Titolo originale | Indigène d'Eurasie |
Anno | 2010 |
Genere | Thriller |
Produzione | Francia, Lituania, Russia |
Durata | 111 minuti |
Regia di | Sharunas Bartas |
Attori | Sharunas Bartas, Elisa Sednaoui, Erwan Ribard, Klavdiya Korshunova . |
MYmonetro | 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 7 aprile 2016
CONSIGLIATO NÌ
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Genia è un delinquente di origine lituana che dai porti della Francia fa da corriere della droga per la mafia russa. Rimasto senza denaro, decide di recarsi a Mosca per recuperare dei soldi dai suoi boss e di lasciare a Parigi la fidanzata Gabrielle, che nel frattempo per bisogno di denaro si concede a un altro uomo conosciuto in un club. Giusto a est, Genia riprende contatto con una vecchia fiamma, la prostituta Sasha e, dopo aver ucciso uno dei boss mafiosi per sottrargli il denaro, intraprende con lei una fuga precipitosa per fare rientro in Francia.
Osannato dalla critica d'oltralpe per i suoi lavori giovanili e per una poetica costruita su piani sequenza e su una visibile ricerca formalistica, Sharunas Bartas si sposta in Francia e, nel passaggio, decide di fare i conti con i tòpoi del cinema occidentale e di divergere radicalmente obiettivo e ricerca estetica. Indigène d'Eurasie è a tutti gli effetti un noir classico, quasi una sorta di Fino all'ultimo respiro dalla forte impronta multiculturale e dai toni più cupi e realisti. I paragoni con l'opera prima godardiana non sono casuali: come il maestro francese, anche Sharunas Bartas pare ricercare una rottura non solo con le regole di messa in scena e di racconto del genere, ma anche con quello stesso modo di fare regia che lo ha reso il più importante giovane esponente del cinema lituano agli occhi dell'intellighenzia dei vari festival europei.
Per raccontare le ultime ore disperate di un gangster lituano, un "indigeno dell'Eurasia", il suo stile si fa più molto più smaccatamente realista, più convulso. Bartas si concentra continuamente sui dettagli dei corpi, quasi come a cercare di cogliere la materia dei suoi personaggi e di quello che toccano con le loro mani. Ma "indigeno d'Eurasia" è anche la condizione dello stesso Bartas, che in questo film ci tiene a tematizzare il suo stato di emigrante, di straniero fuori patria. Per questo le varie storie (quella di Genia e quella parallela della fidanzata franco-italiana Gabrielle) e i vari luoghi (Parigi, Mosca, Vilnius) si intrecciano continuamente come a cercare di veicolare quest'idea di cinema in between, sospeso fra vari immaginari e varie realtà. Purtroppo, a restare in sospeso è anche l'effetto di una tale ricerca, che manca sia di un progetto sufficientemente radicale, che di una critica effettivamente comprensibile agli schemi precostituiti del film di genere. Così che nella sua prima incursione occidentale, il cineasta lituano pare più visitare a vuoto i luoghi comuni del cinema che rielaborarli con uno sguardo personale.