Il 12 Maggio 2008, alle ore 14.28, a meno di tre mesi dalle Olimpiadi di Pechino il diciannovesimo per intensità tra i terremoti di tutti i tempi colpiva la provincia cinese del Sichuan procurando 69.227 vittime accertate, 347.176 feriti e 18.222 dispersi.
Il documentario si divide in due parti. Nella prima si riprende ciò che accade 10 giorni dopo la devastazione. Le visite ufficiali e la retorica mediatizzata sono terminate lasciando il posto alla desolazione. Fattorie di maiali da distruggere, case abbandonate che vengono saccheggiate, un monaco che parla di punizione divina.
La seconda parte prende invece in esame gli stessi luoghi 210 giorni dopo il terremoto. Il rigido inverno è arrivato. La ricostruzione troppo facilmente magnificata in tempi brevi tarda ad arrivare e la vita nelle tende si fa dura. Bisogna però dare un aspetto di facciata al tutto visto che le autorità stanno per arrivare in visita. Ma ci sono visite ancor più temibili. Sono quelle dei turisti di massa che, in occasione del capodanno cinese, raggiungono ciò che resta della città più danneggiata dal terremoto per comprare dvd con le scene più tragiche e album fotografici con le foto dei cadaveri estratti dalle macerie.
Du Haibin ha il coraggio di uscire dalla retorica celebrativa e di mostrare luci ed ombre del dopoterremoto. Lo fa con grande lucidità consapevole di poter essere accusato di fare polemica disfattista ma incapace di trattenersi dal mostrare l'altra faccia del terremoto. Per denunciare certo. Ma anche per comprendere. Tutto questo in una Cina che non brilla certo per democrazia. Noi che facciamo parte di questo mondo libero, dopo L'Aquila, abbiamo di che riflettere.