Matrimonio in quattro

Vienna. Il professor Stock non vede l'ora di potersi liberare con un divorzio dalla consorte Mizzi e, sperando di ottenere prove inconfutabili contro di lei, assume un detective privato. Mizzi difatti si dà da fare per sedurre il dottor Braun, che aveva incontrato per caso e che poi scopre essere il neo marito della sua migliore amica Charlotte. La quale è decisamente innamorata dello sposo ma deve resistere alle avances del di lui collega dottor Gustav. Braun e Charlotte sapranno resistere alle tentazioni e Stock entrerà in possesso delle tanto desiderate prove di adulterio?

Il secondo film realizzato negli States da Ernst Lubitsch (e la sua prima commedia muta americana) mostrano al pubblico l'universalità del cinema del regista tedesco.

Gli aveva aperto la strada Chaplin con La donna di Parigi (avendo qui come trait d'union la presenza di Adolphe Menjou là nei panni del ricco scapolo Pierre Revel e qui come annoiato e distaccato dottor Stock). Proprio con lui si apre il film con un cartello e un'inquadratura che fanno da perfetto incipit alla vicenda. Il cartello recita: "La giornata incomincia tardi ma in modo trionfale a casa del professor Josef Stock". Le immagini che seguono lo vedono indossare un calzino...bucato.

Lubitsch ci ha già messo in situazione. Quello che verrà definito il suo 'tocco' ha già avuto modo di esercitarsi e di film in film non perde l'occasione per ampliare il proprio raggio d'azione. Qui lo farà con un'inquadratura magistrale: un uovo alla coque e una tazzina di caffè vengono delicatamente spostati in dettaglio a colazione dalla coppia Braun per lasciar pensare allo spettatore a chissà quali effusioni. Scopriremo che è tutto molto più semplice ma comunque saremo stati sollecitati ad intervenire con un pizzico di malizia.

Siamo di fronte all'adattamento, ad opera di Paul Bern, di uno spettacolo teatrale di Lothar Schmidt che vedrà nel 1932 un remake sempre diretto da Lubitsch insieme a George Cukor (a questo punto sonoro) con il titolo Un'ora con te.

Lubitsch non ne fa un film 'teatrale', anche se alcune espressioni un po' caricate di Marie Prevost e la ritrosia, che oggi appare comicamente eccessiva, di Monte Blue nei panni del tendenzialmente fedele dottor Braun potrebbero favorire uno sbilanciamento. Lubitsch, che conosce bene i meccanismi teatrali (e ce ne darà la prova in Vogliamo vivere!), sa però distinguere in modo magistrale tra le due forme artistiche di comunicazione con una piena consapevolezza dei tempi che il cinema (e quello muto in particolare all'epoca) richiede per suscitare partecipazione e sorriso. Tempi che, se si dispone di un meccanismo perfettamente oliato e della capacità di portarlo sullo schermo, continuano a funzionare. 

Tra le sue commedie più efficaci, Matrimonio in quattro (1924) è un esempio classico della produzione del regista berlinese, approdato negli Stati Uniti. Il famoso tocco alla Lubitsch, ciò che Billy Wilder descrisse come la singolare capacità di dare anche ai particolari minimi la brillantezza e la leggerezza dell'arguzia, avvolge tutta la pellicola, interpretata da attori del calibro di Monte Blue, Florence Vidor, Marie Prevost e Adolphe Menjou. Ambientata nella Vienna degli anni Venti, la vicenda ruota attorno a due coppie, il dottor Braun e la neo mogliettina Charlotte, la migliore amica di Charlotte, Mizzi, sposata con il professor Stock. Tra i quattro si scatenano ambigui rapporti incrociati, con Mizzi che cerca di portare via all'amica il marito mentre Stock assolda un detective per coglierla in flagrante e poter così divorziare...