Miracolo a Sant'Anna |
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Un film di Spike Lee.
Con Derek Luke, Michael Ealy, Laz Alonso, Omar Benson Miller, Matteo Sciabordi, John Leguizamo.
continua»
Titolo originale Miracle at St. Anna.
Drammatico,
durata 160 min.
- USA 2008.
- 01 Distribution
uscita venerdì 3 ottobre 2008.
MYMONETRO
Miracolo a Sant'Anna
valutazione media:
2,42
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Grazie Spike, davvero un miracolodi FelixFeedback: 0 |
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venerdì 3 ottobre 2008 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Miracolo a S. Anna è un bel film, lo dico subito, che certa critica di giornali padronali o di partito però ha dimostrato di non capire. O forse, non ha voluto capire. Probabilmente perché, in effetti, non è un film per tutti, sicuramente non per persone molto colte o intelligenti, e nemmeno per persone molto vecchie. Il film di Spike Lee è per persone che conservano l'innocenza dei bambini, per i matti, e anche per gli artisti. Il suo filo conduttore è infatti una sorta di trinità mistica, costituita da un gigante di cioccolata, da un'opera d'arte miracolosamente sopravvissuta nei millenni, e da un bambino, che il regista sapientemente e simbolicamente ci rappresenta come il filo conduttore e la chiave quasi mistica di volta di tutta la vicenda, quasi come un Deus Absconditus. Che risorge e alla fine, quando il miracolo ha trovato la sua nemesi, redime. Il film è anche un inno e una lode per il nostro paese, in cui i Buffalo Soldiers si scoprono essere accolti e riconosciuti per la prima volta come tutti gli altri esseri umani, senza discriminazioni, in un'Italia che pur era ancora permeata di fascismo, è una critica serrata ad un' America che non sa apprezzare i suoi eroi né sul campo di battaglia né nei tribunali e discrimina più in nome del profitto che della razza, perché i bianchi di tutte le razze comunque pagano meglio e di più anche i gelati. Ma il film è anche un poema tragico sulla guerra partigiana e sui suoi limpidi eroismi, così come sui rancori inevitabili di una spietata guerra civile. C'è il partigiano che combatte ed è incorrotto ed incorruttibile, nonostante si interroghi umanissimamente sulla sua missione e nutra, come accade sempre ai vivi, rimorsi, ed incertezze, c'è chi muore gridando viva la libertà ed offrendo la sua vita per un'Italia migliore, e c'è chi è prigioniero del rancore e della voglia di vendetta, e tradisce anche i suoi affetti più cari. Il film, in fondo, tratta il partigiano traditore molto meglio di come i veri partigiani trattavano quelli che rubavano o tradivano veramente. Credo che in definitiva, la vicenda del film possa anche essere anche un monito profetico per un'Italia che, pure a distanza di numerosi di decenni, non è ancora riuscita a trovare una vera pace ed una vera conciliazione, in nome di un vero bene comune. Ci sono i tedeschi spietati e quelli che riflettono e si sacrificano per salvare l'innocenza oltre che la vita dei bambini, c'è l'umanità dei paesani, a volte impauriti, a volte rancorosi altre volte accoglienti, e una figura femminile un po' surreale così come quella di suo padre, emblema di un Italia al tramonto: fiera, povera e anche dannata, che nella voluttà di vivere e restare se stessa, perisce tragicamente. Alcuni hanno rimarcato la incoerenza e la frammentarietà delle varie situazioni e dei vari episodi, senza notare che l'intera vicenda ha un filo conduttore quasi mistico, religioso, e che coerentemente non vi è un happy end, perché il bambino di allora, diventato affarista di oggi, facendo uscire il reduce di galera, in realtà, non salva solo lui, ma salva anche se stesso. E dimostra che il vero miracolo possibile è sempre l'apertura all'imprevisto, dall'attraversamento impossibile di un fiume di bugie prima ancora che bersagliato di bombe e di incredulità, fino al superamento del tempo e dell'ingiustizia sopravvissuta nei decenni. Perché la gente ha paura e crede solo nel bisogno di sicurezza, lo stesso che spinge a fare le guerre, oltre che a blindare le case, ma è sempre condannata all'incerto, dato che l'unica cosa certa è la presenza del miracolo e gli unici suoi angeli possono essere soltanto i matti, i bambini e gli artisti, gli unici che restano invisibili alla paura. Dovremmo dare a Spike Lee la cittadinanza onoraria italiana, non solo quella di S. Anna di Stazzena, anche se non ci ha raccontato la sua vera storia, ma solo la sua poetica trasposizione tragica. E bene ha fatto il Presidente della Repubblica a congratularsi con lui, davvero questo è uno dei suoi film migliori, perché c'è qualcosa di spirituale in più che negli altri mancava, quella spiritualità che è vivere e trascendere al tempo stesso la vita dal suo interno, con l'immaginazione e la follia, invisibili a più. Per questo resta un film per pochi, anche se nutre l'intima e forse disperata speranza che diventino molti.
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