A guardare indietro alla carriera di Colin Firth, cinquant'anni compiuti da qualche mese e un palmarès di film (e candidature a premi) di tutto rispetto, sembrerebbe che fosse già stato tutto prestabilito. È un'ipotesi assurda e fantastica, ovviamente, ma se non fosse stato per la miniserie tv Orgoglio e pregiudizio l'attore di Grayshott, Hampshire, non avrebbe ottenuto – non in quel momento almeno – il il successo a livello internazionale che gli ha consentito di diventare grande film dopo film fino ad arrivare a essere re per una notte a Hollywood con la candidatura agli Oscar per A Single Man. Ma soprattutto, secondo quanto si dice, la scrittrice Helen Fielding non avrebbe trovato l'ispirazione per il romanzo "Il diario di Bridget Jones", che nel momento in cui vedeva la luce del proiettore nel 2001 regalava ai lettori un perfetto Mark Darcy – non a caso quasi omonimo del personaggio di Jane Austen – grazie all'interpretazione di Colin Firth. Dopo Mark e Fitzwilliam Darcy, Paul, Harry e George, Colin torna al cinema (e in zona premi) con Il discorso del re dove indossa gli elegantissimi abiti, la timidezza e le balbuzie di Re Giorgio VI.

Dal grande romanzo di Jane Austen all'autobiografia (d'esordio) di uno scrittore
Quando si è trattato di dover dare un volto a Paul, ovvero a Nick Hornby, autore dell'autobiografia alla quale l'omonimo film di David Evans è ispirato, la scelta è ricaduta su Colin Firth che all'epoca godeva del grande successo ottenuto con il ruolo di Mr. Darcy che gli era valso, tra le altre cose, la candidatura ai BAFTA. La trasposizione del primo romanzo del celebre scrittore inglese permette all'attore di spogliarsi dei costumi e delle pose di un testo classico per cimentarsi in un ruolo leggero e muoversi tra le comodi pareti di una commedia domestica che diventerà, tuttavia, un piccolo cult nel suo genere. Nel film Firth interpreta un insegnante di lettere di una scuola superiore che ha come uniche grandi passioni il calcio e l'Arsenal. In parte è il ruolo che gli apre la strada al cuore di Bridget Jones.

Dalla letteratura al musical, una questione di testo
Non è tratto da un romanzo, ma ad ogni modo Mamma mia! è legato al libretto di un musical composto dalle canzoni degli ABBA. Il film di Phyllida Lloyd basato sull'opera teatrale utilizza i testi e le suggestioni del celebre repertorio della band svedese per ricreare l'habitat cinematografico ideale dove farli rivivere: una commedia romantica. All'interno di questa favola ambientata su un'isola greca nel mezzo di un mare color acquarello Colin Firth si muove negli abiti dell'impacciato e poco spontaneo banchiere Harry Bright. Magari non sarà credibile nei panni di un ex punk e siamo certi che non è stato scelto per la parte in base alle sue qualità canore, ma a suo merito va detto che Colin Firth incarna l'imbranato con un certo stile tutto inglese ed evita così di fare di Harry una macchietta.

Il romanzo di Isherwood rivive nel design vintage e nella posa sobria e contenuta di Firth
Alla seconda chiamata a interpretare un omosessuale per il grande schermo, Colin Firth abbandona la leggerezza del pop per fare sue le riflessioni più profonde di George Falconer, un professore inglese di letteratura all'Università di Los Angeles protagonista del romanzo omonimo di Christopher Isherwood. Single Man è un film introspettivo e di interni, di stanze in penombra e design vintage, di scarpe lucide e abiti di marca, di attimi cristalizzati e pensieri privati. È il film di uno stilista che ha saputo penetrare le pagine di un libro che è stato definito il primo e migliore romanzo della moderna letteratura gay, nonché una pietra miliare del movimento di liberazione gay, ridando allo schermo ogni singola emozione della carta. Lo stile inglese, sobrio e contenuto ma allo stesso tempo sentito di Firth è talmente verosimile da valergli una candidatura agli Oscar come miglior attore protagonista.