misesjunior
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sabato 9 luglio 2011
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la testa dello struzzo
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Il film è ottimo.
Ma non dimentichiamo che l'incitamento alla "guerra santa permanennte" e ad uccidere gli "infedeli", e la caratterizzazione degli ebrei come "maiali" da uccidere e derubare, sono scritti nel Corano.
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ipno74
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mercoledì 6 aprile 2011
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inno alla vita
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Di questo film sono stati fatti tutti gli elogi possibili, ed effettivamente è un gran bel film.
Si tratta di un film impegnato, lento ma intenso.
La storia che assisterete è vera e con un finale raggelante.
Per tutto il film sentirete, come i protagonisti, l'avvicinarsi della morte.
Ottimo film
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vittorio
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lunedì 21 marzo 2011
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pesante ma bello!!
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Bel film, con una bella trama, dei dialoghi interessanti ed una splendida fotografia....peccato per i tanti momenti di silenzio o di assoluta preghiera...a volte infatti risulta troppo pesante!!
Complessivamente da vedere!
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protus74
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martedì 15 marzo 2011
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dio ha fede nell'uomo?
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Nell'esperienza di cinema, la sala, il pubblico e l'uscita serale dal tepore domestico non è estranea alla visione della pellicola. Personalmente, preferisco le proiezioni tarde, possibilmente al terzo spettacolo (sempre più rare), un po' per l'insofferenza di fare la coda alla biglietteria, un po' per la "trance" dopo visione che mi coglie all'uscita, quel particolare stato di veglia che mi permette di vivere interiormente il ricordo della pellicola appena vista. La serata trascorsa in occasione del film di Beauvois ha confermato quest'attitudine solipsistica alla visone di un film. In maniera inattesa, la sala era gremita ed il pubblico rumoreggiava sommessamente durante certe fasi iniziali del film.
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Nell'esperienza di cinema, la sala, il pubblico e l'uscita serale dal tepore domestico non è estranea alla visione della pellicola. Personalmente, preferisco le proiezioni tarde, possibilmente al terzo spettacolo (sempre più rare), un po' per l'insofferenza di fare la coda alla biglietteria, un po' per la "trance" dopo visione che mi coglie all'uscita, quel particolare stato di veglia che mi permette di vivere interiormente il ricordo della pellicola appena vista. La serata trascorsa in occasione del film di Beauvois ha confermato quest'attitudine solipsistica alla visone di un film. In maniera inattesa, la sala era gremita ed il pubblico rumoreggiava sommessamente durante certe fasi iniziali del film. Poi, un silenzio meditativo è calato, silenzio che ciha accompagnato ben oltre l'uscita, denso di echi monodici dei canti dei frati trappisti, il silenzio del rispetto nei confronti di chi ancora oggi testimonia la propria scelta umana di essere un passo oltre l'umanità nella direzione della fede.
Al di là del tragico fatto di cronaca, è infatti la fede, a mio avviso, l'elemento principe di questo film, sospeso nella quotidianità semplice e lineare di una piccola comunità di frati francesi in Algeria, che condividono il loro presente con la comunità locale ed i rapporti collegiali tra le diverse personalità del loro piccolo gruppo. Nel silenzio del limite del deserto, tra canti appassionati di salmi, dialoghi intensi e delicati e monologhi interiori, Beauvois riesce a vincere la scommessa di non cadere in un'apologetica definizione di sacro, ma costruisce con abilità e finezza un percorso di discernimento di coerenza e senso, all'interno di una vicenda torbida e umana. Senza effeti speciali, senza scene d'azione, senza attori gettonati dallo star system, questo film cesella in rilievo su un presente rumoroso di estremismi, la posizione silenziosa di una parte di umanità che riesce ancora a credere che c'è un valore nel dono della vocazione ed è inquieta nella tensione alla coerenza con i propri principi. Ed allora il silenzio della sala cinematografica fa da contrappunto ai dialoghi cantati - parte integrante della sceneggiatura di Beauvois, sottolineando il rapporto intenso tra la fratellanza degli uomini e la parola vissuta di dio o degli dei, come sottolineato dal titolo originale.
Al di là del film in sè stesso, mi ha fatto riflettere il mutamento del pubblico in sala, da apparentemente sospettoso a silenzioso e meditativo. Al di là delle note critiche sulla tessitura tecnica del prodotto finale, penso che Xavier Beauvois abbia centrato in pieno l'obbiettivo di rendere memoria di una realtà da secoli presente nella nostra società, lontana spesso dai riflettori, ma sempre presente nel tessuto delle realtà povere: l'esperienza del religioso.
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andrea
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domenica 13 marzo 2011
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la vita vissuta cone fede
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La vita vissuta come FEDE.
A proposito della critica di Maurizio Porro : non ha capito niente .
Andrea
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donnarosa
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domenica 13 febbraio 2011
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urgente urgente voglio portare questo film
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URGENTE URGENTE!!!!Fra 10 giorni parto per l'Africa come volontaria presso una Missione sperduta nella foresta vorrei poter portare questo film da far vedere. sO CHE USCIRà IN dvd IL 23 marzo ma io sarò già a destinazione e non potrò acquistarlo in quel periodo. Chi può avere l'opportunità di farmelo acquistare prima del 20 febbraio???
E' un film molto bello e rispecchia in modo mirabile la realtà dei missionari.
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(di fede81)
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reservoir dogs
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giovedì 20 gennaio 2011
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dio, l'uomo e il libero arbitrio
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Algeria 1996, un gruppo di monaci del monastero dell'Atlante vive modestamente, perfettamente inserita tra la popolazione algerina mussulmana grazie anche al monaco Luc (Lonsdale), dottore che cura gratuitamente i malati del paese; anello di congunzione tra cristianesimo e islamismo assieme a padre Cristian (Wilson) che intrattiene periodicamente conversazioni con la popolazione.
L'arrivo degli integralisti Algerini nel paese e al monastero porta agitazione e preoccupazione per il possibile sangue che verrà sparso e i monaci in un irruzione a natale al monastero riescono a sopravvivere grazie alla comunicativa e la conoscenza del Corano di padre Cristian, ma la visita non sarà l'ultima.
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Algeria 1996, un gruppo di monaci del monastero dell'Atlante vive modestamente, perfettamente inserita tra la popolazione algerina mussulmana grazie anche al monaco Luc (Lonsdale), dottore che cura gratuitamente i malati del paese; anello di congunzione tra cristianesimo e islamismo assieme a padre Cristian (Wilson) che intrattiene periodicamente conversazioni con la popolazione.
L'arrivo degli integralisti Algerini nel paese e al monastero porta agitazione e preoccupazione per il possibile sangue che verrà sparso e i monaci in un irruzione a natale al monastero riescono a sopravvivere grazie alla comunicativa e la conoscenza del Corano di padre Cristian, ma la visita non sarà l'ultima.
In risposta ad Yasujiro Ozu che aveva l'abitudine di inserire scene di "quotidianità"(panni distesi ad asciugare, treni che passano) tra un sequenza e l'altra, il francese Xavier Beauvois inserisce a sua volta la quotidianità di 9 cistercensi attraverso i loro (bellissimi) canti in preghiera.
La morte viene trattata (e rappresentata) con estrema pudicità: è un passaggio dal regno degli uomini al regno di Dio in un paesaggio immerso nella nebbia.
Dio ha creato l'uomo legato al libero arbitrio e grazie ad esso l'uomo agisce di sua volontà nella speranza di operare secondo il volere di Dio sono quindi Uomini di Dio sia i monaci che i terroristi Algerini che agiscono in base al volere dei loro Dei.
Gli uomini però a differenza degli Dei inevitabilmente muoiono anche se operano in linea con essi.
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writer58
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domenica 9 gennaio 2011
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un film straordinario
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Quando ho lasciato la sala, alla fine del film, ho visto molte persone rimanere sedute, con lo sguardo assorto e rivolto verso lo schermo ormai spento. Mi è venuto da pensare che fosse un tributo finale a un film straordinario, forse il più bello e intenso del 2010.
7 monaci sequestrati e uccisi, forse dai fondamentalisti islamici algerini, forse da frange dell'esercito. Ciò che mi ha colpito è stato lo stile narrativo -austero e solenne- che il regista ha adottato. Come se, raccontando la parabola dei sette religiosi che vivono in un monastero ai piedi dell'Atlante Algerino, Beauvois avesse scelto di rappresentare un paradigma dell'impegno e del sacrificio umano, avesse voluto parlarci di una testimonianza portata fino alle sue estreme conseguenze, a una vita che non si fa intimidire dalla possibilità della morte.
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Quando ho lasciato la sala, alla fine del film, ho visto molte persone rimanere sedute, con lo sguardo assorto e rivolto verso lo schermo ormai spento. Mi è venuto da pensare che fosse un tributo finale a un film straordinario, forse il più bello e intenso del 2010.
7 monaci sequestrati e uccisi, forse dai fondamentalisti islamici algerini, forse da frange dell'esercito. Ciò che mi ha colpito è stato lo stile narrativo -austero e solenne- che il regista ha adottato. Come se, raccontando la parabola dei sette religiosi che vivono in un monastero ai piedi dell'Atlante Algerino, Beauvois avesse scelto di rappresentare un paradigma dell'impegno e del sacrificio umano, avesse voluto parlarci di una testimonianza portata fino alle sue estreme conseguenze, a una vita che non si fa intimidire dalla possibilità della morte. Per fare questo, occorre eliminare dalla narrazione qualunque fronzolo superfluo e concentrarsi sull'essenziale.
I volti dei monaci, i loro canti scanditi da coreografie geometriche, le interazioni con la comunità locale, l'ambulatorio medico aperto a tutti, le riunioni collegiali in cui i monaci discutono se restare o abbandonare il monastero, il rifiuto di accettare la protezione dell'esercito Algerino.
Volti, situazioni, dubbi, tormenti interiori rappresentati in modo magistrale, senza enfasi, andando a scavare nel gesto e nella presenza scenica degli attori che restituiscono la loro ricerca di senso con un'interpretazione misurata ed efficace.
L'intensità del film consiste nel rappresentare le radici della condizione umana e spirituale senza alcun effetto speciale e senza alcuna forzatura. La storia parla per sé. Una storia atroce, un film straordinario.
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stizzo
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domenica 26 dicembre 2010
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martiri della fede e della pace
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Storia vera e struggente:un film chefa riflettere sul fatto che le religioni creano guerre, odio, fondamentalismo, ma anch infondono coraggio, speranza, beatitudine e addirittura il sacrificio estremo per una causa giusta.
Questo sacrificio è ben rappresentat dai monaci francesi che in Algeria in un piccolo villaggio in mezzo alle montagne vivono ogni giorno dei frutti della terra, pregando e distribuendo medicinali e viveri alla popolazione vicina con cui essi instaurano un rapporto di reciproco rispetto e benevolenza.
I giorni passano ma si sente sempre più il frastuono della guerra e dell'odio che alla fine arriva al monastero, nella mensa dei monaci, nella loro sala di preghiera, nelle loro camere dove recitano il rosario e le preghiere.
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Storia vera e struggente:un film chefa riflettere sul fatto che le religioni creano guerre, odio, fondamentalismo, ma anch infondono coraggio, speranza, beatitudine e addirittura il sacrificio estremo per una causa giusta.
Questo sacrificio è ben rappresentat dai monaci francesi che in Algeria in un piccolo villaggio in mezzo alle montagne vivono ogni giorno dei frutti della terra, pregando e distribuendo medicinali e viveri alla popolazione vicina con cui essi instaurano un rapporto di reciproco rispetto e benevolenza.
I giorni passano ma si sente sempre più il frastuono della guerra e dell'odio che alla fine arriva al monastero, nella mensa dei monaci, nella loro sala di preghiera, nelle loro camere dove recitano il rosario e le preghiere.
La guerra ricoperta dal'alone religioso è ancora più orrenda e sporca e i monaci lo sanno bene;hanno paura vorrebbero scappare, ritornare in Francia, andare lontano, tornare dai propri congiunti o amici ma la fede e la voglia di fare qualcosa di più alto li riunisce e con serenità o rassegnazione affrontano i loro fantasmi che nella neve e nel freddo inverno li portano via.
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chissima
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sabato 18 dicembre 2010
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il silenzio e il canto
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Fin dalla prima inquadratura lo spettatore è trasportato in un mondo altro; ci si chiede dove sia quella terra, tra ulivi e fichi, quelle colline e quelle catapecchie che vi si arrampicano, quelle strade brulle e polverose.
Una ambientazione che ti trasporta in un mondo altro, semplice ed essenziale, eppure mistico, come il monastero che riunisce la comunità di monaci trappisti che pregano ed assistono la comunità di islamici in una terra difficile. Siamo sui monti dell'Atlante, ma siamo anche in un mondo dove l'amore e la fiducia espressa nella semplicità delle parole e nella essenzialità dell'economia regnano. Fin quando il male rompe la pace della semplice vita.
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Fin dalla prima inquadratura lo spettatore è trasportato in un mondo altro; ci si chiede dove sia quella terra, tra ulivi e fichi, quelle colline e quelle catapecchie che vi si arrampicano, quelle strade brulle e polverose.
Una ambientazione che ti trasporta in un mondo altro, semplice ed essenziale, eppure mistico, come il monastero che riunisce la comunità di monaci trappisti che pregano ed assistono la comunità di islamici in una terra difficile. Siamo sui monti dell'Atlante, ma siamo anche in un mondo dove l'amore e la fiducia espressa nella semplicità delle parole e nella essenzialità dell'economia regnano. Fin quando il male rompe la pace della semplice vita. E la violenza si mostra davvero impiegabile, mentre la semplicità dei gesti di pace che governava fino a quel momento la comunità fanno di quegli uomini di dio degli eroi, proprio perchè uomini anche spaventati che scelgono l'amore per i più deboli, che a loro si sono affidati.
Un film bellissimo, misurato, silenzioso, e melodioso. Credo che un po' si è cambiati, dopo la sua visione.
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