Università di Cambridge, 1963. Stephen Hawking è un brillante studente che ha da poco intrapreso il corso di dottorato in fisica ed è un appassionato di cosmologia, mentre Jane Wilde studia lettere con specializzazione in Francese e Spagnolo. I due si incontrano ad una festa universitaria e, in breve tempo, si innamorano.
Un giorno, però, mentre esce correndo da Cambridge, Stephen cade ed urta la testa. Immediatamente viene e portato in ospedale, dove i medici gli diagnosticano una malattia degenerativa, l’atrofia muscolare progressiva e gli comunicano che la sua aspettativa di vita è di non più di due anni. Spaventato e rassegnato, Stephen cerca di allontanare Jane dalla sua vita ma la ragazza, sicura del loro amore, non si arrende, decisa a combattere con lui questa spaventosa malattia.
I due anni prospettati dai medici diventano una lunga vita non ancora conclusa, attraversata da dolori e difficoltà, ma anche, e soprattutto, da tanto amore e numerosi successi, sia personali che scientifici.
Questa, in breve, la storia di Stephen Hawking, uno dei più importanti e conosciuti scienziati del mondo, famoso soprattutto per i suoi studi sui buchi neri e l'origine dell'universo.
A dirigere il biopic più atteso del 2015 è James Marsh, già premio Oscar per “Man on Wire”. Ne “La teoria del tutto”, il regista decide di soffermarsi più sull’uomo che sullo studioso, mostrando al pubblico come un ragazzo di appena vent’anni sia riuscito a superare tutte le avversità che la vita gli ha posto d’avanti, riuscendo persino a trovare il proprio scopo nel mondo.
Ma Hawking, per quanto intelligente, non avrebbe potuto superare tutto da solo. E’ per questo, quindi, che nel film diventa centrale il rapporto con Jane, una donna forte e determinata, che accetta la sfida lanciatale dalla malattia e vince, regalando a suo marito una famiglia, dei figli e il successo che meritava.
Marsh affida il ruolo del protagonista a Eddie Redmayne, meritatamente candidato all’Oscar. La sua performance è intensa e commuovente. Certosino è stato il lavoro svolto per calarsi perfettamente nel ruolo sia fisicamente che emotivamente. L’attore ha infatti studiato per mesi il decorso di questa malattia, per riuscire a calarsi al meglio in ogni singola scena.
Per il ruolo di Jane, invece, il regista sceglie la britannica Felicity Jones, anche lei in corsa per l’ambita statuetta. La Jones ha interpretato magnificamente il personaggio assegnatole, cambiando registro a seconda delle situazioni, ma sempre con quell’eleganza e austerità tipicamente british.
“La teoria del tutto” è un elogio alla vita umana ma, soprattutto, è un messaggio di speranza e ci insegna che <non devono esserci limiti agli sforzi dell’uomo. Per quanto sembri brutta la vita, finché c’è vita, c’è speranza>.
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