Adoro i fratelli Cohen e per motivi miei sono riuscito a vederlo solo ieri sera in piazza a Bologna. Il film mi è piaciuto ed ha un finale fantastico. La diagnosi, il tornado, non poteva finire diversamente e non a caso il periodo di ambientazione del film è il 1967.
Da napoletano abituato a vivere sotto la minaccia perpetua di un vulcano, e ora anche di altro... mi ha in un certo modo divertito il concetto di precarietà della vita espresso nel film. Secondo me, il protagonista e la sua famiglia rappresentano la società moderata anglosassone, lui in particolare chi governa e chi si sbatte in tutti i modi e senza colpi di testa, nonostante tutti gli eventi negativi e tragici che ineluttabilmente avvengono, per portare avanti nel bene e nel male la società. Il materiale umano è questo, la società è questa, e questo è solo il minimo che può accadere, anzi tutto quello che accade prima del finale è la normalità. Le disgrazie, i tradimenti, gli intoppi sul lavoro, i figli, sono relazionabili alle disgrazie, guerre, fallimenti, debiti, crolli finanziari, che avvengono nel mondo.
Ma tutto questo è solo la normalità, si trascura sempre che esiste un momento, prima o poi, dove tutto finirà, la diagnosi. Oppure dove tutto sarà sconvolto da eventi imponderabili, il tornado, che sembra rappresentare il '68.
Il momento in cui il figlio cerca di restituire finalmente i 20 dollari al suo minaccioso creditore, che non a caso era enorme e veniva inquadrato in modo da esaltare questa caratteristica, è emblematico. Lui se ne frega, si volta verso il tornado. I registi non hanno mai mostrato la sua faccia, secondo me potrebbe significare che esiste la certezza della fine o del cambiamento, ma loro e sicuramente anche noi tutti, non ne conosciamo la modalità. Il messaggio dei fratelli potrebbe dire che i soldi o meglio il valore che la nostra società dà all'economia, sparirà di fronte ai disastri, provocati o no dall'uomo, o da eventi rivoluzionari...
A Napoli diremo... stamm' sott' o' ciel'...
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