flaw54
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domenica 3 febbraio 2019
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originale e accattivante
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Film costruito in modo originale tra fiction e falso documentario con un immenso Christian Bale porta sullo schermo la vita romanzata di un uomo potente come Dick Cheney. Chiaramente di parte sul piano politico mette però in evidenza le assurde e indiscutibili incongruenze del sistema americano all'interno del quale uomini di bassissimo profilo come Bush possono diventare presidenti dello stato più potente del mondo. Tra trovate inaspettate, come la falsa conclusione a metà del film ed una recitazione eccellente il film di snoda con grande scioltezza e fa trascorrere due ore piacevoli.
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maurizio.meres
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lunedì 7 gennaio 2019
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ritratto di un'amministrazione disastrosa
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Il bravissimo regista Adam Mackay inquadra perfettamente uno dei periodi più brutti della storia degli Stati Uniti d'America,sotto la presidenza dell'incapace Bush un uomo venuto dal nulla ma con fortissima ambizione di arrivare al potere,sostenuto da una moglie intraprendente è sempre pronta al suo fianco nel sopperire le sue incertezze il vice presidente Dick Cheney manovrò a suo piacimento ma soprattutto nei suoi interessi l'eccidio del popolo Iracheno e dei soldati Americani deceduti.
Il ritratto diventa secondo il mio punto di vista poco gradevole anche nei confronti del popolo Americano in quanto lo stesso Cheney con un affermazione storicamente vera affermò che avrebbe agito secondo il desiderio del popolo nel film il regista molto abile sottolinea come invece furono camuffati i vare sondaggi.
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Il bravissimo regista Adam Mackay inquadra perfettamente uno dei periodi più brutti della storia degli Stati Uniti d'America,sotto la presidenza dell'incapace Bush un uomo venuto dal nulla ma con fortissima ambizione di arrivare al potere,sostenuto da una moglie intraprendente è sempre pronta al suo fianco nel sopperire le sue incertezze il vice presidente Dick Cheney manovrò a suo piacimento ma soprattutto nei suoi interessi l'eccidio del popolo Iracheno e dei soldati Americani deceduti.
Il ritratto diventa secondo il mio punto di vista poco gradevole anche nei confronti del popolo Americano in quanto lo stesso Cheney con un affermazione storicamente vera affermò che avrebbe agito secondo il desiderio del popolo nel film il regista molto abile sottolinea come invece furono camuffati i vare sondaggi.
Il film tecnicamente è perfetto il montaggio direi eccezionale con sovrapposizioni temporali che danno un perfetto ritratto ai vari personaggi,con un pizzico di grottesco per rendere il film gradevole e ridicolizzare tutta l'amministrazione Bush,la voce fuori campo diventa essenziale nella sceneggiatura facilitando lo spettatore nel ricordare gli eventi.
Un riconoscimento speciale va all'eccezionale Christian Bale,adattabilità,espressività ne fanno un attore completo,grande padronanza nel muoversi adattandosi al personaggio con una magistrale conoscenza di ciò che interpreta,bravissima direi alla pari come interpretazione Amy Adams interpreta la classica donna Americana moglie di un politico che diventa la vera mattatrice della politica del coniuge,spingendolo ovunque nel conquistare soldi e potere facendo diventare queste famiglie inumane.
Assolutamente da vedere
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[+] della serie pareri a caso
(di michele voss)
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samanta
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lunedì 7 gennaio 2019
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la storia che fa comodo
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Il problema di questo film è duplice: è un film noioso e storicamente scorretto.
Vediamo il primo giudizio è un film prolisso, noioso, che l'uso continuo di flash back e di flash forward fa sì che l'azione sia in continuazione spezzettata, intervallata da locandine in cui vengono scritte alcune vicende del racconto, che appare così frammentario. La regia e la sceneggiatura sono di Adam McKay un cinquantenne che ha un modesto curriculum cinematografico e ha lavorato di più come produttore. L'interpretazione fatta Chistian Bale del vicepresidente Cheney (l'attore ha ricevuto il Golden Globe anche se il film non ha avuto gran successo negli altri premi) mi ha lasciato perplesso , lo ha reso un personaggio di poche parole.
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Il problema di questo film è duplice: è un film noioso e storicamente scorretto.
Vediamo il primo giudizio è un film prolisso, noioso, che l'uso continuo di flash back e di flash forward fa sì che l'azione sia in continuazione spezzettata, intervallata da locandine in cui vengono scritte alcune vicende del racconto, che appare così frammentario. La regia e la sceneggiatura sono di Adam McKay un cinquantenne che ha un modesto curriculum cinematografico e ha lavorato di più come produttore. L'interpretazione fatta Chistian Bale del vicepresidente Cheney (l'attore ha ricevuto il Golden Globe anche se il film non ha avuto gran successo negli altri premi) mi ha lasciato perplesso , lo ha reso un personaggio di poche parole. di poca espressività e non quella persona sanguigna e autoritataria che era veramente, sicuramente migliore l'interpretazione della moglie fatta da Amy Adams. Complessivamente il film è lento, la trama non è ricca di avvenimenti o meglio questi si accavallano confusamente, risulta quindi poco avvincente. Faccio riferimento a due film sulle vicende irakene: Giochi di potere del 2108 sulla più grande tangente della storia (oltre 20 miliardi di $) in cui fu anche coinvolto l'ONU che è ben più interessante di questo e soprattutto Fair Game (con Sean Penn e Naomi Watts) del 2010 che racconta una vicenda affrontata di striscio in questo film: la storia di un'agente CIA sottocopertura che aiutata dal marito diplomatico rivela che Saddam non aveva affatto armi di distruzione di massa nel caso materiale radioattivo e che per vendetta del capo di gabinetto di Cheney con l'assenso di questi, rivelò per vendetta che era un agente segreto, un caso di alto tradimento che causò il defenestramento del capo di gabinetto.
E' un film scorretto perché non racconta bene la storia, ma la vede da parte dei democratici, affermare che i repubblicani controllino i media è una barzelletta. La realtà è che l'America è controllata da due forze simili (conservatori e liberal) profondamente corrotte ed entrambe convinte che la guerra sia la soluzione ai problemi interni. Nel film si fà un accenno ad Hilary Clinton che era favorevole all'intervento in Irak di Bush, ma dimentica che la stessa con l'assenso di Obama ha scatenato una serie di guerre (in Libia, Siria ad esempio) che hanno causato centinaia di migliaia di morti. Imputare a Cheney la creazione dell'Isis è un falso, il califfato fu proclamato nel giugno del 2014 e l'Isis si formò nel periodo 2007-20013 in piena presidenza di Obama. Cheney e il suo entourage (Rumsfeld, Wolfowitz) erano convinti che la guerra all'Irak avrebbe comportato grandi vantaggi economici sia per il petrolio che per la ricostruzione, il che non avvenne, anzi per l'eterogenesi dei fini andarono al potere gli sciiti che si saldarono con queli dell'Iran e e della Siria di Assad. Il film ha avuto al momento uno mediocre successo di critica.
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jurimoretti
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martedì 15 gennaio 2019
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l’uomo che agiva di nascosto
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Christian Bale , dimostra ancora una volta di essere un grandissimo attore e questa volta lo vediamo interpretare un personaggio che non conosciamo molto.
Diretto da Adam McKay, il film è molto raccontato e riesce a mantenere lo spettatore incollato alla poltrona per due ore senza annoiarsi neanche un secondo.
L’UOMO CHE AGIVA NELL’OMBRA
Negli anni Settanta Dick Cheney sta con una ragazza davvero in gamba, Lynne, che riesce a farlo ammettere all'Università, dove lui però viene travolto dal gozzovigliare da college e, tra una sbornia e l'altra, finisce per farsi espellere. Non contento, continua a bere anche mentre lavora ai pali della corrente elettrica, finisce in una rissa e viene arrestato per guida in stato di ebrezza.
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Christian Bale , dimostra ancora una volta di essere un grandissimo attore e questa volta lo vediamo interpretare un personaggio che non conosciamo molto.
Diretto da Adam McKay, il film è molto raccontato e riesce a mantenere lo spettatore incollato alla poltrona per due ore senza annoiarsi neanche un secondo.
L’UOMO CHE AGIVA NELL’OMBRA
Negli anni Settanta Dick Cheney sta con una ragazza davvero in gamba, Lynne, che riesce a farlo ammettere all'Università, dove lui però viene travolto dal gozzovigliare da college e, tra una sbornia e l'altra, finisce per farsi espellere. Non contento, continua a bere anche mentre lavora ai pali della corrente elettrica, finisce in una rissa e viene arrestato per guida in stato di ebrezza. A quel punto Lynne gli dà un ultimatum: o diventa la persona di potere che lei in quanto donna non può essere ma può aiutare e guidare, oppure tra loro è finita. La storia è nota: i due diventeranno una "power couple" di Washington e domineranno placidamente, quasi nell'ombra, l'amministrazione di George W. Bush, tra le più devastanti per la democrazia americana.
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[+] la grottesca e graffiante analisi di mckay
(di antonio montefalcone)
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maramaldo
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sabato 2 febbraio 2019
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basso impero
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All'altezza del buontempone McKay e del suo Christian Bale qui poliedrico e sornione. Per gustarveli consiglio di non far caso a forzature e mistificazioni del tipo: ragazza di talento, Lynne la moglie (Amy Adams), tarpata dal maschilismo , per realizzarsi si lega ad un "poco di buono"; Saddam, nel nucleare candido come un agnellino, rovinato dai petrolieri che lo indussero ad invadere il Kuwait.
Scrupolose ricostruzioni, ci siamo abituati: lo Studio Ovale mi è familiare come se andassi a spolverarlo ogni mattina. Pignoleria nei dettagli, dagli orologi al prezioso fucile italiano con cui il "big dick" impallinò un avvocato scambiandolo per una quaglia.
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All'altezza del buontempone McKay e del suo Christian Bale qui poliedrico e sornione. Per gustarveli consiglio di non far caso a forzature e mistificazioni del tipo: ragazza di talento, Lynne la moglie (Amy Adams), tarpata dal maschilismo , per realizzarsi si lega ad un "poco di buono"; Saddam, nel nucleare candido come un agnellino, rovinato dai petrolieri che lo indussero ad invadere il Kuwait.
Scrupolose ricostruzioni, ci siamo abituati: lo Studio Ovale mi è familiare come se andassi a spolverarlo ogni mattina. Pignoleria nei dettagli, dagli orologi al prezioso fucile italiano con cui il "big dick" impallinò un avvocato scambiandolo per una quaglia. Trovatine fresche ed amene come i falsi titoli di coda a metà film e il surreale menù che il cameriere snocciola ai maneggioni al ristorante.
Virtuosismo nel realizzare fisionomie in cui intuisci personalità e dramma interiore. Ho rivisto dal vero il discorso di Colin Powell (Tyler Perry), solo ora ne comprendo ansia e vergogna. Complesso e sofferto il Donald Rumsfeld (Steve Carrell), ne assaporate l'amaro di quel lungo silenzio quando apprende al telefono di essere stato liquidato. Del Bush (Sam Rockwell) mi sono invaghito, tornerei a riguardarmelo mentre mordicchia il cosciottino con l'aria furbetta, "racconta" perfino messo di profilo, il nasino adunco da pappagalletto. Ma avete visto la faccia che fa il Vice quando la figlia (Alison Pill) rivela piagnucolando che le "piacciono le ragazze". In disparte, la madre, affranta, singhozza sommessamente.
Incursioni nel psicologico che sembrano non corrispondere agli intenti e ai moventi del film. Di chi, allora, McKay vuole occuparsi? Appaiono strati di umanità più in giù della cricca di Washington. Gente comune, chi narra, chi va in guerra, chi partecipa a talk show come quello dato nel finale a sorpresa, culminato in una baruffa alla Sgarbi. Una burla, certo, ma anche una delicatezza , Adam vuol far passare liscio e allegro il fatto che tutti son lì dentro a qualsiasi risma appartengano.
Non dimentichiamo, anche McKay appartiene alla pattuglia dei fustigatori, i flagellanti di una volta. L'approccio è però positivo. Convinti che libertà/democrazia/osservanza delle leggi siano un copyright esclusivo yankee essi amano la loro Nazione. Illuminati o liberal, patriotti. Termine da noi obsoleto, tra poco incomprensibile. In compenso, spenglerianamente sappiamo del tramonto e non ci stupiamo che qualcuno ricorderà l'11 Settembre in altro modo, sognando il califfato anche per il dopo di questa Bisanzio sul Potomac.
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vanessa zarastro
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venerdì 11 gennaio 2019
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un uomo pericoloso
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“Vice – l’uomo nell’ombra” è la storia di Richard Bruce Cheney, detto Dick, che dopo varie e prestigiose cariche nei governi precedenti, è stato il vicepresidente di George W. Bush dal 2001 al 2009. Il film comincia con mostrarci un Dick (Christian Bale) giovane molto diverso, un “fannullone” si direbbe oggi, senza voglia di studiare, che passa le serate a bere e a fare a botte, e si fa perfino espellere dal college. La sua fidanzata Lynne Anne Vincent (Amy Adams), che lo aveva aiutato a vincere una borsa di studio, minaccia di lasciarlo se lui non decide di cambiare vita.
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“Vice – l’uomo nell’ombra” è la storia di Richard Bruce Cheney, detto Dick, che dopo varie e prestigiose cariche nei governi precedenti, è stato il vicepresidente di George W. Bush dal 2001 al 2009. Il film comincia con mostrarci un Dick (Christian Bale) giovane molto diverso, un “fannullone” si direbbe oggi, senza voglia di studiare, che passa le serate a bere e a fare a botte, e si fa perfino espellere dal college. La sua fidanzata Lynne Anne Vincent (Amy Adams), che lo aveva aiutato a vincere una borsa di studio, minaccia di lasciarlo se lui non decide di cambiare vita. Lei è assetata di potere ma, in quanto donna, non può ambire a gestirlo, pertanto vuole contribuire all’eventuale gestione da parte di lui. E così fu.
Ancora studente Dick Cheney inizia a seguire il politico repubblicano Donald Rumsfeld (Steve Carell) di cui diventa il portaborse sotto Nixon. Poi sarà nominato Capo di gabinetto (Chief of staff) ai tempi di Gerald Ford, e più tardi eletto alla Camera come rappresentante del Wyoming nel 1977. Segretario alla Difesa sotto George Bush padre, gestisce le operazioni militari dette Panama e Desert Storm, conquistandosi la fama di “falco”. Si vorrebbe poi presentare alle primarie del partito Repubblicano, ma il sondaggio lo dà all’ultimo posto e, contemporaneamente, una delle due figlie si dichiara gay e vuole sposarsi con un’altra donna. Quindi la “power couple” si ritira in Virginia per un po’ e lui svolgerà il ruolo di Presidente e Amministratore Delegato della Halliburton, una grande azienda petrolifera.
Ma quando George W. Bush jr. (Sam Rockwell) gli chiede di diventare il suo Vice, Dick, approfittando dell’inesperienza e dell’ingenuità del candidato, si fa dare alcune fondamentali deleghe sugli interni e sugli affari esteri. Dal film, infatti, sembrerebbe che tutta la politica di Bush figlio, in particolare quella militare contro l’Afganistan e quella della guerra all’Iraq, sia stata decisa e pilotata da Cheney. Dick è il primo sostenitore della Seconda Guerra del Golfo motivata dalle accuse (false) al regime iracheno di detenzione di armi di distruzioni di massa. Si scoprirà inoltre, molto tempo dopo, che grazie a Cheney esistevano misure di sicurezza estreme in un programma semi-clandestino di guerra al terrorismo (leggeretorture e Guantanamo).
La fedele Lynne è sempre al suo fianco, anche nei vari infarti che lo colpiscono in momenti diversi della sua carriera politica e, quando sembra ormai vicina l’ora della sua morte, un trapianto del cuore gli donerà ancora anni di vita.
Il film esce un po’ dai classici canoni del film biografico, e presenta un montaggio interessante che mette insieme vita pubblica e vita privata, come ad esempio la pesca all’amo - che cercherà di insegnare anche alle sue due bambine - che lo aiuterà a forgiare il carattere, saper aspettare in silenzio e avere pazienza.
Il regista Adam McKay ha già mostrato le sue capacità di mettere in evidenza situazioni negative nella società statunitense, come ne “La grande scommessa” vincitore dell’Oscar 2016 alla miglior sceneggiatura non originale. In quel film la crisi finanziaria, la vita frenetica della borsa e la velocità dei dialoghi, lo hanno reso di difficile comprensione a un pubblico generico. È un po’ lo stesso in “Vice - un uomo nell’ombra” dove bisogna avere, se non altro, una buona conoscenza dei politici americani degli ultimi cinquant’anni.
L’interpretazione di Dick Cheney da parte di Christian Bale è da Oscar, oltre a essere ingrassato di venti chili, Bale ne copia la mimica e la voce fioca. Ottime sono anche l’interpretazione di George W. Bush di Sam Rockwell (già premio Oscar del 2018 come attore non protagonista) – che lo fa diventare quasi simpatico – e quella di Donald Rumsfeld di Steve Carell.
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elibook
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giovedì 19 dicembre 2019
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vice, l uomo nell ombra.
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Intelligente, il film ripercorre fecelmente l'ascesa di uno degli uomini piu' potenti del mondo. Da tagliafili nei '60 a capo della difesa americana. Un po' troppo spiccio inizialmente, non si capisce infatti come da quel "non ti deludero' mai piu'" riesca a compiere un balzo impensabile, procede per flasback continui. Amy Adams sprecata e fedele moglie "di ferro", Bush, lo sputa cioccolata psicopatico visto ne il miglio verde sfiora la comicita', caricaturale, stupidotto. Un purpurri che vuol raccontare l'America dei potenti fino al fatidico 11 settembre, vera spina nel fianco di una nazione ferita nel profondo. Noioso a tratti. Si tratta di un gran lavoro storico-politico riuscito nella sintassi ma molto meno nella sua rappresentazione.
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Intelligente, il film ripercorre fecelmente l'ascesa di uno degli uomini piu' potenti del mondo. Da tagliafili nei '60 a capo della difesa americana. Un po' troppo spiccio inizialmente, non si capisce infatti come da quel "non ti deludero' mai piu'" riesca a compiere un balzo impensabile, procede per flasback continui. Amy Adams sprecata e fedele moglie "di ferro", Bush, lo sputa cioccolata psicopatico visto ne il miglio verde sfiora la comicita', caricaturale, stupidotto. Un purpurri che vuol raccontare l'America dei potenti fino al fatidico 11 settembre, vera spina nel fianco di una nazione ferita nel profondo. Noioso a tratti. Si tratta di un gran lavoro storico-politico riuscito nella sintassi ma molto meno nella sua rappresentazione. Dick Cheney e il fallimento post 11 settembre.
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francesco2
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domenica 8 settembre 2019
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piccole e medie scommesse
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Tre anni dopo « La grande scommessa, McKay firma un altro quasi capolavoro.
Anche questa volt, è immune dal“buonismo”, termine che oggi circola come il pane. Anzi, è legittimo presumere –con buoni margini di probabilita- che il ritratto di Cheney, ex-vice di Bush figlio, sia ancora più corrosivo rispetto ai protagonisti del film precedente; se l’avete visto, ho detto tutto. Tuttavia, appare interessato a mostrare i pardossi di una figura per cui, forse, ingombrante rischia di essere, inavvertitamente, l’aggettivo più appropriato; forse non grande, dotato di spessore eo statura propria, eterno secondo –pensiamo al titolo-; ma eccessivo, come nel suo cinismo tanto in preoccupazioni che apparirebbero risibili per figure la cui concezione della vita è moltomeno cruda e pragmatica.
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Tre anni dopo « La grande scommessa, McKay firma un altro quasi capolavoro.
Anche questa volt, è immune dal“buonismo”, termine che oggi circola come il pane. Anzi, è legittimo presumere –con buoni margini di probabilita- che il ritratto di Cheney, ex-vice di Bush figlio, sia ancora più corrosivo rispetto ai protagonisti del film precedente; se l’avete visto, ho detto tutto. Tuttavia, appare interessato a mostrare i pardossi di una figura per cui, forse, ingombrante rischia di essere, inavvertitamente, l’aggettivo più appropriato; forse non grande, dotato di spessore eo statura propria, eterno secondo –pensiamo al titolo-; ma eccessivo, come nel suo cinismo tanto in preoccupazioni che apparirebbero risibili per figure la cui concezione della vita è moltomeno cruda e pragmatica.
Il lavoro di McKay conta sulla de-costruzione della realt (?°, che rispetto all’opera precedente è meno basata sull cronaca dura e pura, al punto da scontentare, secondo il regisat, estimatori e detrattori di Cheney. Ma la sua ironia corrosiva, unita a stile emontggio serrati, riesce a costruire un tesi e, nel successivo, (s)fuggente attimo, a dimostrare come il regista e:o Bush jr. Si stiano solo prendendo gioco di noi.
Lo spunto del “cuore” è (troppo?) facilmente criticabile, ma letto con lucidita ci illumina ulteriormente sulla paradossalita (con)testuale, intesa come incapacita per il mezzo cinematorafico di oggettivita nel senso stretto del termine, ed al contempo consapevolezza di una figura immensa nelle sue contrddizioni, ma che mai è assurta ad uno status di autentica grandezza.
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cinefoglio
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domenica 20 gennaio 2019
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istantanea di vice - l’uomo nell’ombra
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Il brillante sceneggiatore, nonché premio oscar, de La Grande Scommessa (2015) Adam McKay si ripropone, e “scommette”, con la stessa ironia e didascalia in un biografico, che ripercorre l’ascesa del vicepresidente del governo Bush: uomo e padre di famiglia devoto, burattinaio ed esperto stratega delle logiche di potere che governano, de facto,il centro decisionale più influente del mondo.
Il Bio-pic segue un iter cronologico lineare, con qualche flashback ed ellissi temporali ad anticipare un futuro storicamente conosciuto, che cerca di regalare una vivace dinamica alla visione, che in alcuni momenti si arena nell’ossessivo inseguimento del potere.
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Il brillante sceneggiatore, nonché premio oscar, de La Grande Scommessa (2015) Adam McKay si ripropone, e “scommette”, con la stessa ironia e didascalia in un biografico, che ripercorre l’ascesa del vicepresidente del governo Bush: uomo e padre di famiglia devoto, burattinaio ed esperto stratega delle logiche di potere che governano, de facto,il centro decisionale più influente del mondo.
Il Bio-pic segue un iter cronologico lineare, con qualche flashback ed ellissi temporali ad anticipare un futuro storicamente conosciuto, che cerca di regalare una vivace dinamica alla visione, che in alcuni momenti si arena nell’ossessivo inseguimento del potere.
Di per sé la pellicola regala una partecipazione attiva allo spettatore, che se non passa per il racconto a volte caotico, a volte volutamente saltellante ed intriso di elementi di finzione, si scontra con delle prese di posizioni filosofiche, ancorché politiche, condivisibili o ferocemente criticabili, tutte incarnate nella figura di Dick Cheney.
Il politico, abilmente interpretato da Christian Bale, avvalendosi del supporto dell’attrice Amy Adams e del suo ruolo di moglie forte (una di quelle che spinge il marito ad aspirazioni sempre più elevate, attributo e promotrice della donna conservatrice, peccando ahimè come mater familias), risulta sempre coerente ed intrigante, nonostante gli avvenimenti si originano intorno a lui, non si dimostra mai eccessivo ed auto-referenziale.
Oltre a ciò,la sensazione di una vera e propria mancanza di posizione da parte dell’autore sulla chiave di lettura del film (una visione conservatrice o ad una liberale in relazione alle politiche statunitensi) può disorientare lo spettatore, oltre, e qui è “un marchio di fabbrica”, il costante utilizzo di forme didascaliche, dai camei di note celebrità al riassunto testuale, portano la pellicola da una biografia solida e certa, ad una sorta di documentario, che cerca di stuzzicare e provocare, ma che realmente risulta contraddittoria e di difficile interpretazione nel messaggio, e nell’attesa reazione del pubblico.
Un film lungo, sì, con parti più introduttive e dilatate, ed altre più adrenaliniche, al meno nel montaggio, il qualerisulta piacevole, con una interpretazione giusta ed equilibrata, efficace quanto il Golden Globe vinto.
11/01/2019
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roberto scardino
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venerdì 4 gennaio 2019
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in vice più ombre che luci
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Quella di Dick Cheney è una figura tratteggiata da Mckay come avrebbero voluto le élite democratiche. Socialista e pubblico sostenitore di Sanders, il regista americano offre una descrizione della realtà marcatamente manichea: un mondo diviso tra buoni e cattivi, in cui democratici e repubblicani recitano ruoli definiti e non vi è spazio per la complessità. Sono molte le immagini rappresentative di questo espediente narrativo. Sono i pannelli solari voluti dal democratico Jimmy Carter, sul tetto della Casa Bianca, a simboleggiare il volto pulito del potere, immediatamente smantellati quando a Carter succede alla presidenza il repubblicano Ronald Reagan.
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Quella di Dick Cheney è una figura tratteggiata da Mckay come avrebbero voluto le élite democratiche. Socialista e pubblico sostenitore di Sanders, il regista americano offre una descrizione della realtà marcatamente manichea: un mondo diviso tra buoni e cattivi, in cui democratici e repubblicani recitano ruoli definiti e non vi è spazio per la complessità. Sono molte le immagini rappresentative di questo espediente narrativo. Sono i pannelli solari voluti dal democratico Jimmy Carter, sul tetto della Casa Bianca, a simboleggiare il volto pulito del potere, immediatamente smantellati quando a Carter succede alla presidenza il repubblicano Ronald Reagan. È la folla sorridente e in festa al giuramento di Obama, che si contrappone alla strafottenza o all’odio sempre presenti nei volti dei supporters repubblicani, immagine costante nei tour elettorali di Cheney e della moglie.
Tutto è banalizzato, dalle vicende personali del protagonista ai più rilevanti avvenimenti della politica statunitense. C’è il Cheney ubriacone perditempo che si trova stagista a Washinton dopo uno sfogo isterico della moglie; c’è la descrizione di un Bush jr. quasi incapace di intendere e di volere, in balia dei giochi di potere e delle volontà di Cheney e del suo entourage, descritti quali improbabili demiurghi capaci di cambiare il volto di ogni cosa.
Allo spettatore non resta nulla. Anche le ottime interpretazioni (specie quella di Christian Bale) non sono sufficienti a caratterizzarne i personaggi, a causa di una trama superficiale e disordinata, in cui presente e passato si alternano senza riuscire ad esprimere potenza narrativa. Questa volta, la grande di scommessa McKay, non sembra vinta.
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