ashtray_bliss
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giovedì 26 marzo 2020
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minaccia invisibile ma concreta.
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Attesissimo secondo lungometraggio di Whannell, visionario regista che ha firmato quel semi capolavoro cyberpunk di Upgrade, The Invisible Man è un film potente che non disattende le aspettative ma costruisce una lenta e crescente suspense che incolla gli spettatori allo schermo.
La storia, naturalmente, riguarda una versione moderna e rielaborata che affonda le sue radici nel classico letterario di Wells ma che altresì affronta in chiave di thriller fantascientifico una realtà molto dolorosa e attuale, quella della violenza psicologica e di quella domestica. La trama ruota infatti attorno a Cecilia, donna intrappolata in una relazione violenta con uno scienziato eccellente nel suo campo di ricerca ma autoritario e possessivo nel privato, nonchè incline al controllo e alla manipolazione.
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Attesissimo secondo lungometraggio di Whannell, visionario regista che ha firmato quel semi capolavoro cyberpunk di Upgrade, The Invisible Man è un film potente che non disattende le aspettative ma costruisce una lenta e crescente suspense che incolla gli spettatori allo schermo.
La storia, naturalmente, riguarda una versione moderna e rielaborata che affonda le sue radici nel classico letterario di Wells ma che altresì affronta in chiave di thriller fantascientifico una realtà molto dolorosa e attuale, quella della violenza psicologica e di quella domestica. La trama ruota infatti attorno a Cecilia, donna intrappolata in una relazione violenta con uno scienziato eccellente nel suo campo di ricerca ma autoritario e possessivo nel privato, nonchè incline al controllo e alla manipolazione. Cee, come chiamata dagli amici, decide quindi di scappare dalla fortezza in cui vive come prigioniera, ma da quel momento in poi la sua ritrovata libertà e stabilità emotiva inizia a vacillare pericolosamente quando capisce e percepisce di essere osservata e vittima di una impalpabile ma concreta e ansiogena persecuzione. Già psicologicamente fragile, Cee sembra incapace di affrontare la presunta morte dell'ex violento risultando agli occhi dei suoi cari ossessionata da questa implacabile e invisibile minaccia che la logora e la tormenta. Eppure, minuto dopo minuto in un crescendo di suspense e mistero, noi spettatori come la protagonista stessa, siamo testimoni di eventi inspiegabili e inquietanti i quali c'entrano ben poco col sovrannaturale e trovano la loro naturale spiegazione nella mente prodigiosa di Adrian, lo scienziato inventore d'un meccanismo ineguagliabile che gli permette di rendersi invisibile al mondo e tormentare la sua ex, tanto da portarla sull'orlo del crollo mentale.
Ma dietro le premesse e i risvolti fantascientifici che vengono sviluppati all'interno del film non è difficile scorgere un'altra dimensione che riflette le reali intenzioni del regista e del suo prodotto: trattare e a suo modo denunciare le relazioni abusive e tossiche, specialmente manipolazione mentale e la sottomissione della vittima, esplorando quindi sullo schermo l'nsidiosa e talvolta impercettibile dall'esterno dimensione che assume la violenza psicologica ed emotiva, oltre che fisica, di un partner autoritario e abusivo. Un nemico appunto invisibile e subdolo, pericoloso e grave che affligge silenziosamente centinaia di donne e uomini, quotidianamente, ma che spesso passa del tutto inosservato all'interno della nostra società, fatta di apparenze e facciate, ma producendo danni irreparabili alle vittime.
L'uomo invisibile nel universo cinematografico di Whannel assume simbolicamente e metaforicamente il ruolo della violenza domestica e ciò viene magistralmente eseguito attraverso l'attenta e meticolosa costruzione che rende palpabile ed estremamente verosimile l'angoscia e il terrore vissuto dalla protagonista nella sua disperata ricerca di libertà e riscatto.
Infatti, buona parte del meritato successo del prodotto in questione è senz'altro da attribuire alla bravissima Elisabeth Moss che riesce a prendere tutto il peso del film sulle sue spalle, inalzandosi ad indiscussa protagonista (forse a dispetto di quanto suggerirebbe il titolo) trascinandoci dentro quest'incubo allucinante e ossessivo. La minaccia che grava sulla protagonista è costante ma la caratteristica dell'invisibilità e della sua impalpabilità concreta e fisica amplifica ulteriormente il senso di impotenza nell'affrontarla, levidenziando a disparità di forza tra vittima e carnefice nonchè il limitato repertorio di difesa della stessa. Il nemico è difatti invisibile ma le ripercussioni sulla psiche della fragile protagonista non lo sono affatto e non tardano ad evidenziarsi e manifestarsi. Seguiamo così una Moss in perfetta forma che dona spessore, credibilità e umanità alla sua Cecilia, mettendo a nudo la fragilità, confusione, debolezza ma anche ferrea resilienza della donna nel affrontare quel mostro invisibile che la tortura dimostrando la verità.
Stratificato e attento thriller psicologico, The Invisible Man, vince la scommessa e intrattiene in maniera intelligente e umana rendendo il racconto il più plausibile e realistico possibile, limitando l'uso degli effetti speciali al minimo sindacale e puntando tutto sulla narrazione (e costruzione) psicologica, approfondita e accurata, della vittima e del suo arduo percorso nel tentare di esporre la verità e uscire dal calvario psicologico al quale era sottoposta. Fatto sta che anche la caratterizzazione della donna-vittima è priva di retorica o approcci semplicistici monodimensionali che minerebbero l'intero costrutto proposto.
Whannell, si riconferma quindi un regista nonchè sceneggiatore visionario, efficiente ed estremamente abile nel creare anche stavolta un racconto oscuro e angosciante dagli elementi prettamente fantascientifici ma ancorato ad una cruda e triste realtà sociale, terribile e spaventosa di per sè, costruendo una suspense lenta ma implacabile che s'incalza col passare dei minuti. Avvalendosi d'inquadrature e montaggio volti a inasprire il mistero, incutere o incrementare l'angoscia nello spettatore, osserviamo come la telecamera si muova lenta dietro gli angoli della casa, seguendo la protagonista, e fissandosi in punti apparentemente vuoti nei corridoi o sui muri dando esattamente l'impressione che qualcosa di impercettibile visivamente ci osservi, ci perseguiti. La minaccia è nascosta ma non irreale, è intangibile ma concreta, inquietante e insidiosa.
Perfettamente orchestrato anche il finale che presenta un piccolo colpo di scena, d'impatto, violento e imprevedibile che sigla la fine di un incubo vertiginoso e teso nel quale ci siamo trovati catapultati e che ribalta le dinamiche di potere.
In definitiva, abbiamo un ottimo prodotto, un teso thriller psicologico che si basa sulla bravura indiscussa della protagonista, perfettamente calata nel ruolo, ma che si avvale altresì di un uso sapiente della fotografia e del montaggio, prediligendo le riprese negli spazi interni e accentuando così il senso di oppressione e impotenza dinanzi ad una minaccia invisibile che è sempre un passo davanti a noi.
Formidabile il puzzle psicologico che si crea ricollocando il film all'originale e classica dimensione di thriller in grado di relagalare autentici brividi, tensione e inquietudine, nelle sue due ore di durata divenendo un prodotto memorabile e altamente consigliato. Probabilmente uno dei migliori thriller della nuova decade dove il mostro non è più soltanto il frutto del genio diabolico di uno scienziato pazzo ma una vera, drammatica, dolorosa e attualissima realtà. Voto: 4,5/5.
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eugenio
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domenica 12 aprile 2020
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l'uomo nell'ombra
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"The invisibile man", un misto tra thriller horror e fantascienza è l’ultima fatica di Leigh Wannel, capace di trattare un tema nonostante tutto molto reale ovvero la violenza sulle donne in chiave innovativa e metaforica.
Ci pone sin da subito in un luogo isolato, in una villa iper-tecnologica dall’elegante design, in cima ad una scogliera su cui si infrangono i flutti impetuosi dell’oceano, di notte. Qui una giovane donna la nostra protagonista, Cecilia (Elizabeth Moss), fugge silenziosamente da quell’isolato fortino (dopo un premeditato piano d’azione) dall’uomo che le dorme al fianco, Adrien, che si scoprirà essere un manipolatore sadico, violento e possessivo (nonché magnate dell’ottica e inventore), per rifugiarsi a casa dell’amico di infanzia della sorella, James, detective della polizia.
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"The invisibile man", un misto tra thriller horror e fantascienza è l’ultima fatica di Leigh Wannel, capace di trattare un tema nonostante tutto molto reale ovvero la violenza sulle donne in chiave innovativa e metaforica.
Ci pone sin da subito in un luogo isolato, in una villa iper-tecnologica dall’elegante design, in cima ad una scogliera su cui si infrangono i flutti impetuosi dell’oceano, di notte. Qui una giovane donna la nostra protagonista, Cecilia (Elizabeth Moss), fugge silenziosamente da quell’isolato fortino (dopo un premeditato piano d’azione) dall’uomo che le dorme al fianco, Adrien, che si scoprirà essere un manipolatore sadico, violento e possessivo (nonché magnate dell’ottica e inventore), per rifugiarsi a casa dell’amico di infanzia della sorella, James, detective della polizia.
L'apparente liberazione dal sentimento d’angoscia che vive Cecilia ogni giorno relegata in casa, sembra arrivare con la notizia due settimane dopo, del suicidio dell’uomo e il lascito, secondo le sue ultime volontà, di un fondo fiduciario di cinque milioni di dollari dilazionati in tranche di centomila dollari mensili sul suo conto per quattro anni (sic dixit l’avvocato fratello di Adrien, Tom)
Bene, Cecilia si rilassa, tutto sembra finito, il bastardo avrà avuto qualche crisi di rimorso e magari ha deciso di farla finita. Ma questa spiegazione a Cecilia pare strana, in contrasto apparente con il comportamento dell’uomo da sempre cinico e speculatore. Questi dubbi saranno pian piano, nel corso di una buona ora, confermati da strani “fenomeni” e altrettante strane “coincidenze” proprio nella casa dove la donna è ospite, che pian piano rendono l’ansia di sentirsi braccata, una realtà decisamente più concreta di una paranoia mentale.
The invisible man, nei suoi centoventi e rotti minuti, non molla un colpo grazie anche alle capacità attoriali di Elizabeth Mosso, vitta isterica e fredda vendicatrice. Coniuga con sapienza, grazie a un’elegante fotografia nitida e geometrica, il sentimento di angoscia vissuto dalla donna e empaticamente trasmesso allo spettatore grazie a quella girandola di corridoi, angoli remoti, sequenze con tanti primi piani da buon vecchio film horror degli anni ’70, insinuando misteriose presenze che assumono via via contorni sempre più inquietanti.
Ecco se tutto questo nella prima ora intrattiene, stimola e inchioda lo spettatore alla poltrona, dalla seconda parte in poi, la sceneggiatura, pur mantenendosi serrata, si palesa confusa, con tantissime lacune dal punto stilistico di cui, spesso, non si capisce bene il significato di molte scene inserite là solo per il desiderio di mostrare la labilità mentale della donna, incarnandosi nella minaccia di un poltergeist a cui nessuno crede e che come al solito si palesa solo frutto di una malattia mentale della protagonista, una parentesi assai poco efficace che toglie una buona parte della tensione sinora accumulata.
Ma poco importa, perché il sottotesto dell’uomo invisibile, nella sua specificità di “film di genere” in tempi di me too e campagne di violenza contro le donne, è propedeutico a gettare uno squarcio inquietante sui controlli della macchina sull’uomo, sulla necessità di essere “visibili” e raggiungibili al tempo stesso sempre e ovunque, in ogni momento, sulla possibilità di essere figli della luce in tempi di tenebre fitte frutto di aguzzini invisibili.
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jonnylogan
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giovedì 9 aprile 2020
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chi ha paura dell'uomo che non si vede?
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Cecilia, sposata da alcuni anni con un ricco scienziato, decide di scappare di casa dopo che suo marito Adrian l'ha resa vittima di un rapporto basato sulla sua mortificazione. Ospitata da un amico, da sua figlia e aiutata da sua sorella Emily, la donna apprende che il marito, scosso dalla sua scomparsa, si è suicidato lasciandola erede di un'ingente fortuna riscuotibile a patto che non venga giudicata incapace d’intendere e di volere. Da quel momento Cecilia inizia però ad avvertire delle strane presenze.
il romanzo di H.G. Wells viene declinato in chiave moderna, come un horror psicologico che strizza entrambi gli occhi al tema sensibile del #metoo, facendo impersonare a Elizabeth Moss, reduce dal successo di Handmaid’s Tale, nuovamente i panni di una donna destinataria di soprusi ma non più generati da una società maschilista, come quella narrata nelle pagine del romanzo di Margaret Atwood, ma come vittima di un marito che ha saputo farsi odiare anche dal fratello, avvocato dedito alla lettura del suo testamento, anch’egli bersaglio di attacchi psicologici esattamente come la fragile Cecilia.
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Cecilia, sposata da alcuni anni con un ricco scienziato, decide di scappare di casa dopo che suo marito Adrian l'ha resa vittima di un rapporto basato sulla sua mortificazione. Ospitata da un amico, da sua figlia e aiutata da sua sorella Emily, la donna apprende che il marito, scosso dalla sua scomparsa, si è suicidato lasciandola erede di un'ingente fortuna riscuotibile a patto che non venga giudicata incapace d’intendere e di volere. Da quel momento Cecilia inizia però ad avvertire delle strane presenze.
il romanzo di H.G. Wells viene declinato in chiave moderna, come un horror psicologico che strizza entrambi gli occhi al tema sensibile del #metoo, facendo impersonare a Elizabeth Moss, reduce dal successo di Handmaid’s Tale, nuovamente i panni di una donna destinataria di soprusi ma non più generati da una società maschilista, come quella narrata nelle pagine del romanzo di Margaret Atwood, ma come vittima di un marito che ha saputo farsi odiare anche dal fratello, avvocato dedito alla lettura del suo testamento, anch’egli bersaglio di attacchi psicologici esattamente come la fragile Cecilia. Anche in quest’ultima pellicola di Leigh Whannell c’è ancora molto horror, esattamente come le sue prove precedenti - non dimentichiamoci che il regista canadese è, assieme al regista James Wan, fra i creatori della saga di SAW - ma questa volta declinata come un incubo in bilico fra le paure dei propri errori passati e il terreno bruciato che si può creare attorno a una persona della quale non si riescono a giudicare i comportamenti.
Elizabeth Moss riesce nel frattempo a dominare la scena creando un nuovo personaggio solitario, carico di altrettanto pathos che si dipana dalla sua figura minuta, e che si muove all’interno di una società che sembra ostracizzarla perché capace di dire basta a un rapporto malsano ma dal quale ha potuto ricavare un chiaro beneficio economico. Successo possibile al botteghino, frenato solamente dalla pandemia nelle quale è avvolto il nostro pianeta. Pellicola vincente sotto ogni punto di vista, da quello horror fino ad arrivare alle evidenti implicazioni psicologiche, e per la quale non s’esclude un possibile sequel.
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felicity
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mercoledì 29 aprile 2020
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rilettura profonda e inedita di un classico
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La bontà del film è di riconfigurare un classico come L’Uomo Invisibile all’interno di una piaga sociale qual è quella dello stalking, a partire dalla tristemente troppo diffusa realtà della violenza domestica.
The Invisible Man funziona ed inquadra con estrema lucidità quella fobia del sentirsi costantemente come oggetto osservato, braccato nell’ombra da un’entità maligna che allunga la sua viscida mano fino a toccare, prima che fisicamente, mentalmente.
Il merito della riuscita del film è nel mettere a fuoco una perenne linea di tensione attraverso un regime dello sguardo consapevole, ma allo stesso tempo negato dalla sua evidenza fisica.
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La bontà del film è di riconfigurare un classico come L’Uomo Invisibile all’interno di una piaga sociale qual è quella dello stalking, a partire dalla tristemente troppo diffusa realtà della violenza domestica.
The Invisible Man funziona ed inquadra con estrema lucidità quella fobia del sentirsi costantemente come oggetto osservato, braccato nell’ombra da un’entità maligna che allunga la sua viscida mano fino a toccare, prima che fisicamente, mentalmente.
Il merito della riuscita del film è nel mettere a fuoco una perenne linea di tensione attraverso un regime dello sguardo consapevole, ma allo stesso tempo negato dalla sua evidenza fisica.
La prima metà del film non ha nemmeno una sbavatura, costruita su una sapiente esposizione degli spazi e delle geometrie casalinghe, di quelle mura che in migliaia di realtà rappresentano più una prigione piuttosto che una sicurezza da ciò che c’è al di fuori.
È in questa porzione di film che ne L’Uomo Invisibile pare attingere a piene mani dal genere dell’home invasion, rovesciandone i canoni di una violazione dell’intimità da parte del mondo esterno e filtrandoli attraverso quell’odiosa sensazione di insicurezza data dalla pulsione di una minaccia che spinge da dentro e si annida negli angoli.
The Invisible Man scongiura il pericolo di essere banale racconto di un male da estirpare, riuscendo a catturare l’essenza di un fiato sempre più corto e di un isolamento sempre più progressivo, centrando in pieno l’obiettivo di coniugare la critica sociale con il veicolo dell’intrattenimento.
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wolvie
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domenica 9 maggio 2021
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attenzione alla donna bianca se si incazza
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Ennesimo film tratto dal classico romanzo di H.G.Wells, che rinverdisce le gesta del personaggio dell' Invisible Man, in chiave "villain", seguendo in parte la scia del film di Veroheven del 2000.
L' invisibilità come potere del controllo sull' altro, anche in termini di abuso e violenza psico-fisica. Per certi versi ricorda il film "Entity" di Sidney J. Furie del 1982 ,anche se lì, era un fantasma ad abusare del suo "potere" verso la compagna.
Prodotto dal solito Blum, questa volta la "minoranza" che si ribella e' la femmina/donna/moglie/madre, ma comunque aiutata da un poliziotto e la di lui figlia adolescente, all' black.
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Ennesimo film tratto dal classico romanzo di H.G.Wells, che rinverdisce le gesta del personaggio dell' Invisible Man, in chiave "villain", seguendo in parte la scia del film di Veroheven del 2000.
L' invisibilità come potere del controllo sull' altro, anche in termini di abuso e violenza psico-fisica. Per certi versi ricorda il film "Entity" di Sidney J. Furie del 1982 ,anche se lì, era un fantasma ad abusare del suo "potere" verso la compagna.
Prodotto dal solito Blum, questa volta la "minoranza" che si ribella e' la femmina/donna/moglie/madre, ma comunque aiutata da un poliziotto e la di lui figlia adolescente, all' black.
Cecilia Kass è completamente annullata/annichilita e controllata nel suo vivere, essere, quindi esistere, dal suo compagno, il ricchissimo Adrian Griffin, geniale ingegnere, attivo nell' industria dei sistemi di sicurezza e di controllo visivo.
Lei riesce a fuggire dalla casa/bunker in cui è stata segregata, ma qualcuno o qualcosa continua a perseguitarla senza essere visto da anima viva, tant' è che in un mondo dove le telecamere sono onnipresenti, la pazza ossessionata dalla presenza intangibile appare proprio Cecilia. Nella situazione più disperata, però, riuscirà a reagire e a ripagare i suoi stalker con la loro stessa moneta.
Il film è di discreta fattura, la Moss, anche se non identificabile con il modello femminino che dovrebbe rappresentare, risulta la convincente interprete anche grazie alla sua mimica facciale, che riesce ad esprimere al meglio i vari sentimenti che attraversano il suo viso.
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eugen
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sabato 8 aprile 2023
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leigh whannell very good
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"The INvisible Man"(Leigh Whannell, anche autore della sceneggiatura e adattamento modenro del romanzo omonimo di H.G.Wells, 2020)e'una volta tanto, un thiller, con venature"fantastiche"e horror di grande eiffcacia: qui si tratta del tema del "doppio"-doble-Doppelga"nger ma sub specie del mascheramento tipo robot o ,meglio simil-robotico che nasconde l'invisibilita', con la quale uno sicenziato geniale minaccia la sua ex.fuggita dalla grande casa in cui vivenao entrambi, rigugiandosi presso il fratello-architettura d'interni "incredibile", postmoderno totale, con uno spezettamento dei singoli locali degno di un vero e proprio labritinto-fino a quando la donna capisce il gioco dell'umo, che ha anche finto il suicidio, ritorcendo i trucchi dello stesso"play"contro l'uomo e finiesce per averla vinta.
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"The INvisible Man"(Leigh Whannell, anche autore della sceneggiatura e adattamento modenro del romanzo omonimo di H.G.Wells, 2020)e'una volta tanto, un thiller, con venature"fantastiche"e horror di grande eiffcacia: qui si tratta del tema del "doppio"-doble-Doppelga"nger ma sub specie del mascheramento tipo robot o ,meglio simil-robotico che nasconde l'invisibilita', con la quale uno sicenziato geniale minaccia la sua ex.fuggita dalla grande casa in cui vivenao entrambi, rigugiandosi presso il fratello-architettura d'interni "incredibile", postmoderno totale, con uno spezettamento dei singoli locali degno di un vero e proprio labritinto-fino a quando la donna capisce il gioco dell'umo, che ha anche finto il suicidio, ritorcendo i trucchi dello stesso"play"contro l'uomo e finiesce per averla vinta. Per vario tempo la protagonista femmiille, drogtata dall'uomo e quasi"avvelnaata"non era stata creduta dalle persone presso le quali si era rifugiata(compreso, tra l'altro un detective dlela polizia), che non avevano capito la genesi dei fatti verificatisi ed era stata persino ricoverata in una clinica psichiatrica. La suspense, anche abbinata al"mistero"nel film e'mantenuta costantemente, senza mai un attimo di"defaillance", con un uso molto intelligente sia del montggio sia delle inquadrature, rivelanti/sfuggenti. Whannell, australiano, pi'noto come sceneggiatore, nei film diretti da James Wan e in particolare nella serie "Saw"In italiano"L'enigmaista"e qui, alla sua(credo)terza regia esprime in pieno le sua capacita'anche registiche. Elizabeth Moss e'protagnnista efficace, supportata da Oliver.Jackson Cohen(il terribile scienziato che si rende invisbile), Alid Hodge, l9nvesitgatore e le altre(gli altri interpreti. Eugen
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dandy
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domenica 28 febbraio 2021
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sorpresa....
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Ottima rivisitazione dell'adattamento del romanzo di HG Welles.Il regista(anche sceneggiatore)aggiorna la vicenda in versione high tech e mette in primo piano il tema attualissimo dello stalking e soprattutto del totale isolamento della vittima,"colpevole" di pesare a chi la circonda con il proprio trauma e costretta a dimostrare al mondo la realtà di un male "invisibile" che porta tutti ad andarle contro rendendola nuovamente vittima.I momenti di tensione sono ben orchestrati,dai primi sinistri segnali di una presenza estranea alla sequenza nel ristorante fino al pre-finale nell'ospedale psichiatrico.E tra le righe vi è anche una lettura della tecnologia(e-mail contraffatte,telecamere a circuito chiuso,foto col cellulare)come ulteriore mezzo di prevaricazione e violazione.
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Ottima rivisitazione dell'adattamento del romanzo di HG Welles.Il regista(anche sceneggiatore)aggiorna la vicenda in versione high tech e mette in primo piano il tema attualissimo dello stalking e soprattutto del totale isolamento della vittima,"colpevole" di pesare a chi la circonda con il proprio trauma e costretta a dimostrare al mondo la realtà di un male "invisibile" che porta tutti ad andarle contro rendendola nuovamente vittima.I momenti di tensione sono ben orchestrati,dai primi sinistri segnali di una presenza estranea alla sequenza nel ristorante fino al pre-finale nell'ospedale psichiatrico.E tra le righe vi è anche una lettura della tecnologia(e-mail contraffatte,telecamere a circuito chiuso,foto col cellulare)come ulteriore mezzo di prevaricazione e violazione.Anche il finale giustizialista,apparentemente banale,diventa metafora del passaggio fin troppo breve(seppur moralmente legittimato)da vittima a carnefice qualora ci si ritrovi nella possibilità di potersi vendicare.Bravissima la protagonista.Grande successo in patria.Da noi è uscito in streaming dopo l'avvento del Covid-19.
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