gattoquatto
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sabato 6 gennaio 2024
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i sopravvissuti delle ande
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Il film narra la storia del disastro aereo avvenuto sulla catena montiuosa delle Ande nel 1972, e la terribile esperienza del gruppo di sopravvissuti, bloccati per oltre due mesi tra le cime innevate della Cordillera andina a più di 3600 metri di altezza. La vicenda ebbe risonanza internazionale quando fu chiaro che per restare in vita i superstiti furono costretti a ricorrere al cannibalismo.
I fatti erano già stati rievocati nel dettagliato libro di Piers Paul Read "Tabù" uscito nel 1974 e successivamente nel film "Alive, sopravvissuti" del 1993.
Questo film è quindi una sorta di remake della precedente pellicola e mi ha deluso fin dalle prime battute a causa di un approccio troppo sensazionalistico e approssimativo.
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Il film narra la storia del disastro aereo avvenuto sulla catena montiuosa delle Ande nel 1972, e la terribile esperienza del gruppo di sopravvissuti, bloccati per oltre due mesi tra le cime innevate della Cordillera andina a più di 3600 metri di altezza. La vicenda ebbe risonanza internazionale quando fu chiaro che per restare in vita i superstiti furono costretti a ricorrere al cannibalismo.
I fatti erano già stati rievocati nel dettagliato libro di Piers Paul Read "Tabù" uscito nel 1974 e successivamente nel film "Alive, sopravvissuti" del 1993.
Questo film è quindi una sorta di remake della precedente pellicola e mi ha deluso fin dalle prime battute a causa di un approccio troppo sensazionalistico e approssimativo.
La vicenda oggetto della narrazione è una tragedia complessa e multiforme. Dall'incidente aereo alle dinamiche umane interne al gruppo di superstiti, fino all'avventurosa spedizione in cerca di soccorsi, la storia sarebbe ricca di dettagli, sfumature emotive e psicologiche, episodi di rilievo e accadimenti quotidiani cui il film accenna in modo molto sommario (o che ignora del tutto), puntando invece sugli aspetti più spettacolari e scenografici. Per esempio pressoché nulla sappiamo della psicologia dei personaggi e del loro dramma individuale: il debole e il forte, il pauroso e il coraggioso, il malato e il sano. Ben poco comprendiamo della surreale quotidianità della vita su un costone di roccia innevata a 3600 metri, dell'organizzazione e delle dinamiche di gruppo, la lentezza esaspertante dell'attesa, il confronto quotidiano con la morte, ecc. La ricostruzione dell'incidente aereo, seppure spettacolare, corrisponde solo grossolanamente all'effettiva dinamica della sciagura. L'avventurosa e incredibile spedizione alla ricerca di soccorsi, durata per dieci giorni di arrampicate tra le più alte e pericolose vette della catena montuosa, solo con equipaggiamenti di fortuna, viene compressa nei pochi minuti finali della proiezione. Ci sono poi aspetti incomprensibili: per esempio si vedono personaggi fumare in continuazione ma i fiammiferi non sono mai usati per accendere un fuoco e riscaldarsi. Tutti questi elementi necessitano di dettagli, tempo e immagini per essere narrati, mentre il regista pare soffermarsi con attenzione quasi morbosa soltanto sul tema del cannibalismo. La durata del film (2h e 20 minuti) avrebbe sicuramente permesso molti approfondimenti.
Al contempo il film non merita un giudizio del tutto negativo: soprattutto per chi ignora la vicenda si tratta di un lavoro comunque interessante, sufficiente per dare un'idea. La realizzazione è professionale e la visione scorre. Particolarmente toccanti sono le battute finali, in cui le immagini d'epoca vengono abbinate a quelle della finzione cinematografica.
A mio parere tuttavia la versione del 1993 è superiore e riesce trasmettere una visione d'insieme più accurata, più umana e più coinvolgente, anche se con i suoi limiti, mentre questa nuova versione nulla fa per correggerli, anzi.
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felicity
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giovedì 8 febbraio 2024
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la capacità di trasformare un ambiente ostile
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La società della neve è soprattutto un drammone (di quasi due ore e mezza) che racconta questa presa di coscienza collettiva e la forza che il singolo può trarre dalla comunità, ma le scene catastrofiche e di tensione non mancano. Il disastro aereo è raccontato in maniera succinta e rigorosa e funziona come brutale wake up call per tutti i coinvolti. La sfida centrale è invece la valanga che, a un certo punto, colpì il relitto quando ormai i sopravvissuti erano riusciti a crearsi un decente sistema per tirare avanti alla meno peggio. Ne segue una scena angosciantissima e claustrofobica, in cui Bayona fa un ottimo uso dell’angusto spazio della fusoliera.
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La società della neve è soprattutto un drammone (di quasi due ore e mezza) che racconta questa presa di coscienza collettiva e la forza che il singolo può trarre dalla comunità, ma le scene catastrofiche e di tensione non mancano. Il disastro aereo è raccontato in maniera succinta e rigorosa e funziona come brutale wake up call per tutti i coinvolti. La sfida centrale è invece la valanga che, a un certo punto, colpì il relitto quando ormai i sopravvissuti erano riusciti a crearsi un decente sistema per tirare avanti alla meno peggio. Ne segue una scena angosciantissima e claustrofobica, in cui Bayona fa un ottimo uso dell’angusto spazio della fusoliera. E poi naturalmente ci sono le escursioni dei protagonisti, scene in cui invece Bayona mette a confronto il molto piccolo, gli esseri umani, col molto grande.
Quando si tratta di raccontare quanto la cosa più terribile che toccò fare ai superstiti, ovvero il ben noto cannibalismo, fosse diventata in breve tempo normalissima. Bayona dimentica di mostrarci una progressione. Avrebbe dovuto rendere l’idea di quanto quella decisione, così fondamentale, sia stata allo stesso tempo disturbante, devastante a livello psicologico, soprattutto per un gruppo di ragazzi fortemente cattolici.
Bayona si concentra su altro, su come, anche nelle condizioni più impensabili, gli esseri umani tendano a ricreare una quotidianità e una normalità. Dopo il salvataggio, la regia indugia sui dettagli del relitto, trasformato, in un paio di mesi, in una vera e propria casa. Bayona ci parla così di come l’arma evolutiva principale dell’Uomo sia proprio la sua capacità di trasformare il suo ambiente, di modellarlo alle sue esigenze.
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