L'uomo che non c'era |
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Un film di Joel Coen.
Con Billy Bob Thornton, Frances McDormand, James Gandolfini, Michael Badalucco, Katherine Borowitz.
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Titolo originale The man who wasn't there.
Drammatico,
b/n
durata 116 min.
- USA 2001.
MYMONETRO
L'uomo che non c'era
valutazione media:
4,06
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un grande uomo (anche se non c'era)di Mario ContiFeedback: 0 |
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giovedì 12 luglio 2007 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Che un uomo aspiri all'invisibilità è cosa nota. Che l'invisibilità gli sia connaturata, come un vestito cui ci si affezioni e che si fa fatica a dismettere, è altra storia. Ma il disegno divino o naturale che rende un uomo riconoscibile soltanto dal fumo delle proprie sigarette non può durare, almeno non abbastanza da eludere le conseguenze di una semplice permanenza sulla Terra. Il barbiere ("guardate quest'uomo: è soltanto un barbiere") agisce perchè esiste ed agendo (pur nel silenzio: nessuno lo ha visto uccidere, nessuno lo riconosce nè può farlo, egli è solo un taglio ben fatto o un paio di forbici che fendono l'aria) inizia a disegnare le proprie coordinate esistenziali, il proprio destino che, beffardo, ne farà un uomo completo nel momento della fine. Non si può non provare simpatia, quasi amore, per quest'uomo. E' squallido e meschino come un brutto sogno diurno; odia le vite degli altri, il loro successo, la loro capacità di vincere le partite. Ed è solo, con il suo tabaco ed i monologhi interiori. E' anche discretamente stupido, talmente da non capire gli altrui inganni, e quei disegni della vita che, inevitabilmente, escludono i perdenti. Per un momento la ruota pare girare dalla sua, ma è un altro incubo al sole: neppure la confessione di un omicidio ne attenua l'invisibilità. Non resta che attendere l'appuntamento finale. E' allora che Ed sboccia, forse si riscatta per il giusto tempo di un lampo di elettricità, finalmente può guardare i capelli degli altri senza stanco interesse professionale: semplicemente con odio e definitiva indifferenza. Vogliamo chiamarla parabola esistenziale? Lo è ma è di più: è una disincantata riflessione sulle scelte dell'uomo, sul suo posto nella società. E' una una umoristica digressione sulla incapacità di trovare un posto a sedere nel luna-park di questo mondo e, al contempo, una drammatica constatazione della immutabilità delle cose. E'una gigantesca prova attoriale: Billy Bob Thornton non ha sorrisi, non ha espressioni; eppure fa impallidire le gigionerie di un qualunque George Clooney. E' il capolavoro assoluto dei fratelli Coen, sorretto da una sceneggiatura a prova di bomba, da una musica di tagliente e devastante efficacia, da una bellezza e nitidezza delle immagini che è raro trovare nell'attuale cinema. Bellezza e nitidezza che si stagliano senza un solo colpo ad effett, senza facili e spreconi effetti speciali, con la sola forza della riflessione filosofica. Viene da piangere a pensare a quanto cinema italiano si erga a dispensatore di massime esistenziali, senza avere al contempo la leggerezza di tocco di certo cinema americano. Meglio: di QUESTO cinema americano.
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