L'acchiappadenti è una Fatina per punizione, Derek Thompson (Dwayne Johson) un giocatore di hockey chiamato da tutti "fatina dei denti", per la sua naturale capacità di far cadere i denti agli avversari durante il placcaggio.
L’acchiappadenti ha tutti i presupposti per essere una carina e divertente pellicola per famiglie. C’è il ridicolo: Dwayne Johson con delle ali soffici e rosa accompagnate da un vestitino da principessa è sicuramente una visione grottesca. C’è la maglia: fate, polveri magiche, spray dell’invisibilità. C’è il sentimentalismo: quello dei genitori verso i propri figli e quello dovuto alla storia d’amore del protagonista. È costruito su tre diversi livelli visivi: abbiamo la vita dura dello sportivo, vissuta sul ghiaccio tra spintoni e competizione; l’ambiente familiare, amorevole e divertente, intimo e complicato da gestire, intento a mostrare la realtà dei personaggi; e “Fatalonia”, questo immaginario mondo senza porte in cui le fate si muovono liberamente in ogni ambiente. Eppure, nonostante la presenta di tutti gli ingredienti, il risultato finale non è per niente magico.
Come dice Johnson, "la fatina dei denti è parte della nostra cultura e parte della bellezza di essere un bambino. Ma è un personaggio che non è mai stato preso in considerazione dal cinema". Si tratta di una creatura in cui tutti abbiamo creduto durante l'infanzia, ma nessuno di noi ha mai immaginato potesse esistere un regno fatato in cui lavorassero centinaia di fatine, guidate da Julie Andrews. Si, la madrina di tutte le favole prestatasi a interpretare il capo di questa squadra magica.
Peccato che la pellicola di Michael Lembeck manchi propria di questo senso di distaccamento immaginifico dalla realtà. Il mondo delle fate sembra solo un grande ufficio postale la cui gente in attesa ama vestirsi in maniera stravagante. Gli espedienti ricercati per far ridere lo spettatore sono banali ed effimeri (come tutti i vari strambi attrezzi del mestiere di una fatina, per non parlare del sentimentalismo facile e per niente originale. La spalla affidata al protagonista, interpretata dal comico Stephen Merchant, è simpatica ma insipida, chiusa nel suo buonismo da fata protettrice. Il tutto sistemato all'interno di una sceneggiatura che, seppur basata su mille buone intenzioni e una idea potenzialmente vincente, si perde in mille banalità, in un susseguirsi di avvenimenti senza pathos, privi di ritmo narrativo e completamente inutili al fine di una storia che già dai primi minuti si sa come finirà.
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