Il settimo sigillo |
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Un film di Ingmar Bergman.
Con Max von Sydow, Gunnar Björnstrand, Gunnel Lindblom, Bengt Ekerot, Bibi Andersson.
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Titolo originale Det Sjunde Inseglet.
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 95 min.
- Svezia 1957.
- Cineteca di Bologna
uscita lunedì 5 novembre 2018.
MYMONETRO
Il settimo sigillo
valutazione media:
4,33
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Una sacra rappresentazione reinterpretatadi PoggiFeedback: 1284 | altri commenti e recensioni di Poggi |
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domenica 30 agosto 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Figurativamente uno dei film più affascinanti di Bergman - tratto dal suo atto unico "Pittura su legno" - il "Settimo sigillo" merita senz'altro la collocazione tra i capolavori del cinema che gli è stata tributata negli anni. Rimarranno per sempre nell'immaginario collettivo la morte incappucciata, resa con inquietante distacco da un formidabile Bengt Ekerot, la scena della processione dei flagellanti nel villaggio, il personaggio del pragmatico scudiero Jons (interpretato da Bjornstrand, forse l'attore che compare più spesso nei film del maestro), l'immagine del cavaliere avvolto nel mantello che attende la morte davanti alla scacchiera, nella foresta (inquadratura quasi statuaria e di straordinaria bellezza, con i contrasti chiaroscurali fortemente accentuati). Ritmo lento ma sorprendentemente coinvolgente per questo film del 1956 che si fa vedere e rivedere senza annoiare, lasciando anzi esterrefatti per l'incredibile profusione di spunti figurativi (rimandi al tema della "danza macabra" nella pittura medievale, a Fussli ed altro ancora), per l'originalità di trasporre in un medioevo sconvolto dalla peste ansie e turbamenti tipici del mondo contemporaneo, e infine per la ricchezza e profondità dei temi trattati: la morte, il vuoto, l'assenza di Dio e di senso, la paura dell'ignoto. Nonostante tutte queste note positive, il film più famoso del maestro svedese non è anche il migliore: una pecca che non si può fare a meno di notare - e che forse è da imputarsi al poco tempo a disposizione del regista per la realizzazione- è che proprio questi grandi temi a volte restano sullo sfondo, vagamente ambigui come il simbolismo che li richiama. In particolare trovo non pienamente risolta la dialettica tra la vitalità e la speranza incarnati dalla famiglia dei saltimbanchi (nonchè da una splendida Bibi Anderson) e la condizione di quasi-nichilismo che caratterizza la personalità e il destino del cavaliere e dei suoi compagni; non è del tuitto chiaro, peraltro, il significato di certe figure come quella della donna dello scudiero. In ogni caso un grande film, che chiunque dovrebbe vedere e che in fondo autorizza, tutto sommato, una lettura in chiave positiva, a differenza di quanto sostenuto da molti critici: insomma, non uno dei film più disperati di Bergman.
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