fabio
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giovedì 6 settembre 2018
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da vedere. van sant al meglio
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Premesso che sono un estimatore del cinema di Van Sant dai tempi di "Drugstore cowboy", in questo nuovo lavoro lo ritrovo in piena forma.
Il film è davvero ricco di temi (l'alcolismo, la disabilità, la caduta e il riscatto); il regista riesce a presentarceli tutti in modo onesto e senza pregiudizi.
La storia di Callaghan viene fuori senza finti omaggi, forse con qualche indulgenza ma del resto sono proprio questi i tipi che affascinano di più il regista: brutti, scomodi, perdenti, ai margini della vita.
Dovrebbe essere proiettato nelle scuole per la capacità di raccontare "verità" ma senza pedanteria, cosa che da sempre contraddistingue tutto il cinema di Gus Van Sant.
[+] intimistico e poetico film di cadute e riscatti
(di antoniomontefalcone)
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vanessa zarastro
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venerdì 31 agosto 2018
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vignette cattivissime
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“Don't Worry, He Won't Get Far on Foot”– è il titolo completo del film di Gus Van Sant - costituisce un pezzo di bravura dell’attore Joaquin Phoenix che con la sua interpretazione di John Callahan, il celebre vignettista rimasto paralizzato dopo un incidente automobilistico all'età di ventun’anni, si candida all’Oscar 2019 come migliore attore.
Tratto dalla biografia dello stesso Callahan, il film fa toccare con mano il problema delle dipendenze e del difficile percorso che alcune persone fanno per uscirne. C’è attorno a questi tutto un mondo fatto di solidarietà, di aiuti reciproci, di volontariato tra gli anonimi alcoolisti e persone che vi girano attorno.
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“Don't Worry, He Won't Get Far on Foot”– è il titolo completo del film di Gus Van Sant - costituisce un pezzo di bravura dell’attore Joaquin Phoenix che con la sua interpretazione di John Callahan, il celebre vignettista rimasto paralizzato dopo un incidente automobilistico all'età di ventun’anni, si candida all’Oscar 2019 come migliore attore.
Tratto dalla biografia dello stesso Callahan, il film fa toccare con mano il problema delle dipendenze e del difficile percorso che alcune persone fanno per uscirne. C’è attorno a questi tutto un mondo fatto di solidarietà, di aiuti reciproci, di volontariato tra gli anonimi alcoolisti e persone che vi girano attorno. Ma c’è anche molta indifferenza, se non addirittura cattiveria, che nel film invece non viene mostrata.
Il protagonista oltre ad essere un etilista è anche paraplegico in seguito all’ incidente di auto in cui lui e il suo compagno di sbornia, avevano guidato completamente ubriachi. Presero in pieno un palo e Dexter, al volante, se la cavò miracolosamente con qualche graffio mentre John dovette passare un’odissea di interventi e riabilitazioni per riuscire a riacquistare l’uso della mano e del braccio destro. Ciò, più tardi, si rivelò fondamentale perché diventerà lo strumento di satira e di cinica comicità delle sue vignette dissacratorie.
Il film è risolto molto attraverso il montaggio: continui flashback e flashforward complessizzano la vicenda. John era nato nel 1951 a The Dalles, un piccolocentro abitato di circa 13.000 abitanti nella contea di Wasco dello Stato dell'Oregon, ed era stato adottato piccolissimo dauna famiglia di lì. Per John il non essere stato voluto dalla madre biologica è fonte di grande dolore che impara presto ad affogare nell’alcool.
Dopo lo spaventoso incidente John, in maniera graduale, riesce a trovare la forza di risollevarsi grazie all'aiuto del gruppo di alcolisti anonimi di cui entra a far parte, e in particolare di quello scelto come proprio tutor, Donnie – un hippie omosessuale interpretato da Jonah Hill- che riesce a dargli la forza di rimettere in sesto la propria esistenza.
Qui emerge un’altra parte di John, quella umoristica (un particolare humor nero), che appare nei suoi dialoghi e man mano nelle vignette che, con tratto tremolante, riusciva a tracciare a due mani. I soggetti – obiettivi del suo spirito tagliente – sono le stesse persone che lui frequenta: i diversamente abili, gli etilisti, gli omosessuali, le persone sovrappeso, i cattolici, i mendicanti, i politici. Si direbbe oggi uno humor “politically uncorrected”. Callagan sembra quasi stupirsi all’inizio del successo delle sue vignette ma, man mano che la notorietà avanza – tra apprezzamenti contraddittori – acquista consapevolezza e fiducia nella sua abilità che diventa, in tal modo, la sua vera ancora di salvezza. Rooney Mara interpreta Annu, l’hostess svedese di cui John s’innamora, presentata quasi più come una visione simbolica che una persona realistica.
Joaquin mostra una notevole trasformazione nel film: da ragazzo piuttosto antipatico all’inizio, diventerà una persona con personalità magnetica alla fine. Una trasformazione accompagnata dall’ottimo jazz di Danny Elman che ricorda un pò l’Eric Dolphy di quegli anni.
Gus Van Sant, nato a Louisville, Kentucky nel 19523, ha spesso trattato temi di personaggi border-line: uomini folli ma acutissimi, ingestibili ma geniali, basti citare due suoi film come “Will Hunting - Il genio ribelle” del 1997 e “Milk” del 2008 per i quali è stato candidato agli Oscar.
“Don't Worry, He Won't Get Far on Foot”è stato presentato al Sundance Film Festival 2018 e alla 68° edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino.
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lucio di loreto
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giovedì 14 marzo 2019
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un biopic commovente anche se troppo statico
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La storia di John Callahan, disegnatore su sedia a rotelle assolutamente non politically correct, ci viene raccontata e proposta da Gus Van Sant, del quale è superfluo parlare. Il regista, al diciottesimo lungometraggio e dopo una lunghissima e celebre carriera, ripropone sul grande schermo la biografia del fumettista, paraplegico e immobile dalla testa in giù, curando senza fronzoli anche la sceneggiatura, dando ampio spazio a Joaquin Phoenix, un campione ormai catapultato nell’olimpo dei migliori. I dialoghi sono semplici, forzati il giusto e uniscono incredibilmente una massiccia dose di ironia con un dramma latente che lega tutti i protagonisti, che siano invalidi, tossicodipendenti, alcolisti, depressi o semplici underdog ed emarginati da una vita troppo estesa e pressante.
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La storia di John Callahan, disegnatore su sedia a rotelle assolutamente non politically correct, ci viene raccontata e proposta da Gus Van Sant, del quale è superfluo parlare. Il regista, al diciottesimo lungometraggio e dopo una lunghissima e celebre carriera, ripropone sul grande schermo la biografia del fumettista, paraplegico e immobile dalla testa in giù, curando senza fronzoli anche la sceneggiatura, dando ampio spazio a Joaquin Phoenix, un campione ormai catapultato nell’olimpo dei migliori. I dialoghi sono semplici, forzati il giusto e uniscono incredibilmente una massiccia dose di ironia con un dramma latente che lega tutti i protagonisti, che siano invalidi, tossicodipendenti, alcolisti, depressi o semplici underdog ed emarginati da una vita troppo estesa e pressante. Il film scorre tra una serie illimitata di relazioni sentimentali, intese più che altro come rapporti umani, che siano amicizia, odio, rispetto, amore e sesso. Nei cassetti hollywoodiani da tempo non sospetto (Robin Williams) il biopic è arrivato finalmente alla distribuzione, affidato completamente (regia, soggetto e dialoghi) ad un’icona del cinema indipendente americano che a 66 anni ripropone quello per cui ha combattuto da sempre in carriera: trasportare una storia americana triste e comune, affidata ad interpreti di lusso, in modo semplice e realistico ma distaccata totalmente dal mainstream a stelle e strisce, lasciandoci ancora una volta e durante le quasi due ore di proiezione a rimarcare quanto sia bello il cinema indie e d’avanguardia oltreoceano. In Don’t Worry, l’abuso di whiskey e affini è la base sulla quale si concentra la trama, in aggiunta al tentativo terminale di sconfiggerlo grazie a terapie di gruppo e ad un’introspettiva ricerca di Dio. Phoenix è al solito magistrale in uno dei suoi maggiori sforzi di una filmografia infinita e di nicchia, lasciando trasparire a chi osserva ogni tipo di emozione e sensazione che il suo John possiede, dal rancore verso chi causò la sua invalidità (Dexter/Jack Black) al rimorso per una giovinezza troppo hippie e sbandata, alla tristezza per la sua vita per sempre limitata al vigore di provare a ricominciare, alla folle dipendenza dalla bottiglia stretta sui dorsi delle mani perché impossibilitato a stringerla a una nuova speranza fatta di credo, fratellanza e talento nel disegnare fumetti, che distruggono la società americana, ancor di più perché scritti da un “ultimo”. Il film, grazie anche ad un cast secondario di prima grandezza dove emerge Jonah Hill nel ruolo di un guru delle terapie di massa, compie il suo percorso, cioè commuovere col sorriso lo spettatore. Quel che manca sono la spasmodica e claustrofobica disperazione che il protagonista si trova ad avere nel momento in cui si sveglia dall’incidente, il percorso (anch’esso drammatico ed estremo) riabilitativo che deve attraversare e una maggiore provocazione verso lo status quo perbenista che viene solo sfiorata in tutta la pellicola. Van Sant decide di rimanere un po' troppo in disparte, lasciando alla sua inarrivabile ed impeccabile star tutti gli oneri ed onori del caso, venendo poi ripagato in largo e in lungo da un’interpretazione magnifica ed infinita.
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flyanto
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martedì 4 settembre 2018
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la rinascita verso una nuova esistenza
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Il regista Gus Van Sant ritorna nelle sale cinematografiche con la sua ultima opera “Don’t Worry” in cui ancora una volta analizza un determinato aspetto della realtà e qui, più precisamente, quello di un uomo che in seguito alla sua dipendenza dall’alcol rimane coinvolto in un incidente stradale e da questo momento in poi sarà costretto a vivere su una sedia a rotelle. E’così che lo spettatore inizia a conoscere più a fondo il protagonista (il reale fumettista John Callahan ed ottimamente interpretato da Joaquin Phoenix) ed a seguirlo nel suo difficilissimo e lunghissimo iter di riabilitazione fisica e psicologica.
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Il regista Gus Van Sant ritorna nelle sale cinematografiche con la sua ultima opera “Don’t Worry” in cui ancora una volta analizza un determinato aspetto della realtà e qui, più precisamente, quello di un uomo che in seguito alla sua dipendenza dall’alcol rimane coinvolto in un incidente stradale e da questo momento in poi sarà costretto a vivere su una sedia a rotelle. E’così che lo spettatore inizia a conoscere più a fondo il protagonista (il reale fumettista John Callahan ed ottimamente interpretato da Joaquin Phoenix) ed a seguirlo nel suo difficilissimo e lunghissimo iter di riabilitazione fisica e psicologica. Attraverso dei flash back si assiste alla vita quotidiana dell’uomo caratterizzata dall’uso smodato di alcol come impulso di rabbia e di ritorsione nei confronti delle proprie vicende personali. Nel difficile e lungo percorso che egli, invece, è costretto ad intraprendere dopo l’incidente che gli ha causato la quasi totale infermità fisica, si segue il protagonista sempre più rabbioso e rancoroso nei confronti della nuova personale condizione di paraplegico che lo limita in tutto e per la quale deve dipendere costantemente da un aiuto esterno. Ma grazie all’aiuto di uno dei tanti gruppi di sostegno che l’uomo, sia pure malvolentieri all’inizio, inizia a seguire, egli riuscirà piano piano a superare il suo periodo difficile e soprattutto a comprendere di incanalare le proprie forze fisiche e mentali dietro a ciò che più gli piace e verso cui sembrerebbe avere anche un certo talento. E’ così egli incomincerà a dedicarsi seriamente ed a tempo pieno a disegnare delle vignette sarcastiche ed a pubblicarle in qualche quotidiano, raggiungendo poi nel tempo anche un certo successo e notorietà.
Nel complesso “Don’t Worry”, si accomuna a tantissime pellicole precedenti trattanti più o meno lo stesso tema e, cioè, la rinascita di un individuo dopo un periodo lungo e travagliato periodo caratterizzato da un forte dipendenza da sostanze nocive, ma Gus Van Sant riesce in un certo senso a rendere più particolare la propria opera rispetto alle altre perchè riesce a rappresentare molto efficacemente e realisticamente l’intero percorso psicologico del protagonista ponendo l’accento soprattutto sulla sua nuova consapevolezza di sé e dell’esistenza in generale a cui l’uomo finalmente giunge, fungendo anche come una sorta di insegnamento morale su cui riflettere a fondo.
La regia di Van Sant, come sempre, è diretta e cruda e l’interpretazione di Joaquin Phoenix, ripeto, altamente efficace e realistica grazie anche alla trasformazione fisica ottenuta col trucco.
Interessante sebbene non allegro.
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erica villafranca
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martedì 12 marzo 2019
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attraversare il cambiamento con john: la mia psicorecensione
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Nella maggior parte dei film che catturano la mia attenzione uno dei temi cardine è quello del Cambiamento, quel processo che in Terapia porta la persona ad una meta positiva e di felicità e che in Don’t Worry viene trattato con attenzione alle dinamiche profonde di emozioni e sentimenti, rispettandone la dignità e la complessità. Il cambiamento in questo film passa attraverso i vissuti emotivi biografici del suo protagonista: John Callahan, il vignettista e disegnatore satirico e provocatorio, che ha goduto di grande fama e successo negli stati Uniti. Sin dall’inizio del film ci viene presentata l’anestesia dell’angoscia, della solitudine e del dolore attraverso l’abuso di alcol da parte di John.
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Nella maggior parte dei film che catturano la mia attenzione uno dei temi cardine è quello del Cambiamento, quel processo che in Terapia porta la persona ad una meta positiva e di felicità e che in Don’t Worry viene trattato con attenzione alle dinamiche profonde di emozioni e sentimenti, rispettandone la dignità e la complessità. Il cambiamento in questo film passa attraverso i vissuti emotivi biografici del suo protagonista: John Callahan, il vignettista e disegnatore satirico e provocatorio, che ha goduto di grande fama e successo negli stati Uniti. Sin dall’inizio del film ci viene presentata l’anestesia dell’angoscia, della solitudine e del dolore attraverso l’abuso di alcol da parte di John. Lo vediamo bere, lo vediamo astinente, lo vediamo tormentato e inquieto. La pellicola ci darà modo di sentire e capire molte cose di John. Fino a condurci al momento della sua decisione di cambiamento, quando John sente e riconosce il problema dell’alcolismo. E infine…al cambiamento di comportamento che è un esito naturale ma consapevole di una trasformazione profonda del punto di vista di John. E' John ad essere cambiato e così cambia il suo comportamento.
Come John Cambia.... Nonostante.... Il Cambiamento non è illusione di tornare a camminare dopo essere rimasto tetraplegico. E' lucida e profonda consapevolezza per riconoscere un problema, facendo i conti con la realtà e con le risorse personali disponibili per viverlo ed affrontarlo. Tutto quel che cambia nella vita di John e che tutti possiamo constatare … cambia “nonostante…”. Nonostante un passato di dolore in cui egli è stato senza dubbio vittima, nonostante nella vita si sia aggiunto altro dolore e disperazione a seguito di un tragico incidente che lo rende tetraplegico. Nonostante tutto John arriva a sentire la felicità, la gratitudine e a godersi il successo. Lui si sente cambiato. E noi lo vediamo cambiato.
Il Cambiamento come processo La storia di John certamente è un esempio, è una biografia, la storia di una persona. Non vale per tutti. Perché ogni storia è a sé, e ogni persona ha specifiche profondità da attraversare e un punto di arrivo in cui si considererà cambiato. Ma il processo sottostante il cambiamento quello sì, credo proprio valga per tutti: puoi cambiare un comportamento ma l’unica persona che può far cambiare un comportamento sei Tu. L’unica persona. Te stesso. Si cambia con il desiderio di cambiare per essere felici e la stella polare diventa il desiderio in luogo della mancanza.
La Depressione ed il Copione da Vittima di John John Callahan è stato abbandonato dalla mamma in tenera età e viene adottato da una famiglia amorevole. Diventa alcolista a 13 anni. Con l’alcol si anestetizza. Anestetizza la rabbia. Il dolore e le risposte mancate al suo bisogno di conoscere le ragioni di quell’abbandono. Nonostante John sia stato adottato e trattato con amore dai genitori adottivi e dai suoi fratelli egli vive e si sente una pecora nera e si comporta come tale con i genitori e con gli insegnanti. Rimane lì ancorato ad un dolore che non trova spiegazioni diverse dal nutrire rancore dell’abbandono e vivere tutta la sua vita imprigionato dalla depressione, con un profondo senso di inadeguatezza. Non coltiva il suo talento. Non crea relazioni profonde. Con nessuno. Si ritira in se stesso e beve.
“Io sono depresso da quando mi sveglio.” In fuga continua dal suo dolore attraverso il consumo di alcol. Nel film ripete più volte:“So tre cose della mia vera madre: era di origine irlandesi, aveva i capelli rossi e faceva la maestra ...e non mi voleva…d’accordo 4 cose!”
Queste frasi descrivono l’identità di John. Il suo sentirsi rifiutato, da allora ad ora, ha costruito inconsapevolmente la sua identità di Vittima (rifiutata, non voluta, non degna di amore) da cui John conduce la propria esistenza, in un vissuto angosciante, che possiamo immaginare come insostenibile nel quotidiano. Perciò ci vuole anestesia alcolica. John si è dato una sua spiegazione, ha preso una decisione su sé e sugli altri ed ha costruito il Copione su cui mettere in scena la sua Vita: attribuire a sé stesso una identità di pecora nera e vivere la mamma e tutti gli altri come abbandonici e rifiutanti. E’ una spiegazione, fornisce una struttura alternativa all’abisso dell’angoscia. E’ un contenitore necessario che permette la sopravvivenza, ma è un contenitore insopportabile. Perciò John beve. Annega la depressione nell’alcol. Nel suo Copione l’alcol è l’unica strategia possibile di John Vittima. E’ un po’ come se John si dicesse “non posso cambiare nulla della mia infelicità, l’unica cosa che posso fare è trovare il modo per non sentirla bevendo”. Questo è il vissuto a cui John rimane ancorato. Intrappolato in un copione di vita di Depressione dove lui è inadeguato… e gli altri pure. La Vita di John fluisce come un sopravvissuto nel suo Copione e si intreccia in un Destino che aspetta una Vittima che può solo sopravvivere. Vivere è cosa diversa. L’insostenibile sobrietà, tamponata con l’anestesia alcolica, fa trascurare le conseguenze dei comportamenti di John e conduce John all’appuntamento con un Destino inconsapevolmente costruito: un incidente drammatico: John rimane tetraplegico e si misura con l’avere bisogno di qualcuno che si occupi di lui e che stia con lui. Deve dipendere da qualcuno, deve dipendere da una sedia a rotelle e continua la sua dipendenza da alcol. Il Destino lo conduce schietto e diretto all’inevitabile necessità di Riconoscere il problema che diventa un’opportunità di cambiamento.
John riconosce il problema Dopo l’incidente che pregiudica la sua autonomia comprende finalmente quanto l’alcol sia un problema per lui e per la sua vita e decide di entrare in un gruppo di alcolisti anonimi. Riconoscere che l’alcol è un problema grave non comporta lo smettere di bere, ma è il suo punto di inizio per il Cambiamento. Se il vissuto è così angosciante, non può essere sostenuto, serve anestesia, serve alcol. Ma l’alcolismo finalmente viene da lui riconosciuto come il suo problema. Fondamentale passaggio nel Cambiamento.
John è Vittima ed ha un alibi per non cambiare La presa di consapevolezza di un vissuto che non lascia scampo al John Vittima emerge attraverso un realistico e duro confronto con il gruppo di alcolisti di cui fa parte. Nel Gruppo (di Ex Vittime) non c’è più spazio per il sentirsi Vittima. Il Vittimismo di John viene smascherato e messo alle strette. Vengono smascherati gli alibi costruiti per bene... e per bere. Al posto degli alibi viene chiesta l’assunzione di responsabilità e data la disponibilità all’ascolto vicino ed intimo tra John e gli altri membri del Gruppo.
Vediamo come: John: “Trovai una bottiglia di Gin da mia zia e mi piacque. E non ho più smesso. Iniziai a bere forse perché ero stato adottato e non mi faceva preoccupare più di tanto della cosa.” Il gruppo rimanda che questa affermazione costituisca un alibi per non cambiare. John si arrabbia e aggredisce Diana, un altro membro del gruppo. “Non è una scusa ma un fatto! Cosa ne sai tu, vecchia vacca grassa?”. “Povero me! Povero me!” ripete Diana, canzonando John. Senza scomporsi più di tanto per l'aggressione verbale ricevuta, rifiuta il vittimismo e quindi rivela la sua storia. Altrettanto vera e drammatica. Perciò credibile. John ne rimane colpito, ha un vero e proprio insight e comprende che il bere è una "scusa" e apprezza la Verità del confronto con gli altri. Trova Verità, Credibilità, Vicinanza e Accoglienza. “Mi piacete ragazzi!”. Trova proprio ciò che gli è mancato. Quando l’alibi cade John non si sente più Vittima ma Autore della sua Vita.
John diventa Autore della Sua Vita e della Sua Felicità Dopo aver smontato l'alibi per non cambiare, John passa da essere Vittima ad essere Autore. Una sera, in preda all’astinenza (e quindi all’approssimarsi dell’angoscia) attraversa in modo nuovo quel che sente. Senza anestesia. Presente a se stesso. Risente quella rabbia per l’abbandono nei confronti della madre. Rivive ed esprime da Autore consapevole e lucido quella dolorosa disperazione e frustrazione nel non poter vedere, conoscere e riconoscere la propria madre. John Autore se la immagina parlargli con un tono dolce ed accogliente, se la immagina dar lui il permesso di felicità, se la immagina riconoscergli il suo talento. John Autore si immagina e si restituisce quel che gli è mancato. Ripristina la giustizia. Trova una nuova abilità di rispondere (la sua responsabilità) alle domande dolorose rimaste in sospeso. E lo fa sollevandosi dalla colpevolizzazione propria e della madre. Si permette così la felicità, va oltre il suo blocco ed il suo ricatto. E decide qualcosa dal profondo, che non berrà mai più. Non sparirà mai quel dolore e quella mancanza di una mamma mai conosciuta, ma la responsabilità della sua felicità/infelicità non sarà più delegata ad un passato che non può essere cambiato. Né tantomeno all’alcol. La gratitudine verso i presenti si fa spazio ed è preferita rispetto alla mancanza degli assenti. Straordinario John!
Il cambiamento avvenuto diventa voglia di vivere ed essere felice. Non serve più anestetizzarsi e fuggire dal dolore. John dà questa descrizione: “Mentre lavoravo sui passi dell’associazione ho cominciato a sentire un grande flusso di energia. All’improvviso ho capito che ero stato ed avrei dovuto essere un vignettista ed un umorista da sempre.”
Cambiamento avvenuto. Anzi...Evoluzione avvenuta! Come John ci mostra in una delle sue vignette più famose.
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wolvie
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martedì 8 dicembre 2020
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tetraplegico trombante
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Dalla biografia di John Callahan, vignettista satirico tetraplegico, con una infanzia difficile alle spalle, fino ai 22 anni vive da alcolizzato convinto e dedito all abuso di sostanze stupefacenti.
In una notte di bagordi è vittima di un incidente automobilistico che lo costringerà sulla sedia a rotelle, tetraplegico quasi completo.
Nella terapia di gruppo e nel disegno vignettistico troverà il motivo per continuare a vivere, non a sopravvivere, riuscendo ad affrontare una metaforica salita karmika come un percorso, composto da perdono e scuse verso tutte le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Bel film questo di Van Sant, che non pigia il pedale dell' autocommiserazione o del pietismo.
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Dalla biografia di John Callahan, vignettista satirico tetraplegico, con una infanzia difficile alle spalle, fino ai 22 anni vive da alcolizzato convinto e dedito all abuso di sostanze stupefacenti.
In una notte di bagordi è vittima di un incidente automobilistico che lo costringerà sulla sedia a rotelle, tetraplegico quasi completo.
Nella terapia di gruppo e nel disegno vignettistico troverà il motivo per continuare a vivere, non a sopravvivere, riuscendo ad affrontare una metaforica salita karmika come un percorso, composto da perdono e scuse verso tutte le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Bel film questo di Van Sant, che non pigia il pedale dell' autocommiserazione o del pietismo.
Con uno stile registico " old school '70" e con un cast di attori in stato di grazia (un Jonah Hill che non ti aspetti), anche Phoenix, riesce a non " mangiarsi " il film con la sua prova.
Le scene delle scuse, specie con la madre che non ha mai conosciuto, e quella con l' ex sodale della tragica notte (Jack Black), fanno raggiungere al film il culmine, nel fare pace con sé stesso e con il mondo, realizzandosi pienamente come vignettista irriverente e satirico, ringraziando chi lo ha accompagnato in questo cammino, il film spicca il volo, giocando anche di sottrazione.
Van Sant dirige con consapevolezza e professionalità, sicuro di avere per le mani una buona storia da narrare e si prende tutto il tempo che occorre.
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goldy
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sabato 1 settembre 2018
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perplessa
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Si tratta della biografia di un giovane vignettista che per un incidente automobilistico finisce tetraplegico su una sedia a rotelle. una tematica ampimente trattata sugli schermi. Incuriosisce chiedersi come mai un regista considerato tra i più innovativi e creativi abbia accettato di girare l’ennesimo film sulla disabilità.Notevole la capacità narrativa mai lineare ma nervosa , ellittica, punteggiata da flashback che lo rendono un film decisamente rilevante per inventiva registica . Bravissimo nell’evitare retorica e facile pietismo tuttavia ciò che non convince è la storia Sul finale il virtuosismo registico si attenua, diventa più lineare, ma perde in credibilità La necessità di dispensare perdono a pioggia crea perplessità e francamente sono portata a considerare il film quasi inutile.
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Si tratta della biografia di un giovane vignettista che per un incidente automobilistico finisce tetraplegico su una sedia a rotelle. una tematica ampimente trattata sugli schermi. Incuriosisce chiedersi come mai un regista considerato tra i più innovativi e creativi abbia accettato di girare l’ennesimo film sulla disabilità.Notevole la capacità narrativa mai lineare ma nervosa , ellittica, punteggiata da flashback che lo rendono un film decisamente rilevante per inventiva registica . Bravissimo nell’evitare retorica e facile pietismo tuttavia ciò che non convince è la storia Sul finale il virtuosismo registico si attenua, diventa più lineare, ma perde in credibilità La necessità di dispensare perdono a pioggia crea perplessità e francamente sono portata a considerare il film quasi inutile. Bravissimi gli interpreti ma la bravura non salva un film se non è retto da una storia coinvolgente.
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[+] non è un film sulla disabilità
(di stefanoacquario)
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