sassolino
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domenica 4 ottobre 2009
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un volo lungo 70 anni
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Inizia con un lungo volo Baaria, un volo lungo 70 anni, planando sulle avventure di un bambino, Giuseppe Torrebuona, che forse altri non è che Giuseppe Tornatore o almeno ne rappresenta la fantasia, se lasciamo spazio alla poesia del suo cinema. Un cinema epico, dove il gigantismo poetico prevale su tutto, come l'affresco d'insieme sulle singole storie, e allora non dovremmo affaticarci troppo a trovare i soliti difetti ma piuttosto goderne l'ampio respiro, imparare ad apprezzarne la lirica che sta nel taglio di un panino o nella mosca nascosta in un gioco per bambibni.
Sembra dirci tornatore: nelle piccole cose stanno le grandi cose e nelle grandi cose passiamo tutti noi, piccoli grandi protagonisti di un mondo in movimento, eroi stoici che neanche il tempo può distruggere perché il cinema è eterno.
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Inizia con un lungo volo Baaria, un volo lungo 70 anni, planando sulle avventure di un bambino, Giuseppe Torrebuona, che forse altri non è che Giuseppe Tornatore o almeno ne rappresenta la fantasia, se lasciamo spazio alla poesia del suo cinema. Un cinema epico, dove il gigantismo poetico prevale su tutto, come l'affresco d'insieme sulle singole storie, e allora non dovremmo affaticarci troppo a trovare i soliti difetti ma piuttosto goderne l'ampio respiro, imparare ad apprezzarne la lirica che sta nel taglio di un panino o nella mosca nascosta in un gioco per bambibni.
Sembra dirci tornatore: nelle piccole cose stanno le grandi cose e nelle grandi cose passiamo tutti noi, piccoli grandi protagonisti di un mondo in movimento, eroi stoici che neanche il tempo può distruggere perché il cinema è eterno.
Cosi' come il piccolo cinema paradiso apriva e chiudeva, cosi' vanno le cose, Baaria è uno scrigno di ricordi preziosi, la guerra, il fascismo, il comunismo, i sogni, le speranze, il tempo che passa... Tornatore è tutto questo al quadrato, un enorme vortice in cui credo sia meglio lasciarsi trasportare perché pur nella banalità che rasentano molti affreschi, questo compreso, questa è la nostra storia, storia di gente di provincia che fatica a comprendere il nuovo ma che eroicamente resiste e basterebbe il vecchio siciliano al cinema che si chiede perché un film americano parla in italiano, basterebbe la veggente Lina Sastri, simbolo di un mondo che non c'e' più ma che Tornatore ha lasciato nel cuore. Un cuore imperfetto ma poetico!
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vipera gentile
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lunedì 12 ottobre 2009
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passato e presente, dramma e poesia.
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Ambientato in Sicilia, narra le vicende di una famiglia dall’epoca fascista ai giorni nostri. Suggestivo e toccante, ben delineati i personaggi e la trama.
Nella scena iniziale, Cicco, il padre del protagonista, gioca alle bocce con i suoi compagni e riceve il primo sopruso da parte degli adulti; ne fronteggia lo scherno con dignità senza lasciarsi intimidire. Così vivrà la sua vita fino alla fine. Suo figlio Peppino si conquisterà un ruolo politico nel partito comunista e sposerà Nannina contro il volere della famiglia di lei; qualcuno di lui dirà “Sa vestire.” L’abito fa il monaco … orgoglio e ambizione lo porteranno lontano dal primo lavoro di pastore iniziato da piccolo.
Il regista mescola abilmente passato e futuro trasmettendo allo spettatore le emozioni dei personaggi.
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Ambientato in Sicilia, narra le vicende di una famiglia dall’epoca fascista ai giorni nostri. Suggestivo e toccante, ben delineati i personaggi e la trama.
Nella scena iniziale, Cicco, il padre del protagonista, gioca alle bocce con i suoi compagni e riceve il primo sopruso da parte degli adulti; ne fronteggia lo scherno con dignità senza lasciarsi intimidire. Così vivrà la sua vita fino alla fine. Suo figlio Peppino si conquisterà un ruolo politico nel partito comunista e sposerà Nannina contro il volere della famiglia di lei; qualcuno di lui dirà “Sa vestire.” L’abito fa il monaco … orgoglio e ambizione lo porteranno lontano dal primo lavoro di pastore iniziato da piccolo.
Il regista mescola abilmente passato e futuro trasmettendo allo spettatore le emozioni dei personaggi. Sono da sottolineare alcune scene significative: quando Peppino invita a ballare Nannina ponendo fine a un’epoca in cui gli uomini e donne dovevano ballare solo tra loro; ricorda il film “La ragazza con la pistola” con Monica Vitti, sempre ambientato in Sicilia, negli anni ‘60. Quando Nannina porta i figli in una chiesa dove un pittore aveva dipinto Peppino in una scena religiosa e trovano l’affresco copertola una mano di vernice. Quando la nonna racconta come suo padre era stato assassinato dai mafiosi. Quando Peppino,come rappresentante del partito, consiglia un compaesano di ricorrere all’Inps; ad a ogni rifiuto, questi si arrabbia con lui e, quando, all’ennesimo ricorso, avrà finalmente quanto gli è dovuto, non lo ringrazierà neppure. Poi c’è la scena della donna poverissima che chiede al macellaio gli avanzi per il gatto che sono in realtà per lei e la figlia; e rifiuta di chiedere aiuto ai vicini rischiando di morire di fame, perché dice: “Meglio morti che sparlati.”
Infine Peppino accompagna il figlio alla stazione e lo saluta ostentando calma e distacco; poi si immagina mentre corre a perdifiato dietro al treno agitando le braccia e mostrando tutta la sua emozione e il suo dolore. Si guarda intorno e vede una Baaria moderna, piena di macchine e moto, completamente diversa dal paese dove è cresciuto; le immagini scorrono fino alla scena finale che è ridondante di speranza e umanità.
Da vedere.
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antrace
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martedì 31 maggio 2011
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la sicilia nel sangue
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Quando assisti ad un opera di Tornatore devi essere disposto ai suoi ritmi ed alle sue divagazioni . Cominciò con il cinema Paradiso del '91 , riuscì a tradurre un raccconto di poche righe in un film di oltre tre ore ne "il pianista sopra l'oceano ", non cambiò intonazione con l'uomo delle stelle , ed ora ricompone l'ennesima opera sulla propria terra d'origine , qui praticamente racchiusa nella piazza e nei declivi di Bagheria, dalle strade polverose del Fascismo al frastuono urbano contemporaneo . Una rassegna certosina di ottanta anni di storia , nella medesima sequenza impressionistica . Una biografia sussurata dietro lo scenario mutevole dei costumi siciliani , nell'ironica saga della dittatura e della democrazia attraverso i comportamenti, i vezzi , i contrasti tipici dell'isola .
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Quando assisti ad un opera di Tornatore devi essere disposto ai suoi ritmi ed alle sue divagazioni . Cominciò con il cinema Paradiso del '91 , riuscì a tradurre un raccconto di poche righe in un film di oltre tre ore ne "il pianista sopra l'oceano ", non cambiò intonazione con l'uomo delle stelle , ed ora ricompone l'ennesima opera sulla propria terra d'origine , qui praticamente racchiusa nella piazza e nei declivi di Bagheria, dalle strade polverose del Fascismo al frastuono urbano contemporaneo . Una rassegna certosina di ottanta anni di storia , nella medesima sequenza impressionistica . Una biografia sussurata dietro lo scenario mutevole dei costumi siciliani , nell'ironica saga della dittatura e della democrazia attraverso i comportamenti, i vezzi , i contrasti tipici dell'isola . Il protagonista è un giovane militante comunista , animoso e determinato, di famiglia umile ,che punta a diventare deputato , dopo le esperienze nel paese natio . A lui affidano l'ansia di riscatto i genitori ed i fratelli , orgogliosi del suo impegno, ma poco consapevoli dei contenuti della lotta politica . Tornatore si lascia andare ad un'evocazione lirica, dove la forma e lo stile prevalgono come di consueto sulla narrazione della vicenda , ogni scena diviene un ricamo barocco pregevole e suggestivo , ma l'amore struggente per la Sicilia è in qualche modo l'apice ed il limite stesso della sua opera ..
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dandy
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giovedì 24 settembre 2015
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appassionante e appassionato.
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Un progetto coraggioso e ambizioso,messo in scena con ammirevole senso della narrazione popolare.Ispirandosi alle proprie memorie d'infanzia e della sua famiglia(il piccolo Pietro si ispira al regista,e i Torrenuova ai Tornatore)il regista attraversa 50 anni di storia siciliana in Bagheria(la Baarìa del titolo),dal regime fascista negli anni '30 all'inizio degli anni'80 con il pittore Guttuso.Mette da parte l'epica e il realismo per un'atmosfera favoleggiante(la corsa all'inizio con Pietro che incrocia Peppino che spicca il volo,il finale dove Peppino reincrocia Pietro che si ritrova nel presente e al tempo stesso Peppino porta "finalmente" le sigarette)e un ritmo da fiume in piena.
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Un progetto coraggioso e ambizioso,messo in scena con ammirevole senso della narrazione popolare.Ispirandosi alle proprie memorie d'infanzia e della sua famiglia(il piccolo Pietro si ispira al regista,e i Torrenuova ai Tornatore)il regista attraversa 50 anni di storia siciliana in Bagheria(la Baarìa del titolo),dal regime fascista negli anni '30 all'inizio degli anni'80 con il pittore Guttuso.Mette da parte l'epica e il realismo per un'atmosfera favoleggiante(la corsa all'inizio con Pietro che incrocia Peppino che spicca il volo,il finale dove Peppino reincrocia Pietro che si ritrova nel presente e al tempo stesso Peppino porta "finalmente" le sigarette)e un ritmo da fiume in piena.Luoghi,facce,personaggi,azioni,avvenimenti si susseguono ininterrottamente e lo spettatore può faticare un poco a seguire.E restare freddo di fronte alla scanzonata solare leggerezza con cui vengono ammorbiditi i momenti drammatci.Ma la passione è sincera,la confezione impeccabile(solare fotografia di Enrico Lucidi,adeguate musiche di Ennio Morricone)e l'effetto nostalgia è evitato nell'intreccio fluido(e complesso)di storia nazionale e cronaca locale,politica e superstizione(la leggenda delle tre rocce),volti famosi e innumerevoli facce ordinarie ugualmente appassionanti.Nutrito l'elenco di attori noti in parti di contorno più o meno durature:Beppe Fiorello è l'irresistibile "accattone di dollari";Ficarra e Picone rispettivamente Nino Torrenuova e Luigi Scalìa;Aldo Baglio lo spregevole affarista;Vincenzo salemme il capo comico che sbeffeggia i fascisti;Giorgio Faletti Corteccia;Gabriele Lavia il maestro delle commisioni esami;Leo Gullotta il "compagno col cappotto" Liborio;Michele Placido l'esponente del PCI ritmato dalla folla;Raoul Bova il giornalista romano;Enrico Lo Verso Minicu;Luigi Lo Cascio il giovane down;Monica Bellucci la donna col muratore;Laura Chiatti una studentessa;Marcello Mazzarella un podestà."28 milioni di budget,per un successo sorprendente di pubblico.La critica invece,ha avuto anche da ridire a causa della scarsa verosimiglianza e della leggerezza con cui vengono trattati gli avvenimenti negativi(la mafia,la guerra,la strage di Portella di Ginestra,gli scontri armati).Inoltre non sono mancate proteste dalla Lega Anti Vivisezione e dall'EPNA per la scena autentica della macellazione del bovino(girata in un mattatoio in Tunisia dove si sono svolte numerose altre riprese)che ha chiesto il boicottaggio del film(uff....).Un film per chi ha piacere di vedere e ascoltare le storie attraverso generazioni.Originariamente parlato in siciliano e poi ridoppiato in italiano.
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estonia
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venerdì 27 giugno 2014
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prolisso e stereotipato
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Non basta quella che da più parti è stata definita una sincera passione del regista per il cinema, oltre che all’amore per la sua terra, a dare calore a un’operazione artificiosa e macchiettistica. Non c’è traccia di lirismo in una rappresentazione soffocata da scelte narrative superficiali e folcloristiche, e nemmeno l’ombra di vero pathos nei risvolti più drammatici, perché il tono è comunque perennemente quello della commedia che ammicca al grande pubblico, senza approfondire situazioni e caratteri. Non c’è realismo in questo prolisso susseguirsi di scenette stereotipate, in quei mafiosi usciti dalle inoffensive parodie del Bagaglino, in quella finta dimensione della miseria che ha più il sapore della cartolina patinata piuttosto che quello della polvere e del sudore.
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Non basta quella che da più parti è stata definita una sincera passione del regista per il cinema, oltre che all’amore per la sua terra, a dare calore a un’operazione artificiosa e macchiettistica. Non c’è traccia di lirismo in una rappresentazione soffocata da scelte narrative superficiali e folcloristiche, e nemmeno l’ombra di vero pathos nei risvolti più drammatici, perché il tono è comunque perennemente quello della commedia che ammicca al grande pubblico, senza approfondire situazioni e caratteri. Non c’è realismo in questo prolisso susseguirsi di scenette stereotipate, in quei mafiosi usciti dalle inoffensive parodie del Bagaglino, in quella finta dimensione della miseria che ha più il sapore della cartolina patinata piuttosto che quello della polvere e del sudore. Se poi vuole essere una fiaba, è una favola che non incanta, più vicina a un campionario retorico di luoghi comuni che al sogno meraviglioso di un bambino. L’unica cosa che si fa ricordare è il viso di pietra della Sastri.
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whatsgoingon
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domenica 4 ottobre 2009
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"baaria": fine di un viaggio.
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Bravo Tornatore!
"Baaria" è, essenzialmente, il racconto del "senso di una vita", raccontata con gli occhi di un "lucido visionario".
L'affresco, e la durata stessa della pellicola, sono solo funzionali alla rappresentazione della dimensione del "tempo vissuto", ed al suo inesorabile scorrere, sono la misura necessaria per trasportare lo spettatore nella dimensione del tempo vissuto.
E la vicenda individuale e quella familiare fanno anch'esse soltanto da sfondo al senso ultimo dell'opera e pertanto possono apparire di per se' oggettivamente carenti ed inconsistenti.
Ma si tratta di una vita "raccontata", della quale non si mette in primo piano l'io narrante, bensi' il contesto nella quale essa si snoda, ed è un contesto fatto esclusivamente di emozioni, di momenti separati, di stati d'animo, di impressioni, cosi' come ogni vita raccontata lo diventa, nel momento in cui la si evoca (i ricordi, scriveva Pavese, ".
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Bravo Tornatore!
"Baaria" è, essenzialmente, il racconto del "senso di una vita", raccontata con gli occhi di un "lucido visionario".
L'affresco, e la durata stessa della pellicola, sono solo funzionali alla rappresentazione della dimensione del "tempo vissuto", ed al suo inesorabile scorrere, sono la misura necessaria per trasportare lo spettatore nella dimensione del tempo vissuto.
E la vicenda individuale e quella familiare fanno anch'esse soltanto da sfondo al senso ultimo dell'opera e pertanto possono apparire di per se' oggettivamente carenti ed inconsistenti.
Ma si tratta di una vita "raccontata", della quale non si mette in primo piano l'io narrante, bensi' il contesto nella quale essa si snoda, ed è un contesto fatto esclusivamente di emozioni, di momenti separati, di stati d'animo, di impressioni, cosi' come ogni vita raccontata lo diventa, nel momento in cui la si evoca (i ricordi, scriveva Pavese, ".sono fatti di attimi").
E' l'opera di un visionario lucido perchè rispetto ai fatti, assumono un ruolo primario, aspetti totalmente folcloristici, fantasioni, "felliniani", che sono quelli che poi alla fine sono l'humus in cui ognuno di noi è cresciuto, che raccontano di un mondo che non esiste piu', e che rimangono impressi nella memoria e ci "connotano" in termini di provenienza ed esperienza individuale.
Sono le facce, le atmosfere, i fatti, i lutti, le disgrazie, che abbiamo vissuto direttamente o di riflesso, quelli che offrono realmente un senso di appartenenza permanente alla "comunità", alle proprie radici.
Ma “Baaria “ è un opera essenzialmente "simbolica", ed è infatti questo il senso ultimo del messaggio, che cosi’ si puo' tradurre:
"la vita, la realtà, sono sogno, illusione, o quasi; ed alla fine scopriamo di essere rimasti bambini, ed aver soltanto assistito allo svolgersi di un'intera vita, di cui pensavamo di essere protagonisti, ma in realtà il nostro io piu' profondo è rimasto quello formatosi nei primi anni, quello del bambino, e con quegli occhi abbiamo continuato ad osservare noi stessi crescere, diventare grandi e vivere".
L'ultima, breve, parte dell'opera, è interamente dedicata a questa scissione tra l'io presente e l'io assoluto, ed essa rende il senso di tutta la precedente rappresentazione e ne offre il palese significato simbolico in quella corsa del bambino che “incontra se' stesso”; è l'incontro dell'uomo con la sua ombra, con il suo inconscio, è la pietra che colpisce le tre rocce insieme, di cui sente narrare il protagonista da bambino, al che si aprirà al suo sguardo una miniera di tesori, e che il regista, simbolicamente, indica con i serpenti (sinonimo di inconscio), e che richiama l’iscrizione delfica dell’antica Grecia “consosci te stesso”; quello è il tesoro.
Dopo tale tappa la mosca racchiusa nella trottola, che una volta spaccata, esce fuori viva, simboleggia “l’anima” che finalmente si libera in una persona svelata a se’ stessa.
Ecco perché “Baaria” è il racconto di una vita: il regista ci vuole dire che ha trovato se’ stesso e ci vuole dire anche che aldilà del contesto, il significato di ogni vita individuale va comunque ricercato nella ricongiunzione con la parte inconscia del se', da cui per tutta la vita fuggiamo (il film inizia e termina con la fuga), e tale fuga, in fondo, non è altro che una fuga da se’ stessi.
Solo ricongiungendosi alla propria ombra, al proprio inconscio, potremo liberare la ns. piu' intima essenza.
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andrea d
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giovedì 1 ottobre 2009
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nostalgìa
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Un bambino corre per le strade e spicca il volo al di sopra di un paese: è l'intensa apertura di "Baarìa", il ragazzino dovrebbe essere Tornatore e quella che vediamo è Bagheria, la città natale del regista, il quale, da buon privilegiato con venticinque milioni di euro di budget, ha fatto ricostruire in Tunisia. E ha fatto benissimo, perché avere l'opportunità di far rivivere attraverso la storia l'evoluzione del posto in cui si è vissuti, e mostrare il risultato a un vastissimo pubblico in sala, è una fortuna difficile persino da concepire. E il film finisce così per inserirsi a metà tra un approccio alla "Novecento" - in cui la grande storia faceva da sfondo alla piccola, per così dire, storia di due amici - e uno alla "Amarcord", nel quale l'unica protagonista era una dimensione nostalgica più mentale che fattuale.
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Un bambino corre per le strade e spicca il volo al di sopra di un paese: è l'intensa apertura di "Baarìa", il ragazzino dovrebbe essere Tornatore e quella che vediamo è Bagheria, la città natale del regista, il quale, da buon privilegiato con venticinque milioni di euro di budget, ha fatto ricostruire in Tunisia. E ha fatto benissimo, perché avere l'opportunità di far rivivere attraverso la storia l'evoluzione del posto in cui si è vissuti, e mostrare il risultato a un vastissimo pubblico in sala, è una fortuna difficile persino da concepire. E il film finisce così per inserirsi a metà tra un approccio alla "Novecento" - in cui la grande storia faceva da sfondo alla piccola, per così dire, storia di due amici - e uno alla "Amarcord", nel quale l'unica protagonista era una dimensione nostalgica più mentale che fattuale. Tornatore, però, a differenza di Fellini, che filtrava l'epoca storica attraverso il setaccio di una memoria "bugiarda" che distorce e inventa spesso e volentieri regalandoci risultati difficilmente raggiungibili, adotta un criterio prevalentemente filologico, esemplato da una monumentale e dettagliata ricostruzione scenografica, misto a una osservazione malinconica prorompente, affidata alle situazioni e al toccante tema musicale di Morricone. Questo compromesso funziona, ed è lo stesso di "Nuovo Cinema Paradiso", che viene da rimpiangere, essendo quello un film indimenticabile perché esente dal difetto che impedisce di far arrivare "Baarìa" allo statuto di capolavoro, e cioè un'eccessiva coralità (caricata da moltissime celebri partecipazioni) che più di una volta prevarica la soggettività dei personaggi principali, a differenza del film di vent'anni prima, durante la visione del quale non si riusciva a non affezionarsi sin dall'inizio al piccolo Totò e al proiezionista Alfredo. Mentre si assiste a quest'ultimo lavoro del cineasta, si ha l'impressione che lui stesso ci accompagni con piacere suo e nostro all'interno delle vie del suo passato e attraverso altre storie più o meno collettive, in un discorso forse troppo frammentario e senza un centro preciso (diversamente da quanto succedeva in "Novecento", i cui protagonisti erano sempre il perno dell'attenzione nonostante l'epicità circostante) - mentre, col succedersi delle epoche, la fotografia va schiarendosi dalla dominante cromatica gialla del sicilianissimo tufo, caratterizzante i tempi lontani, fino ad un attuale bianco per i giorni nostri - culminando su un non troppo riuscito simbolismo legato ad una mosca. Ciò che più è da lodare è che siamo di fronte ad un'opera partorita con sincerità, con dirompente amore per la memoria, in quanto Tornatore non ha dimenticato la Nostalgia, il sentimento che probabilmente più di tutti legittima un prodotto artistico come una creatura propria e personale, autoriale nel senso più autentico del termine. La Bagheria di Tornatore è solo la Bagheria di Tornatore, e questo film solo lui l'avrebbe potuto fare. Basta uscire da quella sala, nel cinema dove vi trovate, e andare a quella a fianco, e troverete con molta possibilità una pellicola che chiunque avrebbe potuto girare. Quindi, godiamoci questa rara occasione di vero cinema italiano, che sa sposarsi pure con la spettacolarità, senza dimenticare quei momenti in cui la macchina da presa, come la penna del poeta più malinconico, si chiede che senso abbia vivere, amare, conoscere, per poi morire, dimenticare, sparire. L'arte è e c'è fin quando non si smette di chiederselo.
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spicciola
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domenica 18 ottobre 2009
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baaria: un modo di essere, uno stato d'animo.
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Baaria.Un nome che racchiude una realtà, tante realtà, quelle dei personaggi le cui storie si snodano intorno ad un solo grande centro: la Sicilia. Lei, protagonista indiscussa, primeggia nella sua bellezza primordiale e mistica, un'apparizione dai contorni poco nitidi, un'affresco ormai sbiadito nel giudizio di un'epoca moderna troppo frettolosa e distratta, alla quale guarda Tornatore nelle ultime battute del film.
L'attenzione si incentra sui bambini, sull'innocenza, sulla semplicità dei gesti e delle parole. Bambini che corrono a perdi fiato lungo le strade di Baaria come percorrendo, figurativamente, le strade tortuose e difficili della loro vita. Così passato e presente si incontrano, si scontrano, in un ciclo senza inzio nè fine, determinando, in una epochè spazio temporale, il confronto padre-figlio, portatori di realtà diverse: l'uno che trascina con sè un bagaglio di sogni-ricordi e protgonista di un'epoca moderna nella quale sembra non riconoscersi, l'altro fermo nella sua Baaria alla quale torna come in un ad regressum nel ventre materno, eppure entrambe bambini.
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Baaria.Un nome che racchiude una realtà, tante realtà, quelle dei personaggi le cui storie si snodano intorno ad un solo grande centro: la Sicilia. Lei, protagonista indiscussa, primeggia nella sua bellezza primordiale e mistica, un'apparizione dai contorni poco nitidi, un'affresco ormai sbiadito nel giudizio di un'epoca moderna troppo frettolosa e distratta, alla quale guarda Tornatore nelle ultime battute del film.
L'attenzione si incentra sui bambini, sull'innocenza, sulla semplicità dei gesti e delle parole. Bambini che corrono a perdi fiato lungo le strade di Baaria come percorrendo, figurativamente, le strade tortuose e difficili della loro vita. Così passato e presente si incontrano, si scontrano, in un ciclo senza inzio nè fine, determinando, in una epochè spazio temporale, il confronto padre-figlio, portatori di realtà diverse: l'uno che trascina con sè un bagaglio di sogni-ricordi e protgonista di un'epoca moderna nella quale sembra non riconoscersi, l'altro fermo nella sua Baaria alla quale torna come in un ad regressum nel ventre materno, eppure entrambe bambini. La vita e la morte si affrontano, si specchiano: qualcuno nasce e qualcuno se ne và, persino con ironia, ma nulla è perduto, la mosca racchiusa nella trottola non ha terminato i suoi giorni, lei, l'anima di quel gioco innocente, è ancora libera di volare. Libere sono le idee comuniste che riecheggiano nel film, come inno al cambiamento, al riscatto dal fascismo, ma anche dalla mafia che miete le sue povere vittime,nonostante quest'ultimo resti un aspetto appena accennato.
Strane credenze, vecchie tradizioni, sogni premonitori, misticismo da un lato; rioluzioni, sindacalismo, politica, emancipazione dall'altro fanno della Sicilia la culla del conservatorismo e del cambiamento radicale e profondo ma mai totale perchè Baaria è un modo di essere, uno stato d'animo.
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