Rapunzel - L'Intreccio della Torre |
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Un film di Nathan Greno, Byron Howard.
Con Ron Perlman, Jeffrey Tambor, Brad Garrett, M.C. Gainey, Paul F. Tompkins.
continua»
Titolo originale Tangled.
Animazione,
Ratings: Kids,
durata 94 min.
- USA 2010.
- Walt Disney
uscita venerdì 26 novembre 2010.
MYMONETRO
Rapunzel - L'Intreccio della Torre
valutazione media:
4,10
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un bellissimo divertimento, un aiuto a cresceredi luca.terrinoniFeedback: 2417 | altri commenti e recensioni di luca.terrinoni |
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sabato 23 aprile 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
’30 coglieva il sottotesto subdolo nella produzione disneyana – se allora la cattiveria era scoperta, i messaggi si sono fatti in 70 anni via via sempre più inquietanti perché sempre più attuali. Se era solo un incubo notturno che una madre/matrigna volesse la morte della figlia/figliastra per non competere con lei in bellezza; o che un altro campione di senso materno sfruttasse Cenerentola come una schiava per poi stracciarle il vestito che l’avrebbe portata alla realizzazione dei propri sogni; questa “Madre Gothel” disneyana è un mostro del tutto diurno. Riduce Raperonzolo ad un grumo di virginale idiozia, facendola crescere in una torre senza porte (anche i Grimm non scherzavano, quanto a simbologia...), imponendole una dipendenza assoluta attraverso la rappresentazione terrificante della realtà esterna e la memoria quotidiana della di lei inadeguatezza. Vengono i brividi, per quanto questo modello materno è diffuso attuale. “ma quella non è la VERA madre!”, vi sento protestare; perché, lo sono forse quelle che usano i figli come orpelli al proprio status? Lo sono forse quelle che, finito il tempo del gingillino, cominciano a non sopportare i pargoli, e soprattutto le pargole, fino ad odiarle? (n.b. non sopporto le false madri, non le Madri, che sono tante e magnifiche, anche per quanto devono compensare i padri assenti; ma questi li sistemiamo alla prossima utile occasione). Qui la metafora non potrebbe essere più scoperta: Gothel, orrida vecchia, fa crescere i capelli della ragazzina a dismisura perché la lunghissima chioma ha, tra gli altri, il potere di farla ringiovanire (tanto che aspetto e movenze sono quelle di una seduttiva dark lady, seduttiva e manipolatrice). Oltretutto l’inverosimile capigliatura è tale da impedire a Rapunzel qualunque ipotesi di rapporto sociale: non a caso il giovane che la fa uscire dalla torre è sempre in lotta con quei capelli impossibili, e prima li fa imbrigliare in una treccia ornata di fiori dalle bambine del paese, poi glieli taglia, donandole allora, e solo allora, la libertà. Alle bambine un messaggio non da poco: se volete essere delle sfolgoranti biondine e non curarvi di crescere, fate pure. Ma sarà quando avrete perso i capelli (e il colore: con il taglio diventano pure scuri!) che conquisterete la dignità e saprete capire il vostro e l’altrui amore. Il film è godibilissimo (anche non in 3D, di cui possiamo francamente fare a meno). Le musica è di buona qualità, fra le canzoni rileva “Resta con me”, un motivo sincopato stile commedia hollywodiana in cui la orecchiabilità confonde il tremendo esercizio di potere di Gothel. La sequenza della danza nella piazza è stupenda, come pure quella il volo delle lanterne riflesso sul lago. In entrambi i casi l’applicazione dei “movimenti di macchina” al cartoon offre grandi opportunità (la sequenza del ballo si chiude con una bellissima vista dall’alto). I personaggi, come al solito, tanti e spesso assai divertenti. Non brilla per personalità Flynn/Eugene, un bel guascone a cui riesce sempre tutto; ma alla fine il gesto decisivo lo fa lui, e lo fa con classe. Impressionante la caratterizzazione di Rapunzel: stupidina quanto basta, con l’ossessione di avere tutto sotto controllo, forte di una sicurezza basata solo sul non saper nulla, talmente contagiosa da togliere l’iniziativa a più di un bruto. I movimenti delle mani (soprattutto delle dita) la dicono lunga sullo studio fatto dagli animatori sulla personalità border-line di tante ex-ragazzine, sempre in ordine, che ancora dicono “mammina”, per le quali il “piacere” è solo un infinito e graziosinamente si escludono dal gioco della vita, “perché sto bene così”. Se volete saperlo, il momento che mi ha commosso davvero è il più intimo, il più silenzioso, nel finale del film: un semplice soldato si presenta nella sala del re e della regina (la vera madre!) e, senza dire nulla, li guarda. Senza chiedere nulla, tanto l’attesa della principessa perduta è presente in ogni istante nei loro cuori, i due sovrani, segnati dal dolore, capiscono, e vanno incontro alla ragazza. Mi piace che questo tipo di eleganza sia destinato ai bambini: sicuramente oggi apprezzano di più altre sequenze, ma un domani, in un mondo di chiassosa ostentazione, potranno ricordare che la felicità non ha bisogno di essere detta.
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