Il discorso del re |
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Un film di Tom Hooper.
Con Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter, Guy Pearce, Jennifer Ehle.
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Titolo originale The King's Speech.
Storico,
durata 111 min.
- Gran Bretagna, Australia 2010.
- Eagle Pictures
uscita venerdì 28 gennaio 2011.
MYMONETRO
Il discorso del re
valutazione media:
3,62
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Se anche parlassi le lingue degli angeli...di luca.terrinoniFeedback: 2417 | altri commenti e recensioni di luca.terrinoni |
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sabato 23 aprile 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Alberto, duca di York, sperimenta presto quanto la balbuzie gli impedisca, nell'epoca delle trasmissioni radio, di parlare al popolo. la moglie, la grande Elisabetta, lo convince a farsi aiutare da un logopedista. non ha ancora risolto il suo problema (che anzi non risolverà mai) quando il fratello maggiore preferirà un'ambigua signora agli oneri ed onori del regnare e, balbuzie o meno, gli toccherà fare il re e persino comunicare al mondo intero (una fortuna, per l'Inghilterra ed il mondo civile, che le solite anime belle preferiscono intendere come un sublime trionfo dell'amore...). meraviglioso teatro, grazie ai formidabili Geoffrey Rush (il logopedista), Colin Firth (Alberto, poi re Giorgio VI) e Helena Bonham Carter (Elisabetta, finalmente alleggerita nelle sopracciglia che tanto piacciono Tim Burton); meraviglioso teatro che si traduce in splendido cinema, grazie ad un ottima regia (la rivelazione Tom Hopper, che aveva fin qui realizzato essenzialmente lavori per la tv) e un cast tecnico di assoluta affidabilità. due o tre i colpetti bassi per tirare su il tasso emotivo, ma di gusto accettabile (ad es. il prevedibile ascolto dell'incisione che dimostra che il maestro "sa" come far parlare il duca) e, perdonate la pignoleria, una curiosità irrisolta: ma se ascoltando la musica in cuffia, Alberto/Giorgio era in grado di recitare con passione Shakespeare senza intoppi, perché - almeno per i discorsi radiofonici - non venne usato questo espediente? c'è una sequenza fondamentale, presentata con infinita discrezione: re Giorgio VI, in lotta perenne con l'umiliante incapacità di parlare in pubblico, assiste ai cinegiornali che mostrano altri leader impegnati in trascinanti comizi. tra questi, Hitler. uno dei presenti alla proiezione commenta "che mostro!", in risposta il re mormora "però sa parlare". quando toccherà a lui, re Giorgio saprà ridare coraggio e dignità ad un popolo spaventato, assegnando alla nazione un compito senza spazio e senza tempo: respingere l'idea che la ragione sia del più forte. come dire: rendere la giustizia più forte della violenza. e questo è meno che "parlare"? o non è forse l'unico "parlare" che conta? chi saprebbe entusiasmarsi, oggi, ai discorsi di Hitler? forse qualche rasato al colmo dell'ebbrezza alcolica, al massimo qualche sindaco dalla memoria corta... quei tipi, insomma, che Woody Allen consigliava di trattare con "mazze da baseball e palle di cacca di cavallo". provate invece a riascoltare, prescindendo dal film, il testo del "discorso del re", quello che annuncia l'entrata in guerra dell'Inghilterra contro la Germania nazista dopo l'invasione della Polonia. sentirete nel vostro cuore l'eco delle parole di Pericle, riportate da Tucidide ("Qui ad Atene noi facciamo così..."), di Martin Luther King ("I have a dream..."), di J.F.Kennedy ("Ich bin ein Berliner!"). "Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l'amore, sarei come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e l'amore".
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