La mia generazione è una pellicola introspettiva tutta fondata sul duo Orlando-Amendola.
Il primo interpreta un rigoroso capitano dei Carabinieri che si occupa di traduzioni di detenuti particolarmente pericolosi, tra cui i c.d. politici, mentre il secondo, Braccio, veste i panni di un ex terrorista, destinato a scontare una pena assai dura, pagando anche colpe di altri.
Lungo il viaggio di trasferimento da un carcere del Sud ad uno di Milano, dove Braccio dovrebbe incontrare l'ex fidanzata (Neri, la cui presenza nel film è quasi esornativa), i due personaggi si studiano a vicenda e, gradualmente, finiscono col darsi del "tu". A un certo punto della traduzione sale sull'autoblindo della Benemerita un carcerato comune, che è costretto a disfarsi di una pistola cedendola al politico. E' ora, in medias res, che lo spettatore inizia ad aspettarsi un colpo di scena basato su questa pistola che passa di mano, ma che non viene mai usata, nè dal comune nè dal politico.
Il vero colpo di scena consiste, piuttosto, in ciò: scopo del film è quello di mostrare le diverse, ma nel contempo simili, personalità del capitano e di Braccio, in un'interessante indagine psicologica, valorizzata da reiterati primi piani dei volti e dallo svolgersi delle scene in ambientazioni cupe e buie (il carcere, il furgone blindato, la notte). Entrambi i protagonisti sono agli ordini, rispettivamente, dello Stato e dell'organizzazione sovversiva; entrambi sono inflessibili servitori delle loro cause. E forse per questo, dunque, scoprono di avere qualcosa in comune, pur da irriducibili avversari.
Così, anche quando infine il capitano rivela il piano finalizzato alla collaborazione del terrorista con un colonnello dei CC (una sorta di generale Dalla Chiesa), Braccio non se la sente di svelare chi avrebbe sparato nell'omicidio per cui è stato condannato e chi avrebbe le armi. Egli è un dissociato, non un pentito. Si autoaccusa, ma non coinvolge altri. Ma soprattutto comprende che la sua generazione è ormai fuori tempo massimo. Sintomatico, a questo proposito, è il filmato senza sonoro dei bei tempi, che l'ex di Braccio guarda nostalgicamente: come se la sua generazione non avesse più nulla da dire o non fosse più nelle condizioni di dire la propria.
La fidanzata del terrorista ormai sta con un altro; un suo ex compagno di lotta è un insegnante; e Braccio è in carcere. Egli, però, non si vende, come invece fa una prostituta con cui ha la possibilità di andare grazie alla generosità pelosa del capitano e dei suoi sottoposti.
Braccio non cede, nonostante il fatto che "la democrazia ha vinto", come sottolinea enfaticamente il capitano, invogliandolo al pentimento.
Nell'atteggiamento di Braccio c'è pertanto tutta la rassegnazione di chi ha capito che, se collaborasse, potrebbe sì cambiare la sua condizione individuale, ma non certo quella di una generazione intera e di un'illusione rivoluzionaria armata tramontata miseramente, ma per la quale ha speso la sua vita.
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