pulce canterina
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sabato 27 gennaio 2007
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onirico/geniale-da vedere
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Geniale: come le animazioni che lo caratterizzano.
Tenero: come l'impossibilità di dichiarare l'amore a chi si ama davvero; e drammatico, perché l'irrealizzabile spinge alla fuga.
Colorato: come i nostri sogni.
Sconclusionato: come il protagonista, disadatto alla vita.
Claustrofobico, talvolta, come i nostri incubi.
Poetico: con le sue nuvole di bambagia e città di cartone.
Da vedere.
Perché stimola l'intelligenza visiva e l'immaginazione affettiva, così arida in chi vive di giorni grigi ed uguali.
Bravo Gondry. Davvero bravissimi il charlottiano Bernal e la dolcemente malinconica Gainsburg. Un plauso agli attori non protagonisti.
Ottima la colonna sonora.
Sconsigliato a chi non sa sognare.
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Geniale: come le animazioni che lo caratterizzano.
Tenero: come l'impossibilità di dichiarare l'amore a chi si ama davvero; e drammatico, perché l'irrealizzabile spinge alla fuga.
Colorato: come i nostri sogni.
Sconclusionato: come il protagonista, disadatto alla vita.
Claustrofobico, talvolta, come i nostri incubi.
Poetico: con le sue nuvole di bambagia e città di cartone.
Da vedere.
Perché stimola l'intelligenza visiva e l'immaginazione affettiva, così arida in chi vive di giorni grigi ed uguali.
Bravo Gondry. Davvero bravissimi il charlottiano Bernal e la dolcemente malinconica Gainsburg. Un plauso agli attori non protagonisti.
Ottima la colonna sonora.
Sconsigliato a chi non sa sognare.
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[+] lezioni di sogno?
(di gianpa)
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doc.apocalypse
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venerdì 19 gennaio 2007
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geniale, piccolo capolavoro!!!
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Benvenuti nel magico mondo di Michel Gondry!
3 anni dopo aver firmato un capolavoro, Eternal Sunshine of the Spotless mind, Gondry era atteso al varco, per la 1° volta senza il suo fido sceneggiatore Kaufman, per la 1°volta regista in patria, lui, francese d'America, riuscendo a superarlo in maniera magnifica!
Un film onirico, nuovamente psicologico, dentro la testa del protagonista, un bravissimo Gael Garcia Bernal, rappresentata come un studio televisivo, tra folli sogni in grado di miscelarsi con la realtà, dando vita ad un concentrato visivamente irresistibile.
Bernal è un messicano rimasto orfano del padre, deciso a tornare dalla madre, in Francia, dove ad attenderlo c'è un alienante lavoro, per lui giovane creativo, in una sorta di copisteria, portata avanti da dei folli soggetti!
Unica nota positiva l'incontro con la vicina di pianerottolo, Charlotte Gaingsbourg, artistoide come lui con la passione per i giocattoli di pezza.
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Benvenuti nel magico mondo di Michel Gondry!
3 anni dopo aver firmato un capolavoro, Eternal Sunshine of the Spotless mind, Gondry era atteso al varco, per la 1° volta senza il suo fido sceneggiatore Kaufman, per la 1°volta regista in patria, lui, francese d'America, riuscendo a superarlo in maniera magnifica!
Un film onirico, nuovamente psicologico, dentro la testa del protagonista, un bravissimo Gael Garcia Bernal, rappresentata come un studio televisivo, tra folli sogni in grado di miscelarsi con la realtà, dando vita ad un concentrato visivamente irresistibile.
Bernal è un messicano rimasto orfano del padre, deciso a tornare dalla madre, in Francia, dove ad attenderlo c'è un alienante lavoro, per lui giovane creativo, in una sorta di copisteria, portata avanti da dei folli soggetti!
Unica nota positiva l'incontro con la vicina di pianerottolo, Charlotte Gaingsbourg, artistoide come lui con la passione per i giocattoli di pezza.
Gondy trasporta sullo schermo i suoi incredibili sogni, riuscendo a rapprasentartli in maniera pazzesca, tra cellophane, ovatta, cartoni di compensato, cartine di caramelle, macchine del tempo in grado di portarti avandi o indietro di solo 1secondo, caschi celebrali, pupazzi di pezza meccanici!
Il protagonista vive in una sorta di limbo, incapace di separare il sogno dalla realtà, causa un sentimento, l'amore, non corrisposto, tranne che nel magico e personale mondo onirico.
L'assenza di Kaufman, dal punto di vista della sceneggiatura, si fa sentire, ma Gondry riesce comunque a realizzare un film fantastico, lucidamente folle, capace di portare lo spettatore nel mondo del sogno ad occhi aperti. Geniali gli effetti speciali, questo film andrebbe fatto vedere in tutte le scuole di cinema, come tipico esempio di come si possa fare ottimi film, con pochi mezzi a disposizione, visto i "soli" 9 milioni di dollari di budget.
Un vero gioiello, da vedere e rivedere, da conservare con gelosia, per un regista che dopo aver rivoluzionato il mondo dei videoclip, nel suo piccolo si sta ripetendo anche nel mondo del cinema.
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(di feanor)
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dorella
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giovedì 25 gennaio 2007
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sogno o son desto?
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Credevo che Amelie fosse un personaggio fantasioso, che vive in un mondo tutto suo e in cui fa entrare solo una persona. Ma Stéphane è sicuramente un passo avanti. Sto parlando del protagonista del nuovo film di M. Gondry che, dopo aver esplorato la mente umana in Se mi lasci ti cancello, torna con le sue visioni immaginifiche in L'arte del sogno, una traduzione del titolo che questa volta rende giustizia alla bellezza del film. Stéphane si trasferisce a Parigi sperando in un incarico di illustratore, col sogno di poter pubblicare finalmente il suo catastrofico calendario. In realtà il lavoro non è quello che si aspetta, ma in compenso si innamora della sua vicina (a cui però inspiegabilmente non dice di essere il suo vicino).
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Credevo che Amelie fosse un personaggio fantasioso, che vive in un mondo tutto suo e in cui fa entrare solo una persona. Ma Stéphane è sicuramente un passo avanti. Sto parlando del protagonista del nuovo film di M. Gondry che, dopo aver esplorato la mente umana in Se mi lasci ti cancello, torna con le sue visioni immaginifiche in L'arte del sogno, una traduzione del titolo che questa volta rende giustizia alla bellezza del film. Stéphane si trasferisce a Parigi sperando in un incarico di illustratore, col sogno di poter pubblicare finalmente il suo catastrofico calendario. In realtà il lavoro non è quello che si aspetta, ma in compenso si innamora della sua vicina (a cui però inspiegabilmente non dice di essere il suo vicino). Fin qui sembrerebbe tutto normale, se non fosse che Stéphane è sempre in bilico tra i suoi sogni e la realtà, si intersecano, si scontrano tanto che neanche lui sa più se è sveglio o meno. E trova nella sua vicina Stéphanie la sua anima gemella, intenta a costruire una barca su cui nasce una foresta e che si appassiona alle invenzioni strampalate di Stéphane.
Stéphane vive nei suoi sogni, conduce un programma televisivo dal suo cervello rielaborando la realtà secondo la propria fantasia, secondo la vera natura di tutti i personaggi che lo circondano. L'animazione della mente di Stéphane ricorda quegli ormai vecchi cartoni animati realizzati con la plastilina, oggi declassati dalla grafia al computer, con rotoli di carta igienica, carte di caramelle e scatole di uova.
Adorabile è l'interpretazione di Gael García Bernal, col suo cappottino viola e la camicia a quadrettoni, la sua ingenuità e il suo pianto così infantile; un pò meno azzeccata Charlotte Gainsbourg, che manca di quella leggerezza alla Amelie e la sua interpretazione risulta un pò infelice.
Il finale è da innamorarsene.
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giulia gibertoni
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martedì 18 settembre 2007
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paradisi artificiali
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Stéphane, timido illustratore trasferitosi dal Messico in Francia, intraprende un impiego di incerta soddisfazione. Conosce però quasi subito l’altra metà della sua anima: Stéphanie. Cercare di parlarle non è semplice, ecco allora che il protagonista, che pure è sicuro della corrispondenza tra il suo sé e quello di lei, sceglie invece di evadere in un mondo di sogno. Le sue fantasticherie vengono perfino a comprendere il mondo onirico di Stéphanie, dotata di suo per le favole belle, mentre fabbrica e colleziona animali di feltro. Ne deriva una incerta battaglia tra i livelli di sogno e di realtà, come pure tra i sentimenti di Stéphane e la sua stessa insicurezza, contrastata da una tensione sempre presente verso il cuore dell’amata.
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Stéphane, timido illustratore trasferitosi dal Messico in Francia, intraprende un impiego di incerta soddisfazione. Conosce però quasi subito l’altra metà della sua anima: Stéphanie. Cercare di parlarle non è semplice, ecco allora che il protagonista, che pure è sicuro della corrispondenza tra il suo sé e quello di lei, sceglie invece di evadere in un mondo di sogno. Le sue fantasticherie vengono perfino a comprendere il mondo onirico di Stéphanie, dotata di suo per le favole belle, mentre fabbrica e colleziona animali di feltro. Ne deriva una incerta battaglia tra i livelli di sogno e di realtà, come pure tra i sentimenti di Stéphane e la sua stessa insicurezza, contrastata da una tensione sempre presente verso il cuore dell’amata.
Michel Gondry è noto autore di videoclip (Bjork, White Stripes) a cui è riuscito con successo il salto al lungometraggio, in virtù di una cifra stilistica fantasiosa e della passione per situazioni al di sopra dell'arcobaleno. Sullo stesso filo tematico, centrato più in particolare sulle conseguenze irreali della rimozione dei ricordi, era infatti il suo lungometraggio "Se mi lasci ti cancello" (notoriamente più bello il titolo originale: Eternal Sunshine of the Spotless Mind), un melodramma delicato con una proposta tematica tutt’altro che banale.
A una scrittura dai tratti pastello, eppure sempre efficace in una narrazione in grado di destreggiarsi tra piani diversi e diverse consistenze di realtà, si affianca un ottimo lavoro di regia e di fotografia su una scenografia incantevole che costituisce un perfetto contraltare visuale di questo intelligente apologo sul sogno. I cavalli di pezza naturalmente si muovono, e trottano sulle nuvole, una mano può ingrandirsi fino a diventare enorme, un principe azzurro può avere orecchie d’asino, così come è possibile nuotare sull’orizzonte cittadino mentre i pensieri che si affollano nel sonno possono prendere l’apparenza di uno studio televisivo in cui si svolge un talk-show.
Nel complesso la struttura fantasy è piacevole anche se, come era stato il caso con Big Fish di Tim Burton, tende a sfilacciarsi e a perdersi in se stessa.
L’idea resta meritevole e da raccomandare, ma solo finché non si smarrisce inevitabilmente nella creazione di cartapesta, finché il sogno resta uno stimolo e una sfida alla realtà esterna e alle sue malinconie, ma non la comoda evasione in un paradiso artificiale a nostra immagine e somiglianza. Amare qualcuno significa infine dargli anche uno statuto di realtà all’interno della nostra, il resto è monologo, bidimensionalità, forse immaginazione intensa e autarchica, ma non amore.
Gondry riesce comunque a rendersi efficace interprete del lato immaginifico della realtà affettiva e traccia un percorso che ogni spettatore può fare proprio, andandosi a mettere, nel fluire delle suggestioni più surreali e sensibili, sul proprio personale piano inclinato di ricordo e nostalgia. Un tuffo salubre verso il senso dimenticato delle cose.
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[+] bella
(di anonimo397120)
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skyros
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mercoledì 24 gennaio 2007
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love is dream is love
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Quanta confusuione nella testa di Stephane, poveretto non riesce a distinguere il sogno dalla realtà... eh si, lui si sfrza di autoconvincersi, "è solo chimica", ci svela perfino la formula alchemica per comporre un sogno... in televisione naturalmente, una televisione di cartone, perchè quella vera, quella che "ci fa il lavaggio del cervello nel week-end" è meglio buttarla nel fiume, si ma da un ponte, così farà un bello splash.... Geniale Michael Gondry, la sua poetica ruota attorno a pochi concetti, si dichiara surreale (sono le parole di Stephanie), fa il verso a René Clair e al primissimo Bunuel, ma tutto ha un senso e soprattutto una logica semplice: non è vero che a volte non si riesce a distinguere i sogni dalla realtà, a volte non si vuole.
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Quanta confusuione nella testa di Stephane, poveretto non riesce a distinguere il sogno dalla realtà... eh si, lui si sfrza di autoconvincersi, "è solo chimica", ci svela perfino la formula alchemica per comporre un sogno... in televisione naturalmente, una televisione di cartone, perchè quella vera, quella che "ci fa il lavaggio del cervello nel week-end" è meglio buttarla nel fiume, si ma da un ponte, così farà un bello splash.... Geniale Michael Gondry, la sua poetica ruota attorno a pochi concetti, si dichiara surreale (sono le parole di Stephanie), fa il verso a René Clair e al primissimo Bunuel, ma tutto ha un senso e soprattutto una logica semplice: non è vero che a volte non si riesce a distinguere i sogni dalla realtà, a volte non si vuole... e quando la verità fa troppo male basta chiudere gli occhi, il cavallo di pezza sarà di dimensioni reali e...
Michael Gondry è disilluso in amore, ce lo diceva in Eternal sunshine e lo ribadisce qui: per incomprensioni, per stanchezza o semplicemente per non coincidenza di sentimenti, si è destinati a soffrire.
Non bastano dispositivi per cancellare la memoria, macchine del tempo o quant'altro, il patema d'animo è dietro l'angolo... non resta che fuggire nel sogno.
Originale oltre ogni limite nei video dei Daft Punk, Bijork, Foo Fighters, Massive Attack, negli spot(Levi's), Gondry che è riuscito a farci piangere con Eternal sunshine, con L'arte del sogno(in originale "Sciense of sleep" ben sottolinea che Stephane si rifugia nel sonno-sogno e che quindi il suo amore è in realtà solo un volo pindarico)ci fà sganasciare dalle risate!! Altro che "Manuale d'amore 2"... eh si caro Veronesi, non ti offendere, non solo la critica "stronca" il tuo film... lo faccio anch'io...quanto è lontano il tuo Zio bello!! Consigliato "L'arte del sogno"!! http://skyros.blog.kataweb.it
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(di alvy)
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marco
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mercoledì 21 febbraio 2007
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da sogno!
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Una scatola di cartone può trasformarsi in una metropoli in movimento o in una telecamera che riprende l'emittente privata del nostro ego.
Un bellissimo film,incorniciato da un regista molto bravo e da attori in splendida forma,che rendono la storia romantica reale e, al tempo stesso, surreale.
Un film d'altri tempi, che chi è incatenato nella vita moderna, potrà non apprezzare, come si può non apprezzare la creazione di un quadro astratto, che da uno sbuffo di colore, sa riempire la tela con fontane di luce sfavillanti.
In parole povere, l'arte del sogno, è un film per intenditori, che chiedono alla pellicola di farli rilassare, divertire, emozionare e naturalmente sognare... ma con tanta intelligenza.
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Una scatola di cartone può trasformarsi in una metropoli in movimento o in una telecamera che riprende l'emittente privata del nostro ego.
Un bellissimo film,incorniciato da un regista molto bravo e da attori in splendida forma,che rendono la storia romantica reale e, al tempo stesso, surreale.
Un film d'altri tempi, che chi è incatenato nella vita moderna, potrà non apprezzare, come si può non apprezzare la creazione di un quadro astratto, che da uno sbuffo di colore, sa riempire la tela con fontane di luce sfavillanti.
In parole povere, l'arte del sogno, è un film per intenditori, che chiedono alla pellicola di farli rilassare, divertire, emozionare e naturalmente sognare... ma con tanta intelligenza.
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piernelweb
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domenica 27 maggio 2007
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l'arte del cinema
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Michel Gondry torna in Europa a dirigere il suo nuovo film intimamente connesso e conseguente all'amatissimo "Se mi lasci ti cancello". Il successo concede maggiore libertà all'autore che ne aprofitta a piene mani: libero spazio alla fantasia e alle invenzioni visive materializzate perlopiù in cartapesta senza uso del digitale. Il film è surreale, originale, a tratti molto divertente e si avvale della buona interpretazione dei due interpreti principali. Come nel suo lavoro precedente Gondry incentra il racconto sulle autocomplicazioni dell'amore, puro ma frenato dai mille risvolti del quotidiano, dalle non amissioni e dai fraintendimenti che si accavallano fra sogno e realtà. "Un film felice sull'infelicità e su quello che si affolla intorno a noi quando stiamo per addormentarci(E.
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Michel Gondry torna in Europa a dirigere il suo nuovo film intimamente connesso e conseguente all'amatissimo "Se mi lasci ti cancello". Il successo concede maggiore libertà all'autore che ne aprofitta a piene mani: libero spazio alla fantasia e alle invenzioni visive materializzate perlopiù in cartapesta senza uso del digitale. Il film è surreale, originale, a tratti molto divertente e si avvale della buona interpretazione dei due interpreti principali. Come nel suo lavoro precedente Gondry incentra il racconto sulle autocomplicazioni dell'amore, puro ma frenato dai mille risvolti del quotidiano, dalle non amissioni e dai fraintendimenti che si accavallano fra sogno e realtà. "Un film felice sull'infelicità e su quello che si affolla intorno a noi quando stiamo per addormentarci(E. Martini)" che concede le sue cose migliori nella bizzara rappresentazione dei dettagli, attraverso tutta quella miriade di oggetti buffi e di invenzioni insignificanti che tutti quanti noi vorremmo possedere.
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darjus
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mercoledì 11 aprile 2007
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l'insano rapporto regista-attore
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Il rapporto regista-personaggio/attore non è mai agevole. Qui Gondry costruisce una favola amara sul rapporto fantasia-sogno versus realtà-rigidità e l’affida al buon Bernal/Stephane, come incarnazione della prima coppia, contrapposta alla seconda. Tuttavia, un po’ per confondere le acque, che sarebbero troppo chete, e un po’ per incapacità di dominare la materia, Gondry sfaccetta la caratterizzazione del suo personaggio: 1. un viziato ed eterno bambino, borghese e capriccioso; 2. uno schizofrenico, con evidenti problemi relazionali, verso il quale avere pena; 3. un meraviglioso sognatore, creativo e poeta. Ma la plusvalenza di Stephane, invece di essere un pregio, diventa un limite, nel momento in cui ogni altra scena od episodio del film è volto a sostenere, in modo didascalico e compiaciuto, la tesi del “sognatore contro la grigia realtà”.
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Il rapporto regista-personaggio/attore non è mai agevole. Qui Gondry costruisce una favola amara sul rapporto fantasia-sogno versus realtà-rigidità e l’affida al buon Bernal/Stephane, come incarnazione della prima coppia, contrapposta alla seconda. Tuttavia, un po’ per confondere le acque, che sarebbero troppo chete, e un po’ per incapacità di dominare la materia, Gondry sfaccetta la caratterizzazione del suo personaggio: 1. un viziato ed eterno bambino, borghese e capriccioso; 2. uno schizofrenico, con evidenti problemi relazionali, verso il quale avere pena; 3. un meraviglioso sognatore, creativo e poeta. Ma la plusvalenza di Stephane, invece di essere un pregio, diventa un limite, nel momento in cui ogni altra scena od episodio del film è volto a sostenere, in modo didascalico e compiaciuto, la tesi del “sognatore contro la grigia realtà”. Gondry viene dai video-clip musicali e si vede: tutto è accattivante e giovanilistico, ritmato o gradevole, ma, in fondo, superficiale. L’idea, poetica e affascinante, del conflitto sogno/realtà e dell’incomunicabilità tra creativi, che ispira tutto il film e lo rende a tratti piacevole, viene tradita da un’eccessiva linearità di intenti che stonano con il concetto decantato e con lo stile visionario. A tal proposito, splendide le coreografie e gli effetti speciali «poveri», ma sono molti i debiti con la poetica di Tim Burton. **
http://lemierecensioni.blog.tiscali.it/
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davidestanzione
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venerdì 9 luglio 2010
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e la nave gondriana va, straniante e accattivante
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A seguito del suo ingombrante, deliberatamente struggente e subitaneo capolavoro "Eternal Sunshine of the Spotless Mind" (mi rifiuto di citare il titolo italiano..), Gondry satura la propria estetica onirico-visionaria, sublima, reinventa, legittimizza i suoi stessi... stereotipi di narrazione e di ricerca visiva (il film con Jim Carrey e Kate Winslet era sperimentalein modo diverso, più al servizio di un plot romandecadente, e il tocco di Gondry risultava meno straniante ma più avviluppante in termini di commozione), confeziona un film solo lievemente sfumato di un umorismo peraltro congelato&caustico (Gondry avrà poi modo di sguinzagliare la sua vena surrealdivertissement in "Be Kind Rewind") ma, paradossalmente, realizza anche il suo manifesto poetico più autobiograficamente (perché no?) esemplificativo, un racconto di formazione malcelatamente fiabesco dalla plurale, fantasiosa e poliespressiva creatività:lo Stephane di Gael Garcìa Bernal illustra in un fantomatico dreamstudio la ideale protoricetta dei sogni, si abbondona a flashback (schizzati di oleoso rosso sangue sullo schermo) in cui rivisita un concerto di Duke Ellington "vissuto" insieme al padre, dorme nel letto della sua infanzia, ripercorre con la memoria il ricorrente incubo adolescenziale delle mani "grosse come delle case" onnipresente nei suoi rapid eye movement, si imbatte in un rasoio iperallucinato che incrementa anziché ridurre la peluria facciale del suo capo (emblema di un universo gondriano "radicalsovvertito"), volteggia nei cieli plumbei di una città cartonata e "animata" in senso classico (leggasi stopmotion), appende quadri al volo, "simula" la gestualità dello scoparsi la segretaria, discute con le vicine di monoculari e stereoscopici inventori di 3D (similprofano l'accostamento beethoveniano) e (non ultimo) finisce con l'innamorarsi della sua sua vicina di casa (Charlotte Gainsbourg), disgraziatamente non ricambiato.
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A seguito del suo ingombrante, deliberatamente struggente e subitaneo capolavoro "Eternal Sunshine of the Spotless Mind" (mi rifiuto di citare il titolo italiano..), Gondry satura la propria estetica onirico-visionaria, sublima, reinventa, legittimizza i suoi stessi... stereotipi di narrazione e di ricerca visiva (il film con Jim Carrey e Kate Winslet era sperimentalein modo diverso, più al servizio di un plot romandecadente, e il tocco di Gondry risultava meno straniante ma più avviluppante in termini di commozione), confeziona un film solo lievemente sfumato di un umorismo peraltro congelato&caustico (Gondry avrà poi modo di sguinzagliare la sua vena surrealdivertissement in "Be Kind Rewind") ma, paradossalmente, realizza anche il suo manifesto poetico più autobiograficamente (perché no?) esemplificativo, un racconto di formazione malcelatamente fiabesco dalla plurale, fantasiosa e poliespressiva creatività:lo Stephane di Gael Garcìa Bernal illustra in un fantomatico dreamstudio la ideale protoricetta dei sogni, si abbondona a flashback (schizzati di oleoso rosso sangue sullo schermo) in cui rivisita un concerto di Duke Ellington "vissuto" insieme al padre, dorme nel letto della sua infanzia, ripercorre con la memoria il ricorrente incubo adolescenziale delle mani "grosse come delle case" onnipresente nei suoi rapid eye movement, si imbatte in un rasoio iperallucinato che incrementa anziché ridurre la peluria facciale del suo capo (emblema di un universo gondriano "radicalsovvertito"), volteggia nei cieli plumbei di una città cartonata e "animata" in senso classico (leggasi stopmotion), appende quadri al volo, "simula" la gestualità dello scoparsi la segretaria, discute con le vicine di monoculari e stereoscopici inventori di 3D (similprofano l'accostamento beethoveniano) e (non ultimo) finisce con l'innamorarsi della sua sua vicina di casa (Charlotte Gainsbourg), disgraziatamente non ricambiato. L'apparenza era ben diversa, il loro rapporto sembrava molto la classica, linfatica storia d'amore avviluppante tra creativi, ma Gondry si diverte (?..o si tratta della sua stessa visione ontologica del "vivibile"??) a mescolare realtà e irrealtà, fisica ludico-creativa (acquifera) e metafisica in cellophane. Romanticismo caustico e impalpabile, che si rifugia nella surrealtà, che sbrindella i consequenziali effetti di un bidonameto rifuggendo la sofferenza, annenongandone il pallido surrogato in una beatizzazione onirica proiettata verso la reinvenzione del reale. Fuga dalla vita, fuga dalla realtà. E, alla fine, la nave gondriana va, straniante e accattivante.
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luca scialo
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venerdì 5 giugno 2020
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tra amelie e jim carrey
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Dopo il discreto successo riscontrato con Se mi lasci ti cancello, storia molto originale sull'oblio dei sentimenti, Michel Gondry prova a bissare con una pellicola sempre incentrata su quel magico labirinto, ancora non del tutto esplorato dalla scienza, che è la mente umana. Il tema questa volta non è l'oblio, ma il sogno. Di fatti, rispetto alla precedente pellicola, i colori e lo stile sono più fiabeschi, ludici. Che prendono il posto di quello più cupo e melancolico. Un inno alla voglia di restare sempre bambini, risposta più fantasiosa all'inevitabile incedere nel tempo. Affrontato in modo rassegnato nell'altro film. Stephane, dopo la separazione dei genitori quando era ancora bambino, aveva deciso di lasciare Parigi per seguire il padre in Messico.
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Dopo il discreto successo riscontrato con Se mi lasci ti cancello, storia molto originale sull'oblio dei sentimenti, Michel Gondry prova a bissare con una pellicola sempre incentrata su quel magico labirinto, ancora non del tutto esplorato dalla scienza, che è la mente umana. Il tema questa volta non è l'oblio, ma il sogno. Di fatti, rispetto alla precedente pellicola, i colori e lo stile sono più fiabeschi, ludici. Che prendono il posto di quello più cupo e melancolico. Un inno alla voglia di restare sempre bambini, risposta più fantasiosa all'inevitabile incedere nel tempo. Affrontato in modo rassegnato nell'altro film. Stephane, dopo la separazione dei genitori quando era ancora bambino, aveva deciso di lasciare Parigi per seguire il padre in Messico. Ma con la sua morte, ritorna dalla madre a Parigi, la quale gli trova subito un impiego. Presentato astutamente in modo troppo enfatico, ma nella realtà si tratta di fare il creativo di una agenzia che crea calendari. Per fuggire alla monotonia della vita quotidiana, Stephane (Gael García Bernal) si perde in un suo mondo fatto di sogni e fantasia. E allo stesso modo affronta anche i respingimenti della sua vicina di casa, Stephanie (Charlotte Gainsbourg). Anch'ella molto fantasiosa e creativa, della quale è perdutamente innamorato. Il film si pone a metà tra Il fantastico mondo di Amelie, uscito nel 2001, e Se mi lasci ti cancello. Del primo ha ereditato il rifuggire dalla realtà in un modo parallelo immaginato da noi. Del secondo eredita il tema dell'amore non corrisposto, affrontato però in modo fantasioso.
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