Dal romanzo di Upton Sinclair “Oil” (1927). Daniel Palinview (Daniel Day-Lewis) è un uomo con le idee molto chiare e determinato a far soldi attraverso il petrolio. Inizia la sua attività di trivellatore dissennato completamente da solo, si cala nei buchi del sottosuolo e con le mine crea le vie d’uscita del petrolio. Inseguirà l’oro nero a costo di tutto, accettando il sacrificio della salute del proprio bambino, e sporcandosi le mani col sangue di più di un uomo. La parabola di un self made man raccontata con stile e tanto, tanto accademismo. La propaganda che ha accompagnato la pellicola l’ha definita il nuovo “Quarto Potere” (vizietto dei pubblicitari, che già sei anni fa, in occasione dell’uscita del polpettone “Gangs of New York”, avevano azzardato un accostamento con “Nascita di una Nazione”). Parliamo chiaramente: siamo lontani anni luce dalla magnificenza della pellicola di Orson Welles. Pur non essendo affatto un fallimento, “Il Petroliere” sembra aver poco da dire; a voler essere scrupolosi in effetti un significato di fondo c’è, e risiede nella risposta ad un interrogativo, che allo scoccare dei 135 minuti - su 160 - viene automatico porsi: ha un senso oggi, raccontare al grande pubblico questa storia? La risposta è sì, e mi sembra l’unica possibile. Il fine del film è quello di riportare (partendo dalle origini) immagine e significato al termine “petrolio”, una parola abusata dalla stampa e ben chiara nel suo valore (in senso strettamente economico) nelle menti degli uomini dei palazzi del potere: l’oro nero è la causa dominante (potremmo dire l’unica?) dei conflitti bellici in Medio Oriente, nei quali gli Stati Uniti investono imponenti quantitativi di energie, uomini, ed il sangue di questi ultimi. Candidato ad otto premi Oscar (tra cui Miglior film, miglior attore protagonista e miglior regia), “Il Petroliere” ha ricevuto i maggiori elogi sul fronte del lavoro fatto da Paul Thomas Anderson (ultimamente premiato a Berlino) e della prova di Daniel Day-Lewis (scontata appare la sua vittoria alla prossima cerimonia dell’Academy). Né l’uno, né l’altro mi sembrano particolarmente di spicco. Per quanto attiene, in particolare, alla regia, appare chiara l’ispirazione di Anderson allo stile di John Ford e Gorge Stevens, e non si tratta di uno scimmiottamento mal riuscito; frequente è l’uso della macchina dolly, delle carrellate e del piano sequenza. Daniel Day-Lewis ha, certamente, dato anima e corpo al personaggio, ma non ha apportato alcun contributo personale capace di sganciare il suo Daniel dallo stereotipo. Film soddisfacente, ma sopravvalutato.
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rosebud
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martedì 4 marzo 2008
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si vede che hai dormito
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Sono convinto che questa recensione sia stata fatta da uno che o si è addormentato per 2/3 del film o è entrato nella sala sbagliata e alla fine se l'è fatto raccontare.Si banalizza a voler ridurre il film alla pura inchiesta sul petrolio e invece sarebbe giusto sottolineare la forte carica drammatica della situazione di Daniel che piano piano si lascia morire, vinto da una solitudine che si è voluto creare per essere indistruttibile e inarrestabile nel perseguire il suo fine ultimo.Non capisco poi l'accostamento con Ford e Stevens, due registi che non hanno niente a che fare con le tecniche utilizzate da Anderson che se vuoi, proprio per le carrellate e i piani sequenza è molto più vicino a Welles.
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Sono convinto che questa recensione sia stata fatta da uno che o si è addormentato per 2/3 del film o è entrato nella sala sbagliata e alla fine se l'è fatto raccontare.Si banalizza a voler ridurre il film alla pura inchiesta sul petrolio e invece sarebbe giusto sottolineare la forte carica drammatica della situazione di Daniel che piano piano si lascia morire, vinto da una solitudine che si è voluto creare per essere indistruttibile e inarrestabile nel perseguire il suo fine ultimo.Non capisco poi l'accostamento con Ford e Stevens, due registi che non hanno niente a che fare con le tecniche utilizzate da Anderson che se vuoi, proprio per le carrellate e i piani sequenza è molto più vicino a Welles.Parlando di Daniel Day Lewis, la sua perfomances è incredibile, mai sopra le righe e sempre incisivamente connessa con ii vari messaggi che vuole trasmettere....Di quale stereotipo parli?Mi piacerebbe avere un paio di esempi.....
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(di francesco2)
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gneul
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mercoledì 5 marzo 2008
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daniel day-lewis senza paragoni
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Dire che la prova di Daniel Day-Lewis non è "particolarmente di spicco" mi sembra discutibile: a mio parere si può definire gigantesca senza rischiare di esagerare, e l'Oscar è stato ampiamente meritato. Anzi, se confrontiamo questo Oscar ad altri assegnati in tempi recenti, non si rende giustizia in maniera completa alla distanza abissale che separa l'interpretazione di questo attore e gli altri premiati. Tra l'altro è uno dei pochi grandi attori contemporanei capace di rifiutare film inutili al solo scopo di arricchirsi ulteriormente...bravo!
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(di yurigami)
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monica
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domenica 9 marzo 2008
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Bravo! Condivido in pieno.
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alex72
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lunedì 10 marzo 2008
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non per dissentire
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Non per dissentire ma non condivido affatto la tua opinione. Sicuramente il film è molto meglio di quello dei Cohen più osannati e trend ma sicuramente con meno cose da dire. Trovo la regia di Anderson notevole, nel suo equilibrio tra tradizione ( come hai tu sottolineato )e poesia ( i primi venti minuti mi hanno trasferito inesorabilmente nelle location del film ), i dialoghi sapientemente cesellati in lunghi ma tuttaltro inespressivi silenzi, la colonna sonora entusiasmante nella sua essenzialità come non si sentiva dai tempi di Psycho.... E poi dire che D.D.Lewis non aggiunge niente di personale al suo personaggio sembra quasi suggerire che il film sia stato distrattamente visto dal nostro commentatore.
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Non per dissentire ma non condivido affatto la tua opinione. Sicuramente il film è molto meglio di quello dei Cohen più osannati e trend ma sicuramente con meno cose da dire. Trovo la regia di Anderson notevole, nel suo equilibrio tra tradizione ( come hai tu sottolineato )e poesia ( i primi venti minuti mi hanno trasferito inesorabilmente nelle location del film ), i dialoghi sapientemente cesellati in lunghi ma tuttaltro inespressivi silenzi, la colonna sonora entusiasmante nella sua essenzialità come non si sentiva dai tempi di Psycho.... E poi dire che D.D.Lewis non aggiunge niente di personale al suo personaggio sembra quasi suggerire che il film sia stato distrattamente visto dal nostro commentatore. Personalmente ho trovato la sua interpretazione una delle migliori degli ultimi anni, così poco istrionica ma molto reale, viscerale, quasi magica. Non sò cosa di più ci si possa aspettare da un' attore. E soprattutto così sapientemente appoggiata da un sottovalutatissimo Dano.
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