
Al suo secondo film dopo il premiato The Day I Lost My Shadow, Soudade Kaadan racconta il conflitto siriano attraverso le paure ma anche i desideri delle sue protagoniste, sempre in equilibrio tra realtà e immaginazione. Al cinema.
di Simone Emiliani
C’è un buco sul soffitto che collega l’interno e l’esterno di una casa bombardata a Damasco. Dentro c’è la paura, la sopravvivenza, gli echi del conflitto siriano vissuti da chi ancora non è scappato. Fuori invece c’è il desidero di fuga, il sogno di poter vedere il mare, lo sguardo lontano verso un futuro diverso.
Sono le due anime contrastanti di Nezouh - Il buco nel cielo, opera seconda della regista siriana Soudade Kaadan che con il film precedente, The Day I Lost My Shadow, ha vinto il premio per la Migliore Opera Prima alla Mostra del Cinema di Venezia del 2018 dove è stato presentato nella sezione Orizzonti.
Al centro di Nezouh - Il buco nel cielo c’è ancora una famiglia composta dal padre Motaz, la madre Hala e la figlia quattordicenne Zeina. Lui non vuole abbandonare la casa e fa di tutto per restarci, a cominciare dalla costruzione di un generatore di corrente. Madre e figlia vorrebbero invece andarsene, come ha già fatto una delle sorelle di Zeina che si è rifugiata in Europa. Kaadan alterna il secco realismo del cinema bellico con una dimensione fantastica. Da una parte c’è una città vuota distrutta dai bombardamenti, l’appartamento della famiglia distrutto da una granata dove ci sono calcinacci dappertutto.
Dall’altra invece entra in gioco la forza dell’immaginazione che regala l’illusione di trovarsi altrove. Il blu del cielo può diventare come quello del mare dove un sasso lanciato in aria rimbalza come se si trovasse nell’acqua. Sul tetto poi ci sono gli incontri tra Zeina e Amer, un coetaneo che vuole filmare quello che sta accadendo sia con la sua videocamera sia con un drone. Si vedono sul tetto della casa che la ragazza raggiunge attraverso una corda. Lì sopra c'è un momento in cui il ragazzo non le mostra un film sulla guerra ma si vede soltanto l'immagine del mare. Non c’è sonoro. I rumori sono spesso presenti, anzi costituiscono una traccia persistente. Qui invece c’è uno squarcio improvviso di silenzio. Forse è da qui che comincia la ribellione nascosta della ragazza e la voglia di non sottomettersi a un destino che sembrava essere segnato.
Il realismo fantastico di Nezouh - Il buco nel cielo alterna continuamente le due dimensioni (guerra, libertà) prima della presa di coscienza da parte della protagonista e della madre. Kaadan infatti alterna una prima parte kammerspiel, ambientata quasi completamente all’interno della casa, con una seconda fatta di spostamenti nella città siriana e in un tunnel dove si può rintracciare anche il modello del cinema neorealista italiano e, in particolare, Germania Anno Zero. Edmund, il ragazzino che cerca di sopravvivere e attraversa Berlino distrutta dalla guerra nel film di Rossellini, ha quasi la stessa età di Zeina.
A Kaadan non interessa solo mostrare gli effetti del conflitto in Siria ma soprattutto come viene percepito dalla giovane protagonista. La stessa cineasta ha raccontato che era uscita di casa assieme alla sorella dopo l’inizio dei bombardamenti e, con la nuova ondata di sfollamenti, era normale vedere delle donne che giravano da sole.
Entra così in gioco un altro dei temi principali del film che è quello dell'emancipazione femminile, incarnato proprio da Zeina e dalla madre, che si prendono in mano, da sole, il proprio destino. Del resto già nel titolo del film, che significa “dislocamento di anime, acqua e persone” c’è già tutta quella spinta verso uno spostamento che non è soltanto quello fisico, da un luogo all’altro, ma è proprio mentale. Ed è proprio nell’immaginazione di Zeina, già quando era chiusa in casa, che si prepara un viaggio verso un altro mondo possibile.