fedson
|
sabato 25 ottobre 2014
|
piccolo gioiello di onestà e spensieratezza
|
|
|
|
Mason è un ragazzo qualunque in un mondo qualunque con una vita qualunque. I suoi genitori sono divorziati da anni e lui, con i suoi occhi, assiste a tutti gli eventi che colpiranno la sua giovane vita. Il piccolo Mason gioca con la sorella maggiore, litiga con lei, ride con lei. Mason cresce. Mason va a scuola, ma si rifiuta di fare i compiti affidati dai suoi insegnanti, come tutti i bambini della sua età. Mason è costretto a passare giorni con la madre e solo i weekend col padre. Mason chiede al padre se gli elfi esistano. Mason matura. Ora non crede più agli elfi, ma alle ragazze e ai piccoli piaceri della vita. Mason cresce ancora. Divide col padre le partite di baseball e le conversazioni sulle ragazze.
[+]
Mason è un ragazzo qualunque in un mondo qualunque con una vita qualunque. I suoi genitori sono divorziati da anni e lui, con i suoi occhi, assiste a tutti gli eventi che colpiranno la sua giovane vita. Il piccolo Mason gioca con la sorella maggiore, litiga con lei, ride con lei. Mason cresce. Mason va a scuola, ma si rifiuta di fare i compiti affidati dai suoi insegnanti, come tutti i bambini della sua età. Mason è costretto a passare giorni con la madre e solo i weekend col padre. Mason chiede al padre se gli elfi esistano. Mason matura. Ora non crede più agli elfi, ma alle ragazze e ai piccoli piaceri della vita. Mason cresce ancora. Divide col padre le partite di baseball e le conversazioni sulle ragazze. Passa del tempo con una madre che non riesce a trovare l'uomo giusto al momento giusto. Mason passa le serate (e nottate) con i suoi amici e con quelle che saranno le sue future ragazze. Mason continua a crescere. Mason VIVE. Con una narrazione che va avanti per piccoli eventi e piaceri della vita di un ragazzino, Richard Linklater propone al suo pubblico un film onesto, spontaneo, lontano anni luce dalle tattiche ruffiane delle grandi major dei nostri giorni; una piccola opera capace di far godere e, allo stesso tempo, riflettere lo spettatore che seguirà indisturbato le normalissime vicende del giovane Mason. Mentre la prima inquadratura ci mostra un giovanissimo Mason scrutare con attenzione e curiosità un cielo azzurro, in cerca di domande a cui avrà risposte solo crescendo, il regista già riesce a trascinarci abilmente e con estrema disinvoltura nel mondo del ragazzino in modo netto e spontaneo, senza aggiungere, alla lunga pellicola di tre ore, colpi di scena o situazioni pesantemente drammatiche che potrebbero scuotere l'animo dello spettatore in sala. E' un film lungo, naturale, privo di scene di forte carica drammatica o di situazioni che possano incitare lo spettatore a seguire direttamente il film fino all'ultimo. Linklater crea così un progetto ambizioso ma dai piccoli obiettivi. Ci troviamo di fronte ad un'opera di rara fattura. Sensibile, solare, naturale, dotata di una storia e di personaggi normalissimi che espongono altrettanto normalissimi pensieri all'insegna di una normalissima vita. Vedere Mason giocare, ridere, crescere, conoscere il mondo, equivale ad una completa e attenta esplorazione all'interno di noi stessi come esseri umani in grado di provare anche le più impercettibili gioie della vita. Un film di una vita (quella di Mason e dello stesso regista, che ha impiegato nientemeno che dodici anni di lavorazione) e sulla vita, che presenta, senza sotterfugi da parte di nessuno, una valida lezione anche per noi stessi. Una lezione che coincide con l'esperienza di conoscere persone e cose, condividere gioie e dolori con loro, amori e passioni che possono diventare professioni: una lezione per conoscere LA VITA. Vedere Boyhood è come trovare un diamante allo stato grezzo nel mondo del cinema: un'opera di rarissima composizione, dal potente obiettivo di farci conoscere la vita di un ragazzo che, in fondo, è anche la vita di noi stessi.
[-]
[+] un interessante e ardito progetto cinematografico
(di antonio montefalcone)
[ - ] un interessante e ardito progetto cinematografico
|
|
[+] lascia un commento a fedson »
[ - ] lascia un commento a fedson »
|
|
d'accordo? |
|
storie di cinema
|
venerdì 31 ottobre 2014
|
esaltazione della normalità
|
|
|
|
L'opera di Richard Linklater, in questi giorni al cinema, non cerca il successo con particolari storie di eccessi o per mezzo di personaggi fascinosi. Non punta ai sogni dello spettatore, ma gioca piuttosto con i suoi ricordi. Racconta la crescita adolescenziale di Mason e della sorella più grande, del loro rapporto fraterno e di quello con i genitori (Patricia Arquette ed Ethan Hawke), in questo caso separati.
[+]
L'opera di Richard Linklater, in questi giorni al cinema, non cerca il successo con particolari storie di eccessi o per mezzo di personaggi fascinosi. Non punta ai sogni dello spettatore, ma gioca piuttosto con i suoi ricordi. Racconta la crescita adolescenziale di Mason e della sorella più grande, del loro rapporto fraterno e di quello con i genitori (Patricia Arquette ed Ethan Hawke), in questo caso separati.
Il ragazzo rappresenta ognuno di noi, è il traghettatore di un viaggio nel nostro passato; dai primi rapporti impacciati alla nascita di amicizie, dai problemi in famiglia alle delusioni d'amore, chiunque nel film ritroverà almeno uno spicchio della sua giovinezza.
Nel contempo il regista non tralascia l'inserimento temporale della narrazione, altro aiuto alla percezione della realtà. Con il raggiungimento della maturità di Mason assistiamo di pari passo ai cambiamenti culturali e politici dell'america, dalla fine del periodo Bush all'11 settembre, fino all'inizio dell'era Obama.
Il film ha fin da subito destato interesse per l'esperimento cinematografico, un set lungo 12 anni. dal 2002 al 2013 ogni anno il regista ha richiamato la Troupe e girato alcune scene.
Nessun ricorso ai trucchi quindi, la crescita dei protagonisti del film corre alla stessa velocità di quella reale degli attori.
Ottimo risultato stilistico e meritato plauso, anche se l'impegno e i problemi conseguenti da una lavorazione del genere (in America non si possono nemmeno firmare contratti lunghi più di 7 anni, gli attori hanno dovuto rinnovare quello iniziale) non si compensano con l'ottimo risultato. Le belle emozioni trasmesse dal film verrano ricordate molto più dell'esperimento stesso.
ci trovi su FB: Storie di Cinema
[-]
|
|
[+] lascia un commento a storie di cinema »
[ - ] lascia un commento a storie di cinema »
|
|
d'accordo? |
|
beppe baiocchi
|
domenica 22 febbraio 2015
|
un racconto di formazione ambizioso
|
|
|
|
Boyhood è un film ambizioso, tanto ambizioso, un film che vuole raccontare l'arco dell'adolescenza di un ragazzo facendo crescere gli attori che lo interpretano, i personaggi, con il film stesso. Non è molto chiaro? In pratica questa pallicola racconta l'adolescenza di un ragazzo nelll'arco di 12 anni, provincia americana, genitori separati, una mamma che fa sempre le scelte sbagliate, un padre poco presente , una sorella al limite della sopportabilità. Insomma una storia di formazione come tante ne sono state fatte. Ma cosa rende questo film speciale? Acclamatissimo dalla critica di tutto il mondo? Semplice, ogni anno che passa nel film passa nella vita vera, gli attori crescono realmente, un film durato 12 anni dove lo stesso bimbo che abbiamo visto all'inizio,sognante e spensierato guardare il cielo su di un prato ce lo ritroviamo diciottenne pronto ad andare al college, carico del suo vissuto e della sua adolescenza che sta finendo.
[+]
Boyhood è un film ambizioso, tanto ambizioso, un film che vuole raccontare l'arco dell'adolescenza di un ragazzo facendo crescere gli attori che lo interpretano, i personaggi, con il film stesso. Non è molto chiaro? In pratica questa pallicola racconta l'adolescenza di un ragazzo nelll'arco di 12 anni, provincia americana, genitori separati, una mamma che fa sempre le scelte sbagliate, un padre poco presente , una sorella al limite della sopportabilità. Insomma una storia di formazione come tante ne sono state fatte. Ma cosa rende questo film speciale? Acclamatissimo dalla critica di tutto il mondo? Semplice, ogni anno che passa nel film passa nella vita vera, gli attori crescono realmente, un film durato 12 anni dove lo stesso bimbo che abbiamo visto all'inizio,sognante e spensierato guardare il cielo su di un prato ce lo ritroviamo diciottenne pronto ad andare al college, carico del suo vissuto e della sua adolescenza che sta finendo.
Un idea splendida, senza alcun dubbio, che ha stregato tanti spettatori.
Tolta questa magia che Richard Linklater (regista dei vari Prima dell'alba, School of Rock, A Scanner Darkly) ci mostra, Boyhood è un film valido?
Semplicemente si.
Linklater è bravo e soprattutto coerente, nonostante gli anni passano e le idee (anche di regia) possono cambiare riesce ad essere collante perfetto (in poche parole ci regala l'illusione che gli anni siano passati solo nel film e non nella vita vera). Il cast di attori è senza dubbio di buon livello, ma nessuno regala la "prestazione della vita" , è anche vero che quello che il regista ci mostra sono solo e semplici fotografie di periodi (più o meno brevi) della vita del protagonista, pertanto non avendo una "trama solida" non è semplicissimo per i vari attori sviluppare i personaggi. Infatti non c'è troppo spazio all'introspezione (non per forza questo è male), ma quella che abbiamo noi è una visione privilegiata, come se noi spettatori fossimo lì, come un amico di famiglia che vede crescere un ragazzo, lo vede maturare, ma sempre da occhi esterni.
Un racconto in cui è facile ritrovarsi una serie di momenti, di istantanee dell'adolescenza, che un po' abbiamo vissuto tutti. Un film magari non troppo profondo, ma che sicuramente riesce ad emozionare.
Va detto che nonostante la lunga durata del film (2:40 circa) il film passa davvero in fretta e non annoia.
Magari non un capolavoro assoluto, ma un film sicuramente da vedere.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a beppe baiocchi »
[ - ] lascia un commento a beppe baiocchi »
|
|
d'accordo? |
|
bruno cortona
|
sabato 25 ottobre 2014
|
un film idolatrato che non lascia segni
|
|
|
|
Cominciamo con un po' di premesse. Sul film avevo ottime aspettative per via delle grandi recensioni, univocamente positive come non mai.
Di Linklater mi fidavo meno dopo aver visto "Waking life", che ai tempi mi sarei evitato volentieri.
Il giudizio, usciti dalla sala, del pubblico (siamo solo venti persone in quel di Pisa a passare il venerdì sera, aggiungo fortunatamente) sembra altrettanto univoco: dopo aver sentito diversi commenti stile Nido del Cuculo in sala, le facce di tutti parlano chiaro: devastati dalla noia. Questo è l'impatto a pelle che ci accomuna, ma andiamo decisamente più a fondo e chiudiamo le premesse.
Mi permetto di saltare spiegazioni sulla trama perché quello l'ha fatto egregiamente il qui sopra Gabriele Niola.
[+]
Cominciamo con un po' di premesse. Sul film avevo ottime aspettative per via delle grandi recensioni, univocamente positive come non mai.
Di Linklater mi fidavo meno dopo aver visto "Waking life", che ai tempi mi sarei evitato volentieri.
Il giudizio, usciti dalla sala, del pubblico (siamo solo venti persone in quel di Pisa a passare il venerdì sera, aggiungo fortunatamente) sembra altrettanto univoco: dopo aver sentito diversi commenti stile Nido del Cuculo in sala, le facce di tutti parlano chiaro: devastati dalla noia. Questo è l'impatto a pelle che ci accomuna, ma andiamo decisamente più a fondo e chiudiamo le premesse.
Mi permetto di saltare spiegazioni sulla trama perché quello l'ha fatto egregiamente il qui sopra Gabriele Niola.
L'esperimento è più che lodevole: è la prima volta nel cinema che si utilizza in questo modo il tempo, non quello cinematografico ma quello reale, per costruire il film. Il cast cresce e invecchia assieme.
Linklater è bravo a individuare dinamiche familiari di ogni età, e atteggiamenti tipici di ognuna in modo preciso e scrupoloso.
Ma cosa c'è oltre a una bella idea di fondo?
La fotografia è veramente poco degna di nota (ho contato al massimo 5 frames interessanti), i dialoghi sono scialbi e ordinari, così come la sceneggiatura e l'interpretazione, la musica non incide né arricchisce.
Niente eccede, tutto è assolutamente ordinario tolti due eventi della vita dei protagonisti che non vengono approfonditi.
Personalmente credo che la vita di qualsiasi persona sia molto più densa, più ricca e profonda di così.
Linklater cerca una rivoluzione copernicana assumendo un "non punto di vista" quasi documentaristico, ma questo essere neutro non lo rende privo di una prospettiva (cosa impossibile) ma semplicemente noioso e piatto.
Il senso di queste 2 ore e 45 emerge soltanto dalle battute finali del padre e della madre.
Linklater non filma la profondità, i cambiamenti più profondi ma quelli che posso vedere anche su "Facebook": come cambiamenti di stile, di pensiero e d'aspetto, di casa. Ma c'è qualcosa di più profondo nell'uomo che non ha linguaggi che fortunatamente non si può pubblicare sui social e non si può mettere addosso, più profondo e misterioso.
A questo Linklater rinuncia, a quello che porta ad avere un punto di vista artistico, alla creazione di poesia che vada oltre il mero contenuto singolare dell'evento, per trasporlo su un piano universale (basti pensare alla scena di "Once upon a time in America" dove il bambino si mangia il pasticcino che aveva comprato per una sua "amica"). Cosa rimane al pubblico? L'idea che sia passata una vita che si dissolve senza dispiaceri né gioie coi titoli di coda.
[-]
[+] vero
(di paapla)
[ - ] vero
[+] dalle stelle alle stalle
(di francesco2)
[ - ] dalle stelle alle stalle
[+] non quadra
(di vapor)
[ - ] non quadra
[+] il resto di niente
(di arnaco)
[ - ] il resto di niente
|
|
[+] lascia un commento a bruno cortona »
[ - ] lascia un commento a bruno cortona »
|
|
d'accordo? |
|
filippo catani
|
lunedì 27 ottobre 2014
|
un'opera sperimentale, coraggiosa ed originale
|
|
|
|
Mason è un ragazzo sensibile e con una spiccata propensione all'arte. Vive con la madre e la sorella e vede occasionalmente il padre che si è separato dalla famiglia. Il film segue la sua storia dai primi anni di scuola fino alla fine del college.
Boyhood è senza ombra di dubbio uno dei migliori film visti quest'anno ed ha un altissimo livello di sperimentazione. Intanto partiamo da un dato non certo secondario: il coraggio avuto da troupe, cast, regista e soprattutto produttori nell'imbarcarsi in una storia che si dipana lungo 12 anni di riprese. Il film però non è affatto un documentario; semplicemente segue le vicende di una famiglia americana come ce ne sono sicuramente a migliaia.
[+]
Mason è un ragazzo sensibile e con una spiccata propensione all'arte. Vive con la madre e la sorella e vede occasionalmente il padre che si è separato dalla famiglia. Il film segue la sua storia dai primi anni di scuola fino alla fine del college.
Boyhood è senza ombra di dubbio uno dei migliori film visti quest'anno ed ha un altissimo livello di sperimentazione. Intanto partiamo da un dato non certo secondario: il coraggio avuto da troupe, cast, regista e soprattutto produttori nell'imbarcarsi in una storia che si dipana lungo 12 anni di riprese. Il film però non è affatto un documentario; semplicemente segue le vicende di una famiglia americana come ce ne sono sicuramente a migliaia. I figli di una coppia assistono al lento deteriorarsi del rapporto fra i genitori che culmina in litigi continui. Il padre sparisce e riappare a intermittenza mentre la madre cerca ma non trova mai l'uomo giusto. Insomma così come gli adulti spesso stentano a trovare la propria strada e le risposte alle grandi domande della vita allo stesso tempo è così anche per i più piccoli. Mason è un ragazzo di poche parole, un po' svogliato ma di talento che deve fare i conti con Samantha la sua esuberante sorella e poi con la scuola, le amicizie e i primi amori. Il film ci restituisce anche parte della realtà texana dove Bibbia e fucile sono i regali adatti per i ragazzini adolescenti e dove la campagna elettorale in favore di Obama ottiene più di un rallentamento. Con il passare del tempo non solo cambiano (inevitabilmente) le fisionomie dei protagonisti ma anche le musiche, la fotografia e i metodi di ripresa. Dodici anni condensati in circa due ore e mezza di pellicola scorrevole e mai soporifera il che è un altro fiore all'occhiello per un film privo di effetti speciali o colpi di teatro. Oltre ai due giovani protagonisti vanno menzionati senza dubbio il regista Linklater e il duo Arquette-Hawke con una menzione speciale per quest'ultimo sempre disponibile ad imbarcarsi in progetti originali e a basso budget (com'era capitato per esempio recentemente con La notte del giudizio). Un film che ha già avuto l'Orso d'argento a Berlino e che speriamo venga tenuto in considerazione anche alla prossima cerimonia dell'Oscar se non altro per i suoi caratteri originali, sperimentali e di rischio che ha avuto.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a filippo catani »
[ - ] lascia un commento a filippo catani »
|
|
d'accordo? |
|
claudiofedele93
|
lunedì 19 gennaio 2015
|
boyhood: film umano, sincero e reale.
|
|
|
|
Il 2014 è stato un anno particolarmente interessante dal punto di vista cinematografico ed al suo interno possiamo cercare e trovare pellicole di un certo valore capaci di rimanere impresse nell’immaginazione di chi le guarda e rivelarsi quali migliori lungometraggi dell’annata appena passata. Tra queste, tuttavia, ben poche, a loro volta potremmo etichettarle come memorabili, forti di una potenza narrativa e visiva senza pari, fiore all’occhiello dell’industria cinematografica recente, film indipendenti ma carichi di un grande potenziale artistico.
[+]
Il 2014 è stato un anno particolarmente interessante dal punto di vista cinematografico ed al suo interno possiamo cercare e trovare pellicole di un certo valore capaci di rimanere impresse nell’immaginazione di chi le guarda e rivelarsi quali migliori lungometraggi dell’annata appena passata. Tra queste, tuttavia, ben poche, a loro volta potremmo etichettarle come memorabili, forti di una potenza narrativa e visiva senza pari, fiore all’occhiello dell’industria cinematografica recente, film indipendenti ma carichi di un grande potenziale artistico. Se ne è accorta, in parte, l’Academy, ma ancor prima noi, il pubblico che ha accolto con gran fervore lavori quali Grand Budapest Hotel, Birdman o in questo caso Boyhood.
L’ultimo lavoro di Richard Linklater, presentato ed osannato alla scorsa Mostra del Cinema di Berlino, conquistatore dell’Orso d’Argento quale miglior regista, è un esperimento riuscito che ha coinvolto per un decennio un numero considerevole di persone che con costanza hanno lavorato per tanti anni al progetto.
Se vi è infatti una cosa che il cinema riesce a fare è quella di enfatizzare in modo estremo un qualunque elemento, renderlo epica e suggestivo, dandogli a volte un rilievo tale da farlo apparire irreale, tanto da rimarcare ancora più profondamente quel solco che separa la settima arte dalla realtà, dimostrando che essa non è altro che una visione distorta, o uno specchio puramente soggettivo, dei fatti che accadono nella vita di ognuno di noi. Linklater con Boyhood fa l’opposto di quanto detto finora, annientando la concezione di Cinema sia fisicamente che metaforicamente, mostrandoci una storia così complessa ed umana da diventare immediatamente un cristallino riflesso della realtà che ci circonda.
La fanciullezza, o adolescenza che dir si voglia, del giovane Mason è narrata con ingegnosa maestria, portata a raccontare per tutta la durata della pellicola una vita ordinaria e priva di eccessivi picchi emotivi, ove le gioie ed i dolori non sono mai veramente o particolarmente atroci o appaganti, ma che nel loro microcosmo vogliono innalzarsi quale modello genuino dell’esistenza umana e piccole soddisfazioni. Boyhood è dunque un film magnifico, sensibile e sincero che pur mostrando una cerca ambizione tra le righe, analizza in modo umile, quasi come un romanzo di formazione e dai tratti sociali, l’età che per antonomasia dovrebbe rappresentare il momento migliore di ogni essere umano, ma che qui invece viene messa in scena come una continua ricerca di benessere ed una pacata voglia di serenità ricercata dai protagonisti in modo quasi apatico e sconsolato, fatta più di errori che di vittorie.
Eppure, dietro alle tante sfumature psicologiche, più o meno ben orchestrate e curate, la pellicola è un potente affresco non solo antropologico, ma anche politico dell’America degli anni 2000, di una nazione che passa dalla guerra in Iraq, alla campagna democratica di Obama che molte persone (persino nel Texas) hanno visto come leader ideale per combattere le scelte di un presidente, George W. Bush, che ha portato alla luce ed alla realizzazione di un conflitto che dietro ai tanti ideali patriottici post 11 Settembre nascondeva, purtroppo, motivi puramente economici.
Un decennio, quello ormai da cinque anni concluso, fatto di numerosi eventi, qui raccolti e legati al giovane protagonista, visti talvolta dal suo punto di vista, a partire dall’arrivo nelle case dei videogiochi, alla saga di Harry Potter o l’entrata in scena di Steve Jobs e della sua Apple con i suoi Ipad e Mac. Per questo motivo, grazie ad una incessante e instancabile voglia di raccontare, Boyhood si presenta a noi tutti come un unicum perché se pur muovendo delle critiche di natura politica talvolta di tanto in tanto mescolate ad una ironia o ad una sana voglia di voler mostrare ciò ce di buono c’è a questo mondo, questi è oggi la pellicola (e non “una” pellicola) che raccoglie in modo perfetto gran parte delle sfumature e dei particolari degli ultimi anni della nostra storia, un prodotto che riesce a parlare in modo universale colpendo e centrando i punti giusti, capace di apparire come un puzzle complesso, ma appagante ove ogni piccolo tassello trova perfettamente spazio all’interno del mosaico.
Tutto ciò, senza dubbio, è stato reso possibile grazie al cast, impegnato qui per ben 12 anni a fare, di anno in anno, un numero preciso di riprese, ove in esso è possibile cogliere i segni del tempo e della vecchiaia in modo, gioco forza, estremamente realistico e umano togliendo al Cinema, ancora una volta, quell’alone di mistero di cui molte volte ci fa vanto ed ci affascina, e conferendogli invece una luce di realtà e verosimiglianza assoluta. Assistere al progressivo naturale invecchiamento di Ethan Hawke e Patricia Arquette non fa che aumentare la credibilità del tutto, così come vedere la naturale crescita di Ellen Coltrane, rendendo il prodotto quasi un qualcosa dal taglio documentaristico, pur non riuscendo (volutamente) ad essere tale e rimanendo diretto in modo armonioso e mai invadente o eccessivamente pesante. Eppure Linklater ci parla anche attraverso i suoi e la musica, attraverso i numerosi “tormentoni estivi” ed i classici immortali dei Beatles, affiancando ad una storia umana anche un ritratto pop che Boyhood veste elegantemente.
Dodici anni di riprese, ecco cosa è stato questo film, ma tanto lavoro dietro alla macchina da presa alla fine, per quel che riguarda il sottoscritto, non può non essere ripagato con il massimo dei voti poiché l’impegno e la costanza di Richard Linklater è tanto esemplare ed unica da rappresentare una novità non solo dal punto di vista visivo, ma anche concettuale, rivelandosi sotto alcuni punti di vista una rivoluzione. Boyhood è in sé e per sé un grande esperimento, una prova, una scommessa ed al contempo, sopratutto, un azzardo che dopo un decennio tuttavia appare riuscito e vinto, perché di fronte ad una storia tanto semplice, e che parla in fondo di tutti noi, è un prodotto capace di saper andare affondo negli usi e costumi di un popolo, dandogli a questi anche una scintilla inedita, riciclando alcuni elementi dell’immaginario collettivo affiancandoli, però, ad una vicenda umana legata ad una famiglia imperfetta che vede una madre divorziata responsabile della vita dei suoi due figli. Boyhood per certi aspetti vuole cogliere il senso della nostra vita, che ci sussurra essere un attimo costante, che di tanto in tanto ci coglie, impreparati o meno, e ci invita a fare delle scelte, ma sotto un discorso puramente cinematografico Richard Linklater è riuscito a rompere le barriere del cinema, innalzando in tal modo la settima arte ad un livello che pochi nella loro carriera talvolta hanno raggiunto poiché raramente si assiste ad un film che riesca a parlare di noi tutti, ad essere tanto verosimile da apparire reale. Boyhood, infatti, non è solo un lungometraggio, è un alchimia di elementi, è il lavoro di un uomo durato ben dodici anni, che sa commuovere, emozionare, annoiare, divertire come ben poche cose riescono a fare, riuscendo a toccare il nostro animo come solo la vita vera sa fare.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a claudiofedele93 »
[ - ] lascia un commento a claudiofedele93 »
|
|
d'accordo? |
|
ginepri3434
|
giovedì 30 ottobre 2014
|
poteva essere innovativo e realistico ma, cliche'!
|
|
|
|
Cominciamo dicendo che ho apprezzato l'idea dietro questo film!
Molto interessante anche il concept del rendere del tutto ordinario il personaggio per far focalizzare di più lo spettatore sulla crescita del protagonista...
ma rappresentare una persona comune non vuol dire usare stereotipi che camminano... ognuno dei personaggi, ogni plotline secondaria era la personificazione di uno stereotipo.
I personaggi non hanno uno spessore, l'unica che mi è piaciuta è Samantha, la sorella, da bambina... divertentissima quel tocco da stron*etta... poi il personaggio però praticamente scompare fino a ridurre il suo discorso al diploma di Mason ad uno scialbissimo “buona fortuna”.
ha parlato di più il proprietario del ristorante dove lavorava Mason che aveva un ruolo assolutamente marginale, ottimo attore pessimo personaggio.
[+]
Cominciamo dicendo che ho apprezzato l'idea dietro questo film!
Molto interessante anche il concept del rendere del tutto ordinario il personaggio per far focalizzare di più lo spettatore sulla crescita del protagonista...
ma rappresentare una persona comune non vuol dire usare stereotipi che camminano... ognuno dei personaggi, ogni plotline secondaria era la personificazione di uno stereotipo.
I personaggi non hanno uno spessore, l'unica che mi è piaciuta è Samantha, la sorella, da bambina... divertentissima quel tocco da stron*etta... poi il personaggio però praticamente scompare fino a ridurre il suo discorso al diploma di Mason ad uno scialbissimo “buona fortuna”.
ha parlato di più il proprietario del ristorante dove lavorava Mason che aveva un ruolo assolutamente marginale, ottimo attore pessimo personaggio...
la caratterizzazione dei personaggi non mi è piaciuta: la madre singol che fà scelte sbagliate e si piglia due mariti ubriaconi, un ex-marine con ptsd che finisce alla forestale, i ragazzini più grandi che vogliono apparire fighi ma in realtà il venerdì sera non hanno di meglio da fare che fare i babysitter, l'amica di colore della madre inutile ai fini della trama messa lì solo per rendere il tutto politically correct... Etc.
Ma il bello è che sono riusciti a rendere stereotipato anche lo scorrere del tempo... voglio dire poteva essere un film così innovativo non so se per una sceneggiatura un po' pigra o per delle scelte sbagliate del regista ogni punto di raccordo tra un'età ed un'altra e marcatissimo ed utilizza ogni possibile cliché cinematografico fino ad oggi mai usato... voglio dire non c'era bisogno di tutto questo il tempo passava veramente non era necessario spiegare ogni cosa... anzi, sarebbe stato molto più interessante essere catapultati direttamente nella vita del protagonista, per lo meno avrebbe preso quel taglio documentaristico al quale credo che il regista puntasse ma che così non è riuscito a raggiungere...
ed il bello? È riuscito ad usare due volte lo stesso escamotage!
Quello della bambina che canta la canzone del momento!!!
quando è Samantha a cantare la cosa non mi ha disturbato perché aveva quella spontaneità di una ragazzina che vuole solo scocciare il fratello quando è l'altra ragazzina (la figlia dell'amica della madre) è forzatissimo
però questo continuo ed eccessivo riferimento alla pop culture per sottolineare lo scorrere del tempo mi ha fatto realizzare quanto sia passato in realtà dall'uscita di telephone di Lady Gaga! Quasi cinque anni? WOW
Comunque, non è che non mi sia piaciuto questo film, mi sono veramente affezionata ai personaggi! un po' come per gli attori di HP fa' tenerezza pensare che li abbiamo visti crescere...
è solo che diamine quanti cliché e americanate!
Vorrei sottolineare la bibbia ed il fucile come regali di compleanno, non si può essere più americani di così!
Ma poi arriva la personificazione del sogno americano: il povero immigrato che grazie agli incoraggiamenti si mette a studiare e apre una propria attività... che poi perché abbia smesso di fare l'idraulico se era un tipo intelligente non lo capisco, è uno dei mestieri più redditizi e specializzati del mondo, mentre i ristoranti vanno in bancarotta!
ed i continui riferimenti al 9/11 anche anni e anni dopo?
Cavolo forse sono io, ma la vita di chiunque è un pelino più interessante e profonda di così...
certo tutti spariamo le solite caz*ate sulla vita e sull'attimo che coglie noi credendoci shakespeare ma c'è di più...
[-]
[+] mi piace/non mi piace
(di vapor)
[ - ] mi piace/non mi piace
|
|
[+] lascia un commento a ginepri3434 »
[ - ] lascia un commento a ginepri3434 »
|
|
d'accordo? |
|
flyanto
|
venerdì 31 ottobre 2014
|
dodici anni di vita un adolescente
|
|
|
|
Film che narra l'esistenza di un ragazzino di nome Mason dall'età di 8 anni sino ai 20 ed i vari avvenimenti che gli sono capitati, di una più o meno rilevanza, facenti parte comunque della vita comune di ciascun individuo.
Questa pellicola risulta assai singolare per l' idea stessa originale del regista Richard Linklater che ha voluto, appunto, riprendere la vita comune di un ragazzino dalla fanciullezza sino all'età in cui andare a studiare al college. Ma la novità in assoluto consiste nel fatto che Linklater ha preso come attore protagonista un bambino seguendolo nel corso dei circa dodici anni di tempo presi in esame e nella sua reale crescita.
[+]
Film che narra l'esistenza di un ragazzino di nome Mason dall'età di 8 anni sino ai 20 ed i vari avvenimenti che gli sono capitati, di una più o meno rilevanza, facenti parte comunque della vita comune di ciascun individuo.
Questa pellicola risulta assai singolare per l' idea stessa originale del regista Richard Linklater che ha voluto, appunto, riprendere la vita comune di un ragazzino dalla fanciullezza sino all'età in cui andare a studiare al college. Ma la novità in assoluto consiste nel fatto che Linklater ha preso come attore protagonista un bambino seguendolo nel corso dei circa dodici anni di tempo presi in esame e nella sua reale crescita. Espediente che peraltro viene esteso anche a tutti gli altri attori al fine di essere sempre più vicino alla realtà: da Ethan Hawke che interpreta il padre, a Patricia Arquette la madre, alla ragazzina che è la sorella di Mason, ecc.... Un simile espediente, ma non così continuo, era stato già da lui stesso ideato con la saga dei fidanzati e poi marito e moglie Jesse e Celine nella trilogia "Prima dell'alba", Prima del tramonto" e Before Midnight". Ma in "Boyhood" la sfida è maggiore trattandosi e coinvolgendo più personaggi e girando il film anno per anno, episodio per episodio come se fosse un documentario e non separatamente, sebbene con gli stessi attori principali, come invece nella trilogia precedente. Una sfida peraltro brillantemente superata da Linklater e per due motivi principali: innanzitutto perchè tutti i protagonisti della storia si sono prestati per tanti anni a questo "esperimento" del tutto nuovo nonostante i probabili loro altri impegni professionali e poi perchè la pellicola risulta in generale ben congegnata, ben girata e pure ben interpretata, presentando in ogni caso, come anche avviene nella suddetta trilogia, la vita di tutti i giorni, i sentimenti ed i rapporti affettivi vari che diventano a qst punto essi stessi i protagonisti principali.
La sua durata di tre ore che potrebbe sembrare eccessiva in realtà risulta quanto mai necessaria dovendo coprire, appunto, un arco di tempo assai vasto, e pertanto per nulla tediosa. Ma trattandosi di un film molto particolare e, oserei rivolto ad un ristretto pubblico, può non venire accolto ed apprezzato da tutti.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a flyanto »
[ - ] lascia un commento a flyanto »
|
|
d'accordo? |
|
antonietta dambrosio
|
sabato 1 novembre 2014
|
boyhood rivoluzionario
|
|
|
|
Boyhood - recensione
La bellezza e la purezza di questa pellicola è da riconoscersi nell'assoluta semplicità data dallo scorrere del tempo, in un frammento di vita che si srotola tra sogni, gioie e dolori, fallimenti e riscatti e nella consapevolezza abbagliante che la vita è battito che segue il battito, è tempo che segna il corpo, la mente e l'anima e tutto si traduce in pensieri, sorrisi, lacrime, parole e gesti che crescono, vivono e cambiano, come cambia il mondo in un continuo divenire.
[+]
Boyhood - recensione
La bellezza e la purezza di questa pellicola è da riconoscersi nell'assoluta semplicità data dallo scorrere del tempo, in un frammento di vita che si srotola tra sogni, gioie e dolori, fallimenti e riscatti e nella consapevolezza abbagliante che la vita è battito che segue il battito, è tempo che segna il corpo, la mente e l'anima e tutto si traduce in pensieri, sorrisi, lacrime, parole e gesti che crescono, vivono e cambiano, come cambia il mondo in un continuo divenire. La magia di Richard Linklater sta nel condurre lo spettatore all'arte di saper guardare e cogliere l'attimo, ma ci solleva anche dall'affanno di aspettare che l'attimo colga noi, permettendoci di far pace col tempo che comincia a scorrere allo stesso ritmo del nostro respiro. Lo fa in maniera sublime mentre mescola finzione e realtà attraverso un progetto durato 12 anni, catturando con la macchina da presa qualche giorno ogni anno, e comincia dallo sguardo di Mason (Ellar Coltrane), disteso su un prato, che vaga oltre le nuvole, consentendoci di seguire la sua crescita reale mentre il mondo che lo circonda cresce e si trasforma con lui passando attraverso mutamenti sociali e politici (da Bush ad Obama), che hanno il solo scopo di scandire il suo tempo con riferimenti storici, in un'America che emerge negli spazi sconfinati attraverso una fotografia bellissima, ed in tutte le sue contraddizioni il giorno del suo sedicesimo compleanno, quando i genitori della nuova compagna di suo padre gli regalano fieri la bibbia e gli affidano il fucile di famiglia.
E' la vita di Mason dagli otto anni fino ai venti, figlio di genitori divorziati (Patricia Arquette ed Ethan Hawke), che vive con sua sorella poco più grande di lui (Lorelei Linklater) e con sua madre che, seppur amorevole e presente con i figli, si muove alternando alla sua crescita professionale nuovi matrimoni che naufragano tra alcool e violenza, e costringe Mason e Samantha a continui trasferimenti, il primo dei quali rimane scolpito nel cuore mentre attraverso la mano di Mason cancelliamo con un pennello le tacche sul muro che hanno segnato il tempo vissuto in quella casa, e con i suoi occhi lanciamo un doloroso addio al suo compagno di giochi. Linklater, aiutato dalle note di una splendida colonna sonora che spazia dai Coldplay a Bob Dylan, da Lady Gaga ai Pink Floyd, lascia scorrere la vita di Mason senza grandi tragedie raccontandoci dei primi amori, passando attraverso i tormenti adolescenziali ed incomprensioni generazionali, e raggiunge un'alta intensità narrativa durante i momenti vissuti con suo padre, musicista poco affermato, determinante per lo sviluppo esistenziale di Mason, e nonostante per gran parte della pellicola ci appaia eternamente ragazzo, d'improvviso e con grande audacia cinematografica, Linklater ce lo mostra maturo anche nei tratti del viso, di una maturità che la madre di Mason non ha avuto la pazienza di aspettare, ma che era solo rimasta sospesa nel tempo.
Antonietta D'Ambrosio
[-]
|
|
[+] lascia un commento a antonietta dambrosio »
[ - ] lascia un commento a antonietta dambrosio »
|
|
d'accordo? |
|
gabrykeegan
|
giovedì 22 gennaio 2015
|
esperimento riuscito!
|
|
|
|
La storia di Boyhood, il film di Richard Linklater non è niente di speciale. Una mamma che accudisce dei figli tra nuovi mariti, traslochi e problemi di ogni famiglia allargata. Allora dove sta l'originalità di quest'opera? Dov'è che lo spettatore si stupisce? Come mai questo film è stato candidato a cinque Golden Globe e sei Oscar? La risposta è semplice: il film è stato girato in dodici(!!!) anni reali. Già, non si tratta di dodici anni riassunti in quasi tre ore con trucco e montaggio adeguato, no! I 165 minuti di pellicola sono il frutto di un lavoro che ha coinvolto il cast per più di un reale decennio.
[+]
La storia di Boyhood, il film di Richard Linklater non è niente di speciale. Una mamma che accudisce dei figli tra nuovi mariti, traslochi e problemi di ogni famiglia allargata. Allora dove sta l'originalità di quest'opera? Dov'è che lo spettatore si stupisce? Come mai questo film è stato candidato a cinque Golden Globe e sei Oscar? La risposta è semplice: il film è stato girato in dodici(!!!) anni reali. Già, non si tratta di dodici anni riassunti in quasi tre ore con trucco e montaggio adeguato, no! I 165 minuti di pellicola sono il frutto di un lavoro che ha coinvolto il cast per più di un reale decennio.
La maturità e l'invecchiamento fisico e mentale mostrato dagli attori è vero. Si tratta di un esperimento riuscitissimo e ai limiti dell'impensabile. Considerando che occorrono settimane o al massimo mesi per girare un film - figurati uno dalla sceneggiatura così poco articolata - pensiamo alle enormi difficoltà nel mettere in piedi un impianto produttivo così lungo nel tempo.
Ecco, proprio il tempo è l'elemento principale del regista di Houston. Se con la trilogia "Before" ci aveva già ammaliati, mostrandoci la coppia Hawke-Delpy a distanza di dieci anni, questa volta ci sorprende con un film che non ha precedenti nella storia del cinema.
Tutte le persone che hanno reso possibile quest'opera, hanno dedicato dodici anni della propria vita in un progetto ambizioso che si è rivelato una vera e autentica prova di coraggio e di bravura.
Vediamo le rughe sugli adulti che non hanno bisogno di trucco e computer, vediamo come i piccoli Mason e Samantha crescano in altezza, cambino taglio di capelli e parlino meglio man mano che la storia prosegue negli anni che vanno dal 2001 al 2013.
Le loro vicende personali si mischiano con lo sfondo di un'America che passa da Bush a Obama, che passa dai cellulari agli smartphone, ai social network. Un'America girata in lungo e in largo, tra scuole e nuove amicizie, una madre protettiva ma con poca fortuna in amore e con un padre fondamentale per la crescita mentale e ludica dei figli.
Il tempo e le parole sono protagonisti di una storia che non impressiona per la sua sceneggiatura, quanto per il fatto che gli spettatori stessi siano proiettati dentro una reale cronologia degli eventi.
Bravissimo tutto il cast, con una Patricia Arquette straordinaria e un Ethan Hawke a suo agio con i dialoghi lunghissimi e pieni di filosofia quotidiana.
Una fotografia sobria, un montaggio sicuramente difficile da fare e da organizzare in una dozzina di anni e le musiche che accompagnano con mirata accuratezza, scelte a seconda del periodo di riferimento.
Se Mason ha 11 anni, anche Ellar Coltrane li ha, se Samantha ha 15 anni, anche Lorelei Linklater non può che averne altrettanti. Non sono effetti speciali, siamo in una nuova dimensione cinematografica. La realtà si fonde con la finzione e il tempo scorre realmente al passo con gli eventi della sceneggiatura.
Bisogna solo immergersi nell'atmosfera costruita ad hoc e seguire le vicende di questa adolescenza raccontata minuziosamente, con tutti i problemi classici dei ragazzi e facendo attenzione a discorsi che possono sembrare banali, ma danno molte lezioni.
Resta solo da sapere quale sarà il prossimo passo, il prossimo esperimento cronologico di Linklater o chi per lui. Speriamo solo che non facciano un film che invece di poche ore, duri qualche anno.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a gabrykeegan »
[ - ] lascia un commento a gabrykeegan »
|
|
d'accordo? |
|
|