La teoria del tutto è riassunta nel cinema: il tempo.
Proprio il tempo scandisce una serie di fotogrammi senza sosta che si susseguono nello sguardo dolce e delicato di Stephen William Hawking, superbo Eddie Redmayne.
L’anima di Redmayne prende vita in un uomo che sogna di volare nello spazio infinito del tempo ma addirittura portarlo indietro, per vivere.
Felicity Jones accompagna quell’uomo che dovrà spiccare il volo proprio da quella “sedia parlante”: Jane Wilde, la signora Hawking è il ritratto dell’amore con le sue sfumature, ma di carattere rosso intenso.
James Marsh ha capito come posizionarsi con la camera: attraverso i tocchi, le emozioni, lo sguardo.
Lo sguardo deve essere fondamentale in questo quadro: attraverso lo sguardo, Hawking prende vita.
La Teoria del Tutto, è un’equazione biografica ben risolta.
Il cinema non ha confini, e questo cinema, questo racconto ci fa capire quante volte nella vita si nasca e si muoia come una stella, ma che si rinasca come essere umano privo di ogni risposta, ma pieno nella consapevolezza di creare sempre.
Jóhann Jóhannsson ha orchestrato il tutto con la Teoria della Musica: archi, violini, e tutto ciò che può condurre ad un Valzer, e quindi ad un abbraccio. Ma anche ballate, sospiri, e delicate armonie, convergono nella speranza.
La sospensione del dialoghi, mai troppi, mai banali. Un ritmo e un procedere soffuso, che non stanca.
L’amore per la musica, per la vita, la determinazione a non mollare e a contare sulle proprie forze, con il coraggio di dire “grazie” e di chiedere “aiuto”.
Ci sono tutti gli elementi per rappresentare la vita di un sorriso su un evidente stato d’impossibilità fisica, ma mai mentale, sempre di cuore.
La non accettazione umana iniziale, ma stato superiore dopo, in quello spazio-cinema chiamato tempo.
Finché c’è vita, c’è speranza. Finché c’è tempo, c’è cinema.
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