Vanità e affanni

   
   
   

l'eterno dramma umana

di figliounico


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mercoledì 15 febbraio 2023

Dopo la citazione di alcuni versi del Macbeth di Shakespeare, che introducono a questo film per la televisione del 1997, il sipario può alzarsi sull’eterna tragedia umana, che fu al centro della visione e dell’opera artistica dell’autore negli anni migliori della sua produzione cinematografica terminata nel 1982 con il capolavoro di Fanny e Alexander. I grandi temi di Bergman prendono corpo nei personaggi ricorrenti nei suoi film. Tra tutti, la morte, vestita da clown bianco di nome Rigmor, evidente acronimo di rigor mortis, conduce come sempre le danze, da Il settimo sigillo in poi, mostrando la sua essenza oscena in un rapporto sessuale in cui thanatos si dà a eros nella sequenza del coito sul letto d’ospedale. Sulle note del Der Leiermann, un folle, un attore che s’agita e pavoneggia, inscena la sua stessa vita, che, in un gioco di specchi, riflette quella di Schubert negli ultimi mesi della malattia prima della morte e dello stesso Bergman nel 1997 che in quello stesso manicomio fu ricoverato nel 1977. La storia, ambientata, nel 1925, nel primo tempo in un ospedale psichiatrico e nel secondo in un malandato teatrino di un piccolo villaggio assediato dalla tormenta, prende spunto da un’improbabile e stravagante invenzione di un tipo di cinema sonoro per mettere in scena il dramma universale dell’uomo. Sembra che la psicosi sia l’unica reazione possibile all’insensatezza dell’esistenza, la più logica e conseguente forma di ribellione, fino al suicidio, ma anche la meno praticata. Il tentativo fallito del cinema sonoro, a causa dell’incendio del quadro elettrico, trasforma la rappresentazione in teatrale ed il teatro nel cinema è un altro motivo ricorrente nei film di Bergman, dagli artisti girovaghi de’ Il settimo sigillo a Il flauto magico a Dopo la prova. Cadono le barriere tra attori e spettatori ed il pubblico diventa parte dell’azione, tutti nel comune rifugio al riparo dalle intemperie del cielo e lontani dall’orrendo mistero che assedia. Ma il rifugio non è sicuro e le fiamme, il terrore che incombe nel cuore di ognuno, minacciano dall’interno l’improvvisata comunità, divorano le anime mentre si stringono timorose le une alle altre distratte dalla melanconica e gioiosa canzone di Schubert che per un attimo sembra sopire le angosce, una breve tregua nel mare tempestoso di affanni in cui riecheggia il naufragar m'è dolce leopardiano della battuta finale.

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