tigrovskij
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domenica 21 ottobre 2012
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uccidili tutti, cogan.
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"Io li uccido dolcemente": parola di Brad Pitt - Cogan.
Non una "morte" così soave invece, quella che ha colto i primi spettatori della proiezione alla quale ho assistito: lesti a fuggire dopo solo un quarto d'ora di Killing Them Softly, il nuovo lavoro del neozelandese Dominik.
Pensavano molto probabilmente di trovarsi un action movie davanti, con Pitt impegnato in frenetiche derapate stile Fast & Furious e sparatorie degne di Jason Bourne.
Invece il noir-pulp del regista de L'Assassinio di Jesse James per Mano del Codardo Robert Ford richiede pazienza, e una certa disponibilità all'ascolto.
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"Io li uccido dolcemente": parola di Brad Pitt - Cogan.
Non una "morte" così soave invece, quella che ha colto i primi spettatori della proiezione alla quale ho assistito: lesti a fuggire dopo solo un quarto d'ora di Killing Them Softly, il nuovo lavoro del neozelandese Dominik.
Pensavano molto probabilmente di trovarsi un action movie davanti, con Pitt impegnato in frenetiche derapate stile Fast & Furious e sparatorie degne di Jason Bourne.
Invece il noir-pulp del regista de L'Assassinio di Jesse James per Mano del Codardo Robert Ford richiede pazienza, e una certa disponibilità all'ascolto.
Fulminante l'esordio, in una contrapposizione di ombra-luce e tagli di suono. Su tutto giganteggia l'America di Bush in procinto di diventare obamiana.
Voci radiofoniche che urlano la crisi economica, figure alla deriva e due sconfitti che cercano di risollevare le proprie sorti con una rapina ad un tavolo da gioco.
E' film che picchia duro, Killing Them Softly. Gronda sangue e crani bucati, storie di solitudini infarcite di prostitute e alcool, killer vecchia maniera precipitati nel labirinto della solitudine.
L'America non è mai stata così sola ed egoisticamente allo sbando, come ricorda Cogan nel monologo finale.
Bello, cattivo e ingiustamente spernacchiato dai soloni nostrani: andatelo a vedere, c'è Johnny Cash che vi aspetta con un fucile fumante in mano.
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jaylee
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domenica 28 ottobre 2012
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morire di piombo e di solitudine
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In un certo senso, i registi che sono anche sceneggiatori sono un po’ come dei cantautori, che cantano delle persone che hanno conosciuto e dei luoghi che hanno vissuto, ma soprattutto sono interessati a raccontarsi attraverso i dialoghi dei personaggi, ognuno di questi una scheggia non necessariamente coerente della loro personalità.
Così è anche nel caso di Andrew Dominik, che già aveva diretto Brad Pitt ne L’Assassinio di Jesse James, dove il bandito protagonista, una specie di figura mitica, veniva ammirata, idolatrata e infine uccisa da un suo seguace. Anche qui Brad Pitt impersona un bandito, il killer a pagamento Cogan, una specialista al soldo di una organizzazione criminosa, tanto misteriosa quanto curiosamente simile ad un’azienda in certe dinamiche.
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In un certo senso, i registi che sono anche sceneggiatori sono un po’ come dei cantautori, che cantano delle persone che hanno conosciuto e dei luoghi che hanno vissuto, ma soprattutto sono interessati a raccontarsi attraverso i dialoghi dei personaggi, ognuno di questi una scheggia non necessariamente coerente della loro personalità.
Così è anche nel caso di Andrew Dominik, che già aveva diretto Brad Pitt ne L’Assassinio di Jesse James, dove il bandito protagonista, una specie di figura mitica, veniva ammirata, idolatrata e infine uccisa da un suo seguace. Anche qui Brad Pitt impersona un bandito, il killer a pagamento Cogan, una specialista al soldo di una organizzazione criminosa, tanto misteriosa quanto curiosamente simile ad un’azienda in certe dinamiche. Il suo “referente” è l’anonimo Richard Jenkins, che rappresenta l’organizzazione, sempre alle prese con il compito di far quadrare il volere dei propri capi e il budget (con qualche operazione di cost-saving paradossale come convincere il killer ad usare la seconda classe invece della prima…!).
La trama è ambientata nel 2008, durante i giorni dell’elezione di Barack Obama, e racconta dell’operazione di vendetta nei riguardi di 3 ladruncoli che svaligiano una bisca ed incastrando un altro poveraccio come loro… Cogan, professionista impeccabile, ci metterà pochissimo a rintracciare i maldestri delinquenti.
Visivamente molto raffinato, il film abbonda di colori lividi e pallidi, anche in piena notte, quasi a simboleggiare una realtà così diversa da quella rappresentata dai televisori che proiettano costantemente il Blu ed il Rosso di una mondo politico così lontano da quella tempesta (finanziaria) che ha appena iniziato a creare disastri. Un mondo cinico, disincantato che confonde manager e killer, che risulta completamente privo di quegli ideali che raccontano in tv. Esplicitamente violento, ma che indulge in massacri e pestaggi al rallentatore, sottolineati da musiche anni 50 e 60 dolci e morbide, a degna rappresentazione del titolo (“ucciderli dolcemente”).
Il film risulta alla fine essere un pregevole incrocio tra Kill Bill di Tarantino e Trainspotting di Boyle, l’uno per l’attenzione dei dialoghi (che spesso risultano essere dei veri e propri monologhi a volte di svariati minuti, come nel caso del killer depresso interpretato da James Gandolfini), l’altro per la disinvoltura con cui il ritmo accelera e rallenta quasi come sotto l’effetto di sostanze psicotrope.
Cogan – Killing Them Softly alla fine risulta essere più di un semplice thriller, denunciando un mondo ingrigito e anonimo, dove tutti muoiono di piombo o di solitudine, o di entrambe le cose come nel caso di Trattman/Ray Liotta, dolente e patetico perdente. Come dice Socrate, nel suo Processo: “È giunto ormai il tempo di andare, o giudici, io per morire, voi per continuare a vivere. Chi di noi vada verso una sorte migliore, questo solo Dio lo sa”.(www.versionekowalski.it)
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laurence316
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venerdì 14 luglio 2017
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america's not a country, it's just a business
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A 5 anni da quel L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford che non aveva particolarmente attirato né i favori del pubblico né della critica, Dominik ritorna con un altro film indubbiamente difficile, facilmente oggetto di critiche (anche se spesso ipocrite). Killing Them Soflty è un gangster movie diverso, a suo modo originale, almeno in alcune sequenze, forse un pò prolisso, ma sicuramente efficace.
Ha il suo punto di forza nelle eccellenti interpretazioni degli attori (Pitt e Gandolfini in primis) oltre che in alcune, geniali scelte di regia (fra cui la straordinaria sequenza dell’esecuzione in auto).
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A 5 anni da quel L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford che non aveva particolarmente attirato né i favori del pubblico né della critica, Dominik ritorna con un altro film indubbiamente difficile, facilmente oggetto di critiche (anche se spesso ipocrite). Killing Them Soflty è un gangster movie diverso, a suo modo originale, almeno in alcune sequenze, forse un pò prolisso, ma sicuramente efficace.
Ha il suo punto di forza nelle eccellenti interpretazioni degli attori (Pitt e Gandolfini in primis) oltre che in alcune, geniali scelte di regia (fra cui la straordinaria sequenza dell’esecuzione in auto).
Coloro che lo hanno aspramente criticato probabilmente o non l'hanno compreso fino in fondo o hanno volutamente ignorato i suoi temi latenti, per nulla banali. Tratto da un romanzo (Cogan's Trade) di George V. Higgins (avvocato e scrittore), è un film da prendere o lasciare, in cui quello che più conta è l'atmosfera, oltre che alcune fulminee e grandiose battute (dopotutto i romanzi di Higgins sono, di fatto, fondati proprio sui dialoghi). A questo proposito, indimenticabile la scena finale, che ha per ironico contrappunto e sottofondo il discorso di Obama, in cui il protagonista afferma: "America's not a country, it's just a business. Now fucking pay me!". Battuta da affissione.
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immanuel
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sabato 20 ottobre 2012
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l'america è solo affari
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"L'America è solo affari. E adesso pagami!" Così decide di far concludere la pellicola Andrew Dominik, a coronamento di un discorso decostruttivo, conciso e brutale, in cui il protagonista deministificava un'allocuzione piena di buoni propositi, di massimi sistemi e di paludamenti retorici, pronunciata da Obama a pochi minuti dall'annuncio della vittoria alle presidenziali degli Stati Uniti, nel novembre 2008. E' la presa d'atto della frantumazione a posteriori di un mito, della prefigurazione di un fallimento, come se in realtà quelle parole fossero state prununciate esattamente quattro anni dopo, nel corso dell'attuale campagna elettorale, in una sorta di endorsement al candidato repubblicano.
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"L'America è solo affari. E adesso pagami!" Così decide di far concludere la pellicola Andrew Dominik, a coronamento di un discorso decostruttivo, conciso e brutale, in cui il protagonista deministificava un'allocuzione piena di buoni propositi, di massimi sistemi e di paludamenti retorici, pronunciata da Obama a pochi minuti dall'annuncio della vittoria alle presidenziali degli Stati Uniti, nel novembre 2008. E' la presa d'atto della frantumazione a posteriori di un mito, della prefigurazione di un fallimento, come se in realtà quelle parole fossero state prununciate esattamente quattro anni dopo, nel corso dell'attuale campagna elettorale, in una sorta di endorsement al candidato repubblicano... Il film si regge su questa continua contrapposizione: alle notizie dei radiogiornali sulla crisi economica e sulla messa in atto del "Tarp", ovvero del piano di salvataggio del sistema finanziario americano (per il quale furono sborsate quantità iperboliche di dollari, drammaticamente contrastanti con la miseria delle periferie), a seguito dell'esplosione della bolla dei subprime, fanno da controcanto i piano sequenza di desolazione e di povertà della periferia americana, costellate di case sfitte o invendute (quelle concesse ai mutuatari "subprimari" e che coi loro pignoramenti danno avvio alla spirale della crisi), le scene atroci di omicidi e di pestaggi, ripresi per ogni singolo fotogramma, al rallentatore, esasperate in una resa documentaristica che tende ad esaltarne gli attimi più raggelanti e efferati. La cifra stilistica del regista è indubbia, forse migliorabile la sceneggiatura, troppo spesso avvitata, nei dialoghi che ci forniscono lo spaccato sordido dell'america criminale, attorno ad argomenti di poco conto, al limite dell'incostistenza. Gli affari, i grossi affari mafiosi, sono fuori dall'agenda, forse perché la scelta è ricaduta proprio sulla raffigurazione della banalità del crimine, tanto banale da mettere lo spettatore di fronte alla crudezza della morte e alla superficialità con la quale la imprime il boia dei tempi moderni, il carnefice degli anni 2000, il killer professionista interpretato da un perfetto Brad Pitt, icona (fin troppo) chic del male. Lui preferisce "uccidere senza imbarazzo" e evitare il "melodramma" pietistico di una vittima che implora pietà, agendo da lontano, e dando la morte senza guardare le vittime negli occhi, quasi esorcizzando una ripulsa inconscia verso una routine raccapricciante, in cui non conta se e chi uccidi, ma quanto ciò rende in termini di compenso. In cui contano i termini di ingaggio, in cui la gestione manageriale, come quella esercitata e presa a modello nei grandi istituti bancari sull'orlo del crack, si è trasferita alle mafie. Il film diventa, così, la contestazione di un modello di civiltà nella quale non conta la "comunità" o lo spirito di nazione, la solidarità, in cui l'"american dream" è pura olografia, ma nella quale trionfa il profitto individuale, la dimensione del singolo, l'unità in conflitto con la complessità del mondo, "the man who comes around"... Perché, dice Cogan, "io vivo in America e in America sei solo".
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filippo catani
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domenica 21 ottobre 2012
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killer da lontano
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Stati Uniti. Mentre sta avvenendo il sostanziale passaggio delle consegne tra l'uscente presidente Bush e il neoletto Barack Obama con i loro interventi sulla crisi economica, due improbabili giovani criminali eseguono un colpo su commissione rapinando una bisca clandestina controllata da uomini mafiosi. I tre vorrebbero far ricadere la colpa sul tizio che aveva già in precedenza tentato di derubare la bisca ma i mafiosi non si lasceranno ingannare facilmente.
Un thriller decisamente sui generis ma che non può che lasciare convinto lo spettatore che esce dalla sala. Intanto una delle peculiarità del film è il tipo di montaggio che sceglie il regista specialmente a inizio film e ha il suo punto di forza negli slowmotion.
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Stati Uniti. Mentre sta avvenendo il sostanziale passaggio delle consegne tra l'uscente presidente Bush e il neoletto Barack Obama con i loro interventi sulla crisi economica, due improbabili giovani criminali eseguono un colpo su commissione rapinando una bisca clandestina controllata da uomini mafiosi. I tre vorrebbero far ricadere la colpa sul tizio che aveva già in precedenza tentato di derubare la bisca ma i mafiosi non si lasceranno ingannare facilmente.
Un thriller decisamente sui generis ma che non può che lasciare convinto lo spettatore che esce dalla sala. Intanto una delle peculiarità del film è il tipo di montaggio che sceglie il regista specialmente a inizio film e ha il suo punto di forza negli slowmotion. Il film si svolge sempre in periferia o nel grigiore del giorno e del buio della notte oppure all'interno di macchine, motel o squallidi ambienti. La trama è originale ed è ben orchestrata in quanto sa alternare momenti di umorismo allo stato puro (in particolar modo nei dialoghitra i due criminali da strapazzo) a momenti decisamente più crudi (vedi la scena del pestaggio del gestore della bisca sospettato della rapina). Il tutto si regge sulle spalle di ottimi attori; su tutti il brillante Brad Pitt che uccide dolcemente e da lontano per evitare sentimentalismi e piagnistei da parte delle sue future vittime. Magistrale anche Gandolfini nella parte di un killer alcolizzato e con la "passione" delle donne a pagamento. Bene anche Jenkins, Curatola e Liotta. Insomma non è certo il classico thriller ma anzi un film originale che riflette lo stile del suo autore. Non è male vedere che anche i prezzi della malavita per le uccisioni subiscono limature per colpa della crisi economica che pare davvero toccare tutti i settori.
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tonysamperi
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venerdì 16 novembre 2012
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ci si aspetta un film d'azione, invece...
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SULLA SCENEGGIATURA
Il film è ambientato nel periodo in cui Barak Obama è stato eletto presidente degli stati uniti. Così la pellicola si apre con le parole sue e di Bush, in merito alla crisi economica e sociale che stava interessando gli Stati Uniti. In questo senso, dato che il romanzo è del 1974, Dominik ha voluto dare una connotazione attuale alla versione cinematografica della storia.
Al contrario di quanto si può pensare non ci troviamo davanti ad un action-movie, bensì ad una denuncia delle condizioni in cui versano i quartieri americani di alcune città.
Parallelamente alla crisi del Paese, questo spaccato ci offre una panoramica di come l’economia mafiosa risenta della stessa crisi, lasciando ai media quali radio e televisioni un’aria di accusa ad un governo reo di lucrare su tutto il Paese.
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SULLA SCENEGGIATURA
Il film è ambientato nel periodo in cui Barak Obama è stato eletto presidente degli stati uniti. Così la pellicola si apre con le parole sue e di Bush, in merito alla crisi economica e sociale che stava interessando gli Stati Uniti. In questo senso, dato che il romanzo è del 1974, Dominik ha voluto dare una connotazione attuale alla versione cinematografica della storia.
Al contrario di quanto si può pensare non ci troviamo davanti ad un action-movie, bensì ad una denuncia delle condizioni in cui versano i quartieri americani di alcune città.
Parallelamente alla crisi del Paese, questo spaccato ci offre una panoramica di come l’economia mafiosa risenta della stessa crisi, lasciando ai media quali radio e televisioni un’aria di accusa ad un governo reo di lucrare su tutto il Paese.
La trama è stata resa anche bene, una buona scelta secondo me è il continuo passare dall’umorismo alle scene cruente. Ma questo non cambia che essa non abbia tanto da raccontare e purtroppo il film gira su lunghi discorsi e annoia un po’.
SULLA FOTOGRAFIA/SUL MONTAGGIO
Le ambientazioni sono cupe, spesso in periferia, mostrano allo spettatore la parte squallida della città.
Forse il punto di forza del film sono gli slowmotion, che permettono allo spettatore di godersi dei particolari che normalmente non possono essere colti.
SUL DOPPIAGGIO
Il buon Sandro Acerbo doppia Cogan, mentre Richard Jenkins doppiato dal grande Carlo Valli.
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renato volpone
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sabato 20 ottobre 2012
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l'america rende soli
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Violento, cattivo forse, ma sempre un bel ruolo per Brad Pitt. Con sullo sfondo un'America in crisi dove tutti ne fanno le spese, Jackie Cogan, poliziotto corrotto, sistema le cose per "loro", un oscuro "grande fratello" che non vuole avere problemi. E i problemi sono i furbetti che rapinano una bisca clandestina tentando di far ricadere la colpa su altri. Il quadro è quello di "un popolo, una nazione" dove ognuno è solo e tenta di sopravvivere come può. E se vivere non deve più, come i due ragazzi furbetti, allora ci pensa Cogan ad ucciderli dolcemente. Un bel film, qualche blooper con la pioggia battente, ma ottimi attori, una bella fotografia e una colonna sonora grandiosa.
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Violento, cattivo forse, ma sempre un bel ruolo per Brad Pitt. Con sullo sfondo un'America in crisi dove tutti ne fanno le spese, Jackie Cogan, poliziotto corrotto, sistema le cose per "loro", un oscuro "grande fratello" che non vuole avere problemi. E i problemi sono i furbetti che rapinano una bisca clandestina tentando di far ricadere la colpa su altri. Il quadro è quello di "un popolo, una nazione" dove ognuno è solo e tenta di sopravvivere come può. E se vivere non deve più, come i due ragazzi furbetti, allora ci pensa Cogan ad ucciderli dolcemente. Un bel film, qualche blooper con la pioggia battente, ma ottimi attori, una bella fotografia e una colonna sonora grandiosa. Bellissimo anche l'evolversi delle situazioni con sullo sfondo i reportage, le dichiarazioni e le interviste sulla situazione politica ed economica degli Stati Uniti. Il film sembra girato in un'altra epoca, ma Bush e Obama ci riportano al secolo attuale e all'attuale drammaticità del vivere.
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donni romani
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sabato 27 ottobre 2012
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un pulp per brad pitt
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Idea forte e riuscita del film: i passaggi televisivi di Obama e Mc Cain nei mesi della campagna elettorale 2008, i commenti di economisti ed esperti sulla crisi finanziaria, la storia americana che si dipana, parole su parole cifre su cifre analisi su analisi e che fa da sfondo a tutto il film, come una colonna sonora inquietante e minacciosa.
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Idea forte e riuscita del film: i passaggi televisivi di Obama e Mc Cain nei mesi della campagna elettorale 2008, i commenti di economisti ed esperti sulla crisi finanziaria, la storia americana che si dipana, parole su parole cifre su cifre analisi su analisi e che fa da sfondo a tutto il film, come una colonna sonora inquietante e minacciosa. Idea debole del film: pensare di riempire tutto uno script con dialoghi pulp alla Tarantino di un gruppo di malviventi, mezzetacche e boss, killer e scagnozzi, vigliacchi e spavaldi. La trama è semplice, semplicissima, pur nella sua confezione a scatole cinesi: due rapinatori fanno il colpo in una bisca clandestina, dando il via ad una girandola di esecuzioni, di regolamenti dei conti, di giochi di potere fra boss più o meno credibili - speculari a quelli dei potenti - e ripristino delle gerarchie necessarie a che un business - poco conta che sia l'economia mondiale o gli incassi di una partita a poker clandestina - sia redditizio. Brad Pitt è un perfetto killer freddo e distaccato che non vuol perdere tempo a far picchiare il proprietario della bisca perchè tanto poi dovrà essere eliminato e quindi "perchè farlo soffrire inutilmente?", che dispensa perle di saggezza - vi ricorderete a lungo la battuta finale sull'America - e che uccide con la stessa disinvoltura con cui si accende una sigaretta, Gandolfini è perfetto nell'incarnare il vecchio killer in disgrazia e Liotta fa in suo onesto mestiere, però resta la sensazione di un film incompiuto, con alcuni lampi ironici e diabolici, ma fiacco nell'affidare ai lunghi primi piani, spesso all'interno di una macchina, il compito di sostenere un film di non azione, nonostante alcune esecuzioni fulminee, ma comunque di tensione, perchè se è vero che i killers di Tarantino hanno fatto da spartiacque per tutti i gangster's movies che sono seguiti è anche vero che i delinquentelli di Dominick non sono all'altezza delle surreali conversazioni delle Iene o di Pulp Fiction e fanno un po' pena nel loro girare a vuoto su argomenti che in altri mani avrebbero potuto diventare dialoghi esilaranti o terrificanti.
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gogolack
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lunedì 28 gennaio 2013
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film su cui riflettere
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Film insolito, di sicuro non commerciale come voleva far credere il trailer e sicuramente godibile se visto con lo spirito giusto.
Se ci si aspetta una storia ben fatta, che prende ed è ricca di colpi discena, si rimane delusi, e tanto. La prima domanda sorta ai titoli di coda è stato: "Tutto qui?" Poi ho riflettuto, e ho deciso che Killing Them Softly, non è la storia, la trama, la vicenda che ruota attorno ai personaggi, ma i personaggi stessi. Killing Them Softly è i due delinquenti sbandati e drogati, il bravissimo Richard Jenkins che cura gli affari della mala ai tempi della crisi, i discorsi di un perfetto James Gandolfini, killer sul viale del tramonto, è gli infelici drammi di un sempre apprezzabile Ray Liotta, stupido gangster bonaccione e vittima sacrificale e naturalmente, è il Brad Pitt/Cogan, killer disincatanto che da il titolo al film.
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Film insolito, di sicuro non commerciale come voleva far credere il trailer e sicuramente godibile se visto con lo spirito giusto.
Se ci si aspetta una storia ben fatta, che prende ed è ricca di colpi discena, si rimane delusi, e tanto. La prima domanda sorta ai titoli di coda è stato: "Tutto qui?" Poi ho riflettuto, e ho deciso che Killing Them Softly, non è la storia, la trama, la vicenda che ruota attorno ai personaggi, ma i personaggi stessi. Killing Them Softly è i due delinquenti sbandati e drogati, il bravissimo Richard Jenkins che cura gli affari della mala ai tempi della crisi, i discorsi di un perfetto James Gandolfini, killer sul viale del tramonto, è gli infelici drammi di un sempre apprezzabile Ray Liotta, stupido gangster bonaccione e vittima sacrificale e naturalmente, è il Brad Pitt/Cogan, killer disincatanto che da il titolo al film. E' un film di gangster che fanno cose da gangster senza troppi fronzoli o romanticismi, l'unica "innovazione" se vogliamo, è che gli tocca fare i conti con la crisi economica a tutti quanti...anche ai criminali.
Insomma se si osservano attentamente queste cose e si ripensa alla storia, non gli si trova un finale migliore.
Ci ho rivisto molto il Tarantino di Jackie Brown, non a caso il film è tratto da un romanzo dello stesso scrittore se non erro. E' un film ben confezionato, recitazione ottima, facce perfette e adatte tranne Brad Pitt, il suo faccino curato e i capelli impomatati cozzano col faccione da mafioso di Gandolfini o i lineamenti duri di un troppo fugace Sam Sheppard, buone le musiche, discreta la fotografia, forse qualche pretesa di troppo e un moralismo di fondo ma alcuni dialoghi sono perfetti, Dominik è uno di quei registi-molto-artisti e forse esagera con qualche virtuosismo tecnico di troppo ma in sostanza, un film di genere apprezzabile e da vedere!
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fabris piermaria
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mercoledì 24 ottobre 2012
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cogan, tarantino wannabe
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Ambientato nella Lousiana post-Bush, che si appresta all'avvento di Obama, due piccoli e sgangherati malviventi decidono di rapinare una partita di poker clandestina, facendo ricadere la colpa sul gestore, reo di aver già compiuto tale crimine. La mafia, quindi, si affida a Jackie Cogan, killer glaciale, per cercare di riordinare i pezzi del puzzle.
Il film è di una lentezza disarmante, sebbene la sua durata piuttosto breve. I dialoghi fanno pensare subito a Quentin Tarantino, ma mancano di quel seme di genialità tipico del regista di Knoxville, poichè sono pregni solamente di volgarità gratuita ed ironia spicciola. Dominik oltre che strizzare l'occhio al già citato Tarantino, si sofferma, in modo a tratti fastidioso, su lunghi effetti speciali slow motion che potrebbero essere definiti al limite del sadico e che offrono allo spettatore un senso di incompiutezza.
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Ambientato nella Lousiana post-Bush, che si appresta all'avvento di Obama, due piccoli e sgangherati malviventi decidono di rapinare una partita di poker clandestina, facendo ricadere la colpa sul gestore, reo di aver già compiuto tale crimine. La mafia, quindi, si affida a Jackie Cogan, killer glaciale, per cercare di riordinare i pezzi del puzzle.
Il film è di una lentezza disarmante, sebbene la sua durata piuttosto breve. I dialoghi fanno pensare subito a Quentin Tarantino, ma mancano di quel seme di genialità tipico del regista di Knoxville, poichè sono pregni solamente di volgarità gratuita ed ironia spicciola. Dominik oltre che strizzare l'occhio al già citato Tarantino, si sofferma, in modo a tratti fastidioso, su lunghi effetti speciali slow motion che potrebbero essere definiti al limite del sadico e che offrono allo spettatore un senso di incompiutezza. In realtà tutto il film lascia questa sensazione, accarezza solamente determinate tematiche ma non ce le fa assaporare fino in fondo. Gli stessi personaggi, tranne un Brad Pitt a mio parere nella parte, vengono gettati nella mischia e non contestualizzati a dovere (James Gandolfini su tutti). Anche il messaggio politico che il regista vuole lanciare, rimane, furbescamente, troppo in sottofondo.
Un'opera davvero trascurabile.
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