Anno | 1996 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Durata | 95 minuti |
Regia di | Wilma Labate |
Attori | Francesca Neri, Silvio Orlando, Claudio Amendola, Arnaldo Ninchi, Anna Melato Giorgio Gobbi, Mauro Marchese, Raffaele Vannoli, Vincenzo Peluso, Stefano Accorsi, Hossein Taheri. |
Uscita | giovedì 12 settembre 1996 |
Distribuzione | Warner Bros Italia |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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1983. Braccio (Amendola), detenuto politico (è stato terrorista) viene portato dalla Sicilia a Milano da un capitano dei carabinieri (Orlando). Gli so... In Italia al Box Office La mia generazione ha incassato 491 mila euro .
CONSIGLIATO NÌ
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1983. Braccio (Amendola), detenuto politico (è stato terrorista) viene portato dalla Sicilia a Milano da un capitano dei carabinieri (Orlando). Gli sono stati concessi dei colloqui con la sua ragazza. Durante il viaggio il capitano si mostra gentile, aperto, dalla sua parte. Arrivati quasi a destinazione l'ufficiale getta la maschera. Era tutto un trucco, il detenuto potrà avere dei privilegi, e forse presto la libertà, se parlerà e denuncerà un suo compagno latitante, probabilmente assassino di un poliziotto. Braccio rifiuta. Film perfetto nel nuovo panorama italiano: cupo, buio, triste e pessimista. Argomenti che forse hanno fatto il loro tempo. Ne esce l'istantanea di un'Italia senza speranza che sembra un ex paese dell'est. In questo contesto non può naturalmente mancare l'onnipresente Orlando. Certo, strutturalmente il film è abbastanza corretto. Con una menzione per Vincenzo Peluso ( I buchi neri), bravissimo nel ruolo di un estroverso detenuto napoletano.
La mia generazione è una pellicola introspettiva tutta fondata sul duo Orlando-Amendola. Il primo interpreta un rigoroso capitano dei Carabinieri che si occupa di traduzioni di detenuti particolarmente pericolosi, tra cui i c.d. politici, mentre il secondo, Braccio, veste i panni di un ex terrorista, destinato a scontare una pena assai dura, pagando anche colpe di altri.
C’è chi si limita ad sfruttare questo motto per portare a termine la sua “missione” di convincere un ex-terrorista a fare il nome del suo complice e ritrovare armi nascoste; c’è invece chi lo vive, il motto, cercando di ritrovare prima o poi un equilibrio psicologico sottoposto ad un attentato non meno cruento, anche senza spargimento di sangue reale.