Ninuzzo, inquieto diciassettenne di una famiglia della buona borghesia catanese, è diviso tra l'avversione per la relazione della piacente madre vedova con lo zio paterno e il morboso rapporto edipico che lo lega alla disinibita zia Cettina. Finirà per deflorare e sposare la ingenua e acerba cugina Giulietta.
Ancora una volta alle prese con un soggetto di matrice letteraria, Bolognini imbastisce questa ricostruzione delle torbide passioni che animano i rapporti di una famiglia catanese della buona borghesia degli anni '60, facendo ricorso ad un registro che ambisce allo psicodramma senza tuttavia discostarsi molto dalle convenzioni e dalle atmosfere del più greve e pruriginoso melodramma. Interessante più come esercizio di stile, è apprezzabile sul piano illustrativo (una città ed un ceto sociale che celano, dietro la facciata rispettabile e austera di rituali religiosi, un torbido intreccio di passioni e pulsioni e di biechi interessi economici) e meno su quello di una credibile analisi sociale e psicologica, allorchè abbozza i contorni di figure convenzionali più prossime alla logica artificiosa del melodramma d'appendice che ad una sia pur approssimata rispondenza a caratteri naturali.
Di questo difetto di fondo nella scrittura risente molto la irrilevanza di uno sviluppo narrativo che segue le trame contorte di una malsana passione edipica (una Lollo già attempata,benchè ancora piacente, che seduce l'adolescente e inquieto Ninuzzo, sembra il prototipo un pò risibile della 'Malizia' di Samperi in una singolare coincidenza onomastica e di ambientazione) e una imperdonabile leggerezza nella definizione di rapporti psicologici più spesso evocati che veramente descritti, restituendo il senso complessivo di un mosaico cui manchino all'appello diversi tasselli fondamentali (i rapporti tra i numerosi parenti appaiono confusi nelle modalità e nelle motivazioni e non privi di incongruenze logiche, come pure la rilevanza di alcuni personaggi principali: la figura della bella vedova che si consola da subito con il cognato-amante o il rapporto cinico e perverso tra la disinvolta zietta con il marito imprenditore felice e cornuto). Si fa perfino riferimento all'incombenza di una presunta mentalità mafiosa senza contestualizzare credibilmente questi elementi in riferimento alle conseguenze sociali o psicologiche ma semplicemente come puro pretesto di una astratta oleografia regionalistica. Appare rilevante invece il contributo tecnico dell'autore nell'utilizzo degli specchi come singolare elaborazione ('in interno') del controcampo laddove si coglie o percepisce il riflesso di una realtà celata e indicibile; una interessante teoria figurativa del 'limite costitutivo del desiderio' (passionale o erotico) già meglio sperimentato nell'amplesso tra Perrin e la Schiaffino ne 'La corruzione' del 1963. Attori scialbi ed inespressivi salvo un Ferzetti insolitamente sornione e sopra le righe ed una Lollo, stucchevole lolita di mezza età, più irritante che arrapante. Documento di costume di dubbio valore artistico. Trascurabile.
[+] lascia un commento a gianleo67 »
[ - ] lascia un commento a gianleo67 »
|