andrea giostra
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giovedì 16 gennaio 2014
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emozionante racconto americano.
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Emozionante, commovente, poetico, “dedicato agli uomini e alle donne che hanno combattuto per la libertà e per i diritti civili”, insomma, un film da vedere assolutamente perché stringe il cuore dello spettatore e riesce a toccare corde delicate e sensibili di chi ama la libertà e la giustizia. Lee Daniels, regista e sceneggiatore al contempo, con questo bel film convince e riesce a raccontare quarant’anni di storia americana attraverso gli occhi di un uomo nero che ha compreso in fretta la crudeltà dei bianchi, la profonda sofferenza per gli affetti perduti e la dolorosa fatica per conquistare un posto di rispetto nel suo paese natio, gli Stati Uniti d’America, dove il suo primo importante insegnamento è stato quello di “guardare con gli occhi dei bianchi per capire cosa vogliono per far nascere in loro un sorriso”.
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Emozionante, commovente, poetico, “dedicato agli uomini e alle donne che hanno combattuto per la libertà e per i diritti civili”, insomma, un film da vedere assolutamente perché stringe il cuore dello spettatore e riesce a toccare corde delicate e sensibili di chi ama la libertà e la giustizia. Lee Daniels, regista e sceneggiatore al contempo, con questo bel film convince e riesce a raccontare quarant’anni di storia americana attraverso gli occhi di un uomo nero che ha compreso in fretta la crudeltà dei bianchi, la profonda sofferenza per gli affetti perduti e la dolorosa fatica per conquistare un posto di rispetto nel suo paese natio, gli Stati Uniti d’America, dove il suo primo importante insegnamento è stato quello di “guardare con gli occhi dei bianchi per capire cosa vogliono per far nascere in loro un sorriso”. Sono stati uomini neri come “The Butler”, grandiosamente interpretato da Forest Whitaker, che più di tutti hanno lentamente, radicalmente e irreversibilmente cambiato il cuore e la ragione degli uomini bianchi ancora radicati ad un passato schiavista e nostalgico di privilegi e di poteri infami costruiti sulla negazione della libertà e dei diritti umani di chi aveva la sola colpa del colore nero della propria pelle.
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filippo catani
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sabato 4 gennaio 2014
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un maggiordomo alla casa bianca
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Un bambino di colore assiste impietrito all'assassinio del padre a sangue freddo in un campo di cotone perpetrato da un bianco. Accolto in casa dalla padrona, il bimbo viene educato a diventare un maggiordomo. Il ragazzo farà carriera e riuscirà ad entrare nello staff dei maggiordomi della Casa Bianca nella quale presterà servizio dall'amministrazione Eisenhower fino a quella di Reagan. Ispirato a una storia vera.
Davvero bello ed emozionante questo film diretto da Lee Daniels già autore tra gli altri dello struggente e bellissimo Precious. Il film attraverso il suo personaggio principale e il suo rapporto conflittuale con il figlio ci racconta un bel pezzo della storia americana vista dalla parte delle persone di colore.
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Un bambino di colore assiste impietrito all'assassinio del padre a sangue freddo in un campo di cotone perpetrato da un bianco. Accolto in casa dalla padrona, il bimbo viene educato a diventare un maggiordomo. Il ragazzo farà carriera e riuscirà ad entrare nello staff dei maggiordomi della Casa Bianca nella quale presterà servizio dall'amministrazione Eisenhower fino a quella di Reagan. Ispirato a una storia vera.
Davvero bello ed emozionante questo film diretto da Lee Daniels già autore tra gli altri dello struggente e bellissimo Precious. Il film attraverso il suo personaggio principale e il suo rapporto conflittuale con il figlio ci racconta un bel pezzo della storia americana vista dalla parte delle persone di colore. Alcune scene fanno letteralmente rabbrividire (le due cannelle del rubinetto una per i bianchi e una per i neri è più forte di un milione di parole) e fa davvero effetto sentire come venivano apostrofati i neri 50 anni fa e pensare che ci sono ancora persone che si divertono ad usare gli stessi terribili epiteti. Poi c'è lui Cecil che ha visto la sua infanzia sconvolta per sempre dal brutale assassinio del padre e che onorevolmente porterà avanti la sua missione di maggiordomo che doveva diventare invisibile nel momento in cui serviva. L'uomo però, con pacata fermezza, non evitava di rivendicare parità di diritti tra lavoratori bianchi e quelli di colore. Dall'altra parte della barricata c'è il figlio di Cecil che invece sale sulle barricate per difendere i diritti dei neri ora con Martin L. King, quindi sentendo Malcolm X per poi passare alle Pantere Nere cercando poi di ottenere un seggio al Congresso. In tutto ciò il ragazzo non solo dovrà scontare parecchi periodi di reclusione ma dovrà soprattutto scontare il difficilissimo rapporto con il padre che solo dopo anni e anni si renderà conto delle grandi e giuste battaglie che il figlio aveva combattuto. Molto belli e significativi anche i brevi e sommari ritratti dei Presidenti per cui ha prestato servizio Cecil: dai quadri di Eisenhower e le lotte per i diritti civili passando per le speranze riposte in Kennedy, quindi il Vietnam di Johnson e il dilaniato Nixon (bravissimo Cusak) fino ad arrivare al "vero" Obama che chiude idealmente questa parabola con il primo afroamericano alla guida della Casa Bianca. Un cast stellare che non sempre è sinonimo di buoni prodotti ma in questo caso bisogna complimentarsi con Whitaker (capace di passare da grandissime interpretazioni a film mediocri o pessimi), Oyelowo poi la Winfrey e anche con Gooding Jr. che finalmente smette i panni del solito action man per trasformarsi in un'ottima spalla segno che il ragazzo ha talento e potrebbe sfruttarlo meglio. Un'altra sfilza di star famosissime offre cameo più o meno grandi. Insomma un film che riflette sulla terribile piaga del razzismo e sul rapporto padre/figlio e che speriamo venga ricompensato con qualche nomination all'oscar (al momento il film è stato invece snobbato ai Golden Globes).
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[+] una toccante storia dietro alla storia
(di antonio montefalcone)
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cassiopea
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venerdì 3 gennaio 2014
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eccelso.
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Uno schiavo nelle piantagioni, un "negro di casa", un cameriere, un maggiordomo d'alta classe, questo è ed è stato il protagonista del film. Ma prima di tutto, si tratta di un uomo. Un figlio traumatizzato da un'ìnfanzia di sudore e di sangue; un marito inizialmente poco presente, ma devoto fino alla fine; un padre prima amorevole, poi deluso ed intransigente, infine pentito e finalmente orgoglioso.
Questa è la storia di un uomo, di una famiglia, di un Paese, di un'epoca. Mille sfacettature, tante vicende che si incontrano, si scontrano ma non si annodano mai, consentendo allo spettatore di mantenere il filo di ogni storia senza eccessiva difficoltà.
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Uno schiavo nelle piantagioni, un "negro di casa", un cameriere, un maggiordomo d'alta classe, questo è ed è stato il protagonista del film. Ma prima di tutto, si tratta di un uomo. Un figlio traumatizzato da un'ìnfanzia di sudore e di sangue; un marito inizialmente poco presente, ma devoto fino alla fine; un padre prima amorevole, poi deluso ed intransigente, infine pentito e finalmente orgoglioso.
Questa è la storia di un uomo, di una famiglia, di un Paese, di un'epoca. Mille sfacettature, tante vicende che si incontrano, si scontrano ma non si annodano mai, consentendo allo spettatore di mantenere il filo di ogni storia senza eccessiva difficoltà. Ciascun personaggio cresce, si caratterizza, cambia e si arricchisce umanamente sotto i nostri occhi. Un quadro umano e sociale estremamente complesso e variopinto, un duro colpo per il cuore che più di una volta farà lacrimare gli occhi.
Da non perdere assolutamente.
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psyke2006
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lunedì 6 gennaio 2014
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semplicemente da vedere!
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Un film da vedere assolutamente, capace di trattare temi delicati ed emotivamente intensi con grande delicatezza. E' la storia di Cecil Gaines, maggiordomo alla Casa Bianca dal 1952 al 1986, in grado di ottenere il rispetto di ben otto presidenti al quale, la maggior parte dei cittadini americani bianchi di quegli anni, non avrebbero potuto mai ambire.
Un incredibile spaccato tra la sua lotta silenziosa contro il razzismo, le proteste, gli scontri e gli arresti nelle strade statunitensi che vedono come protagonista il figlio primogenito, e la morte del secondo figlio, arruolatosi nella guerra in Vietnam per uno Stato dal quale non è stato mai tutelato nè considerato.
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Un film da vedere assolutamente, capace di trattare temi delicati ed emotivamente intensi con grande delicatezza. E' la storia di Cecil Gaines, maggiordomo alla Casa Bianca dal 1952 al 1986, in grado di ottenere il rispetto di ben otto presidenti al quale, la maggior parte dei cittadini americani bianchi di quegli anni, non avrebbero potuto mai ambire.
Un incredibile spaccato tra la sua lotta silenziosa contro il razzismo, le proteste, gli scontri e gli arresti nelle strade statunitensi che vedono come protagonista il figlio primogenito, e la morte del secondo figlio, arruolatosi nella guerra in Vietnam per uno Stato dal quale non è stato mai tutelato nè considerato.
Con un Forest Whitaker da Oscar ed un cast costituito da attori già premiati all'Oscar che rendono il loro ruolo di comparsa semplicemente essenziale.
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pasquiota
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giovedì 16 gennaio 2014
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la storia "al negativo" della società americana
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Trascorre trent'anni come maggiordomo alla Casa Bianca. E dietro le quinte assiste all'avvicendarsi dei Presidenti e delle scelte politiche. Ma non aspettatevi che The Butler ci sciorini i gossip della politica "vista da dentro" o che tratteggi una storia degli Stati Uniti dagli anni '50 agli '80. Lee Daniels infatti mette in opera una ricostruzione delle condizioni dei neri americani e delle lotte civili sostenute, dall'amministrazione Eisenhower fino all'elezione di Obama, attraverso il prisma di una doppia lente, che da un lato inquadra il maggiordomo di colore Cecil Gaines (che incarna le tre scimmiette cinesi, che non parlano, non vedono e non sentono) e dall'altro il di lui figlio, che - al contrario - traversa tutte le aspre e violente vicende della presa di coscienza afroamericana da Luther King a Malcom X e oltre.
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Trascorre trent'anni come maggiordomo alla Casa Bianca. E dietro le quinte assiste all'avvicendarsi dei Presidenti e delle scelte politiche. Ma non aspettatevi che The Butler ci sciorini i gossip della politica "vista da dentro" o che tratteggi una storia degli Stati Uniti dagli anni '50 agli '80. Lee Daniels infatti mette in opera una ricostruzione delle condizioni dei neri americani e delle lotte civili sostenute, dall'amministrazione Eisenhower fino all'elezione di Obama, attraverso il prisma di una doppia lente, che da un lato inquadra il maggiordomo di colore Cecil Gaines (che incarna le tre scimmiette cinesi, che non parlano, non vedono e non sentono) e dall'altro il di lui figlio, che - al contrario - traversa tutte le aspre e violente vicende della presa di coscienza afroamericana da Luther King a Malcom X e oltre.
Rimangono poco più che note di colore i Presidenti, a volte simpatici come Kennedy, altre trafficoni come Nixon o maleducati come Johnson. La chiave di volta va infatti ricercata nella storia "al negativo" della civiltà statunitense e nel lento e traumatico esaurirsi del regime segregazionista; la voce narrante fuori campo, che rappresenta il punto di vista del protagonista, ma anche dell'autore, si evolve nel fluire del tempo e si configura come il fulcro della coscienza collettiva del popolo afroamericano.
Grande interpretazione di Forest Whitaker, come anche dei comprimari, che conferma la curata confezione hollywodiana della pellicola, anche se scorre sotto traccia l'insinuante sospetto che non sia del tutto esente dalla retorica e dagli stereotipi filo Obama.
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hidalgo
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domenica 5 gennaio 2014
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un maggiordomo distaccato
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Cecil Gaines nasce nei campi di cotone, assiste al brutale assassinio del padre, viene "promosso" a negro di casa e là, nella tenuta dell'uomo che ha sparato in testa al suo genitore, impara quel mestiere di domestico che lo porterà a diventare maggiordomo della Casa Bianca.
Il difetto più evidente di questo film, a mio avviso, è che Lee Daniels, come già successo in Precious, punta tutto o quasi sulle facili emozioni e sulla commozione forzata, trascurando tutto il resto, proprio come Cecil trascurava la famiglia per la "Casa dei bianchi." A differenza del film del 2009, però, The butler non sempre trova quello che cerca e quasi mai trasmette emozioni vere allo spettatore.
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Cecil Gaines nasce nei campi di cotone, assiste al brutale assassinio del padre, viene "promosso" a negro di casa e là, nella tenuta dell'uomo che ha sparato in testa al suo genitore, impara quel mestiere di domestico che lo porterà a diventare maggiordomo della Casa Bianca.
Il difetto più evidente di questo film, a mio avviso, è che Lee Daniels, come già successo in Precious, punta tutto o quasi sulle facili emozioni e sulla commozione forzata, trascurando tutto il resto, proprio come Cecil trascurava la famiglia per la "Casa dei bianchi." A differenza del film del 2009, però, The butler non sempre trova quello che cerca e quasi mai trasmette emozioni vere allo spettatore. Il film di Daniels è senz'altro rigoroso e robusto e recitato benissimo, ma rimane freddo lò dove doveva essere caldo, approssimativo nella sceneggiatura e nel trattare certi avvenimenti storici. La cosa migliore dellla pellicola è il rapporto burrascoso tra Cecil, il quale sembra non accorgersi di quello che gli succede intorno, e il figlio maggiore, idealista al fianco di Martin Luther King, prima, e Malcom X, dopo. Il maggiordomo si riavvicinerà al suo primogenito dopo una cena con il presidente Reagan, dove lui era uno dei serviti e non dei servitori, e dopo aver appreso che le battaglie per i diritti umani portare avanti da suo figlio cominciavano a finire sui libri. Il loro incontro riappacificatore mette in luce (negativa) tutti i limiti del film; un abbraccio che non scalda, non suscita emozioni, non coinvolge e lascia in bocca un sapore di grande film mancato.
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jean remi
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domenica 5 gennaio 2014
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saga familiare americana che non convince.
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Malgrado le buone qualità di regista che ho apprezzato, per esempio in film come “Precious”, in questa pellicola Daniels si rivela pretenzioso ed ambizioso oltremisura.
Non si possono in due ore ripercorrere gli ottant’anni più importanti della storia degli Stati Uniti affrontando argomenti come l’integrazione razziale, la guerra in Vietnam, l’assassinio di Kennedy, l’elezione di Obama senza nulla approfondire e proponendo decine di personaggi “illustri” attraverso stereotipi desueti.
Buona l’interpretazione, oltre che di Forest Whitaker, anche di altri protagonisti, buoni i tempi di passaggio da una fase storica all’altra ma complessivamente un film che non convince.
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Malgrado le buone qualità di regista che ho apprezzato, per esempio in film come “Precious”, in questa pellicola Daniels si rivela pretenzioso ed ambizioso oltremisura.
Non si possono in due ore ripercorrere gli ottant’anni più importanti della storia degli Stati Uniti affrontando argomenti come l’integrazione razziale, la guerra in Vietnam, l’assassinio di Kennedy, l’elezione di Obama senza nulla approfondire e proponendo decine di personaggi “illustri” attraverso stereotipi desueti.
Buona l’interpretazione, oltre che di Forest Whitaker, anche di altri protagonisti, buoni i tempi di passaggio da una fase storica all’altra ma complessivamente un film che non convince.
In un’unica famiglia si racchiudono tutte le istanze e le contraddizioni della società americana: dal padre Cecil, che dimentico della madre stuprata e dell’altro genitore ucciso dal “padrone bianco” si mette ligio al servizio del “sistema”, sino ad essere elevato a maggiordomo della White House, al figlio Louis che si ribella all’autorità dei bianchi per arrivare, passando per Martin Luther King, alle Pantere Nere e a Malcom X; all’altro figlio Charlie, che preso dall’amor patrio si arruola volontario per il Vietnam dove viene ucciso, infine alla madre Gloria, che da casa, mentre prepara pranzi e colazioni e mentre affoga nell’alcol, cerca di fare da legante famigliare sino ad ottenere, nel gran finale buonista, la riconciliazione padre-figlio. Cecil smette di fare, come da consegna ricevuta, il cieco-sordo-muto ed invisibile, Louis abbandona l’ala dura del movimento antisegregazionista, diventa deputato al Parlamento e si ritrova col padre sotto la bandiera di Nelson Mandela.
In questo film Daniels e lo sceneggiatore Strong (un attore americano con esperienze solo televisive dove ha sceneggiato qualche programma di satira) ci danno l’immagine degli States che gli americani vogliono vedere senza disturbare, né tanto meno attaccare, nulla e nessuno con i Presidenti “orribilmente caricaturati” che se ne stanno tranquilli dietro le loro scrivanie mentre il mondo precipita (mi ricorda la scena del Bush J. nella scuola mentre riceve la notizia dell’attacco alle torri gemelle di New York), ricorrendo, ogni tanto ai consigli che il maggiordomo con profonda saggezza concede loro.
Questo film, che dalla macchina propagandistica political-economica americana probabilmente avrà svariate nomination all’Oscar, mi fa persino rimpiangere il “Lincoln” di Steven Spielberg che ha monopolizzato la passata stagione cinematografica e che seguendo le recensioni di noi “piccoli dilettanti della cinematografia” non ha affatto convinto.
Infine direi, uno scadente tributo alla battaglia per l’integrazione razziale, proprio nell’anno della morte del grande Nelson Mandela.
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cate88rina
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domenica 5 gennaio 2014
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peccato, il vizietto americano dello sbrodolamento
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Che amarezza uscire dalla sala e non poter dire "che bello questo film". Troppo ambizioso, pretenzioso, raccontare più di mezzo secolo di storia in due ore senza cadere nella banalità e nel visto e rivisto. Autocelebrazione sbrodolata della democrazia americana. Vuoto temporale dagli anni 90 (Bush senior, Clinton, Bush Jr) all'elezione di Obama sa di "vabbè questi saltiamoli". Il regista ha voluto dire troppo e, costretto a fare delle scene flash che non vanno mai a fondo di nulla, perdendo completamente il filo della narrazione, alla fine non dicono nulla di rilevante. Io non ho trovato l'emozione che invece mi sarei aspettata da un film del genere, per l'entusiasmo con cui era stato presentato.
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Che amarezza uscire dalla sala e non poter dire "che bello questo film". Troppo ambizioso, pretenzioso, raccontare più di mezzo secolo di storia in due ore senza cadere nella banalità e nel visto e rivisto. Autocelebrazione sbrodolata della democrazia americana. Vuoto temporale dagli anni 90 (Bush senior, Clinton, Bush Jr) all'elezione di Obama sa di "vabbè questi saltiamoli". Il regista ha voluto dire troppo e, costretto a fare delle scene flash che non vanno mai a fondo di nulla, perdendo completamente il filo della narrazione, alla fine non dicono nulla di rilevante. Io non ho trovato l'emozione che invece mi sarei aspettata da un film del genere, per l'entusiasmo con cui era stato presentato.
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[+] c'è ancora gente capace di non apprezzare film csì
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pisa93
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domenica 5 gennaio 2014
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una macchina troppo pesante
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Cecil Gaines è un uomo di colore cresciuto tra le barbarie e le violenze delle piantagioni di cotone e nessuno potrebbe immaginare di vederlo, un giorno, maggiordomo alla Casa Bianca.
Lee Daniels sfrutta la straordinaria storia di un "negro di casa" per raccontare una delle pagine più vergognose dell'America, il razzismo, un problema che forse neanche adesso si è risolto.
L'affesco storico è imponente e si carica sulle spalle quasi un secolo di storia americana (dal 1925 al 2008), mancando però di una certa spigliatezza nella narrazione. Sembra di trovarsi davanti ad un'enorme macchina che, pesantemente, cerca di mettersi in moto, ma non ci riesce mai del tutto. In questo modo lo spettatore avverte la potenza di ciò che sta guardando, ma non ci si immedesima mai completamente.
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Cecil Gaines è un uomo di colore cresciuto tra le barbarie e le violenze delle piantagioni di cotone e nessuno potrebbe immaginare di vederlo, un giorno, maggiordomo alla Casa Bianca.
Lee Daniels sfrutta la straordinaria storia di un "negro di casa" per raccontare una delle pagine più vergognose dell'America, il razzismo, un problema che forse neanche adesso si è risolto.
L'affesco storico è imponente e si carica sulle spalle quasi un secolo di storia americana (dal 1925 al 2008), mancando però di una certa spigliatezza nella narrazione. Sembra di trovarsi davanti ad un'enorme macchina che, pesantemente, cerca di mettersi in moto, ma non ci riesce mai del tutto. In questo modo lo spettatore avverte la potenza di ciò che sta guardando, ma non ci si immedesima mai completamente. Nonostante questo "The Butler" è struggente ed ottimamente interpretato, offrendo un interessante spaccato storico che chiunque dovrebbe conoscere.
Il film raccoglie il testimone di pellicole del calibro di "Django Unchained", raccontando la dura lotta per l'eguaglianza attraverso le emozioni di un uomo che, nonostante tutto, è sempre rimasto fedele al suo Paese.
In conclusione ci troviamo davanti ad un film potente, la cui unica pecca è l'eccessiva didascalicità dei fatti, troppo schematici nel loro susseguirsi. Se avesse osato di più sarebbe stato un capolavoro.
Successo di pubblico ed incassi negli States.
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maurizio meres
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venerdì 3 gennaio 2014
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l'importanza di essere presidente
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Darò due giudizi il primo al film strutturalmente impeccabile cast d 'eccezione con interpretazioni magistrali ambientazioni che rispecchiano la realtà nel susseguirsi degli anni cambi scena ottimi ,sentimentalmente ed emotivamente toccante,riprese che attraverso la grande bravura degli attori diventano teatrali sicuramente farà incetta di oscar,qualcuno sicuramente meritato in particolare l'attrice Oprah Winfrey nel ruolo della moglie del maggiordomo .
Passiamo adesso al contenuto importantissimo per la completezza di un grande film,ritengo che sia l'ennesima vetrina democratica-repubblicana sulla storia degli Stati Uniti ,ormai rappresentata e ripresentata della loro storia,del resto la loro cultura storica è talmente giovane e povera di contenuti che diventa difficile riproporsi ,quindi il giudizio va riportato sul grande cambiamento sciale economico degli ultimi 50 anni e oltre ma che riflette la totale storia moderna dalla fine del 700 ad oggi,attraverso scandali appena sfiorati nel film ,lotta all'integrazione razziale non ancora risolta ,diritti civili sempre al centro dell'interesse del popolo e non del tutto risolti ma del resto in quale altro paese sono risolti,conflitti economici integrati alle ultime guerre non approfonditi , secondo me la vera figura del film è l'acclamazione idilliaca alla figura del Presidente americano ,amato e odiato dal suo stesso popolo ma che rimane l'uomo più potente ma non importante al mondo.
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Darò due giudizi il primo al film strutturalmente impeccabile cast d 'eccezione con interpretazioni magistrali ambientazioni che rispecchiano la realtà nel susseguirsi degli anni cambi scena ottimi ,sentimentalmente ed emotivamente toccante,riprese che attraverso la grande bravura degli attori diventano teatrali sicuramente farà incetta di oscar,qualcuno sicuramente meritato in particolare l'attrice Oprah Winfrey nel ruolo della moglie del maggiordomo .
Passiamo adesso al contenuto importantissimo per la completezza di un grande film,ritengo che sia l'ennesima vetrina democratica-repubblicana sulla storia degli Stati Uniti ,ormai rappresentata e ripresentata della loro storia,del resto la loro cultura storica è talmente giovane e povera di contenuti che diventa difficile riproporsi ,quindi il giudizio va riportato sul grande cambiamento sciale economico degli ultimi 50 anni e oltre ma che riflette la totale storia moderna dalla fine del 700 ad oggi,attraverso scandali appena sfiorati nel film ,lotta all'integrazione razziale non ancora risolta ,diritti civili sempre al centro dell'interesse del popolo e non del tutto risolti ma del resto in quale altro paese sono risolti,conflitti economici integrati alle ultime guerre non approfonditi , secondo me la vera figura del film è l'acclamazione idilliaca alla figura del Presidente americano ,amato e odiato dal suo stesso popolo ma che rimane l'uomo più potente ma non importante al mondo.Sicuramente va visto e giudicato per quel poco che puo' dare.
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