L'industriale |
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Un film di Giuliano Montaldo.
Con Pierfrancesco Favino, Carolina Crescentini, Eduard Gabia, Elena Di Cioccio, Elisabetta Piccolomini.
continua»
Drammatico,
durata 94 min.
- Italia 2011.
- 01 Distribution
uscita venerdì 13 gennaio 2012.
MYMONETRO
L'industriale
valutazione media:
2,96
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Le luci della ribalta di una società vuotadi Salvatore ScagliaFeedback: 2256 | altri commenti e recensioni di Salvatore Scaglia |
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lunedì 16 luglio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Bel film, volutamente girato da Montaldo quasi in toni da bianco e nero, in una ripetuta alternanza tra la luce del giorno (quello del lavoro in fabbrica di Ranieri, con il suo pervicace tentativo di salvataggio della sua azienda) ed il buio della notte (quella dei presunti tradimenti di Laura, degli inseguimenti e degli appostamenti di lui). Ma persino la luce del giorno ha un che di cupo, metafora dell'oscurità che attraversa l'intera pellicola, a significare la crisi non solo economica, ma anche morale della nostra epoca. Il protagonista (Favino) si affanna nell'orgogliosa ricerca di soluzioni dignitose: rifiuta l'insistente aiuto della suocera e della moglie - Crescentini -, ma si vede chiuse le porte in faccia da banche e finanziarie. Fino a quando, alla fine, con un colpo di genio recitatorio, pare averla avuta vinta sui tedeschi, interessati a rilevare solo una quota minoritaria dell'impresa. A questo punto un sorriso spontaneo prende lo spettatore, convinto che l'onesto atteggiamento di Ranieri, di ripulsa di qualsiasi compromesso, abbia trionfato. Ma nello scorcio della pellicola, la scena è completamente capovolta e chi guarda viene assalito dall'amarezza. Il finale, pur nel buio, illumina tutta l'opera: l'imprenditore che tenta di resistere alle lusinghe delle vie di mezzo, che un po' tutti gli suggeriscono, si ritrova addirittura omicida preterintenzionale: a dover scegliere tra le luci della ribalta, dei lampadari della festa in cui ipocritamente si agitano i comprimari di una società che ha la stessa consistenza etica e spirituale del vuoto, e le luci, che si intravedono a distanza, dei lampeggianti delle macchine della Polizia, venute a scortare i vip e forse a prelevare il protagonista. Che, kafkianamente, è, sì, responsabile dell'uccisione accidentale del damerino rumeno della moglie, ma che non è più colpevole degli altri, festanti, essendo rimasto vittima dei meccanismi di quello stesso mondo rispetto al quale intendeva distinguersi.
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