Il profondo desiderio degli Dei

Film 1968 | Drammatico 172 min.

Regia di Shôhei Imamura. Un film Da vedere 1968 con Kazuo Kitamura, Rentaro Mikuni, Chôichirô Kawarasaki, Yoshi Kato. Genere Drammatico - Giappone, 1968, durata 172 minuti. - MYmonetro 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento lunedì 27 settembre 2010

Consigliato sì!
3,25/5
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
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Trailer
La presenza del divino nella misteriosa isola di Kurage, dove le leggi degli uomini perdono di senso.
Recensione di Emanuele Sacchi
Recensione di Emanuele Sacchi

Nell'isola di Kurage si praticano ancora culti animisti e la sola risorsa è rappresentata dalla coltivazione della canna da zucchero, specie dopo che un masso ha misteriosamente ostruito la falda acquifera. Ad essere accusati più o meno apertamente di aver causato la maledizione e scatenato l'ira degli dei sono i Futori, famiglia dalle bizzarre abitudini, con sospetto di praticare l'incesto. L'arrivo dell'ingegner Kariya dovrebbe avviare i lavori di un impianto idrico che dia inizio alla modernizzazione dell'isola.
Costato sforzi produttivi andati al di là delle previsioni e conclusisi in un insuccesso tale da allontanare Imamura dalla macchina da presa per diversi anni, Il profondo desiderio degli dei è una delle opere chiave per comprendere la poetica dell'ex-allievo di Ozu Yasujiro (con cui peraltro Imamura non ha mai fatto mistero di condividere ben poco in termini di stile e intenti). Uscito nel 1968 - e verrebbe da dire non poteva essere altrimenti - durante l'epoca aurea della compagnia di produzione Nikkatsu, si tratta di una visione di potenza difficilmente eguagliabile in cui confluiscono diverse tematiche care all'autore, ansioso di porre nell'immaginaria isola di Kurage il proscenio della sua riflessione sull'uomo e sui suoi istinti, repressi dagli artifici di una società accecata dalla logica del profitto.
I Futori sono una famiglia di reietti, dediti a pratiche ben più che discutibili moralmente, ma la distanza che li separa dal divino sembra essere molto minore rispetto agli altri esseri umani, che hanno nei beni materiali l'unico nume tutelare a cui affidarsi. Che Kurage sia un luogo sui generis lo lascia intendere già il canto di un aedo, un invalido barbone improvvisamente tinto di rosso e verde dai riflessi di un sole surreale e ammantato da un'aura di solenne vaticinio. Il paria assurge a guida spirituale in un contesto che si pone al di fuori non solo della modernità, ma di tutto ciò che è negazione della natura divina, che - per tradizione non solo orientale (basti pensare alla mitologia greca) - concepisce anche l'incesto tra i possibili strumenti di riproduzione e/o di compimento dell'imperscrutabile disegno divino. Ecco che i punti fermi del buonsenso su cui si fonda la società degli uomini si trovano ribaltati, esattamente come ad essere capovolta è la suddivisione in caste (più o meno visibili), stabilita in base a criteri svuotati di senso come onore e rispettabilità.
L'uomo-dio non riesce a penetrare i segreti dell'isola (e a farsi dio) finché la razionalità non si confronta con l'inesplicabile potere della natura e si piega alla sua volontà. Finché non sia abbattuta ogni possibile barriera in favore di quel che sentimenti e natura sembrano gridarci, tra il gracidio di una raganella e il rimbombo di un tuono.

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RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
sabato 7 luglio 2012
Paolo Pacitti

Imamura è un autore che si è mosso alla ricerca del recupero di un'anima nipponica. Sotto le forme della vita moderna e razionale, secondo l'autore, sopravvivono leggi e fedi oscure in cui la civiltà deve rigenerarsi attraverso il recupero di una coscienza mitica irrazionale e di una naturalità ancestrale. In un Giappone moderno di cui ha descritto l'alienazione [...] Vai alla recensione »

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