elibook
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giovedì 19 dicembre 2019
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vice, l uomo nell ombra.
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Intelligente, il film ripercorre fecelmente l'ascesa di uno degli uomini piu' potenti del mondo. Da tagliafili nei '60 a capo della difesa americana. Un po' troppo spiccio inizialmente, non si capisce infatti come da quel "non ti deludero' mai piu'" riesca a compiere un balzo impensabile, procede per flasback continui. Amy Adams sprecata e fedele moglie "di ferro", Bush, lo sputa cioccolata psicopatico visto ne il miglio verde sfiora la comicita', caricaturale, stupidotto. Un purpurri che vuol raccontare l'America dei potenti fino al fatidico 11 settembre, vera spina nel fianco di una nazione ferita nel profondo. Noioso a tratti. Si tratta di un gran lavoro storico-politico riuscito nella sintassi ma molto meno nella sua rappresentazione.
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Intelligente, il film ripercorre fecelmente l'ascesa di uno degli uomini piu' potenti del mondo. Da tagliafili nei '60 a capo della difesa americana. Un po' troppo spiccio inizialmente, non si capisce infatti come da quel "non ti deludero' mai piu'" riesca a compiere un balzo impensabile, procede per flasback continui. Amy Adams sprecata e fedele moglie "di ferro", Bush, lo sputa cioccolata psicopatico visto ne il miglio verde sfiora la comicita', caricaturale, stupidotto. Un purpurri che vuol raccontare l'America dei potenti fino al fatidico 11 settembre, vera spina nel fianco di una nazione ferita nel profondo. Noioso a tratti. Si tratta di un gran lavoro storico-politico riuscito nella sintassi ma molto meno nella sua rappresentazione. Dick Cheney e il fallimento post 11 settembre.
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frascop
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giovedì 19 settembre 2019
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didascalico, gli attori meritavano molto di più
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Adam McKay, dopo tanti anni di cinema e televisione comica, con La Grande Scommessa vinse, non si sa come, l'Oscar alla sceneggiatura. Adesso rifà un film senza bussola, non a fuoco, un po’ Michael Moore, un po’ Scorsese, un pò Oliver Stone. C'è una scena che vi voglio descrivere per spiegare il film. In un ristorante un cameriere illustra le pietanze da scegliere ai clienti, che sono tutti uomini di potere. Solo che le pietanze sono opzioni politiche e alla fine della scenetta i clienti dicono: prendiamo il menu completo. E' una metafora, che vorrebbe alleggerire, una delle tante usate dal regista per descrivere un vero "pezzo di merda", l'ex vice presidente di Bush jr, Dick Cheney.
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Adam McKay, dopo tanti anni di cinema e televisione comica, con La Grande Scommessa vinse, non si sa come, l'Oscar alla sceneggiatura. Adesso rifà un film senza bussola, non a fuoco, un po’ Michael Moore, un po’ Scorsese, un pò Oliver Stone. C'è una scena che vi voglio descrivere per spiegare il film. In un ristorante un cameriere illustra le pietanze da scegliere ai clienti, che sono tutti uomini di potere. Solo che le pietanze sono opzioni politiche e alla fine della scenetta i clienti dicono: prendiamo il menu completo. E' una metafora, che vorrebbe alleggerire, una delle tante usate dal regista per descrivere un vero "pezzo di merda", l'ex vice presidente di Bush jr, Dick Cheney. Ma tutte queste metafore, spiegazioni, informazioni, appesantiscono. Un film didascalico, che intende descrivere l'ascesa al potere di un uomo malvagio, a causa di una moglie troppo ambiziosa, capace dopo l'11 settembre di fare una guerra all'Irak di Saddam, solo perché gli americani volevano una reazione contro uno Stato. Con la conseguenza di procurare migliaia di vittime innocenti e di far nascere l'Isis. Il potere mondiale, assoluto e senza più regole, voluto da Cheeney, ha travolto trattati e diritti, e a lui dobbiamo la barbarie che è diventato il mondo. L'abc che hanno imparato tutti, compresi gli italiani, è che alle cose va cambiato il nome. "Effetto serra" incute paura, " cambiamento climatico" no. E poi bisogna parlare alla pancia dei cittadini, mai al cervello. Gli attori Amy Adams, (moglie di Dick Cheney), e Christian Bale, ingrassato davvero di oltre 20 kg., oltre che il produttore Brad Pitt, meritavano, come noi, molto di più.
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francesco2
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domenica 8 settembre 2019
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piccole e medie scommesse
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Tre anni dopo « La grande scommessa, McKay firma un altro quasi capolavoro.
Anche questa volt, è immune dal“buonismo”, termine che oggi circola come il pane. Anzi, è legittimo presumere –con buoni margini di probabilita- che il ritratto di Cheney, ex-vice di Bush figlio, sia ancora più corrosivo rispetto ai protagonisti del film precedente; se l’avete visto, ho detto tutto. Tuttavia, appare interessato a mostrare i pardossi di una figura per cui, forse, ingombrante rischia di essere, inavvertitamente, l’aggettivo più appropriato; forse non grande, dotato di spessore eo statura propria, eterno secondo –pensiamo al titolo-; ma eccessivo, come nel suo cinismo tanto in preoccupazioni che apparirebbero risibili per figure la cui concezione della vita è moltomeno cruda e pragmatica.
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Tre anni dopo « La grande scommessa, McKay firma un altro quasi capolavoro.
Anche questa volt, è immune dal“buonismo”, termine che oggi circola come il pane. Anzi, è legittimo presumere –con buoni margini di probabilita- che il ritratto di Cheney, ex-vice di Bush figlio, sia ancora più corrosivo rispetto ai protagonisti del film precedente; se l’avete visto, ho detto tutto. Tuttavia, appare interessato a mostrare i pardossi di una figura per cui, forse, ingombrante rischia di essere, inavvertitamente, l’aggettivo più appropriato; forse non grande, dotato di spessore eo statura propria, eterno secondo –pensiamo al titolo-; ma eccessivo, come nel suo cinismo tanto in preoccupazioni che apparirebbero risibili per figure la cui concezione della vita è moltomeno cruda e pragmatica.
Il lavoro di McKay conta sulla de-costruzione della realt (?°, che rispetto all’opera precedente è meno basata sull cronaca dura e pura, al punto da scontentare, secondo il regisat, estimatori e detrattori di Cheney. Ma la sua ironia corrosiva, unita a stile emontggio serrati, riesce a costruire un tesi e, nel successivo, (s)fuggente attimo, a dimostrare come il regista e:o Bush jr. Si stiano solo prendendo gioco di noi.
Lo spunto del “cuore” è (troppo?) facilmente criticabile, ma letto con lucidita ci illumina ulteriormente sulla paradossalita (con)testuale, intesa come incapacita per il mezzo cinematorafico di oggettivita nel senso stretto del termine, ed al contempo consapevolezza di una figura immensa nelle sue contrddizioni, ma che mai è assurta ad uno status di autentica grandezza.
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felicity
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mercoledì 5 giugno 2019
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sberleffo irriverente, appassionante, sorprendente
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Un film commedia, ma della commedia il regista sceglie il lato più moraleggiante e mette insieme ironia, giornalismo, fact checking e mascherata per dimostrare come la Storia sia sì una tragedia, ma soprattutto come di norma le gesta di chi la compie facciano parte di una gigantesca farsa.
L’ironia di McKay, prima di essere un vezzo, diventa uno strumento narrativo infallibile; un’annotazione incessante che illustra la confusione della Storia e svela senza mezzi termini la vergogna del male, che è peggio, forse, della stupidità.
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donaldtrump
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lunedì 6 maggio 2019
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george bush
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Tutti esperti di politica americana in queste recensioni ... fate 1 salto a Dallas alla libreria di George Bush e vedrete la fila per entrare..ma da questo paese di fenomeni tutti esperti... Make America great again
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cinephilo
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lunedì 4 febbraio 2019
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insomma
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Con Vice Adam Mckay non riesce a replicare il buonissimo lavoro fatto con La Grande Scommessa. Il film per molti tratti vuoto e melenso non rende piena idea di ciò che veramente ha implicato la vicepresidenza di Cheney per gli USA e il resto del mondo. Ci prova ma non ci riesce. Consiglio, come già qualcuno ha fatto, la visione di Fair Game. Da salvare, secondo il mio modestissimo parere, l'interpretazione di Bale. Un grande trasformista.
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(di francesco2)
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flaw54
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domenica 3 febbraio 2019
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originale e accattivante
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Film costruito in modo originale tra fiction e falso documentario con un immenso Christian Bale porta sullo schermo la vita romanzata di un uomo potente come Dick Cheney. Chiaramente di parte sul piano politico mette però in evidenza le assurde e indiscutibili incongruenze del sistema americano all'interno del quale uomini di bassissimo profilo come Bush possono diventare presidenti dello stato più potente del mondo. Tra trovate inaspettate, come la falsa conclusione a metà del film ed una recitazione eccellente il film di snoda con grande scioltezza e fa trascorrere due ore piacevoli.
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maramaldo
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sabato 2 febbraio 2019
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basso impero
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All'altezza del buontempone McKay e del suo Christian Bale qui poliedrico e sornione. Per gustarveli consiglio di non far caso a forzature e mistificazioni del tipo: ragazza di talento, Lynne la moglie (Amy Adams), tarpata dal maschilismo , per realizzarsi si lega ad un "poco di buono"; Saddam, nel nucleare candido come un agnellino, rovinato dai petrolieri che lo indussero ad invadere il Kuwait.
Scrupolose ricostruzioni, ci siamo abituati: lo Studio Ovale mi è familiare come se andassi a spolverarlo ogni mattina. Pignoleria nei dettagli, dagli orologi al prezioso fucile italiano con cui il "big dick" impallinò un avvocato scambiandolo per una quaglia.
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All'altezza del buontempone McKay e del suo Christian Bale qui poliedrico e sornione. Per gustarveli consiglio di non far caso a forzature e mistificazioni del tipo: ragazza di talento, Lynne la moglie (Amy Adams), tarpata dal maschilismo , per realizzarsi si lega ad un "poco di buono"; Saddam, nel nucleare candido come un agnellino, rovinato dai petrolieri che lo indussero ad invadere il Kuwait.
Scrupolose ricostruzioni, ci siamo abituati: lo Studio Ovale mi è familiare come se andassi a spolverarlo ogni mattina. Pignoleria nei dettagli, dagli orologi al prezioso fucile italiano con cui il "big dick" impallinò un avvocato scambiandolo per una quaglia. Trovatine fresche ed amene come i falsi titoli di coda a metà film e il surreale menù che il cameriere snocciola ai maneggioni al ristorante.
Virtuosismo nel realizzare fisionomie in cui intuisci personalità e dramma interiore. Ho rivisto dal vero il discorso di Colin Powell (Tyler Perry), solo ora ne comprendo ansia e vergogna. Complesso e sofferto il Donald Rumsfeld (Steve Carrell), ne assaporate l'amaro di quel lungo silenzio quando apprende al telefono di essere stato liquidato. Del Bush (Sam Rockwell) mi sono invaghito, tornerei a riguardarmelo mentre mordicchia il cosciottino con l'aria furbetta, "racconta" perfino messo di profilo, il nasino adunco da pappagalletto. Ma avete visto la faccia che fa il Vice quando la figlia (Alison Pill) rivela piagnucolando che le "piacciono le ragazze". In disparte, la madre, affranta, singhozza sommessamente.
Incursioni nel psicologico che sembrano non corrispondere agli intenti e ai moventi del film. Di chi, allora, McKay vuole occuparsi? Appaiono strati di umanità più in giù della cricca di Washington. Gente comune, chi narra, chi va in guerra, chi partecipa a talk show come quello dato nel finale a sorpresa, culminato in una baruffa alla Sgarbi. Una burla, certo, ma anche una delicatezza , Adam vuol far passare liscio e allegro il fatto che tutti son lì dentro a qualsiasi risma appartengano.
Non dimentichiamo, anche McKay appartiene alla pattuglia dei fustigatori, i flagellanti di una volta. L'approccio è però positivo. Convinti che libertà/democrazia/osservanza delle leggi siano un copyright esclusivo yankee essi amano la loro Nazione. Illuminati o liberal, patriotti. Termine da noi obsoleto, tra poco incomprensibile. In compenso, spenglerianamente sappiamo del tramonto e non ci stupiamo che qualcuno ricorderà l'11 Settembre in altro modo, sognando il califfato anche per il dopo di questa Bisanzio sul Potomac.
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tmpsvita
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mercoledì 23 gennaio 2019
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un film che non si dimentica
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Adam McKay ha la peculiarità di rendere argomenti quali l'economia ("The Big Short") o la politica, come in questo "Vice", fruibili come se fossero un elemento di semplice intrattenimento, un gioco godibile e divertente. Questo rende i suoi film estremamente particolari, direi unici e dal taglio narrativo assolutamente originale.
"Vice" è un film frenetico, instancabile, una biografia che fa della satira e dell'ironia i suoi punti di forza senza badare all'imparzialità e al punto di vista oggettivo; si tratta infatti di un vero e proprio sfogo rancoroso di McKay verso la politica americana degli ultimi trent'anni e il suo spirito conservativo e, dal suo punto di vista, tanto furbo quanto cinico.
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Adam McKay ha la peculiarità di rendere argomenti quali l'economia ("The Big Short") o la politica, come in questo "Vice", fruibili come se fossero un elemento di semplice intrattenimento, un gioco godibile e divertente. Questo rende i suoi film estremamente particolari, direi unici e dal taglio narrativo assolutamente originale.
"Vice" è un film frenetico, instancabile, una biografia che fa della satira e dell'ironia i suoi punti di forza senza badare all'imparzialità e al punto di vista oggettivo; si tratta infatti di un vero e proprio sfogo rancoroso di McKay verso la politica americana degli ultimi trent'anni e il suo spirito conservativo e, dal suo punto di vista, tanto furbo quanto cinico.
Tutto ciò porta ad un prodotto divertito e divertente, capace di prendere in giro e prendersi in giro, facile da amare ma anche facile da odiare. Il suo approccio sarcastico, sfacciato e bizzarro può essere visto,a seconda della persona, come un pregio o come un difetto, personalmente amo questo tipo di cinema perciò ho gradito praticamente l'intera pellicola, riconosco però i suoi limiti nel rappresentare il tutto attraverso una mentalità liberale che difficilmente incorpora altre linee di pensiero di cui critica praticamente ogni aspetto, inoltre il suo ritmo insaziabile e il montaggio sfrenato rende estremamente difficile incorporare l'enorme quantità di informazioni che vengono scaraventate allo spettatore che in alcuni momenti si trova un po' spaesato e confuso. Nonostante ciò il film è semplicemente uno spasso, un ritratto talvolta brutale, spasmodico e brillante di un personaggio poco conosciuto che ha cambiato il corso della storia, un personaggio per il quale si provano svariate sensazioni durante il film, spesso contrastanti.
Grazie alla regia geniale di McKay che lo ammira, lo rispetta, talvolta lo ama eppure non può che odiarlo, provarne astio, rancore e irritazione; tutte queste sfumature vengono magistralmente espresse da Christian Bale, in una delle sue migliori performance, che perfettamente immedesimato nel ruolo, ne ripropone un ritratto fulminante, preciso nei dettagli e nei movimenti a rendere, grazie anche allo straordinario trucco, irriconoscibile la sua identità.
Un film che più volte ricorda allo spettatore la sua ignoranza e stupidità, lo critica e lo disprezza eppure esso non può che annuire e sottomettersi a queste spregevoli verità ma è anche un film che spinge a volerne sapere sempre di più, apre lo stomaco e alimenta una fame per l'informazione ed è qui che raggiunge il suo vero scopo dare informazione in modo coinvolgente, addirittura divertente e in maniera credibile.
Voto: 8+/10
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giuseppe
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lunedì 21 gennaio 2019
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andreotti e cheney, due protagonisti del potere
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Ho recentemente visto due film: Il divo di Paolo Sorrentino e Vice Un uomo nell’ombra di Adam McKay.
Sono entrambe due biografie di famosi uomini politici. Il primo Giulio Andreotti ed il secondo Dick Cheney, molto diversi nelle biografie ufficiali, ma entrambi molto cinici ed “attaccati” al potere e pressoché incuranti delle conseguenze che la loro azione politica sui cittadini, sulle nazioni e persino sulla perdita delle vite umana, determinava.
Mettiamoli brevemente a confronto pur essendo consapevoli del rischio che un tale confronto possa apparire troppo arbitrario per chi legge, ma è solo per semplicità di trattazione. Soffermiamoci quindi sui punti in comune tra i due nella loro azione politica, tralasciando i particolari inevitabili sulle differenze caratteriali e sui differenti paesi sui quali hanno governato.
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Ho recentemente visto due film: Il divo di Paolo Sorrentino e Vice Un uomo nell’ombra di Adam McKay.
Sono entrambe due biografie di famosi uomini politici. Il primo Giulio Andreotti ed il secondo Dick Cheney, molto diversi nelle biografie ufficiali, ma entrambi molto cinici ed “attaccati” al potere e pressoché incuranti delle conseguenze che la loro azione politica sui cittadini, sulle nazioni e persino sulla perdita delle vite umana, determinava.
Mettiamoli brevemente a confronto pur essendo consapevoli del rischio che un tale confronto possa apparire troppo arbitrario per chi legge, ma è solo per semplicità di trattazione. Soffermiamoci quindi sui punti in comune tra i due nella loro azione politica, tralasciando i particolari inevitabili sulle differenze caratteriali e sui differenti paesi sui quali hanno governato.
Entrambe hanno usato il potere politico a fini personali, piuttosto che per il bene della comunità di cui facevano parte. Andreotti ha costituito assieme a Craxi e Forlani una vera e propria cordata del potere. Si chiamava CAF il loro poco anonimo “sodalizio” politico. Essi si alternarono alla guida del paese negli anni 70 e 80 fino alla loro completa defenestrazione e scomparsa a seguito delle vicende di Tangentopoli. In verità Andreotti è uscito dalla politica dopo, per il processo di associazione mafiosa che si concluse in appello con una formula dubitativa e tutta italiana “perché il fatto non sussiste”. Andreotti è stato comunque un protagonista assoluto della prima repubblica e un uomo del potere della democrazia consociativa prima con il partito comunista e con la benedizione del Vaticano, e poi con il partito socialista di Craxi, e per molte legislature.
Dick Cheney un uomo assolutamente grigio e pilotato dalla moglie ha invece percorso la sua carriera, appoggiandosi prima a Donald Rumsfeld e poi, dopo avere risalito tutti i gradini della scalata al potere degli Stati Uniti, come vice presidente di George W. Bush, forse il peggiore presidente americano. Dick Cheney agì con un potere quasi assoluto da presidente dal giorno del crollo delle torri gemelle, ma sin da prima aveva preparato la sua ascesa avendo ottenuto una interpretazione a suo favore della costituzione americana, ovvero la unicità del potere esecutivo nelle mani del presidente e quasi tutti i poteri delegati o delegabili al suo vice. Già favorevole alla guerra nel Vietnam, il crollo delle torri gemelle del 2001 costituì il pretesto per una rappresaglia militare contro l’Iraq di Saddam Hussein e contro l’Afganistan, ritenuta la base del terrorismo di matrice islamica, di Al Quaeda e di Osama Bin Laden. Centinaia di migliaia di morti civili in quei paesi, decine di migliaia di militari americani e degli alleati, milioni di danni alle istallazioni petrolifere, furono il bilancio di quella folle “vendetta”. Halli Burton un importantissimo contractor petrolifero americano di cui Dick Cheney era amministratore delegato, acquisì molti contratti per la ricostruzione, guarda caso dopo i bombardamenti americani sull’Iraq.
Insomma Andreotti e Cheney, due figure controverse e diverse, certamente, ma unite dalla stessa ambizione di potere sulle quali la Storia non si è ancora pronunciata ma si è interrogata, restituite molto bene dalla fiction cinematografica.
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