Il petroliere |
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Un film di Paul Thomas Anderson.
Con Daniel Day-Lewis, Paul Dano, Kevin J. O'Connor, Ciarán Hinds, Dillon Freasier.
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Titolo originale There Will Be Blood.
Drammatico,
b/n
durata 158 min.
- USA 2007.
- Buena Vista International Italia
uscita venerdì 15 febbraio 2008.
MYMONETRO
Il petroliere
valutazione media:
3,51
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Sete di sangue nel sogno americanodi Giuseppe MarinoFeedback: 0 |
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venerdì 22 febbraio 2008 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il Petroliere. There will be spoiler. Citazioni obbligatorie: i primi 20 minuti senza parole, l’incendio della torre. È un film possente, notevole anche solo per queste scene. Non vado pazzo per Anderson, Magnolia non mi piacque. È capace di una regia solida, ma si lascia andare a troppe variazioni di registro, tende a strafare. Anche Il Petroliere non è perfetto, ma è senza dubbio il suo miglior film. Daniel Day-Lewis è il cattivissimo sovrano della pellicola e qualche volta ruba la scena anche alla terra, al fango e ai morti. Due sono i principali momenti di rivelazione del personaggio, sottolineati dallo stesso brano di Greenwood (bellissima la colonna sonora che in più occasioni sembra doversi arrestare, e invece si dilunga dando compattezza ed identità ad intere sequenze): nella terra brulla, con una gamba rotta, perduto in un paesaggio deserto, in mente ha solo la follia della ricchezza; nel battesimo del fango, quando pesta il prete e mostra tutto il suo disprezzo per il genere umano (da lì si accentueranno i toni grotteschi). There will be blood parte come un’epopea capitalista, all’inizio si potrebbe leggere la figura come un Kane, pericoloso, cattivo, ma umano. Qualcosa che comunque incute rispetto. Poi, e questa è una cosa buona nel film, l’epopea viene smontata e tutto assume un’altra dimensione: l’uomo rude che si è arricchito col suo sudore e la sua mancanza di scrupoli non è una figura epica e carismatica, viene ridimensionato ad un purissimo schizzato omicida che non ha mai avuto altro interesse che non fosse se stesso. Anche quelle che potevano sembrare azioni ispirate alla difesa del proprio sangue (il figlio, il fratello), sono in realtà reazioni violente a presunte offese alla propria persona, che è Daniel stesso a creare per i suoi sfoghi . L’unico sangue che interessa Daniel, come spesso afferma, è il petrolio. C’è da credere che il film mostri non una parabola discendente del protagonista, ma semplicemente diluisca gli indizi per la giusta interpretazione dello stesso. Di fatto il suo rapporto con il mondo, e viceversa, non cambia. Quando nell’ultima scena il maggiordomo lo scopre ad omicidio compiuto, sostanzialmente non fa una piega. E proprio nell’ultimo assassinio si mostra il definitivo distacco dal genere umano: Daniel non è altro che la scimmia kubrickiana dallo sguardo spiritato che frolla tapiri con una clava. Tutto ciò, proprio in virtù di una costruzione iniziale di diverso registro, configura una critica demitizzata, grottesca e realistica, del sogno americano (occidentale, o mondiale), ridotto a pura sete di sangue.
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