massenzio99
|
sabato 5 gennaio 2019
|
da non perdere
|
|
|
|
Vice è un film da non perdere, fatto benissimo, a partire dal montaggio eccezzionale. Riesce a rendere una storia con conseguenze drammatiche, come quella di Cheney, meno pesante con diverse trovate geniali da parte del regista,come inserire alcune gag comiche immaginarie tra i protagonisti. Anche la voce fuori campo è geniale, mai fastidiosa, anzi aiuta il film ad essere ancora più chiaro e interessante. Insomma un bel film, meriterebbe l'Oscar e anche Christian Bale dovrebbe essere premiato per il suo impegno nell' assomigliare il più possibile al vice presidente americano, anche se la concorrenza è alta. Un ulteriore complimento al trucco, da premiare anch' esso per come è riuscito a rendere gli attori quasi identici a quelli reali.
[+]
Vice è un film da non perdere, fatto benissimo, a partire dal montaggio eccezzionale. Riesce a rendere una storia con conseguenze drammatiche, come quella di Cheney, meno pesante con diverse trovate geniali da parte del regista,come inserire alcune gag comiche immaginarie tra i protagonisti. Anche la voce fuori campo è geniale, mai fastidiosa, anzi aiuta il film ad essere ancora più chiaro e interessante. Insomma un bel film, meriterebbe l'Oscar e anche Christian Bale dovrebbe essere premiato per il suo impegno nell' assomigliare il più possibile al vice presidente americano, anche se la concorrenza è alta. Un ulteriore complimento al trucco, da premiare anch' esso per come è riuscito a rendere gli attori quasi identici a quelli reali. Non un capolavoro, ma vicino ad esserlo.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a massenzio99 »
[ - ] lascia un commento a massenzio99 »
|
|
d'accordo? |
|
carlosantoni
|
venerdì 4 gennaio 2019
|
cheney e gli altri del colpo di stato
|
|
|
|
Interessante e coraggiosa rivisitazione del colpo di stato attuato in Usa nel 2000 dalla Corte Suprema, su input di poteri fortissimi e reazionari, con conseguente ascesa a presidente degli Usa di un poco meno che mentecatto, sostenuto da una corte dei miracoli davvero niente male in quanto a capacità eversive. Roba da bassissimo impero: e infatti gli Usa, che progettavano “il nuovo secolo americano” di dominio universale e che proprio allora si autoreputavano incontrastati dominatori dell’universo, in realtà iniziavano proprio allora una parabola di declino che oggi appare conclamata. E in questo contesto di euforia e di errore di prospettive (l’opportunità dell’11 settembre: tale appare al nostro farabutto l’attacco alle Torri Gemelle), il regista tesse la biografia politica di Cheney, così come dei suoi colleghi, tra i quali in cinismo e spietatezza sicuramente primeggia Rumsfeld.
[+]
Interessante e coraggiosa rivisitazione del colpo di stato attuato in Usa nel 2000 dalla Corte Suprema, su input di poteri fortissimi e reazionari, con conseguente ascesa a presidente degli Usa di un poco meno che mentecatto, sostenuto da una corte dei miracoli davvero niente male in quanto a capacità eversive. Roba da bassissimo impero: e infatti gli Usa, che progettavano “il nuovo secolo americano” di dominio universale e che proprio allora si autoreputavano incontrastati dominatori dell’universo, in realtà iniziavano proprio allora una parabola di declino che oggi appare conclamata. E in questo contesto di euforia e di errore di prospettive (l’opportunità dell’11 settembre: tale appare al nostro farabutto l’attacco alle Torri Gemelle), il regista tesse la biografia politica di Cheney, così come dei suoi colleghi, tra i quali in cinismo e spietatezza sicuramente primeggia Rumsfeld. Film riuscito sotto vari aspetti, in primis la regia, così spigliata e briosa, a cominciare da quel “cazzo” che commenta l’incipit, per seguire coi titoli di coda finti a metà film, coi veri titoli di coda a base di esche non più metaforiche per pesci che abboccano (il popolino sporkoyankee, esattamente come George W. Bush), e ancora con le scene ultimative che… seguono i titoli di coda! E bella la fotografia, e i movimenti della mdp a braccio, e i primi e primissimi piani! E poi, come si sa, la superlativa interpretazione di C. Bale, incredibilmente trasformato fisicamente, e al tempo stesso così padrone di se stesso, così freddamente apollineo nel dare fisionomia a un personaggio oscuro, imperscrutabile, sfuggente, e tuttavia così esiziale per la vita (meglio dire: la morte) di milioni di esseri umani innocenti: poiché soltanto in Iraq i civili morti per colpa di Cheney, Rumsfeld, l’idiota di Bush, la Rice, Powell, e soprattutto delle multinazionali del genocidio quali la Hollyburton, e la corresponsabilità di centinaia di milioni di amerikani, non sono 600.000 come recita il film in chiusura, ma diversi milioni. Film pregevolissimo nell’assunto e nell’esecuzione registica, per non parlare del montaggio: divertenti le didascalie, deliziose le interpunzioni metaforiche di anonime scene di pesca, con l’abile tentativo di Cheney di far abboccare Bush il Tonto alle sue ferree proposte di condominio del potere mondiale. Corretta la chiamata in causa di Hillary Clinton, così come di Tony Blair, soltanto apparentemente su sponde politiche diverse dai repubblicani: in realtà tutte e tutti quanti belve sanguinarie. E pregnante la finale chiamata in causa, da parte di Cheney-Bale in persona che guarda direttamente nella macchina da presa, del popolo americano: siete voi che mi avete eletto, per fare ciò che ho fatto, cioè questa “guerra infinita” a popoli lontani, di cui non sapete niente, questi sfregi alla legislazione pur di poter torturare, imprigionare, uccidere poveri cristi, dei quali non ve ne frega niente; l’ho fatto “per voi”, cari concittadini ed è stato un onore. Insomma, dietro la solita retorica stellestrisce assai indigesta, esce fuori la totale corresponsabilità del conformismo amerikano ai crimini di guerra del loro esecutivo. Unico limite del film, il non aver minimamente messo in dubbio la genesi dell’11 settembre, della quale oramai da anni dubitano in moltissimi: sarà stata davvero solo farina di un gruppo di beduini, o non piuttosto di corposissimi e convergenti interessi casarecci? Su questo punto McKay si limita a dire che Cheney fu l’unico a capire che quella dell’11 settembre non era una tragedia, ma una opportunità. Accontentiamoci…
Un po’ prolisso, ma interessante e godibile.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a carlosantoni »
[ - ] lascia un commento a carlosantoni »
|
|
d'accordo? |
|
roberto scardino
|
venerdì 4 gennaio 2019
|
in vice più ombre che luci
|
|
|
|
Quella di Dick Cheney è una figura tratteggiata da Mckay come avrebbero voluto le élite democratiche. Socialista e pubblico sostenitore di Sanders, il regista americano offre una descrizione della realtà marcatamente manichea: un mondo diviso tra buoni e cattivi, in cui democratici e repubblicani recitano ruoli definiti e non vi è spazio per la complessità. Sono molte le immagini rappresentative di questo espediente narrativo. Sono i pannelli solari voluti dal democratico Jimmy Carter, sul tetto della Casa Bianca, a simboleggiare il volto pulito del potere, immediatamente smantellati quando a Carter succede alla presidenza il repubblicano Ronald Reagan.
[+]
Quella di Dick Cheney è una figura tratteggiata da Mckay come avrebbero voluto le élite democratiche. Socialista e pubblico sostenitore di Sanders, il regista americano offre una descrizione della realtà marcatamente manichea: un mondo diviso tra buoni e cattivi, in cui democratici e repubblicani recitano ruoli definiti e non vi è spazio per la complessità. Sono molte le immagini rappresentative di questo espediente narrativo. Sono i pannelli solari voluti dal democratico Jimmy Carter, sul tetto della Casa Bianca, a simboleggiare il volto pulito del potere, immediatamente smantellati quando a Carter succede alla presidenza il repubblicano Ronald Reagan. È la folla sorridente e in festa al giuramento di Obama, che si contrappone alla strafottenza o all’odio sempre presenti nei volti dei supporters repubblicani, immagine costante nei tour elettorali di Cheney e della moglie.
Tutto è banalizzato, dalle vicende personali del protagonista ai più rilevanti avvenimenti della politica statunitense. C’è il Cheney ubriacone perditempo che si trova stagista a Washinton dopo uno sfogo isterico della moglie; c’è la descrizione di un Bush jr. quasi incapace di intendere e di volere, in balia dei giochi di potere e delle volontà di Cheney e del suo entourage, descritti quali improbabili demiurghi capaci di cambiare il volto di ogni cosa.
Allo spettatore non resta nulla. Anche le ottime interpretazioni (specie quella di Christian Bale) non sono sufficienti a caratterizzarne i personaggi, a causa di una trama superficiale e disordinata, in cui presente e passato si alternano senza riuscire ad esprimere potenza narrativa. Questa volta, la grande di scommessa McKay, non sembra vinta.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a roberto scardino »
[ - ] lascia un commento a roberto scardino »
|
|
d'accordo? |
|
|
venerdì 4 gennaio 2019
|
errore nel film
|
|
|
|
E' possibile (non ne sono sicuro...) che nelle scene finali, quando si parla del futuro delle figlia Liz Cheney sullo schermo compaia una scritta errata, che è stata eletta alla Camera dei RappresenTATI, anzichè il corretto RappresenTANTI? Buona giornata
|
|
[+] lascia un commento a »
[ - ] lascia un commento a »
|
|
d'accordo? |
|
|
giovedì 3 gennaio 2019
|
film politico, analitico e con ritmo
|
|
|
|
Ottima analisi del film e del suo messaggio. Pienamente d accordo sia su quanto detto da Fornasiero che quanto sostenuto nel film. Un’analisi della politica purtroppo molto vera.
|
|
[+] lascia un commento a »
[ - ] lascia un commento a »
|
|
d'accordo? |
|
|