sergio dal maso
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lunedì 21 novembre 2022
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la normalità dell''intolleranza
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“Certe cose sono sconvolgenti e inaccettabili alla comune coscienza. (…) Certe cose atroci architettate o comunque volute dal Potere (quello reale non quello sia pur fittiziamente democratico) sono comunissime nella storia: dico comunissime: eppure alla comune coscienza paiono sempre eccezionali e incredibili.” Pier Paolo Pasolini - Il Caos (1969)
Ci sono storie a cui è difficile credere. Appaiono inverosimili, incompatibili con il periodo storico in cui sono avvenute. Eppure sono successe realmente, e non tanti secoli fa, appena qualche decennio.
Una di queste è quella di Aldo ed Ettore. Innamorati e felici nell’Italia degli anni Sessanta.
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“Certe cose sono sconvolgenti e inaccettabili alla comune coscienza. (…) Certe cose atroci architettate o comunque volute dal Potere (quello reale non quello sia pur fittiziamente democratico) sono comunissime nella storia: dico comunissime: eppure alla comune coscienza paiono sempre eccezionali e incredibili.” Pier Paolo Pasolini - Il Caos (1969)
Ci sono storie a cui è difficile credere. Appaiono inverosimili, incompatibili con il periodo storico in cui sono avvenute. Eppure sono successe realmente, e non tanti secoli fa, appena qualche decennio.
Una di queste è quella di Aldo ed Ettore. Innamorati e felici nell’Italia degli anni Sessanta. Incoscienti e liberi. Per questo perseguitati dal moralismo bigotto e ipocrita di una società, seppur nel pieno del boom economico e agli albori della contestazione del ’68, ancora fortemente ancorata alla tradizione clerico-fascista. Martirizzati solo per la loro omosessualità. Ettore Tagliaferri con la reclusione in manicomio e le “cure” forzate a base di elettroshock e psicofarmaci. Aldo Braibanti per via giudiziaria, condannato a nove anni per plagio del giovane compagno.
Fu l’unica condanna definitiva per il reato di plagio, dichiarato incostituzionale nel 1981, istituito in epoca fascista dal codice Rocco, quando l’omosessualità, in un’Italia virile e machista, non si poteva nemmeno nominare.
La loro storia inizia a metà degli anni Sessanta, nella campagna piacentina. Le attività culturali organizzate dalla comunità stabilita nel podere chiamato la Torre, di cui Aldo Braibanti è uno degli animatori, aggregano molti ragazzi, tra loro i fratelli Tagliaferri. Ettore è subito affascinato dal carisma di Braibanti, una figura di spicco dell’avanguardia culturale di quegli anni, poliedrico e anticonformista. Oltre che filosofo, è anche drammaturgo, poeta e mirmecologo, cioè studioso delle formiche e della loro vita sociale.
L’ostilità della madre di Ettore nei confronti di Braibanti e il clima greve e intollerante della provincia padana indurranno Ettore a raggiungere Aldo a Roma e a recidere i contatti con i famigliari, che reagiranno denunciando il filosofo e facendo internare il figlio in manicomio.
Partendo dalla storia dei due protagonisti, il regista Gianni Amelio, uno degli ultimi grandi maestri dell’epoca d’oro del cinema, torna a raccontare la società italiana e le sue contraddizioni.
Sullo sfondo della vicenda, sia quella umana che quella processuale, c’è il conflitto tra due idee diverse di società. Una contrapposizione culturale, oltre che politica, destinata a deflagrare nell’imminente scontro generazionale del sessantotto e degli anni della contestazione. Come ha chiarito il regista, però, “Il signore delle formiche è prima di tutto una grandissima storia d’amore tra un uomo e un ragazzo”.
Nel raccontare la vicenda processuale Amelio mette in secondo piano il dibattito accusa-difesa, preferendo soffermarsi sui primi piani e sui volti, per trasmettere gli stati d’animo e i tormenti dei protagonisti.
Il magistrale piano sequenza della deposizione di Ettore, con l’arrogante voce del giudice fuori campo, è straziante proprio per la naturalezza e la sincerità che trasmette. Come Braibanti, che rinuncia a difendersi, opponendo compostezza e silenziosa dignità, la narrazione è spoglia di ogni eccesso emozionale, il legame affettivo viene mostrato nel suo aspetto “platonico”, senza scene di sesso. Al regista non interessa la morbosità, tantomeno indurre lo spettatore alla compassione. Non strizza l’occhio al pubblico, mostra Braibanti com’era: orgoglioso e presuntuoso.
Eppure, o forse proprio per questo, coinvolge ed emoziona. Come in tutti i suoi film, Amelio racconta senza giudicare, ricostruisce minuziosamente la società degli anni Sessanta come se fosse il terrario delle formiche di Braibanti, permettendoci così di osservarla e comprenderne le dinamiche sociali.
Mai come oggi è importante riflettere sulle presunte “diversità”, di qualunque tipo esse siano. La forza de Il signore delle formiche sta proprio nel suo parlare al presente.
“Dietro una facciata permissiva i pregiudizi esistono e resistono ancora, generando odio e disprezzo per ogni ‘irregolare’ – ha affermato il regista- non sono ancora stati sconfitti i demoni che erano e sono tutt’ora presenti dentro la società perbenista.”
Una sceneggiatura ottimamente scritta e coinvolgente riesce a dare spessore e intensità a tutti personaggi, compresi quelli minori. La coralità della storia è esaltata dalle superbe interpretazioni di tutti gli attori.
Se di Luigi Lo Cascio ed Elio Germano, due tra i migliori attori italiani, la bravura è conosciuta, la prova dell’esordiente Leonardo Maltese è superlativa per l’innocenza e la tenerezza con cui interpreta Ettore.
Ma strepitose sono anche Sara Serraiocco, nella parte dell’attivista Graziella, e Anna Antonacci e Rita Bosello che interpretano le due madri.
Nello splendido finale campestre, sulle note dell’aria dell’Aida Morir sì pura e bella, Ettore e Aldo si ritrovano proprio dove tutto è iniziato. Ma ormai è tardi, non volevano essere né un mostro né un martire, purtroppo, li hanno fatti diventare tali.
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rosalinda gaudiano
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lunedì 26 settembre 2022
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...una storia di cronaca realmente avvenuta
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Aldo Braibanti è un personaggio ecclettico. Filosofo, poeta e mirmecologo: le formiche sono una delle sue tante passioni. Vive in una grande fattoria del piacentino frequentata da giovani adepti che recitano, scrivono poesie e godono di laboratori d’arte in un contesto piacevole di scambi culturali. Riccardo frequenta il luogo ed un giorno porta anche Ettore, suo fratello, appena maggiorenne. Tra il celebre filosofo e l’entusiasta Ettore è subito una questione di chimica, di attrazione reciproca, un’esplosione incondizionata di sguardi e di umane emozioni. Alla fine degli anni ’60, in un’Italia bigotta che condannava ogni forma di virtù sposata con vizi capitali, questo amore finì nell’aula di un tribunale.
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Aldo Braibanti è un personaggio ecclettico. Filosofo, poeta e mirmecologo: le formiche sono una delle sue tante passioni. Vive in una grande fattoria del piacentino frequentata da giovani adepti che recitano, scrivono poesie e godono di laboratori d’arte in un contesto piacevole di scambi culturali. Riccardo frequenta il luogo ed un giorno porta anche Ettore, suo fratello, appena maggiorenne. Tra il celebre filosofo e l’entusiasta Ettore è subito una questione di chimica, di attrazione reciproca, un’esplosione incondizionata di sguardi e di umane emozioni. Alla fine degli anni ’60, in un’Italia bigotta che condannava ogni forma di virtù sposata con vizi capitali, questo amore finì nell’aula di un tribunale. La procura aprì un’istruttoria contro Aldo Braibanti per gravissimi fatti di plagio fisici e psicologici nei confronti di Ettore. Un’umiliazione deplorevole per il Braibanti che subì un processo assurdo che gli troncò carriera e fama in nome di quei valori culturali ghettizzanti a garanzia del buon costume. Anche Ettore dal canto suo subì un’umiliazione vigliacca che gli fu inflitta dai suoi stessi famigliari. Il ragazzo, inconsapevole di ciò che l’attendeva, fu rinchiuso in un manicomio e “curato” per quel male maligno che lo possedeva. Una storia di cronaca realmente avvenuta, raccontata con uno attento stile incisivo ed un originale spirito indagatore che sottolinea la condizione culturale grottesca di quegli anni, in un’Italia che amava cibarsi d’ipocrisia e che condannava senza remore un amore omosessuale nato d’istinto, vissuto nella totale stravaganza e senza nessuna colpa. L’intensità dello sguardo di Amelio, la sua sensibilità, si traducono nella caratterizzazione di tre personaggi chiave del film. Aldo (ruolo perfetto del bravo Luigi Lo Cascio), omosessuale, composto nelle sue esternazioni emozionali, è innamorato di se stesso, ama tutto ciò che di bello lo circonda. Ed è estasiato dalla bellezza che lo coglie vivendo la magia dell’amore con Ettore. Ettore rappresenta l’incarnazione della purezza franca, assoluta, nel suo ruolo ricettivo di soggetto innamorato di Aldo, della sua sensibilità, della sua cultura. Ennio (encomiabile Elio Germano), giornalista dell’Unità, figura di rottura con una humus culturale ipocrita e meschino, boicottato dalla stampa dell’epoca che non gli consente di pubblicare i suoi articoli di denuncia, vive il forte rammarico di non poter essere vicino al Braibanti quanto invece vorrebbe. “Il signore delle formiche” si traduce così in un film corale, dove la parola omosessualità, nel processo contro Braibanti , non è mai nominata durante l’istruttoria. L’accusa di plagio sentenziò la condanna definitiva a nove anni di reclusione per il Braibanti. Ma non è solo il fatto di cronaca realmente avvenuto che sostanzia il film. Amelio racconta in parallelo la bellezza unica dell’amore tra due persone. In quell’aula di tribunale, Ettore (un bravissimo Leonardo Maltese al suo debutto cinematografico), martoriato dalle assurde cure a lui inflitte in manicomio, parla alla corte del suo legame edificante ed unico con un uomo colto, gentile, a cui vuole bene ed ama, Aldo, dal quale, dichiara, di non aver mai subito alcun plagio. Ed altrettanto unica è la scena finale del film, nello scorrere di un brano lirico interpretato da Renata Tebaldi, l’atmosfera rende ancora più suggestivo il commiato definitivo tra Aldo ed Ettore. Un afflato poetico che sancisce un amore senza colpe alcune , che nasce incondizionato tra due esseri umani. Tutto, in questo film è grazia e bellezza estetica, dalla recitazione alle scenografie e alla suggestiva fotografia.
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enzo70
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domenica 11 settembre 2022
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quando l''omosessualità andava a processo
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Gianni Amelio porta sullo schermo la storia di Aldo Braibanti, un intellettuale che al termine degli anni Sessanta fu condannato per il plagio di Ettore, un giovane che frequentava la Torre, il centro culturale di Braibanti. L’intellettuale piacentino è interpretato bene da Luigi Lo Cascio, ma un plauso sicuramente al giovane Leonardo Maltese che interpreta Ettore. Il solito versatile Elio Germano veste i panni di Ennio Flaiano, il giornalista dell’Unità che comprese immediatamente la delicatezza di questo processo. Il sessantotto è alle porte e iniziano a porsi i temi relativi ai diritti civili, ma la cultura del Paese è ancora ancorata alla tradizione cattolica che non dà alcuno spazio all’omosessualità.
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Gianni Amelio porta sullo schermo la storia di Aldo Braibanti, un intellettuale che al termine degli anni Sessanta fu condannato per il plagio di Ettore, un giovane che frequentava la Torre, il centro culturale di Braibanti. L’intellettuale piacentino è interpretato bene da Luigi Lo Cascio, ma un plauso sicuramente al giovane Leonardo Maltese che interpreta Ettore. Il solito versatile Elio Germano veste i panni di Ennio Flaiano, il giornalista dell’Unità che comprese immediatamente la delicatezza di questo processo. Il sessantotto è alle porte e iniziano a porsi i temi relativi ai diritti civili, ma la cultura del Paese è ancora ancorata alla tradizione cattolica che non dà alcuno spazio all’omosessualità. L’accusa, chiaramente, non è quella, ma di aver plagiato la mente di due giovani allievi. Ma il dibattimento dimostra come la condanna sia stata per la conclamata omosessualità di Braibanti. Amelio riesce con lucidità ad offrire uno spaccato dell’epoca e in sala ho sentito commenti entusiasti. Lo scetticismo della critica su questo film è imputabile, a mio avviso, al delitto di lesa maestà per aver toccato il ruolo del partito comunista rispetto alla tutela dei diritti civili. Anche se, a mio avviso, l’omaggio alla Bonino, che da giovanissima si era occupata di questo processo intraprendendo una delle sue prime battaglie mi è sembrato, onestamente, fuori luogo. Comunque film consigliatissimo.
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(di jack beauregard)
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claudio romei
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domenica 11 settembre 2022
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gianni amelio meraviglioso!
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Presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia Il Signore delle formiche di Gianni Amelio è un film complesso pur nella sua semplicità stilistica. Avrebbe meritato senz'altro qualche premio ma purtroppo viviamo un periodo storico in cui non è semplice esprimere un'idea fuori dal coro. Non è semplice parlare di questo meraviglioso film perché più discorsi narrativi si riproducono e sovrappongono contemporaneamente. Da un punto di vista prettamente narrativo il film racconta di Aldo Braibanti, poeta, scrittore, drammaturgo, filosofo e insegnante perseguito dal reato di plagio, siamo nel 1968 ed è l'unico caso portato in tribunale, solo perché scoperto ad amare, ricambiato, un suo allievo. Gianni Amelio è bravissimo a delineare le figure dei protagonisti interpretati da Luigi Lo Cascio e Leonardo Maltese al suo esordio.
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Presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia Il Signore delle formiche di Gianni Amelio è un film complesso pur nella sua semplicità stilistica. Avrebbe meritato senz'altro qualche premio ma purtroppo viviamo un periodo storico in cui non è semplice esprimere un'idea fuori dal coro. Non è semplice parlare di questo meraviglioso film perché più discorsi narrativi si riproducono e sovrappongono contemporaneamente. Da un punto di vista prettamente narrativo il film racconta di Aldo Braibanti, poeta, scrittore, drammaturgo, filosofo e insegnante perseguito dal reato di plagio, siamo nel 1968 ed è l'unico caso portato in tribunale, solo perché scoperto ad amare, ricambiato, un suo allievo. Gianni Amelio è bravissimo a delineare le figure dei protagonisti interpretati da Luigi Lo Cascio e Leonardo Maltese al suo esordio. Mai fuori misura e inseriti in una provincia italiana ancora retrograda e discriminante nonostante la libertà tanto sbandierata. L'altro piano narrativo è proprio quello politico, siamo in un'Italia post guerra nel pieno del boom economico degli anni 60 ma ancora ancorati a concetti brutalizzanti e ignoranti. È sintomatico che la parola omosessuale compaia ne Il signore delle formiche solo dopo un'ora di racconto: un modo narrativamente appropriato per riprodurre il silenzio negazionista che ha circondato non solo il termine, ma l'esistenza stessa di una parte della popolazione italiana. Per poter meglio raccontare l'evolversi del processo non solo politico e sociale ma anche individuale e interiore dei due protagonisti Gianni Amelio si inventa la figura di Elio Germano nelle parti di un cronista che si prende a cuore la vicenda. Nella realtà non avvenne anzi la classe politica e intellettuale rimase lontano dalla vicenda del Braibanti. Altro grande tocco da maestro è la rappresentazione delle due madri, una libertaria e piena d'affetto, di orgoglio e d'amore e l'altra accecata dal pensiero comune da imporre le torture al figlio. Poi c'è l'arte, infatti si parla di poesia e teatro. Tanto per dirlo con le parole di Aldo: "Il rullo omologante non può schiacciare e inaridire la fontana delle irate diversità della vita Il vecchio trucco dei valori non può turbare l'intimo fuoco del nostro silenzio Qualche silenzio sdegnato ma sempre astuto non può rimandare troppo a lungo il nostro urlo represso." Da un punto di vista politico non ne esce bene nessuno, neanche il partito d'opposizione, il Grande Partito Operaio come più volte viene chiamato. Lo stesso partito che non si è mai fatto carico delle battaglie etiche, l'unico partito che ne esce bene è il Partito Radicale rappresentato con un piccolo cammeo da Emma Bonino. È al Partito Radicale che si deve la battaglia su aborto e divorzio e sono sempre i radicali che riescono a far abrogare la legge sul reato di plagio nel 1981, legge di origini fasciste voluta direttamente da Mussolini. Tecnicamente il film è girato a carrello vecchia maniera con qualche bellissima ripresa esterna nelle campagne tra Parma e Piacenza, qualche ripresa a Roma. Interni curati nei minimi dettagli e ricostruzione storica molto seria. Grande interpretazione, grande regia e sceneggiatura, molto interessante anche la parte musicale, un vero peccato che non abbiano avuto il coraggio di conferirgli dei premi, d'altra parte anche oggi come in quel lontano 1968 non è facile parlare di omosessualità, è più facile ridere di caricature come quelle di Almodovar o Ozpetek che poter pensare che possa esistere un Aldo Braibanti della porta accanto. Alla proiezione del film al Cinema Olimpia c'erano anche Gianni Amelio, Luigi Lo Cascio e Elio Germano che hanno dato vita ad un incontro post proiezione interessantissimo ed estremamente divertente. Pieno di spunti di riflessione e non a caso Gianni Amelio ha detto che gli piacerebbe dedicare il film a quegli insegnanti che devono nascondere il loro amore altrimenti si ritroverebbero con le scuole vuote ad opera di genitori che ritirerebbero i loro figli da scuola, questo ancora oggi. Buona visione e andatelo a vedere, accompagnate chi amate al cinema assieme a voi, uscite da quelle case e spegnete quella scatola luminosa che è solo deleteria. #ilsignoredelleformiche #gianniamelio #luigilocascio #eliogermano #leonardomaltese
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fulviowetzl
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venerdì 16 settembre 2022
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meglio le formiche
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Giovanni Wetzl: Il signore delle formiche è quasi un capolavoro secondo me. Mi ha emozionato tantissimo e mi sono connesso con lo stile di Amelio.
Fulvio Wetzl: Anche Elena, lo ha trovato stupendo e a volte straziante.
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Giovanni Wetzl: Il signore delle formiche è quasi un capolavoro secondo me. Mi ha emozionato tantissimo e mi sono connesso con lo stile di Amelio.
Fulvio Wetzl: Anche Elena, lo ha trovato stupendo e a volte straziante. Il pp in piano sequenza di cinque minuti di Ettore al processo, un apice del cinema, al livello del processo con cui inizia Una separazione.
GW: Io al finale ci sono arrivato con la tachicardia: troppo sublime, la scena finale. FW: SÌ, con quello sguardo di Braibanti ai carabinieri in macchina, che in realtà guarda noi tutti, prima di concludere l'abbraccio, sublime
GW: Con l'Aida...
Davvero film così ispirati e vicini a una storia se ne vedono pochi.
La pioggerella...
Loro come si guardano è incredibile! L'impegno politico e l'empatia.
FW: Un omaggio esplicito al suo maestro Bernardo Bertolucci della Luna, il finale con l'agnizione tra padre e figlio, alle prove a Caracalla GW:
Il resto bellissimo tutto. Questa vicinanza agli attori. Elio Germano, una delle sue performance migliori...
FW: Sempre col cappellino di paglia, omaggio al Jack Lemmon di Prima Pagina.
GW:
qui c'è una storia che riguarda la vita sociale di tutti. E di cui tutti siamo vittime o carnefici. La veicolazione di un messaggio storico attraverso lo sguardo così empatico e ravvicinato nei protagonisti di questa storia è bellissimo e inedito. La vulnerabilità di tutti. Tranne dei giudici e avvocati. E dei medici.
FW: Che infatti sono lasciati fuori dal campo. Aldo Braibanti era un'artista e intellettuale a livello di Pasolini e Carmelo Bene, dimenticato e rimosso dalla Storia, e Amelio ce l'ha restituito in pieno. Nel suo personaggio ci sono frammenti espliciti di Bene e P. P. P.
GW: Non sono troppo fuori campo. Hanno avuto tutto lo spazio che vogliono per suscitarmi angoscia e rabbia. Ma poi quanto è viva ancora l'omofobia. Troppo e questo film è importante. Non è una storia bella. È una storia dolorosissima da un lato senza speranze. Nei film se l'amore trionfa riesce a riempire tutti i vuoti, ma nella vita reale no
FW: Ma nel finale del processo Ettore e il suo volto emaciato con le cicatrici dell'elettrochoc, e il suo candore nel raccontare il suo amore vince. Nessuno degli interlocutori riaffiora, né quel mostro di sua madre, né i giudici. GW. Sì, però fidati che, se tu lo guardi da una prospettiva sociale, è un film megadoloroso, io non ero sollevato, ero stravolto da tutte le emozioni che il film mi ha fatto provare, non ero affatto sollevato, cioè in quel periodo una madre o un padre potevano distruggere, ridurre un figlio ad un invalido. FW:E queste piazze di mattoni della bassa padana, questi granai, cosi vicini a 900, ma anche a Ligabue. La fotografia stupenda è del figlio di Amelio, adottato in Albania.
GW: sì la fotografia è bellissima, ma poi mi son piaciute queste scene silenziose in cui lascia proprio vivere gli attori, c'è questa prossimità agli attori, al fatto che siano spontanei, che vivano proprio nella scena, e mi è piaciuto tanto ed era una cosa che mi era piaciuta anche ne La tenerezza. Cioè per me non è stato un happy ending ecco. La prospettiva amorosa e affettiva di loro due emoziona, travolge. Empatizzare significa anche prendersi la responsabilità di volere che le cose cambino. Però non risolve il problema, né allora né oggi. E mi è piaciuto molto che non abbia troppo idealizzato la loro storia, è una storia come altre.
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spione
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martedì 20 settembre 2022
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da vedere perché:
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Cinque motivi per andare a vedere "Il signore delle formiche":
- perché racconta un caso emblematico che potremmo illuderci di confinare in un modello sociale del passato, quando invece l'omosessualità resta tuttora un reato in una settantina di Paesi (in 12 dei quali punibile con la pena capitale) e fino al 1973 è stata considerata un "disordine mentale" dall' "American Psychiatric Association", la più grande associazione psichiatrica professionale del mondo;
- perché l'art. 603 del codice penale («Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni»), che - in assenza di una norma specifica contro l'omosessualità che il legislatore fascista preferì non introdurre al semplice scopo di negarne l'esistenza - fu utilizzato per incriminare il protagonista è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale solo nel 1981.
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Cinque motivi per andare a vedere "Il signore delle formiche":
- perché racconta un caso emblematico che potremmo illuderci di confinare in un modello sociale del passato, quando invece l'omosessualità resta tuttora un reato in una settantina di Paesi (in 12 dei quali punibile con la pena capitale) e fino al 1973 è stata considerata un "disordine mentale" dall' "American Psychiatric Association", la più grande associazione psichiatrica professionale del mondo;
- perché l'art. 603 del codice penale («Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni»), che - in assenza di una norma specifica contro l'omosessualità che il legislatore fascista preferì non introdurre al semplice scopo di negarne l'esistenza - fu utilizzato per incriminare il protagonista è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale solo nel 1981. Come il delitto d'onore e il matrimonio riparatore;
- perché con il pretesto di dipingere un quadro schietto e nitido dell'Italietta di cinquant'anni fa ci mette impietosamente di fronte all'evidenza che quella di oggi non è poi molto cambiata;
- perché è un film forse a tratti un po' retorico, ma al contempo molto garbato, sommesso, curato, attento ai più piccoli dettagli (come l'inquadratura della tazzina di caffè abbinata alla zuccheriera o dei bordini dorati dei piatti che andavano di moda all'epoca dei fatti). Si sente, insomma, tutto il mestiere di Gianni Amelio;
- perché c'è Elio Germano (non serve dire altro). Ma anche Gigi Lo Cascio nel ruolo del protagonista;
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mauridal
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mercoledì 21 settembre 2022
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civiltà umana e formiche
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Il regista Gianni Amelio lo conosciamo come un autore di cinema impegnato ,nel senso che affronta ,attraverso storie personali , un racconto più ampio che coinvolge la società e un tratto di storia del tempo e dei luoghi in cui si svolge la narrazione . Qui in questo film, si conferma il linguaggio narrativo del regista. La storia personale di Aldo Braibanti , non è soltanto il ritratto drammatico di un uomo vissuto negli anni sessanta in Italia, ( un film il caso Braibanti) già lo aveva fatto ma uno scenario di fatti e personaggi di una Italia con una grande ripresa economica, ormai fuori dalla guerra ,ma con retaggi culturali e identitari , ancorati al fascismo ormai finito ,e alla chiesa cattolica, sempre operante nella società italiana e nelle coscienze della cosiddetta maggioranza.
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Il regista Gianni Amelio lo conosciamo come un autore di cinema impegnato ,nel senso che affronta ,attraverso storie personali , un racconto più ampio che coinvolge la società e un tratto di storia del tempo e dei luoghi in cui si svolge la narrazione . Qui in questo film, si conferma il linguaggio narrativo del regista. La storia personale di Aldo Braibanti , non è soltanto il ritratto drammatico di un uomo vissuto negli anni sessanta in Italia, ( un film il caso Braibanti) già lo aveva fatto ma uno scenario di fatti e personaggi di una Italia con una grande ripresa economica, ormai fuori dalla guerra ,ma con retaggi culturali e identitari , ancorati al fascismo ormai finito ,e alla chiesa cattolica, sempre operante nella società italiana e nelle coscienze della cosiddetta maggioranza. Intanto il signore delle formiche è un personaggio realmente esistito come tutta la storia narrata è accaduta realmente , Aldo Braibanti era studioso della vita delle formiche , ma anche poeta scrittore e direttore di una scuola di teatro. Il regista sceglie di raccontare la storia del processo a cui Braibanti è sottoposto , poiché la famiglia di un suo allievo, lo accusa di omosessualità sotto forma di plagio e sottomissione fisica e psicologica. Dunque Il tribunale italiano processa Aldo Braibanti per un reato insolito e inconsistente ovvero il plagio ,che applica dal codice penale fascista Rocco . Tutto questo il film lo racconta puntualmente , e il merito di Amelio è di aver ritratto Braibanti per come era , un intellettuale omosessuale, ma senza giudizi e condanne per questo, anzi racconta la vita affettiva di Braibanti come un racconto d’amore tra un uomo e un ragazzo , senza mostri o vittime , come invece il processo e la legge di allora volevano dimostrare. Intanto il film con un linguaggio realista e crudo ,narra anche della scelta della famiglia , della madre e del padre del ragazzo , amico e amore di Braibanti, ad una forzata cura psichiatrica in manicomio per il giovane, a base di scariche elettriche in testa , per scacciare il demonio de l’omosessualità. Scelta questa violenta e costrittiva che era possibile per l’esistenza dei manicomi criminali, e che infine ridusse il ragazzo ad una semi incoscienza . Quindi un quadro di una società italiana arretrata culturalmente ed incivile nel rispettare le persone e le loro scelte di vita , scelte di ogni genere. Il processo e la conseguente condanna al carcere, del colpevole Braibanti suscitò una ondata di proteste, tra il 1960/68 scesero in piazza studenti e intellettuali, Pasolini, Moravia, anche politici ,come Marco Pannella e i radicali, pur se nel film viene ritratta Emma Bonino, forse come citazione contemporanea, per la difesa dei diritti civili. Il film ed il regista dunque prendono una chiara posizione di impegno sociale riaffermando come il cinema , sulla base della storia passata ma forse anche per il futuro, possa influire sulla formazione delle coscienze e trasformazione della cultura operante. La figura di Braibanti è fedelmente interpretata da Luigi Lo Cascio in una bella prova attoriale come quella di Elio Germano, in un personaggio non troppo realistico di un giornalista dell Unità di allora, che prendendo le difese dell’imputato , si mise contro l’apparato del “ grande partito operaio” , nonostante l’appartenenza di Braibanti alla resistenza antifascista.
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mauridal
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mercoledì 21 settembre 2022
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civiltà umana e formiche
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Il regista Gianni Amelio lo conosciamo come un autore di cinema impegnato ,nel senso che affronta ,attraverso storie personali , un racconto più ampio che coinvolge la società e un tratto di storia del tempo e dei luoghi in cui si svolge la narrazione . Qui in questo film, si conferma il linguaggio narrativo del regista. La storia personale di Aldo Braibanti , non è soltanto il ritratto drammatico di un uomo vissuto negli anni sessanta in Italia, ( un film il caso Braibanti) già lo aveva fatto ma uno scenario di fatti e personaggi di una Italia con una grande ripresa economica, ormai fuori dalla guerra ,ma con retaggi culturali e identitari , ancorati al fascismo ormai finito ,e alla chiesa cattolica, sempre operante nella società italiana e nelle coscienze della cosiddetta maggioranza.
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Il regista Gianni Amelio lo conosciamo come un autore di cinema impegnato ,nel senso che affronta ,attraverso storie personali , un racconto più ampio che coinvolge la società e un tratto di storia del tempo e dei luoghi in cui si svolge la narrazione . Qui in questo film, si conferma il linguaggio narrativo del regista. La storia personale di Aldo Braibanti , non è soltanto il ritratto drammatico di un uomo vissuto negli anni sessanta in Italia, ( un film il caso Braibanti) già lo aveva fatto ma uno scenario di fatti e personaggi di una Italia con una grande ripresa economica, ormai fuori dalla guerra ,ma con retaggi culturali e identitari , ancorati al fascismo ormai finito ,e alla chiesa cattolica, sempre operante nella società italiana e nelle coscienze della cosiddetta maggioranza. Intanto il signore delle formiche è un personaggio realmente esistito come tutta la storia narrata è accaduta realmente , Aldo Braibanti era studioso della vita delle formiche , ma anche poeta scrittore e direttore di una scuola di teatro. Il regista sceglie di raccontare la storia del processo a cui Braibanti è sottoposto , poiché la famiglia di un suo allievo, lo accusa di omosessualità sotto forma di plagio e sottomissione fisica e psicologica. Dunque Il tribunale italiano processa Aldo Braibanti per un reato insolito e inconsistente ovvero il plagio ,che applica dal codice penale fascista Rocco . Tutto questo il film lo racconta puntualmente , e il merito di Amelio è di aver ritratto Braibanti per come era , un intellettuale omosessuale, ma senza giudizi e condanne per questo, anzi racconta la vita affettiva di Braibanti come un racconto d’amore tra un uomo e un ragazzo , senza mostri o vittime , come invece il processo e la legge di allora volevano dimostrare. Intanto il film con un linguaggio realista e crudo ,narra anche della scelta della famiglia , della madre e del padre del ragazzo , amico e amore di Braibanti, ad una forzata cura psichiatrica in manicomio per il giovane, a base di scariche elettriche in testa , per scacciare il demonio de l’omosessualità. Scelta questa violenta e costrittiva che era possibile per l’esistenza dei manicomi criminali, e che infine ridusse il ragazzo ad una semi incoscienza . Quindi un quadro di una società italiana arretrata culturalmente ed incivile nel rispettare le persone e le loro scelte di vita , scelte di ogni genere. Il processo e la conseguente condanna al carcere, del colpevole Braibanti suscitò una ondata di proteste, tra il 1960/68 scesero in piazza studenti e intellettuali, Pasolini, Moravia, anche politici ,come Marco Pannella e i radicali, pur se nel film viene ritratta Emma Bonino, forse come citazione contemporanea, per la difesa dei diritti civili. Il film ed il regista dunque prendono una chiara posizione di impegno sociale riaffermando come il Cinema , sulla base della storia passata ma forse anche per il futuro, possa influire sulla formazione delle coscienze e trasformazione della cultura operante. La figura di Braibanti è fedelmente interpretata da Luigi Lo Cascio in una bella prova attoriale come quella di Elio Germano, in un personaggio non troppo realistico di un giornalista dell Unità di allora, che prendendo le difese dell’imputato , si mise contro l’apparato del “ grande partito operaio” , nonostante l’appartenenza di Braibanti alla resistenza antifascista. Molte cose su cui lo spettatore è coinvolto nella riflessione , per i tempi e i modi di cambiamento della società. ( mauridal)
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nino pellino
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domenica 2 ottobre 2022
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il regista amelio ci consegna un capolavoro
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Gianni Amelio, da sempre regista in grado di proiettarci verso fatti storici di cronaca del nostro passato attraverso una personale e sensibile descrizione degli avvenimenti, questa volta focalizza l'attenzione sull'Italia della fine degli anni '60, periodo in cui l'omosessualità non solo era un tabù, ma anche, secondo il pensiero ricorrente dell'epoca, una vera e propria malattia mentale da cui vergognarsi e, come tale, da sopprimere. E attraverso questa sua ultima pellicola intitolata "Il signore delle formiche" il regista riesce nel suo intento a cogliere nel segno, trasmettendoci con una certa esperienza e profondità narrativa, un problema di carattere sociale che ancora oggi risulta mai del tutto tramontato.
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Gianni Amelio, da sempre regista in grado di proiettarci verso fatti storici di cronaca del nostro passato attraverso una personale e sensibile descrizione degli avvenimenti, questa volta focalizza l'attenzione sull'Italia della fine degli anni '60, periodo in cui l'omosessualità non solo era un tabù, ma anche, secondo il pensiero ricorrente dell'epoca, una vera e propria malattia mentale da cui vergognarsi e, come tale, da sopprimere. E attraverso questa sua ultima pellicola intitolata "Il signore delle formiche" il regista riesce nel suo intento a cogliere nel segno, trasmettendoci con una certa esperienza e profondità narrativa, un problema di carattere sociale che ancora oggi risulta mai del tutto tramontato. Se aggiungiamo poi la bravura recitativa di attori del calibro di Luigi Lo Cascio e di Elio Germano, il risultato non può che essere a livello di capolavoro. Inoltre ho trovato molto dolci e malinconiche le scene finali in cui si prende coscienza di come il destino dell'omosessualità spesso si imbatte nel flagello esistenziale di una profonda solitudine. Atmosfere visive senza via d'uscita, proprio come la sofferenza di certi personaggi evidenziati nel periodo d'oro del neorealismo italiano, quando il Cinema italiano era onorato di avere registi del calibro di Vittorio De Sica o Michelangelo Antonioni.
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giovedì 13 ottobre 2022
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il caso dell’intellettuale aldo braibanti
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(Da streetnews.it)
Il film è liberamente ispirato alle vicende del cosiddetto “caso Braibanti”. Attorno alla figura di Aldo Braibanti, poeta e drammaturgo, mirmecologo (da cui il titolo), nonché ex partigiano, si raccoglie un centro di aggregazione culturale di giovani appassionati di teatro e di poesia.
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(Da streetnews.it)
Il film è liberamente ispirato alle vicende del cosiddetto “caso Braibanti”. Attorno alla figura di Aldo Braibanti, poeta e drammaturgo, mirmecologo (da cui il titolo), nonché ex partigiano, si raccoglie un centro di aggregazione culturale di giovani appassionati di teatro e di poesia. Tra di essi, Ettore Tagliaferri diventa il suo prediletto, suscitando le gelosie del fratello Riccardo. Il legame intellettuale si trasforma pian piano in una relazione affettiva, al punto che, rompendo i rapporti con la famiglia, nel 1964 Ettore segue lo scrittore a Roma. Il giovane, già maggiorenne, viene strappato ad Aldo dalla madre e dal fratello per poi essere rinchiuso in uno ospedale psichiatrico dove viene sottoposto a cure “riabilitative”, elettroshock incluso. Contro Braibanti viene intentato un processo con l’accusa di plagio, che lo porterà ad una condanna a 9 anni di carcere, sulla base dell’articolo 603 del codice penale (in seguito abrogato), pena commutata, in appello, in 4 anni (dei quali 2 gli saranno condonati in ragione dei suoi meriti di ex partigiano). Ennio Scribani, giornalista dell’Unità, vuole andare a fondo e far luce sulla controversa vicenda, che sostanzialmente non incontra l’interesse dell’opinione pubblica, e gioca un ruolo decisivo affinché l’intellettuale esca dal silenzio in cui all’inizio si trincera e cerchi di far valere le sue ragioni. Il giornalista stesso pagherà con il licenziamento la sua fervida e accorata partecipazione al caso. In questa battaglia di principio non è il solo, ma è spalleggiato dalla cugina Graziella, che, davanti al Palazzo di Giustizia, promuove iniziative di mobilitazione e a sostegno del drammaturgo. Candidato al Leone d’Oro alla 79ª Mostra del Cinema di Venezia, Gianni Amelio segue una tormentata vicenda giudiziaria, nata da accuse divenute veri e propri pretesti per attaccare idee politiche e una relazione omosessuale. Braibanti si trova inviluppato in un processo mediatico di cui non riesce a cogliere alcun filo logico, al punto che al principio non tenta neppure di difendersi (dando adito in questo modo all’accusa di avvalorare la sua tesi), convinto com’è – memore dell’Amleto shakespeariano – che, pur «confinato in un guscio di noce» può ritenersi «re di uno spazio infinito». E inizialmente solo in pochi prendono apertamente le difese di chi non aspira ad essere «né un mostro né un martire»: oltre a Ettore, che, non creduto, ribadisce con forza, pur nello stordimento indotto dalle cure psichiatriche, l’innocenza del suo maestro, considerandolo la persona più importante della sua vita, oltre ai coraggiosi Graziella ed Ennio, non ultima la dignitosa madre Susanna, arrivata ad essere di riflesso vittima di intimidazioni. Significativo inoltre è il cameo di Emma Bonino (si ricordi come Marco Pannella, che con i radicali assunse una posizione nettamente a favore di Braibanti, fu denunciato per calunnia nei confronti del pubblico ministero del processo di primo grado). Il film intende mettere in luce non solo la totale innocenza di un uomo divenuto bersaglio di un clima politico-sociale retrivo e persecutorio, ma anche il legame sincero che unisce i due protagonisti, descritto in toni garbati, mai patetici, in cui perfino la sessualità passa nettamente in secondo piano: un legame che si configura come una sorta di percorso di formazione per il giovane Ettore (impersonato dal bravissimo Leonardo Maltese, per la prima volta sul grande schermo), il quale alla fine riuscirà in qualche modo a coltivare il suo talento artistico, lungamente represso a causa delle imposizioni della famiglia. La visione del film è caldamente raccomandata.
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