Il siero della vanità

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Un film di Alex Infascelli. Con Francesca Neri, Margherita Buy, Valerio Mastandrea, Barbora Bobulova, Marco Giallini.
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Thriller, durata 92 min. - Italia 2004. - 01 Distribution uscita venerdì 16 aprile 2004. MYMONETRO Il siero della vanità * * 1/2 - - valutazione media: 2,59 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Franco Montini

La Repubblica

Non è l’ennesimo film «sulla» televisione. E neppure «contro» la televisione, anche se i protagonisti sono ispirati a modelli noti e facilmente riconoscibili. Secondo il suo autore, Il siero della vanità è il primo film «dentro» la televisione. «Raccontando questo mondo», spiega Alex Infascelli, «mi sono convinto che la maniera più onesta fosse quella di entrarci, di sporcarsi, ovvero realizzare un film utilizzando non solo i personaggi, ma anche i colori, gli stereotipi, il linguaggio, i generi tipici del piccolo schermo».
Proprio per questo il film, che racconta la misteriosa sparizione dl una serie dl volti familiari della tv e la relativa indagine, svolta da una poliziotta tosta e coraggiosa, mescola molte e diverse atmosfere ed è difficilmente identificabile in un genere. è insieme un thriller e un horror.
Un giallo, dove non è tanto importante scoprire chi è il colpevole, ma piuttosto il perché e il come. Ed è anche una commedia grottesca, un melodramma sui modello soap opera, un talk show e una telenovela. «Sapevo di rischiare il blob cinematografico», commenta il regista di Almost Blue, un horror molto apprezzato dal pubblico e vincitore del David di Donatello «ma contrariamente al mio primo film, dove l’estetica era il contenuto, in questo caso la forza del film sta in quella del racconto, che mi ha permesso di sconfinare disordinatamente un po’in tutti i generi».
Del resto fin da bambino Alex Infascelli si divertiva a giocare con la moviola, montando insieme gli scarti dei film più diversi prodotti dal padre Roberto, figlio a sua volta di Carlo, mitica figura di cineasta creativo e disordinato, patriarca di una numerosa dinastia cinematografica, celebrato dalla figlia Fiorella, la zia di Alex, nel film Zuppa di pesce. E tuttavia, superati i giochi infantili, per un lungo periodo Alex ave-
va pensato che sarebbe diventato un musicista. «Per questo», ricorda, «negli anni Ottanta, mi sono trasferito a New York. Poi per mantenermi, ho fatto l’assistente di produzione per videoclip e, a quel punto, tornando a respirare l’aria del set, ho sentito il richiamo della foresta e ho capito che la mia vera vocazione era il cinema».
Tornando al presente: come è nata l’idea del Siero della vanità? «Il soggetto è di Niccolò Ammaniti, con il quale sono cresciuto. Un giorno mi ha accennato a questa storia, che era ancora in fase di appunti disordinati. Insieme abbiamo creato tino scalettone, sul quale Antonio Manzìni ha poi costruito la sceneggiatura. All’inizio si era pensato ad un film alla Wes Craven, molto parodistico. Un po’alla volta, invece, è diventato un’altra cosa: un horror vacui sul nulla televisivo. Non è un film di denuncia, ma uno specchio, dove tutto l’orrore che emerge è assolutamente vero: non ho dovuto aggiungere nulla. Per certi versi la realtà televisiva è anche peggiore dl quello che è descritto nel mio film. La tv è diventata una sorta di mondo a parte, autoreferenziale che si autoriproduce».
La sorpresa maggiore di questo film è però forse l’interpretazione di Margherita Buy, alle prese con un personaggio diverso da quelli che incarna di solito: una poliziotta, una donna d’azione. «Credo che la prima a sorprendersi sia stata proprio Margherita. Quando le ho proposto il ruolo, mi ha subito detto di no: era convinta di non poterci riuscire. Le ho chiesto se, prima di darmi una risposta definitiva, mi permetteva di parlarle del personaggio. Ci siamo incontrati quattro, cinque volte e alla fine sono riuscito a convincerla che il commissario Lucia Allasco aveva molte affinità con il suo carattere: una certa timidezza, una forte emotività unita ad una grande determinazione. Insomma alla fine sono riuscito a convincerla. Confesso che come regista mi piace spingere gli attori ad avventurarsi in zone sconosciute. Del resto anche il ruolo di Azzurra, una miss Italia maggiorata e cocainomane, affidato a Barbora Bobulova è molto diverso dai personaggi evanescenti a cui l’attrice ci aveva abituato».
Molti dei protagonisti sembrano ispirati a personaggi della nostra tv. «È così. In alcuni casi il modello di riferimento è esplicito: lo psicologo Michele Benda (Marco Giallini) è modellato su Paolo Crepet. Il travestito Rocco Piccolo (Luis Molteni) rimanda a Platinette. In altri casi in uno stesso personaggio si sovrappongono più modelli: Sonia Norton (Francesca Neri) è un mix fra Raffaella Carrà e Maria De Filippi. La cantante Ester Bonanni (Maddalena Maggi) rimanda a Carmen Consoli, ma anche a Paola e Chiara. Credo che gli spettatori si divertiranno a risalire ai personaggi originali. Vorrei tuttavia precisare che ho scelto certi modelli non per denigrarli, ma per celebrarli. I personaggi della tv, nel bene e nel male, sono totem, appartengono all’immaginario collettivo ed io per primo, come spettatore, ne sono affascinato».
Da Il Venerdì di Repubblica, 16 aprile 2004


di Franco Montini, 16 aprile 2004

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