Vanità e affanni

   
   
   

Luigi Paini

Il Sole-24 Ore

Uno spettro si aggira nell'ospedale psichiatrico di Uppsala, in Svezia: ha le sembianze di un down bianco, maschera di morte ricoperta di biacca, occhi cerchiati di nero, essere dalla sessualità incerta. Appare, quando le luci della camerata si spengono, a Carl (Borje Ahlstedt), un alienato mentale che, steso sul suo letto, tarda a prendere sonno. È una delle immagini più forti e indimenticabili di Vanità e affanni, l'ultima opera di Ingmar Bergman, coprodotta dalla Rai. Non è un film in senso proprio, non è uno sceneggiato tv, non è semplicemente teatro filmato. [...]

di Luigi Paini, articolo completo (2252 caratteri spazi inclusi) su Il Sole-24 Ore 15 marzo 1998

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