanno sempre a braccetto, e spesso, uno dei due è immeritato a tale premio. Fa eccezione l'opera di Hooper: la regia merita l'Oscar per la sua capacità di dare un'anima ad un film Inglese(il quale dev'essere), presentandocelo fitto di emozioni e con una gran gestione degli ottimi interpreti; per non parlare di una regia di classe.
Al miglior film perché vista la lista dei film nominati per quell'anno, risulta decisamente il migliore, e trovo strano che il Golden Globe sia andato solo Firth.
Parlando meglio di questo grande film, posso dire che si tratta di un film veramente accurato e lavorato bene sotto ogni punto di vista: la scenografia sobria al punto giusto rende bene l'idea dei tempi e dei luoghi; la fotografia anche ha dei veri cavalli di battaglia, tra primi piani mozzafiato, location regali e bellissimi scorci di Londra (valide le nomination, ma non ai livelli di "Inception" e "Alice in Wonderland"); gli interpreti si calano tutti magnificamente nei loro personaggi, nessuno escluso.
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Ok, è vero, Oscar alla regia e Oscar al miglior film vanno sempre a braccetto, e spesso, uno dei due è immeritato a tale premio. Fa eccezione l'opera di Hooper: la regia merita l'Oscar per la sua capacità di dare un'anima ad un film Inglese(il quale dev'essere), presentandocelo fitto di emozioni e con una gran gestione degli ottimi interpreti; per non parlare di una regia di classe.
Al miglior film perché vista la lista dei film nominati per quell'anno, risulta decisamente il migliore, e trovo strano che il Golden Globe sia andato solo Firth.
Parlando meglio di questo grande film, posso dire che si tratta di un film veramente accurato e lavorato bene sotto ogni punto di vista: la scenografia sobria al punto giusto rende bene l'idea dei tempi e dei luoghi; la fotografia anche ha dei veri cavalli di battaglia, tra primi piani mozzafiato, location regali e bellissimi scorci di Londra (valide le nomination, ma non ai livelli di "Inception" e "Alice in Wonderland"); gli interpreti si calano tutti magnificamente nei loro personaggi, nessuno escluso.
Firth si merita l'Oscar, la sua è una interpretazione sentita e coinvolgente, e non penso che gli sia stato regalato solo per aver interpretato un personaggio storico; Geoffrey Rush è stato semplicemente defraudato da quel un Bale fin troppo “naturale”, l'Oscar lo meritava diecimila volte di più di lui, e se per questo, anche il Globe, per un'interpretazione contraddistinta dal suo stile appassionato e simpatico; forse non meritevole di nomination, ma un plauso va anche per Helena Boham Carter, capace di dare una realistica figura della spigliata e scomposta Regina (futura regina madre); poi ci sono i vari Pearce,Jacob e Spall che anche se compaiono poco nel film, lo impreziosiscono con buone performance.
Un merito va riconosciuto anche alle musiche, che intelligentemente non si sovrappongono nel film e lo accompagnano velatamente, amplificandosi ai momenti giusti. La sceneggiatura è bella e scorrevole e nonostante racconti di fatti abbastanza conosciuti, si sa rendere curiosa, e possiede delle forme che sanno creare momenti memorabili, come nelle scene della terapia e dei toccanti confronti dei protagonisti, fino alla meravigliosa scena finale, in cui si aggiunge un montaggio d'alto livello e ben eseguito; certo che l'Oscar alla sceneggiatura lo avrei preferito ad Inception, ma la sceneggiatura “Del discorso del re” lo vale comunque.
Non è certo un film consigliabile a tutti, ma lo si può segnalare a chi ama storie del genere e chi sa apprezzare un cinema fatto con poco budget, ma con tanta voglia di fare bene; non lo si consiglia a chi non ama le biografie.
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mystic
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sabato 2 marzo 2013
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una sorpresa di pregiata fattura
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Il biopic su un re balbuziente alle prese con i doveri dei propri incarichi pubblici non era di per sé una prospettiva allettante per un film memorabile e spesso il genere storico/biografico è stato sinonimo di sterilità emotiva e, per parte del pubblico, di noia. A maggior ragione quindi, ringraziamo Tom Hooper e Colin Firth per averci fatto ricredere.
Il primo, regista ancora giovane, si è aggiudicato l’Oscar per la regia, mentre il secondo per il migliore attore. E, senza tener conto dello sconcertante successo al botteghino, Il discorso del re è un elegante dramma introspettivo che diventa immediatamente un classico.
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Il biopic su un re balbuziente alle prese con i doveri dei propri incarichi pubblici non era di per sé una prospettiva allettante per un film memorabile e spesso il genere storico/biografico è stato sinonimo di sterilità emotiva e, per parte del pubblico, di noia. A maggior ragione quindi, ringraziamo Tom Hooper e Colin Firth per averci fatto ricredere.
Il primo, regista ancora giovane, si è aggiudicato l’Oscar per la regia, mentre il secondo per il migliore attore. E, senza tener conto dello sconcertante successo al botteghino, Il discorso del re è un elegante dramma introspettivo che diventa immediatamente un classico. Non è sfarzoso, ma racchiude in sé un nucleo di eleganza e sobrietà perdute.
Il veterano Geoffrey Rush ed Helena Bonham Carter sono perfetti nei ruoli minori, ma è con quell’espressione inerme e compressa e con un minuzioso studio del personaggio che Firth ci emoziona, fintanto da farci sperare che da quello sua bocca incapace di esprimersi escano finalmente quelle maledette parole. Nonostante l’Oscar (meritato) Tom Hooper non gira un film perfetto, ma il suo lavoro rimane una sorpresa di pregiata fattura.
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nick simon
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venerdì 2 agosto 2013
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emozionante storia di un uomo e della sua voce
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“Il discorso del re” è l’appassionante racconto di un uomo che “scopre” di avere una voce e impara a farsi ascoltare, elevandosi a punto di riferimento per un popolo confuso e impaurito. Il film si mostra classico ed elegante nella forma, diretto da Tom Hooper in maniera essenziale dal punto di vista tecnico ma con cura sotto l’aspetto storico-biografico e meticolosa attenzione ai personaggi. Nel 1936 il re d’Inghilterra Edoardo VIII (Guy Pearce) abdica, nello scalpore generale, a favore del fratello Giorgio VI. Questi, introverso e affetto da balbuzie, dovrà conquistare la fiducia e l’ammirazione della sua gente, mentre la minaccia del nazismo è alle porte.
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“Il discorso del re” è l’appassionante racconto di un uomo che “scopre” di avere una voce e impara a farsi ascoltare, elevandosi a punto di riferimento per un popolo confuso e impaurito. Il film si mostra classico ed elegante nella forma, diretto da Tom Hooper in maniera essenziale dal punto di vista tecnico ma con cura sotto l’aspetto storico-biografico e meticolosa attenzione ai personaggi. Nel 1936 il re d’Inghilterra Edoardo VIII (Guy Pearce) abdica, nello scalpore generale, a favore del fratello Giorgio VI. Questi, introverso e affetto da balbuzie, dovrà conquistare la fiducia e l’ammirazione della sua gente, mentre la minaccia del nazismo è alle porte. Colin Firth è perfetto nel trattenere, interiorizzare, quasi soffocare le emozioni mostrando le insicurezze di un uomo, Giorgio VI, che è nato per essere re ma ancora non lo sa. Una performance composta e solenne, ma dolorosa ed estremamente intensa, caratterizzata da un aplomb tipicamente inglese. Suo mentore nell’arduo percorso sarà l’eccentrico logopedista Lionel Logue: Geoffrey Rush, interprete di classe indiscussa, riesce a dare i giusti tocchi di esuberanza e vivacità a questo singolare personaggio. La fermezza dei suoi consigli e il suo umorismo insolente saranno fondamentali nell’instaurazione di un rapporto di profonda amicizia con il futuro re. Basilare sarà per quest’ultimo anche l’affettuoso sostegno della moglie Elizabeth Bowes-Lyon, l’ottima Helena Bonham Carter. Nel cast anche Jennifer Ehle e Derek Jacobi. Sceneggiatura brillante, equilibrata, sapientemente ironica e irriverente. Notevoli le scenografie e i costumi dell’epoca. Comicità e leggerezza alternate con giudizio a sequenze drammatiche struggenti. Squisiti momenti di complicità tra Logue e Giorgio VI. È bellissimo seguire l’evoluzione di quest’uomo, che con crescente consapevolezza si fa guida per un’intera nazione, regalando un finale vibrante e imperioso.
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intothewild4ever
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sabato 5 febbraio 2011
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un discorso a metà...
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Il discorso del re, è un film recitato magnificamente; una vera e propria gara di bravura fra Colin Firth e Goffrey Rush. Magnifiche le ambientazioni, su tutte l'umile dimora del buon Lionel, e il suo squallido studio. Tutto ciò premesso, quello che lascia un poco a desiderare sono alcuni degli aspetti psicologici sulla vita di corte del futuro re, ma soprattutto il tanto esaltato "discorso", il quale non ha il mordente che si vuole lasciar intendere dal titolo. Apprezzabile la somma, quindi, si può discutere su alcuni degli addendi... ma il film resta comunque godibile e se ne consiglia la visione, sopratutto per l'aspetto attoriale.
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Il discorso del re, è un film recitato magnificamente; una vera e propria gara di bravura fra Colin Firth e Goffrey Rush. Magnifiche le ambientazioni, su tutte l'umile dimora del buon Lionel, e il suo squallido studio. Tutto ciò premesso, quello che lascia un poco a desiderare sono alcuni degli aspetti psicologici sulla vita di corte del futuro re, ma soprattutto il tanto esaltato "discorso", il quale non ha il mordente che si vuole lasciar intendere dal titolo. Apprezzabile la somma, quindi, si può discutere su alcuni degli addendi... ma il film resta comunque godibile e se ne consiglia la visione, sopratutto per l'aspetto attoriale. Un dubbio ci sorge però in tutto ciò...ma se il film non avesse ricevuto ben 12 nomination?
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[+] discorso", il quale non ha il mordente...
(di amerino)
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renato volpone
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lunedì 7 febbraio 2011
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il fascino della regale maestà
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Il film scorre amabilmente per tutta la sua durata e non annoia. E' la ricostruzione storica della vita a corte, dell'incoronazione e dei discorsi durante la seconda guerra mondiale di Re Giorgio VI d'Inghilterra. I personaggi della Corte sono quelli che conosciamo e ci vengono presentati con formalità quasi regale, anche se nelle confidenza dell'allora Duca di York emerge un'infanzia difficile segnata da doveri di corte che provocheranno poi la nascita in lui della dislessia. E' anche il racconto dell'incontro del Re con questo strano logopedista, un personaggio antico e moderno allo stesso tempo, che lo aiuterà ad affrontare e convivere con il suo problema.
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Il film scorre amabilmente per tutta la sua durata e non annoia. E' la ricostruzione storica della vita a corte, dell'incoronazione e dei discorsi durante la seconda guerra mondiale di Re Giorgio VI d'Inghilterra. I personaggi della Corte sono quelli che conosciamo e ci vengono presentati con formalità quasi regale, anche se nelle confidenza dell'allora Duca di York emerge un'infanzia difficile segnata da doveri di corte che provocheranno poi la nascita in lui della dislessia. E' anche il racconto dell'incontro del Re con questo strano logopedista, un personaggio antico e moderno allo stesso tempo, che lo aiuterà ad affrontare e convivere con il suo problema. Molti spazi della storia sono lasciati volutamente vuoti e sostituiti da edulcorate immagini di amore e quotidianità familiare forse poco presenti nelle vite delle Loro Maestà. Gli attori sono comunque molto bravi e affascianti. Nel complesso un buon film
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toro sgualcito
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sabato 12 marzo 2011
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sua altezza l'ansia
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Il film rievoca una storia vera: la lotta contro la balbuzie del Duca di York che a seguito dell’abdicazione del fratello primogenito diverrà nel 1937 re d’Inghilterra assumendo il nome di Giorgio VI. Destino che imporrà al neo sovrano ulteriori ragioni per migliorare il suo assai traballante eloquio. In questa penosa lotta il Duca di York, poco prima di divenire re, viene sostenuto da un logopedista australiano: Mr. Lionel Logue, che con sistemi poco regali ma efficaci aiuterà il futuro sovrano a ridurre la sua balbuzie. Dunque un film con un soggetto piuttosto semplice ma sceneggiato e diretto bene. Buono anche il montaggio, i 50’ del primo tempo “volano” velocemente, ed anche il secondo procede spedito.
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Il film rievoca una storia vera: la lotta contro la balbuzie del Duca di York che a seguito dell’abdicazione del fratello primogenito diverrà nel 1937 re d’Inghilterra assumendo il nome di Giorgio VI. Destino che imporrà al neo sovrano ulteriori ragioni per migliorare il suo assai traballante eloquio. In questa penosa lotta il Duca di York, poco prima di divenire re, viene sostenuto da un logopedista australiano: Mr. Lionel Logue, che con sistemi poco regali ma efficaci aiuterà il futuro sovrano a ridurre la sua balbuzie. Dunque un film con un soggetto piuttosto semplice ma sceneggiato e diretto bene. Buono anche il montaggio, i 50’ del primo tempo “volano” velocemente, ed anche il secondo procede spedito. Colin Firth interpreta molto bene il disagio del Duca balbuziente, ma anche Geoffrey Rush (Lionel, il logopedista) è molto bravo e autorevole: il suo personaggio è davvero amabile. Belle le scenografie mentre la fotografia non mi è sembrata della stessa qualità. Per esempio non condivido l’uso di focali così corte, più adatte a videoclip che al cinema. Per allargare l’inquadratura preferisco ottiche meno spinte e arretramento della macchina da presa, ma questo necessariamente richiede teatri di posa più grandi. Figura di una intriganza misteriosa è la strana moglie di Mr. Lionel (Jennifer Ehle). Mentre ho trovato del tutto ingiustificabile la riduzione di Churchill a macchietta. Questa caduta apre un’incrinatura sulla regia di Tom Hopper su questo film. Impossibile addebitare al solo Timothy Spall questa stonatura perché la valutazione di un’interpretazione è pertinenza della regia, salvo eventuali imposizioni della produzione. In conclusione si tratta di un buon film, di certo amabile ma anche piuttosto prevedibile.
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[+] focali corte...
(di hollyver07)
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joetex
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lunedì 21 marzo 2011
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raro esempio di perfezione
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Una commedia umana,sempre in perfetto equilibrio tra il drammatico e il leggero, con una ricchezza di armonia intrisa di malinconia, in qualche momento molto commovente, ma capace anche di farci sorridere. Un vero capolavoro. Peccato che Geoffrey Rush non sia stato premiato, meritava l'oscar al pari di Colin Firth. Grandi.
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gianluca78
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martedì 29 marzo 2011
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impetuoso affresco
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impetuoso affresco di una fase storica, e intensa storia con attori perfetti.Ottima sceneggiatura, Meravigliosa recitazione, Unico humour.Film che ti resta dentro per sempre
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pensionoman
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domenica 10 aprile 2011
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un'opera regale!
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Ecco un vero capolavoro cinematografico, una sublime opera rappresentativa dalla potente regia e tempi del racconto che rasentano la perfezione. Umano e toccante, intenso e corale, accompagnato da musiche semplicemente splendide (soprattutto la colonna sonora dei titoli di coda), la narrazione racconta del percorso interiore del re Giorgio VI che, passando attraverso la sua personale maturazione dal ruolo di figlio condizionato e in soggezione a uomo (non solo di stato), supera le sue paure e acquista due delle cose più preziose della vita di un uomo: l'amicizia di un suo pari e la fiducia in se stesso, diventando così la guida morale della nazione nel momento della sua discesa in guerra.
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Ecco un vero capolavoro cinematografico, una sublime opera rappresentativa dalla potente regia e tempi del racconto che rasentano la perfezione. Umano e toccante, intenso e corale, accompagnato da musiche semplicemente splendide (soprattutto la colonna sonora dei titoli di coda), la narrazione racconta del percorso interiore del re Giorgio VI che, passando attraverso la sua personale maturazione dal ruolo di figlio condizionato e in soggezione a uomo (non solo di stato), supera le sue paure e acquista due delle cose più preziose della vita di un uomo: l'amicizia di un suo pari e la fiducia in se stesso, diventando così la guida morale della nazione nel momento della sua discesa in guerra.
Film di rara e pregevole fattura, ad un tempo delicato e ironico, sensibile ma possente, semplice e arguto, è la metafora della crescita umana attraverso l'impegno indefesso del protagonista per superare il problema della balbuzie, raccontando quelle che sono le debolezze di ognuno di noi.
Significativo, più di tutto, il colloquio tra “bertie” (il re) e “lionel” (il maestro) nella casa di quest'ultimo, che, parlando del padre del re Giorgio V o del fratello maggiore che lo derideva da piccolo, riassume tutto in una semplice ma potente verità: “è così semplice liberarsene... non dovete temere le cose che temevate a cinque anni. Siete padrone di voi stesso”! Diretto, semplice e vero!
Perchè, alla fine, dopo tutto, è questa la sua vera morale: il re è soprattutto un uomo, che diventa padrone di sé. Più grande è l'uomo, più grande il re!
Fantastiche le interpretazioni di Geoffrey Rush e Colin Firth, attori di un calibro smisurato assai raro oggigiorno, che regalano quel tocco di prezioso e indimenticabile, e l'alta qualità della vera arte della recitazione.
Tanta profondità per un film da gustare pienamente in ogni sua sfaccettatura, compresa da ultimo anche la pregevole ricostruzione storica e le scenografie.
Momenti di grandi emozioni e cinque stelle di qualità.
Un saluto e sempre buona visione.
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[+] bello ma...
(di andrea levorato)
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