
Prima di essere un film animalista ed ecologista, un fantasy e un family movie, The Legend of Ochi è un emozionante coming of age. Dall'8 maggio al cinema.
di Claudia Catalli
Prima ancora di essere un film animalista ed ecologista, un fantasy e un family movie, The Legend of Ochi è un emozionante coming of age. La sua protagonista Yuri, che incontriamo a inizio film intenta nella sua prima caccia agli Ochi – creature di fantasia dal cuore buono e dallo sguardo dolce -, nel finale sarà tutt’altra persona. Accade non solo per via di un innamoramento spontaneo con una creatura diversa da lei - metafora anche politica dell’incontro con l’altro, lo straniero, il più debole, perseguitato, e dunque da salvare – ma anche per una presa di consapevolezza progressiva.
Non è un caso che il regista Isaiah Saxon abbia scelto come protagonista proprio un'adolescente: è nella sua fase di crescita esplosiva e insieme di potente ribellione alle figure genitoriali che si compie la sua avventura di “eroina”. Perché Yuri eroina lo diventerà davvero, suo malgrado e inconsapevolmente, una volta appresa - con il potere dell’empatia più forte di ogni intelligenza - la vera natura di chi avrà di fronte. Allora non avrà nessun dubbio nel fare la cosa giusta, ovvero portare in salvo la piccola creatura sconosciuta, tutt’altro che feroce come le era stata raccontata.
Sta tutto nell’aggettivo “sconosciuto” la chiave di un racconto per tutta la famiglia che si scaglia contro ogni paura e diffidenza xenofoba, mirando a portare sullo schermo, attraverso lo sguardo privo di sovrastrutture e pregiudizi di una ragazza, la magia dell’incontro con l’altro. Pur provenendo da specie, culture e linguaggi diversi si può trovare un punto in comune in cui ritrovarsi, pare voler dire Saxon, in un’esplosione di tenerezza in cui non si risparmia un’ipotesi di contaminazione. Perché avvicinarsi all’altro, allo sconosciuto, significa anche permettere di contaminarsi e influenzarsi a vicenda, specie se si tratta di due cuccioli a confronto nella fase più critica e insieme più stimolante di acquisizione di esperienze, conoscenze e lezioni di vita. Dall’addestramento rigido di suo padre, cacciatore di Ochi (un istrionico Willem Dafoe), Yuri saprà passare dall’altra parte della barricata, facendosi custode e protettrice del “nemico”, in una ribellione che non è affatto una puerile rivolta adolescenziale ai genitori, quanto piuttosto una presa di posizione decisa rispetto un sistema valoriale basato sull’odio a cui sente (prima ancora che “capisce”) di non voler aderire.
Il film racconta appieno la sua presa di consapevolezza, trovando una sua dimensione rispetto ad altri coming of age ambientati nel fantastico (da Il mago di Oz a Pinocchio (guarda la video recensione), passando per Il Labirinto del Fauno) e si rivela affascinante proprio per questo, per la capacità di trasportare chi guarda nel viaggio di Yuri, un viaggio anche interiore che le cambierà la vita e il modo di vederla, tra archetipi, relazioni ancestrali e linguaggi preverbali. A renderlo avvincente non è solo la regia – e il panorama spettacolare del “regno” degli Ochi – ma anche il talento indiscusso della giovane Helena Zengel, interprete tedesca magnetica di appena sedici anni, già candidata quattro anni fa al Golden Globe come miglior attrice non protagonista per Notizie dal mondo e qui protagonista in grado di accompagnare per mano il pubblico in questo percorso di crescita soprattutto emotiva.