Titolo originale | My Father and The Man in Black |
Anno | 2012 |
Genere | Documentario |
Produzione | Canada |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Jonathan Holiff |
Attori | Johnny Cash, Saul Holiff, June Carter Cash, Gary Holiff, David Disher, Joshua Robinson Dan Champagne, Norman Singer, Elli Hollands, Jonathan Holiff, Alino Giraldi, Robert Skanes, Trevor Juras, Brent Crawford, Llyane Stanfield, Stephanie Crosby, Dawn Sadler, Nick Smyth, Nick Harauz, David Shuken, Rob Boitor. |
Tag | Da vedere 2012 |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 14 novembre 2012
Il documentario racconta il rapporto tra Johnny Cash e il suo problematico manager Saul Holiff, padre del regista.
CONSIGLIATO SÌ
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Nessun funerale, nessun parente. Nessun biglietto per il figlio. Il documentario di Jonathan Holiff inizia dalla fine dell'esistenza di suo padre, il signor Saul, storico manager personale del cantautore americano Johnny Cash. È dal momento in cui il padre si suicida che il regista cerca di scoprire l'identità di un uomo criptico, troppo severo e da tempo odiato e messo da parte. La telefonata di un giornalista, l'uscita in sala di Quando l'amore brucia l'anima e l'obbligata decisione di aprire le scatole dell'immenso archivio di Saul sono le prime tre tappe di un appassionato viaggio a ritroso; alla ricerca di un padre che non c'è mai stato e di un'ombra a cui dare responsabilità e concedere riconoscenze.
Jonathan Holiff, per immergersi nel suo passato, parte dalla fine. Personalizza il ritrovamento di freddi articoli di giornale, di foto scolorite e vecchi video di concerti. Tutto ciò che è stato pubblico e sotto i riflettori, sia per il 'bad-boy' Johnny che per il disciplinatissimo Saul, diventa oggetto di una riflessione intima e privata. Johnny era confuso, egocentrico, geniale, mentre Saul era il suo esatto contrario, rigoroso, ordinato, perfetto. Il film racconta l'immagine esteriore dei due personaggi, quella legata alla carriera nel mondo dello spettacolo, ma poi va a fondo in quella nascosta delle tensioni familiari e domestiche. Il risultato è un ritratto appassionato di due figure legate da un'amicizia solida(le), in un primo momento burrascosa e fragile, poi indissolubilmente potente e necessaria. Holiff sceglie però di tralasciare volontariamente il valore musicale di Cash: note, testi e melodie rimangono sullo sfondo per lasciare spazio alla storia di un figlio che, inconsapevolmente come il padre - che lui chiama sempre e solo Saul - riserva inguaribili sospetti nei confronti della parola 'amore'; un affetto che non ha mai ricevuto e di cui, ancora oggi, da adulto, fatica a riconoscerne il valore.
Il punto di vista rimane, rigorosamente dall'inizio alla fine, quello di Jonathan; è il suo sguardo a coinvolgere lo spettatore nel mondo di Johnny e Saul. Ed è in questa tensione che il documentario dimostra il suo valore. Pezzo dopo pezzo, seguendo la cronologia dei fatti, il film pone l'accento sulle potenzialità di una confessione, inattesa e postuma (una vera e propria sorpresa finale), e su come l'ammissione delle proprie debolezze riesca a sopire i rancori di una vita intera. E a far chiamare 'padre' un uomo che si è sempre creduto di odiare.