ruggero
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mercoledì 14 marzo 2012
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un verdone meno in forma del solito
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Carlo Verdone stavolta sembra sin dalle prime scene indeciso sul registro da dare alla sua opera: commedia di costume o film decisamente comico? E sarà così per tutta la visione di un'opera molto meno riuscita di altre.
Tutto sembra un po' improbabile, forse già visto. L'emblema di questo film è la prova di Marco Giallini costretto a recitare la brutta copia di uno dei tanti personaggi tratteggiati dal grande Franco Fabrizi. L'italiano falso che vive di espedienti.
E non è male la recitazione di Giallini, probabilmente la migliore del film. Ma è la sceneggiatura che fa acqua.
Verdone si dirige troppo sopra le righe, e così fa con la Ramazzotti, svampita, dottoressa coatta e stranulata, tratteggiata come un'assoluta caricatura.
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Carlo Verdone stavolta sembra sin dalle prime scene indeciso sul registro da dare alla sua opera: commedia di costume o film decisamente comico? E sarà così per tutta la visione di un'opera molto meno riuscita di altre.
Tutto sembra un po' improbabile, forse già visto. L'emblema di questo film è la prova di Marco Giallini costretto a recitare la brutta copia di uno dei tanti personaggi tratteggiati dal grande Franco Fabrizi. L'italiano falso che vive di espedienti.
E non è male la recitazione di Giallini, probabilmente la migliore del film. Ma è la sceneggiatura che fa acqua.
Verdone si dirige troppo sopra le righe, e così fa con la Ramazzotti, svampita, dottoressa coatta e stranulata, tratteggiata come un'assoluta caricatura.
Favino fa le faccette alla Mastroianni e si arrangia, ma sembra pure lui non convinto del risultato finale.
Tre uomini in difficoltà finanziarie ( un lavoro che va male ed ex compagne da mantenere) si trovano a condividere un ruinoso appartamento che la metro fa tremare ad ogni passaggio. Questo è l'incipit e da lì in avanti solo la descrizione sempre più virata al tragicomico delle peripezie dei tapini. Ma è un comico un po' così.
Io " Posti in piedi" non lo andrei a vedere ( se non avete un ingresso di favore )
Ripensando a " Compagni di scuola" o a " Un sacco bello" si prova imbarazzo e il desiderio di passare un rapido colpo di spugna su questo film per attendere con fiducia la prossima più riuscita prova del Carlo nazionale.
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(di ralphscott)
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liver
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sabato 3 marzo 2012
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verdone conferma la sua grande intelligenza
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Non è affatto semplice fare una commedia intelligente e come al solito Carlo Verdone non delude. Descrive ansie, passioni, solitudini, meschinità, riscatto con grande abilità. E con la stessa ostinazione e curiosità e intelligenza e compassione che da sempre contraddistinguono le sue opere. Sgrida ma non condanna a morte, fa ridere ma costringe a pensare, alterna amarezza e rinascita, malinconia, commozione, ilarità. Tutti bravissimi: la Ramazzotti, Favino, Giallini e naturalmente Carlo. Un film sapientemente confezionato, onesto, non volgare.
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gabriele marolda
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venerdì 9 marzo 2012
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un sempre verde verdone
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"Si può vedere", avverte la pagina degli spettacoli di Repubblica. E in realtà, non può dirsi, io credo, che il film in questione sia da annoverare tra la più apprezzabile produzione cinematografica di Carlo Verdone, che tuttavia conferma la sua grande professionalità di attore non solo comico, capace di fermare l'attenzione e di esprimere emozioni gentili anche in situazioni apparentemente banali.
Nel primo tempo forse si insiste un po' troppo sulla somiglianza di situazioni familiari tra uomini tanto diversi, ma che si ritrovano a dividere uno stesso modestissimo e disastrato alloggio, a causa di ristrettezze finanziarie nascenti dal tracollo della loro attività, intrecciata con crisi matrimoniali, che li hanno condotti al divorzio e a dover sostenere il difficile onere del mantenimento dei figli.
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"Si può vedere", avverte la pagina degli spettacoli di Repubblica. E in realtà, non può dirsi, io credo, che il film in questione sia da annoverare tra la più apprezzabile produzione cinematografica di Carlo Verdone, che tuttavia conferma la sua grande professionalità di attore non solo comico, capace di fermare l'attenzione e di esprimere emozioni gentili anche in situazioni apparentemente banali.
Nel primo tempo forse si insiste un po' troppo sulla somiglianza di situazioni familiari tra uomini tanto diversi, ma che si ritrovano a dividere uno stesso modestissimo e disastrato alloggio, a causa di ristrettezze finanziarie nascenti dal tracollo della loro attività, intrecciata con crisi matrimoniali, che li hanno condotti al divorzio e a dover sostenere il difficile onere del mantenimento dei figli.
Un discografico (Carlo Verdone) travolto dall'avanzamento della tecnologia che ha comportato l'abbandono del vinile, cui rimane ormai legato solo per mezzo di un piccolo negozio di dischi e memorabilia di vecchi rockers, con una moglie divorziata che vive a Parigi con la figlia diciassettenne, con la quale intrattiene frequenti rapporti per Internet.
Un brillante e ancora giovane giornalista da prima pagina (Pierfrancesco Favino) si ritrova separato perché la moglie ha scoperto una corrispondenza compromettente nella sua email, e retrocesso a raccoglitore di confidenze di starlette dal suo capo, per la presunta relazione con la moglie dello stesso.
Un impenitente agente immobiliare (Marco Giallini) che mal si destreggia tra due famiglie e che si rovina col gioco d'azzardo, in difficoltà a tenere l'impegno di corrispondere gli alimenti alla coniuge divorziata. Si acconcia a fare il “prostituto” per donne sole e mature pur di arrotondare il reddito.
Ho avuto l'impressione, in questa prima parte del film, di un eccessivo ricorso al paradosso per guadagnare simpatia e strappare qualche risata attraverso la rappresentazione di situazioni goffe.
Nel secondo tempo la narrazione prende quota, soffermandosi con molta grazia sul rapporto tra padri e figli, reso più difficile dalle traversie di una vita che è condotta come in una navigazione a vista tra pericolosi scogli, dove tuttavia l'amore riesce a volte a prevalere sugli egoismi.
Al di là delle vicende tragicomiche che riflettono parte considerevole delle situazioni rese non rare dall'attuale crisi economica e valoriale, il film non manca di una certa grazia e ti consente di trascorrere due ore di gradevole spettacolo, per cui credo che avrà largo successo di pubblico. Non sfuggirà a molti la sponsorizzazione, non solo della Banca Popolare di Vicenza, che è apertamente dichiarata, ma anche dell'Università Luiss, della Renault e di alcune note case discografiche.
Come sempre, Verdone racconta i vizi italiani con un sorriso smaliziato e con un alone di ottimismo, che sembra invitare lo spettatore a guardare con fiducia alle risorse dei giovani, che si dimostreranno in grado di imparare i modi giusti per uscire da questa preoccupante involuzione della vita odierna.
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ettoregna
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lunedì 5 marzo 2012
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un posto in paradiso
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Ancora una volta Carlo Verdone ci fa vivere una serie di storie intrecciate tra loro sempre sulla linea del tagicomico, inconfondibile firma dell'attore-regista romano.
"Posti in piedi in paradiso" ci porta dentro la quotidianetà di tre uomini divorziati, rendendo bene l'idea della situazione sicuramente penalizzata che gli uomini vivono quando il divorzio incombe. C'è da dire che spesso, la causa stessa della separazione è dovuta a loro e alle loro debolezze tipiche del maschio. Il film infatti porta sullo schermo, sempre con ironia e tanta comicità, le fragilità dell'uomo quali il sesso, le donne, i soldi ma anche l'amore, il troppo amore che spesso confonde e rende ciechi e che porta, come nel caso di Ulisse (Carlo verdone), al fallimento totale.
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Ancora una volta Carlo Verdone ci fa vivere una serie di storie intrecciate tra loro sempre sulla linea del tagicomico, inconfondibile firma dell'attore-regista romano.
"Posti in piedi in paradiso" ci porta dentro la quotidianetà di tre uomini divorziati, rendendo bene l'idea della situazione sicuramente penalizzata che gli uomini vivono quando il divorzio incombe. C'è da dire che spesso, la causa stessa della separazione è dovuta a loro e alle loro debolezze tipiche del maschio. Il film infatti porta sullo schermo, sempre con ironia e tanta comicità, le fragilità dell'uomo quali il sesso, le donne, i soldi ma anche l'amore, il troppo amore che spesso confonde e rende ciechi e che porta, come nel caso di Ulisse (Carlo verdone), al fallimento totale. I personaggi di questa storia vengono resi al pubblico per quelli che sono: meschini, coatti, a volte quasi un pò cattivi e opportunisti, altre buoni e un pò ingenui sopratutto quando hanno a che fare con i figli che conosco i genitori molto meglio di quello che ci si possa aspettare. Ulisse (Verdone), Fulvio (Favino) e Domenico (Giallini) si ritroveranno così, senza rendersene conto, a cercare di riscattare le loro vite alla ricerca di un posto in paradiso.
Ottimo il cast con un sempre bravo Pierfrancesco Favino, esilarante Marco Giallini e un'ottima Micaela Ramazzotti, perfetta nei panni della svampita e stralunata cardiologa dalla vista sentimentale al quanto incasinata.
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andaland
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domenica 1 aprile 2012
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le risate amare di verdone
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Il film pur ben strutturato, a tratti si inceppa un po', ma le tre storie dei protagonisti, così reali e tristemente verosimili sono l'ennesimo buon lavoro di Verdone.
In alcuni momenti è pura commedia e si ride di gusto, la scena del furto è degna delle migliori comiche.
In altri momenti si pensa a quanto la vita sia beffarda e difficile, ma la morale è sempre quella dei buoni sentimenti, dove si può uscire da qualsiasi difficoltà con l'aiuto delle persone vicine.
Sicuramente un ottimo film. Ancora una volta Carlo non delude.
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cenox
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lunedì 15 ottobre 2012
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buona commedia senza veri e propri spunti
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Quest'ultimo film ripecchia il Verdone (regista e attore) degli ultimi tempi: la storia, una commedia un po' malinconica, tratta di tre padri ed ex mariti, che non riescono a lasciarsi alle spalle un passato fatto di successi, che si contrasta col presente fatto di ristrettezze e tristezze soprattutto in campo sentimentale. Il film non è male, ma sembra mancare quello spunto per cui la pellicola rimane veramente impressa nella mente per quello che succede. Molto bravi i tre protagonisti (Verdone come al solito ma anche Giallini) che caratterizzano i loro personaggi con espressioni ed emozioni vere.
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billyjo3
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giovedì 29 novembre 2012
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il più grande autore comico del cinema italiano
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Costretti dai problemi familiari ed economici, un ex produttore musicale, un critico cinematografico ed un agente immobiliare si troveranno ad affrontare la tragicomica esperienza della convivenza. Sarà un'avventura che lascerà un segno nella loro vita, e che soprattutto, servirà ad ognuno di essi di trovare la scintilla necessaria per tornare a sperare. L'autore/attore Verdone torna al cinema due anni dopo "Io, loro e Lara" con questa nuova spumeggiante commedia dal lontano sapore monicelliano, rispolverando la grande farsa sociale e regalando un significativo saggio di comunicabilità d'insieme. Rende omaggio al cinema del dopoguerra, alla grande commedia neorealista e al sapore agrodolce di fine '50.
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Costretti dai problemi familiari ed economici, un ex produttore musicale, un critico cinematografico ed un agente immobiliare si troveranno ad affrontare la tragicomica esperienza della convivenza. Sarà un'avventura che lascerà un segno nella loro vita, e che soprattutto, servirà ad ognuno di essi di trovare la scintilla necessaria per tornare a sperare. L'autore/attore Verdone torna al cinema due anni dopo "Io, loro e Lara" con questa nuova spumeggiante commedia dal lontano sapore monicelliano, rispolverando la grande farsa sociale e regalando un significativo saggio di comunicabilità d'insieme. Rende omaggio al cinema del dopoguerra, alla grande commedia neorealista e al sapore agrodolce di fine '50. Il suo è un ritratto all'inverso di un'Italia speranzosa ma senza certezze, volenterosa di buttarsi alle spalle il periodo nero della crisi economica e di tornare a gioire per le piccole cose. I suoi personaggi sono ottimamente interpretati e ben dosati nel quadro generale, incastonati l'un l'altro in un malinconico e divertente disegno ben congeniato: Giallini, Favino e Verdone regalano non pochi momenti di esilarante esplosione comica, aiutati dall'indubbio talento tecnico e dalla precisione dei tempi d'azione. Ci si diverte, e anche tanto, ma si vive anche di attimi malinconici, profondamente radicati nella maturità che il Verdone autore sta da qualche anno ormai attraversando. Il regista romano ha imparato con il tempo a dosare meglio il suo ruolo all'interno dei propri film, lasciando tempo e spazio anche ai suoi co-protagonisti di agire indisturbati, e riuscendo così a mettere in evidenza piccoli e grandi contrasti caratteriali, enormi e lampanti deformazioni sociali. Uno dei pochi autori ancora in grado di far vivere la commedia italiana dei grandi problemi che attanagliano il paese, volutamente messi alla berlina per cancellare il loro spauracchio e forse esorcizzare lo spettro di un futuro ancora più buio. Lo stucchevole e moralista finale è solo la conclusione non degna di un film che merita sicuramente molta attenzione, che ci restituisce, dopo un paio di colpi mandati a vuoto, forse il più grande autore comico del cinema italiano contemporaneo.
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great steven
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lunedì 25 luglio 2016
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discreti personaggi, ma rimasticature nella storia
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POSTI IN PIEDI IN PARADISO (IT, 2012) diretto da CARLO VERDONE. Interpretato da CARLO VERDONE, PIERFRANCESCO FAVINO, MARCO GIALLINI, MICAELA RAMAZZOTTI, DIANE FLERI
Ulisse è un ex produttore discografico di successo costretto a campare con uno scalcinato negozio di vinili del quale occupa anche una malandata stanza come camera da letto e bagno. Fulvio è uno stimato critico cinematografico declassato a scrivere di gossip dopo aver impalmato la moglie del capo. Domenico è un ex ricco imprenditore col vizio delle scommesse, ridotto a fare l’agente immobiliare per via delle sfortunate puntate al gioco. Tutti e tre hanno alle spalle una vita famigliare e sentimentale alquanto travagliata: il primo ha divorziato dalla moglie cantante quando ha capito che non poteva sfondare nel mondo della musica, e la donna s’è portata via la figlia in Francia, paese natale della madre; il secondo, dopo la scappatella extraconiugale, si è separato dalla moglie, afflitta da una depressione post-partum dopo la nascita della loro pargoletta; il terzo ha un numero imprecisato di figli sparsi qua e là e avuti dopo aver sedotto un sacco di donne con cui ha formato altrettante famiglie vaganti, e paga a malapena gli alimenti integrando gli introiti incerti con fuggevoli rapporti con ricche signore anziane e sole.
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POSTI IN PIEDI IN PARADISO (IT, 2012) diretto da CARLO VERDONE. Interpretato da CARLO VERDONE, PIERFRANCESCO FAVINO, MARCO GIALLINI, MICAELA RAMAZZOTTI, DIANE FLERI
Ulisse è un ex produttore discografico di successo costretto a campare con uno scalcinato negozio di vinili del quale occupa anche una malandata stanza come camera da letto e bagno. Fulvio è uno stimato critico cinematografico declassato a scrivere di gossip dopo aver impalmato la moglie del capo. Domenico è un ex ricco imprenditore col vizio delle scommesse, ridotto a fare l’agente immobiliare per via delle sfortunate puntate al gioco. Tutti e tre hanno alle spalle una vita famigliare e sentimentale alquanto travagliata: il primo ha divorziato dalla moglie cantante quando ha capito che non poteva sfondare nel mondo della musica, e la donna s’è portata via la figlia in Francia, paese natale della madre; il secondo, dopo la scappatella extraconiugale, si è separato dalla moglie, afflitta da una depressione post-partum dopo la nascita della loro pargoletta; il terzo ha un numero imprecisato di figli sparsi qua e là e avuti dopo aver sedotto un sacco di donne con cui ha formato altrettante famiglie vaganti, e paga a malapena gli alimenti integrando gli introiti incerti con fuggevoli rapporti con ricche signore anziane e sole. Progettano di vivere insieme in un malmesso appartamento della periferia romana, con frigorifero non funzionante, acqua corrente e luce elettrica mancanti e metropolitana che passa sotto il pavimento. Nella loro vita entra la cardiologa psicolabile Gloria, anch’ella affettivamente distrutta e desiderosa di rimontare in sella. I tre mariti sfigati e tormentati e la dottoressa emotiva, fra sbagli, ricadute, eccessi e rivincite, riusciranno comunque a riprendere in mano la propria vita e a conquistarsi quantomeno un posto in piedi in Paradiso. Quello che appare subito chiaro è l’amore di Verdone, onnipresente e sempre e comunque controverso, per i suoi personaggi: aveva detto lui stesso, prima dell’uscita del film nelle sale, che ci teneva tantissimo a trattare il tema delicato e interessante dei mariti italiani separati e delle traversie che devono affrontare pur di non smarrire inutilmente la dignità in un qualsivoglia esperimento di rivalsa. Ma l’errore non sta propriamente in questo: più che altro, il regista getta acqua sul bagnato. In tutti i sensi: il suo attaccamento alle tematiche che, bene o male, rientrano immancabilmente nella cornice della commedia drammatica che ormai porta, affisso su sé stessa, il marchio del cineasta romano, è ormai divenuto fastidioso, e lo porta a sfornare quasi solo rimasticature. Strano, o quasi, perché il materiale per imbastire quantomeno un film capace di sano divertimento e caricature interessanti, c’era: bravi attori, una sceneggiatura neanche troppo banale (scritta con Maruska Albertazzi e l’inseparabile Pasquale Plastino), musiche accattivanti (composte da Gaetano Curreri, leader degli Stadio, e l’ex tastierista del gruppo Fabio Liberatori, entrambi amicissimi del regista) ed emozioni pronte a zompare su spettatori che, purtroppo, rimangono, se non annoiati, tuttavia delusi. Il suo insito discorso generazionale non è in sé per sé sbagliato, specialmente quando insiste sul fatto che i figli di questi genitori inetti, pasticcioni ed egoisti non possono che crescere male e senza ideali proprio per la mancanza di modelli adeguati, ma l’ossessionante ricerca di una morale, la retorica felicemente incancellabile dei sentimenti e un buonismo imperante, fanno sfortunatamente perdere un punteggio considerevole al risultato finale. Ciò che ne esce è un filmetto stilisticamente diligente, ma povero di contenuti significativi e poggiante solamente sulla simpatia dei suoi interpreti. I quali ci mettono comunque un impegno ammirevole e disegnano dei personaggi che, al di là dei limiti e del ritmo del copione, non risultano biasimevoli: il discografico di Verdone (ma quando la smetterà di ritagliarsi sempre il ruolo del protagonista, alla faccia dei colleghi Roman Polanski e George Clooney?) non si allontana troppo dal solito perdente desideroso di riscatto a cui il regista ha abituato il pubblico, ma la sua primigenia passione per la musica rock d’altri tempi e l’amore non contraffatto per la figlia, rimasta incinta di un coetaneo, meritano attenzione; lo scrittore di cinema dell’occhialuto Favino (nei ruoli comici, sempre meno reattivo e preparato che in quelli seri) strappa qualche gustosa risata, in particolare quando incontra la rattristata e desolata consorte e quando impalma in un lampo la giovincella aspirante attrice; il lazzarone seduttore e fedifrago di Giallini (ottima mimica facciale e recitazione sfacciatamente sopra alle righe) è tutto sommato un mascalzone adorabile; infine, il personaggio della Ramazzotti ne mette in risalto l’ingenua femminilità e un senso comico di piacevole naturalezza. Peccato, però, che l’indecisione del tono decisivo della pellicola, troppo ipertesa fra il patetico e il grottesco, l’ironia e il pathos, l’autocommiserazione e il riscatto, non giovi affatto alla resa finale. Ma è una costante, nel repertorio di Verdone, e certamente non gli si può negare, almeno dal 1987 (anno di Io e mia sorella) in poi, di aver raffigurato, molto più che con semplice decenza, uno spaccato di Italia che combatte e annaspa per risalire la china, popolato di uomini e donne, ma soprattutto uomini, accomunati dalla meschinità, dall’autolesionismo, dalla furfanteria e anche dalla speranza nel futuro. A pensarci bene, non è roba da poco.
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ultimoboyscout
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venerdì 27 luglio 2012
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tre uomini e una casa.
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Più coatta che forzata sembra essere la convivenza dei tre protagonisti, un critico cinematografico in disarmo, un agente immobiliare sul lastrico e un discografico fallito. Tutti appena lasciati dalle rispettive mogli. Le premesse sono a dir poco disastrose! Il film affronta, con la solita (tragi)comicità verdoniana, la separazione vista dal lato maschile. Si dimostra feroce e affettuoso, con la regia, che dopo "Io, loro e Lara" sprizza nuova e fresca vitalità su un argomento di strettissima attualità che conferma quanto Verdone sia fortemente attento e legato alla realtà. Alza il tiro il regista-attore romano, giocando si con la commedia ma raccontando fatti di cronaca vera, dai quali fuggono tutti.
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Più coatta che forzata sembra essere la convivenza dei tre protagonisti, un critico cinematografico in disarmo, un agente immobiliare sul lastrico e un discografico fallito. Tutti appena lasciati dalle rispettive mogli. Le premesse sono a dir poco disastrose! Il film affronta, con la solita (tragi)comicità verdoniana, la separazione vista dal lato maschile. Si dimostra feroce e affettuoso, con la regia, che dopo "Io, loro e Lara" sprizza nuova e fresca vitalità su un argomento di strettissima attualità che conferma quanto Verdone sia fortemente attento e legato alla realtà. Alza il tiro il regista-attore romano, giocando si con la commedia ma raccontando fatti di cronaca vera, dai quali fuggono tutti. Lo fa confermando Giallini, magnifico e a suo agio e lanciando nella sua strepitosa galleria di personaggi due facce inedite: Favino e la Ramazzotti, entrambi in forma smagliante. Ne esce un film non solo godibile, ma anche ambizioso, che elimina le gag inutili e non cerca risate facili, strappandole comunque. Il merito di Verdone sta nel riuscire a veleggiare con leggerezza tra commedia e verità, evidenziando l'amarezza per l'ingratitudine e le ferite che la vita procura e infligge, lavorando di fioretto sulle battute, sulla comicità non solo del dettaglio ma anche delle situazioni più generali per esaltare il grottesco naturale che sta in ognuno di noi. Impossibile non ridere della scena del furto o dei vari battibecchi in cucina con quel tris d'assi che ha tutto per piacere: carisma, mestiere, verve, brillantezza, forte strutturazione e caratterizzazione. Perde colpi nel finale, sterzando con decisione sul moralista-malinconico e impantanandosi in una chiusura poco coerente e pochissimo convincente, ma spesso il cinema di Verdone tende a questo e l'eccessiva moralità è il suo difetto cronico. Pizzica e fotografa la società che cambia, illustrandola con ironia e massicce dosi di sano cinismo, affronta con gusto e garbo casi etico-umani ma soprattutto ci insegna, attraverso la sua divertente ed attenta indagine psicosociale, che in Paradiso c'è sempre posto per chi lo vuole sul serio, anche se solo in piedi.
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valentinaorsini
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venerdì 24 agosto 2012
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in piedi, ma pur sempre in paradiso...
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Qualcuno amava definire la commedia, quella italiana, come un genere in grado di trattare e raccontare con ironia, delle storie drammatiche. Quell'uomo si chiamava Mario Monicelli...
Non è mai facile parlare di un film che vuole appartenere a quel filone, radioso e così terribilmente compianto, che ha fatto del nostro cinema un assoluto protagonista. Quando si pensa alla Commedia all'italiana si torna a ripercorrere quello splendido "scorcio" che si svela sul finire degli anni '50 e si rimargina pian piano negli anni '80. Dopo i grandi Mario Monicelli, Pietro Germi, Luigi Comencini, Antonio Pietrangeli, Luciano Salce, Luigi Zampa e altri non meno importanti, questo genere è andato lentamente a "morire" insieme ai loro "padri".
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Qualcuno amava definire la commedia, quella italiana, come un genere in grado di trattare e raccontare con ironia, delle storie drammatiche. Quell'uomo si chiamava Mario Monicelli...
Non è mai facile parlare di un film che vuole appartenere a quel filone, radioso e così terribilmente compianto, che ha fatto del nostro cinema un assoluto protagonista. Quando si pensa alla Commedia all'italiana si torna a ripercorrere quello splendido "scorcio" che si svela sul finire degli anni '50 e si rimargina pian piano negli anni '80. Dopo i grandi Mario Monicelli, Pietro Germi, Luigi Comencini, Antonio Pietrangeli, Luciano Salce, Luigi Zampa e altri non meno importanti, questo genere è andato lentamente a "morire" insieme ai loro "padri". Così, oggi, nel mezzo di questa incomprensibile e triste spirale di nulla e volgarità, fatta di Cinepanettoni e obbrobri senza stagioni, c'è qualcuno che riesce ancora a risollevare le attese di pubblico e critica, con un modo di intendere il cinema sulla scia di quello che i "grandi" in passato hanno saputo fare.
Carlo Verdone torna, con Posti in piedi in paradiso, ad affrontare la vita dell'italiano medio alle prese con una triste e complicata realtà che sfocia spesso nella disperazione e in quelle tipiche situazioni che tanto vanno d'accordo con la Mamma delle commedie.
Ulisse, Fulvio e Domenico si ritrovano a condividere lo stesso appartamento. Le mura fatiscenti non saranno il solo "comune denominatore" , poiché i tre portano addosso gli stessi problemi legati a divorzi, difficoltà economiche e tutto quel che comporta fare il padre "a distanza" e su appuntamento fissato in tribunale.
Verdone, nei panni di Ulisse, ex produttore discografico con una nostalgica passione per la musica "vintage", decide di delegare il ruolo del donnaiolo cialtrone (tipo Gallo Cedrone) a Marco Giallini (Domenico), uno scapestrato agente immobiliare con il vizio del gioco e un numero ancora indefinito di figli ed ex compagne. Poi abbiamo Fulvio, un "sempre grande", Pierfrancesco Favino, sprofondato nel tragico declino della sua professione che va dall'alta critica allo squallido gossip. Dopo Io, loro e Lara il regista e autore romano torna sulla scena conquistando sia pubblico che critica, puntando su una storia che nel suo insieme risulta equilibrata e mai banale, seppur a tratti carica di una comicità leggermente più scontata. Da apprezzare il giusto "mix" fatto di elementi seri, che fanno riflettere lo spettatore senza togliergli però la possibilità e il diritto di concedersi delle sane e grasse risate. Già le tre personalità incarnate da tre personaggi così diversi bastano da sole a creare situazioni davvero esilaranti, ma questo se non fosse amalgamato a "dell' altro", certo peccherebbe di pura buffoneria, e non è questo che va preso del film.
Dico questo perché ai momenti di pura "coattaggine" della ragazza che si fa rompere il naso dal chirurgo e sfoggia il tanga sotto i jeans si alternano momenti più accorti. Ci sono i figli che nonostante l'assenza di un padre scapestrato sanno prendere in mano la propria vita e farsi da soli la strada che li porti ad un futuro onesto e brillante. Figlie che a soli 17 anni trovano il coraggio di mettere al mondo un bambino perché niente e nessuno può farle credere che sia un errore, nonostante la miseria e quella maledetta parola funesta "precariato" rimbombi ovunque...
Le donne finalmente non appaiono come arpie o comunque non trasmettono messaggi negativi (fatta eccezione forse solo per la giovane ex moglie di Ulisse), come si fa a non amare la cardiologa Gloria, svampita e un po' fuori di testa vestita alla perfezione da una deliziosa Micaela Ramazzotti? (anche se dopo aver visto il film non faccio che chiedermi ma, ci fa o ci è?)... Comunque è fantastica!!!
Un film che merita d'esser visto e apprezzato, che ti lascia addosso la stessa malinconia e lo stesso coraggio di un uomo che ad un certo punto capisce di meritarsi anche lui un posto in paradiso...magari in piedi, ma comunque in Paradiso...
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