
Addio a una grande protagonista del primo cinema parlato.
di Pino Farinotti
Il titolo è evocativo con una cifra di mélo, ma è vero che Joan de Beauvoir de Havilland, in arte Joan Fontaine, fu l'eroina dei nostri nonni, magari dei bisnonni. È una delle ultime "divine" che facevano parte della prima generazione del cinema "parlato". Ha fatto film fino dal 1937, ventenne, quando il cinema stava addirittura sperimentando il colore. E c'era fino a ieri Joan, mentre c'è ancora sua sorella Olivia de Havilland, 97enne, più grande di un anno. Chissà che "Melania" non arrivi al secolo e lo superi.
Joan era nata a Tokyo da famiglia inglese. La madre Lilian Augusta Ruse, separatasi dal marito, portò le sorelle a vivere a Saratoga, nella contea di Santa Clara, California. C'è sempre, nella storia di una diva il momento in cui viene notata da qualcuno importante, nel caso di Joan Fontaine si trattava di Jesse Lasky, fondatore della Paramount: la Fontaine recitava nella commedia Call It a Day, al Capitol Theatre di Hollywood. Cominciò tutto da lì. Prima del decisivo incontro con Hitchcock, nel 1940, Joan ebbe modo misurarsi in ruoli e con partner che le diedero la misura del suo talento e il modo di resettarlo.
Accanto a Fred Astaire capì di non essere... Ginger Rogers, in mezzo al formidabile cast femminile di "Donne" (Crawford, Russell, Shearer) di Cukor, si rese conto di poter competere al livello più alto. Era il '39. In quello stesso anno il caso volle che Joan, a un party, sedesse accanto a David O. Selnick, il produttore più intelligente e creativo di Hollywood. Il discorso cadde su Daphne du Maurier, la scrittrice, inglese come Joan. Il soggetto era un suo romanzo "Rebecca" che Selznick aveva acquistato per affidarlo dal regista, inglese, Alfred Hitchcock. Il produttore organizzò un provino, Hitchcock disse "o.k." e Joan si trovò ad affrontare il ruolo, non semplice della seconda signora de Winter, Rebecca, la prima moglie, appunto. E così, a soli 23 anni era una diva del mondo.
Hitchcock la "perfezionò" l'anno dopo con Sospetto il ruolo era quello di moglie dell'avventuriero, problematico Cary Grant. La Fontaine vinse l'Oscar da protagonista. Quel riconoscimento le costò parte del rapporto con la sorella Olivia che, più affermata di lei, non lo aveva ancora ottenuto. E proprio in quell'anno Olivia concorreva con film La porta d'oro. Un autentico corpo a corpo che vide prevalere la minore. La De Havilland si rifece più tardi vincendone due di Oscar, con A ciascuno il suo destino (1946) e L'ereditiera (1949). Ciascuna delle due sorelle si ritenne sempre più brava e bella dell'altra. Una rivalità durata ... ottant'anni.
Joan Fontaine era un'autentica signora di Hollywood, bella nel viso e nel corpo, affascinante nelle movenze, elegante in tutto. Nella sua generazione forse non occorrono neppure due mani per contare la sue omologhe. Dopo i decenni eroici, i Quaranta e i Cinquanta, l'attrice si è spesa con intelligenza e misura. Non ha compromesso il suo mito con ruoli che non le appartenevano più. Nel magnifico palazzo del cinema occupa un suite importante. Nel privato è stata ... irrequieta. Ha avuto quattro mariti, e ad ogni matrimonio, richiesta di un commento, la sorella Olivia commentava: "durerà poco, con quel carattere...". Quando esce di scena una parte di quella Hollywood eroica è bene ricordarsi che quello era il cinema più bello del mondo. E la Fontaine ne era una delle maggiori protagoniste.