Bas-fonds

Birra, film porno e cibo in scatola. La vita di Megalie è rinchiusa fra quelle necessità che rispondono alle esigenze più animali di un essere umano. Nel lurido appartamento dove abita assieme alla giovane sorella Marie-Steph e all'amante Barbara, Meg si comporta come un boss prevaricatore e arrogante: sfrutta la compagna per racimolare qualche soldo e soggioga la più piccola, umiliandola ad ogni occasione. Senza un lavoro, né un interesse, la noia prende il sopravvento e le tre decidono di uscire di casa in cerca di emozioni e adrenalina. Entrano in una panetteria e, dopo aver ribaltato gli scaffali e rotto le vetrine, prendono un fucile per spaventare il proprietario. Parte un colpo e l'uomo muore. Pochi secondi drammatici che cambieranno radicalmente le loro esistenze.
Decidere di guardare con occhi attenti il mondo dei reietti, decentrati dalla società - apparentemente - civile, è già di per sé una scelta ammirevole. Raccontarla con lucidità e renderla accessibile a tutti è una missione ancora più ardua perché, per comprendere chi sta ai bordi di tutto, bisogna affrontare e superare i limiti di pregiudizi e stereotipi. L'operazione non è semplice e lo capiamo dalle prime scene del film; raccapriccianti e insopportabili ad un primo sguardo, diventano solo più tardi il colore di un quadro riconoscibile, per quanto spaventoso e difficile da accettare. La struttura del film di Isild Le Besco segue quei tormenti e sceglie un andamento narrativo discontinuo: nella prima parte del racconto il filo della storia segue cronologicamente il corso delle cose, quasi a dire che la vita delle ragazze, anche se basata su valori insani, ha un suo personale equilibrio dove azione e tempo coincidono. Poi sopraggiunge il punto di non ritorno, la violenza estrema, e anche l'evoluzione dell'intreccio si spezza. Salmi e inni cattolici interrompono la diegesi del film, così come la voce dei genitori delle protagoniste (invisibili agli occhi dello spettatore, quasi a sottolineare la loro assenza di educatori) cercano di spiegare, con imbarazzo, i motivi del degrado spirituale delle figlie. Elissi, rimandi e flashback si inseriscono nella trama, chiariscono - fin troppo - la dichiarazione d'intenti iniziale, quelle poche frasi sussurrate subito dopo i titoli di testa, per dire come il mancato addomesticamento alla civiltà deteriori l'anima di adolescenti maturande. L'aspirazione ansiosa di dimostrare come gli 'integrati' siano, anche indirettamente, responsabili dei loro vicini di casa 'emarginati', soffoca il respiro del film e lo rende un po' troppo dottrinale. Ma i bassifondi spesso non hanno voce né parole; il film tenta di renderli protagonisti di una riflessione che altrimenti scivolerebbe nell'oblio. Il compito è faticoso, la regista lo dice chiaramente: non basta inorridirsi. L'indignazione è solo il primo passo verso la conoscenza. 