gianleo67
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domenica 19 novembre 2017
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the bloody, sweet...hereafter
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Alla ricerca del figlioletto scomparso durante lo tsunami di sei mesi prima, una coppia di professionisti occidentali intraprende un angosciante e pericoloso viaggio tra le isole e la giungla thailandese.
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Alla ricerca del figlioletto scomparso durante lo tsunami di sei mesi prima, una coppia di professionisti occidentali intraprende un angosciante e pericoloso viaggio tra le isole e la giungla thailandese. Mentre l'uomo cerca di assecondare le disperante ossessioni di una consorte ancora sconvolta dal recente lutto, quest'ultima sprofonda sempre più in un incubo ad occhi aperti fatto di visioni e oscuri presagi. Finale terrificante.
Dopo l'esordio cristologico di un trovatore belga alle prese con la personale via crucis di una trasferta rurale e prima della folie-a-deux di una luna di miele di uxoricidi assortiti, il fiammingo Du Welz si ripropone nuovamente con una storia dove l'allegoria del viaggio e la ricerca dei demoni condivisi da una coppia in crisi, rappresentano la struttura narrativa e l'itinerario testuale attraverso cui scandagliare la tenebrosa ambivalenza della natura umana, sospesa tra la razionalità dell'ordine e delle convenzioni sociali e l'irrazionalità di un istinto primitivo che racchiude in sè il giano bifronte di un principio di creazione che sa essere anche fonte di morte e distruzione.
La metafora, anche geograficamente contigua, del cuore di tenebra dell'universo conradiano si traduce qui nella nemesi della ricca ed ipocrita società occidentale quale vittima accidentale di una tragedia turistica e complice consapevole di un disgustoso traffico dell'infanzia, traguardato nella discesa agli inferi di due coniugi bianchi alle prese con l'elaborazione del lutto ed un viaggio acheronteo nel mar di Andaman in cui si alternano in tutto due nocchieri, un (povero) diavolo tentatore ed una lasciva serva del demonio. Capace come pochi di contaminare lo studio psicologico di un rapporto a due scisso tra la razionalità dei compatimenti maschili e la inesorabile deriva di un istinto materno che gira a vuoto, l'esplicito simbolismo di una rivalsa metafisica e gli squarci onirici di un ingannevole richiamo filiale, Du Welz ci precipita in un incubo ad occhi aperti in cui i conti in sospeso con la cattiva coscienza dell'uomo bianco si traducono nei miserevoli inganni di una cupidigia destinata a rimanere al verde e nel rigoglio vegetale di una natura matrigna pronta a fagocitare le spoglie mortali di un padre traditore attraverso le voraci fauci dei suoi figli senza padre. Anche se irrisolto nei suoi molteplici sbocchi narrativi e volutamente ambiguo nel presentare le sue numerose tematiche, questo dramma psicologico in chiave horror è un potente saggio sulle suggestioni di un'arte cinematografica che sa coniugare con straordinaria maturità il realismo della messa in scena con le istanze insinuanti di un simbolismo esibito, passando dalla livida fotografia di un inferno tropicale agli squarci cromatici di un onirismo angoscioso intriso di una disperata sensualità e gravido di umori ferali.
Bellisima l'immagine della nave fantasma che trasporta le anime in pena di bambini perduti immersi nello spettrale chiarore di una bruma salmastra e quello del titanico rudere di una chiesa in disarmo su cui riafferma il suo dominio la tentacolare ramificazione di una natura selvaggia; ma straordinario e sconvolgente è soprattutto il finale dove, nel rovesciamento simbolico di figli che divorano il loro padre Saturno, si consuma l'orrido pasto, la tracotante vendetta dell'infanzia tradita. Arruffato e bovino, si impone la prestanza virile di un Rufus Sewell dagli occhi spiritati come pure la magnifica e sensuale presenza scenica di Emmanuelle Béart, ape regina che chiama a raccolta la sua progenie degenere sotto l'occhio abbacinante di un incombente bagliore zenitale. Presentato fuori concorso alla 65ª Mostra del cinema di Venezia e premiato al Sitges - Catalonian International Film Festival 2008.
Ridammi i miei soldi
Quel ragazzo non andava bene?
Sì, può dirlo forte...
Non ti è piaciuto?...E' un bambino
Non è il mio bambino
...qual'è la differenza?
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dian71cinema
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venerdì 11 febbraio 2011
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du welz si ripete dopo calvaire
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ALTRO FILM DEL REGISTA FABRICE DU WELZ AD IMPRONTA CINEMATOGRAFICA TIPICAMENTE FRANCESE (CONDIVISIBILE O MENO). INDAGINE PROFONDA SUI SENTIMENTI UMANI, QUI VENGONO IMPRESSI IN PELLICOLA (O DIGITALE COME PREFERITE) QUASI COME UN DOCUMENTARIO, UN REALITY.. UN'ISOLA DEI FAMOSI CHE INDAGA SULLE ANGOSCE DELL'ESSERE UMANO.. LO FA SPLENDIDAMENTE GRAZIE A DIRE IL VERO AD UNA SPLENDIDA INTERPRETAZIONE DELLA BéART E DEL CONSORTE.
LA SCENEGGIATURA E' APPUNTO ALLA FRANCESE, SIMBOLOGIA, DIALOGHI IMPRECISI, ATMOSFERA DI LIBERA ESPRESSIONE NEI CONCETTI, NELL'ISTINTO, NELLA SESSUALITA', NELL'ANTICONVENZIONALITA'. IL PROBLEMA E' CONDIVIDERLA, QUI NON ESPRIMO GIUDIZIO IN QUANTO "DEGUSTIBUS NON DISPUTANDUM EST" .
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ALTRO FILM DEL REGISTA FABRICE DU WELZ AD IMPRONTA CINEMATOGRAFICA TIPICAMENTE FRANCESE (CONDIVISIBILE O MENO). INDAGINE PROFONDA SUI SENTIMENTI UMANI, QUI VENGONO IMPRESSI IN PELLICOLA (O DIGITALE COME PREFERITE) QUASI COME UN DOCUMENTARIO, UN REALITY.. UN'ISOLA DEI FAMOSI CHE INDAGA SULLE ANGOSCE DELL'ESSERE UMANO.. LO FA SPLENDIDAMENTE GRAZIE A DIRE IL VERO AD UNA SPLENDIDA INTERPRETAZIONE DELLA BéART E DEL CONSORTE.
LA SCENEGGIATURA E' APPUNTO ALLA FRANCESE, SIMBOLOGIA, DIALOGHI IMPRECISI, ATMOSFERA DI LIBERA ESPRESSIONE NEI CONCETTI, NELL'ISTINTO, NELLA SESSUALITA', NELL'ANTICONVENZIONALITA'. IL PROBLEMA E' CONDIVIDERLA, QUI NON ESPRIMO GIUDIZIO IN QUANTO "DEGUSTIBUS NON DISPUTANDUM EST" .. MA LA STORIA E' PIUTTOSTO SCONTATA, SENZA GROSSI SCOSSONI E COLPI DI SCENA. LE IMMAGINI DEI LUOGHI SELEZIONATI DISCRETAMENTE RISULTANO SUGGESTIVE ED AFFASCINANTI, ANCHE SE POCO SI ADATTANO ALLA REALTA'. L'INDAGINE ANTROPOLOGICA THAILANDESE E' MANIFESTATA IN TUTTA LA SUA CRUDELTA' SENZA TABU' APPUNTO... SCUSATE IL FRANCESISMO ..MA CHE NON NASCONDE UNA CERTA PESANTEZZA E RIPETITIVITA'. NEL COMPLESSO RAGGIUNGE UNA VALUTAZIONE SUFFICIENTE. NULLA DI PIU' 6-
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gus da mosca
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sabato 28 marzo 2009
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viaggio nella terra dei bambini di fango
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Considero anche questo film a tutti gli effetti espressione del nuovo cinema d'exploitation francese. Martyrs e Inside calcavano la mano riempiendo subito di sangue gli occhi dello spettatore. Calvaire, Sheitan e Haute Tenion hanno immerso i protagonisti in un crescendo di smarrimento che accomunava lo spettatore, davanti a situazioni oltremodo morbose. Vinyan si ispira ad un altro aspetto del cinema d'exploitation degli anni 70, citando garbatamente i "Cannibal e Mondo movies", pero' con una colonna sonora che e' l'esatto contrario di quelle musicate da Riz Ortolani per quegli "storici" film.
Si rinuncia alla vicenda e si fa uso soltanto di immagini e suoni per ipnotizzare lo spettatore e portarlo in uno stato di costante attesa sospesa.
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Considero anche questo film a tutti gli effetti espressione del nuovo cinema d'exploitation francese. Martyrs e Inside calcavano la mano riempiendo subito di sangue gli occhi dello spettatore. Calvaire, Sheitan e Haute Tenion hanno immerso i protagonisti in un crescendo di smarrimento che accomunava lo spettatore, davanti a situazioni oltremodo morbose. Vinyan si ispira ad un altro aspetto del cinema d'exploitation degli anni 70, citando garbatamente i "Cannibal e Mondo movies", pero' con una colonna sonora che e' l'esatto contrario di quelle musicate da Riz Ortolani per quegli "storici" film.
Si rinuncia alla vicenda e si fa uso soltanto di immagini e suoni per ipnotizzare lo spettatore e portarlo in uno stato di costante attesa sospesa. Luci e suoni confondono intenzionalmente chi guarda, attraverso sensuali ralenties, spezzoni convulsi di camera a mano, un vertiginoso "dolly". Poi improvvisamente il film si concede una citazione da classico "Cannibal movie", che risveglia bruscamente lo spettatore riportandolo alla realta'. Film difficile perche' non recitato con le parole, deludente per il pubblico che si aspetta una coinvolgente vicenda ansiogena di facile lettura oppure qualche scena forte e violenta. L'ammiccamento al cinema documentaristico e fatto in modo molto sofisticato e lo "scandaloso" e sorprendente finale e' una citazione afferrata solo dagli appassionati di storia del cinema. (Splendidi titoli di testa nella versione francese, anche se mi rendo conto che questi aspetti sono spesso ignorati dai piu')
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(di gus da mosca)
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mari
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lunedì 1 settembre 2008
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molto fumo e niente arrosto
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Decisamente sono d'accordo con la recensione di mymovies: non c'è scrittura e non c'è sorpresa. Fin dalle prime scene si intuisce come va a finire la faccenda: cosa volete che capiti a due sprovveduti occidentali che vanno in giro con le tasche piene di soldi a farsi spennare come idioti tra Thailandia e Birmania? Il minimo che gli può capitare è perdersi nella giungla... Come in tutte le storie che trattano di un'ossessione, la trama non sarà altro che l'affondare sempre più nelle sabbie mobili di quell'ossessione, e va bene. Ma accade in modo fin troppo prevedibile e banale: fango, fango e ancora fango... sogni che piano piano si trasformano in allucinazioni... parecchie scene sono abbastanza suggestive, ma la storia è del tutto insignificante, prevedibile e banale.
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Decisamente sono d'accordo con la recensione di mymovies: non c'è scrittura e non c'è sorpresa. Fin dalle prime scene si intuisce come va a finire la faccenda: cosa volete che capiti a due sprovveduti occidentali che vanno in giro con le tasche piene di soldi a farsi spennare come idioti tra Thailandia e Birmania? Il minimo che gli può capitare è perdersi nella giungla... Come in tutte le storie che trattano di un'ossessione, la trama non sarà altro che l'affondare sempre più nelle sabbie mobili di quell'ossessione, e va bene. Ma accade in modo fin troppo prevedibile e banale: fango, fango e ancora fango... sogni che piano piano si trasformano in allucinazioni... parecchie scene sono abbastanza suggestive, ma la storia è del tutto insignificante, prevedibile e banale. Tanto fumo e niente arrosto.
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tu vo' fa l'americano
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domenica 31 agosto 2008
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il più amato film a venezia!
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Chiaro-scuri (molti più scuri) e ambientazioni horror-emotive per il fil più amato dai critici veneziani.
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