
Un'opera prima che non rivoluziona il genere horror ma aspira a diventare un cult. Film di apertura di Alice nella città.
di Davide Zazzini
Dopo aver subito un lutto in famiglia, la stabilità mentale del giovane Todd torna a scricchiolare. Fugge e si trasferisce a tempo indeterminato, insieme al cane Indy, in un’isolata casa di campagna. Un tempo ci viveva il nonno, ma è stato abbandonato perché infestato da un fantasma maligno. Se ne accorge ben presto solo il toller che prova a difendere il padrone. Ben Lonenberg debutta al lungometraggio con un horror indipendente ad altezza di cane: protagonista è Indy, il suo animale domestico.
Good Boy si candida ad essere un piccolo caso cinematografico: in America è appena uscito con una distribuzione allargata, facendo segnare nei primi fine settimana numeri da record. La snella sceneggiatura a quattro mani si fa apprezzare per la capacità di evitare lo sbalordimento gratuito, così come la regia ponderata, pronta a significare i dettagli e a indagare con rigore gli ambienti del villino e la campagna circostante. Tuttavia, nella cinepresa di Lonemberg si affastellano sin da subito tutti i cliché del genere senza che il decentramento, anzi l’abbassamento di sguardo ridoni loro linfa espressiva.